Dopo una pausa riorganizzativa, torno con una serie di semplici considerazioni.
Sarà che si tende a frequentare persone in qualche modo affini, sarà che la mia generazione accusa un ritardo decennale nel decidersi a concludere la propria adolescenza, ma trovo che quasi chiunque io incontri ex-novo abbia similmente accumulato una difficoltà relazionale apparentemente enorme e irrisolvibile. Non voglio scrivere dei soliti luoghi comuni sulla fretta e la superficialità di persone abituate alla frenesia della socialità tecnologica, e convinte alla diffidenza reciproca da una tendenza irreversibile all'individualismo e al terrorismo psicologico. La faccio semplice*: quasi nessuno sa cosa sta cercando per sè; e quasi nessuno sa cosa desiderare. A praticamente 40 anni trovo ancora diffusissimi gli stessi schemi adolescenziali della proiezione totale su modelli irrealistici e deliberatamente equivoci.
Ho scelto questa sezione apposta per toccare due argomenti essenziali: vita di coppia e identità sessuale.
Leggevo giusto poche ore fa, sul quotidiano locale, che il numero delle coppie che si sfasciano ufficialmente è praticamente doppio rispetto alle unioni registrate (vero, si dovrebbe considerare anche quelle informali). Ma a raccogliere i dettagli, direttamente sul campo, vedo relazioni costruite sperando nella fortuna ed applicando dinamiche emotive apprese probabilmente in qualche teen drama. E parlandone con familiari ed amici (quindi persone con cui sono in confidenza, che non hanno motivo per raccontarmi balle) trovo enormi difficoltà a raccontarsi, a identificare dei punti chiave, ragionarci fuor di metafora, mettere in discussione le medesime incertezze che sono percepite con disagio ma contemporaneamente paiono inaffrontabili.
Sul sesso non andiamo meglio: a guardarsi attorno, sembra che tutti trombino felicemente e come ricci; vai a chiederti com'è che gli altri hanno capacità relazionali da star hollywoodiane e ti rendi conto che non è quasi mai vero niente. La frenesia che percepivi scambiandola per "spiccata attività" è in realtà "ansia praticamente costante a 360°".
Insomma, non voglio allungarla ulteriormente, ma mi chiedo se non sarebbe il caso di inserire nell'iter formativo (obbligatorio) del fanciullo un minimo di propedeutica relazionale e delle basi di psicologia spicciola. Perchè da quel che vedo intorno, moltissimi vivono in un mondo parallelo in cui succedono cose immaginarie. E ci soffrono pure malamente. Condizionamenti, ansie, traumi personali, proiezioni destabilizzanti....sembra che ci si diverta a farsi del male!
Ne vogliamo parlare?
*Non è vero, non la faccio quasi mai semplice. Soprattutto quando ho la possibilità di farla squisitamente complicata!
