Misoginia

LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali).
I tanti ritratti dell'Amore: condividiamo gioie e dolori e cerchiamo di imparare dalle nostre esperienze.
Inoltre, se vogliamo saperne di più e cerchiamo delle risposte sul sesso, se abbiamo dubbi o se viviamo male la nostra sessualità, possiamo discuterne in questo forum, che si dedica anche alle proprie tendenze omosessuali etero o transex.

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Messaggioda Cameliablu » 31/10/2016, 0:37



Ciao a tutti, vorrei un vostro parere:

Secondo voi, un Misogino, ha paura di avere un rapporto con l'altro sesso, oppure, non si reputa all'altezza?

E nel caso: potrebbe comunque riuscire a provare qualche sentimento nei confronti di una donna e di conseguenza iniziare una relazione?
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Messaggioda samhaim » 31/10/2016, 11:52



persona che prova una repulsione patologica verso la donna, anche per ciò che concerne i rapporti sessuali, o che ha un’avversione generica, mista a disprezzo, per tutte le donne.
ti cito questa definizione di misogino simile a molte altre che ho trovato, non so a chi ti riferisci, se ti piace un ragazzo che pensi disprezzi le donne o vuoi sapere se potresti avere una storia con lui, la definizione parla di un avversione genetica quindi non determinata da eventi esterni, ma immagino che molte persone si potrebbero definire misogine per cause esterne, cioè esperienze negative vissute che li portano a disprezzare le donne, "le donne mi fanno schifo le disprezzo sono delle stronze non ne voglio più sapere ecc" se è stato lui a definirsi misogino bisogna vedere cosa intendeva quando lo ha detto, forse era frustrato da eventi negativi
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Messaggioda elle8n » 01/11/2016, 14:07



samhaim ha scritto: se è stato lui a definirsi misogino bisogna vedere cosa intendeva quando lo ha detto, forse era frustrato da eventi negativi


Concordo appieno con ciò che ha detto Samhaim, dipende da come questa persona vive il termine 'misoginia'.
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Messaggioda Valentina G. » 01/11/2016, 14:10



né paura delle donne né tantomeno timore di non essere all'altezza.
Il misogino odia le donne al punto di preferir loro gli scarafaggi: semplice
Non è paura: è odio.
Odio all'ennesima potenza
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Quando sembrava che le tenebre si fossero impossessate per sempre della mia vita, tu hai riacceso quella luce di cui avevo dimenticato l'intensità e il calore.
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Messaggioda Pippi Calzelunghe » 02/11/2016, 9:34



Valentina G. ha scritto:né paura delle donne né tantomeno timore di non essere all'altezza.
Il misogino odia le donne al punto di preferir loro gli scarafaggi: semplice
Non è paura: è odio.
Odio all'ennesima potenza

Odio e paura vanno spesso a braccetto...
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:'( :pazzo: :rotelle: :giveup:
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Messaggioda Ātman » 02/11/2016, 9:55



http://www.ariannaeditrice.it/articolo. ... colo=40627

...come si esce dalla misantropia e dalla misoginia; come si supera il trauma delle ripetute delusioni e come si fa a riconquistare la fiducia nell’altro, o nell’altra, recuperando un rapporto più equilibrato con la realtà e rimettendo in circolo le energie affettive che, per paura, abbiamo bloccato in noi stessi, castrando la nostra parte migliore e inibendoci la messa in gioco delle nostre tendenze più generose?

Partiamo da una considerazione preliminare: misantropia e misoginia sono gravissime malattie dell’anima, addirittura mortali: vivere in esse, senza speranza di uscirne, significa trasformare la propria vita in uno squallido e allucinante deserto, popolato da orribili fantasmi sghignazzanti e tormentati da ricordi molesti e da rimpianti amarissimi; uscirne è, pertanto, questione di vita o di morte e non qualcosa di secondario o di accessorio.
Ciò detto, è necessario ampliare la prospettiva e collocare le due patologie, la misantropia e la misoginia, in una prospettiva molto più vasta: esse, infatti, non sono che casi particolari di una malattia di carattere più generale, che è l’incapacità di trasformare le esperienze negative in occasioni di ripensamento e di perfezionamento del Sé.

In genere, tanto il misantropo, quanto il misogino lamentano la propria sfortuna e tirano in balle le circostanze disgraziate che li hanno condotti a fidarsi di persone immeritevoli di tale fiducia: essi, dunque, si sentono vittime di un mondo cattivo; non solo: pensano, più o meno inconsciamente, di essere “troppo buoni” per riuscire ad adattarsi ad una realtà così turpe e a vivere in maniera soddisfacente in mezzo a un branco di lupi (o di lupe), per cui preferiscono tirarsi indietro, isolarsi, alzare barriere protettive fra sé e gli altri.

Una variante di tale atteggiamento psicologico è quella di svalutarsi pesantemente, giudicandosi delle persone di nessun valore: se si è rimasti delusi, se si è stati ingannati e traditi, allora vuol dire che si è persone da nulla, che possono divenire lo zimbello di chiunque; e si trae la conclusione di essere immeritevoli di un destino migliore.
A ben guardare, questa variante non è l’opposto della precedente, ma una sua versione più subdola e sottile; una cosa, però, hanno in comune, che ne tradisce l’identica origine: il rapporto abnorme fra sé e il mondo, l’ipertrofia di un ego che, dopo aver causato sofferenze ed insuccessi nelle relazioni umane, finisce per dispensarsi da qualunque ripensamento costruttivo delle esperienze fatte: nel primo caso, ponendosi al di sopra degli altri, nel secondo, abbassandosi molto al di sotto; ma, in entrambi, non accettando il confronto, sottraendosi alla fatica di lavorare su di sé, giorno per giorno, per interagire costruttivamente con la realtà esterna.

Misantropia e misoginia sono una forma di sciopero permanente, una vendetta postuma e autolesionista, una petizione di principio che non si basa sui fatti, ma sulla loro interpretazione unilaterale e paranoide; entrambe nascondono fragilità, insicurezza, inconsapevolezza, mancanza di autostima e, soprattutto, incapacità di accettarsi e al tempo stesso di migliorarsi.
In ultima analisi, il misantropo e il misogino non si vogliono bene e si aspettano di colmare la propria lacuna affettiva con l’amicizia e l’amore dell’altro: ma nessuno può esserci amico, né amarci come potremmo fare noi stessi; anzi, gli altri intuiscono la nostra mancanza di amore per noi stessi e istintivamente si tengono alla larga da noi.

Talvolta le donne - perché questa è una caratteristica della psiche femminile - si sentono intenerite da tale fragilità e mancanza di autostima e perciò stimolate, nel proprio orgoglio, a fare le consolatrici o persino le salvatrici di questi uomini insicuri e disamorati di se stessi; ma è inevitabile che, prima o poi, si stufino di recitare il ruolo dell’eterna crocerossina e abbandonino l’infelice al suo destino, non senza averlo illuso di aver trovato finalmente la persona giusta e avere con ciò aggravato la sua amarezza e la sua frustrazione.

Questo ci ricorda che non solo è impossibile che noi possiamo trovare qualcuno che ci voglia bene più di quanto siamo disposti a volercene noi, ma è anche impossibile voler bene indefinitamente a qualcun altro che non si vuole bene, perché ciò equivale a portare perennemente sule spalle un peso morto: dobbiamo diffidare delle crocerossine improvvisate e dobbiamo diffidare anche del nostro impulso a fare le crocerossine, perché al fondo di esso possono esservi dei sentimenti assai diversi da quelli che vengono esibiti agli altri e perfino a se stessi. Quanto è complicato il cuore umano!
O forse no? Forse è terribilmente, quasi banalmente semplice.
Forse tutto sta a lavorare su se stessi per imparare a conoscersi: perché chi si conosce non si fa illusioni, né su se stesso, né sugli altri; ma non sarà neppure spinto ad indossare la maschera del cinismo e del pessimismo, che sono frutto della delusione e dell’infelicità.
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Messaggioda Cameliablu » 02/11/2016, 10:38



Adrien ha scritto:http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=40627

...come si esce dalla misantropia e dalla misoginia; come si supera il trauma delle ripetute delusioni e come si fa a riconquistare la fiducia nell’altro, o nell’altra, recuperando un rapporto più equilibrato con la realtà e rimettendo in circolo le energie affettive che, per paura, abbiamo bloccato in noi stessi, castrando la nostra parte migliore e inibendoci la messa in gioco delle nostre tendenze più generose?

Partiamo da una considerazione preliminare: misantropia e misoginia sono gravissime malattie dell’anima, addirittura mortali: vivere in esse, senza speranza di uscirne, significa trasformare la propria vita in uno squallido e allucinante deserto, popolato da orribili fantasmi sghignazzanti e tormentati da ricordi molesti e da rimpianti amarissimi; uscirne è, pertanto, questione di vita o di morte e non qualcosa di secondario o di accessorio.
Ciò detto, è necessario ampliare la prospettiva e collocare le due patologie, la misantropia e la misoginia, in una prospettiva molto più vasta: esse, infatti, non sono che casi particolari di una malattia di carattere più generale, che è l’incapacità di trasformare le esperienze negative in occasioni di ripensamento e di perfezionamento del Sé.

In genere, tanto il misantropo, quanto il misogino lamentano la propria sfortuna e tirano in balle le circostanze disgraziate che li hanno condotti a fidarsi di persone immeritevoli di tale fiducia: essi, dunque, si sentono vittime di un mondo cattivo; non solo: pensano, più o meno inconsciamente, di essere “troppo buoni” per riuscire ad adattarsi ad una realtà così turpe e a vivere in maniera soddisfacente in mezzo a un branco di lupi (o di lupe), per cui preferiscono tirarsi indietro, isolarsi, alzare barriere protettive fra sé e gli altri.

Una variante di tale atteggiamento psicologico è quella di svalutarsi pesantemente, giudicandosi delle persone di nessun valore: se si è rimasti delusi, se si è stati ingannati e traditi, allora vuol dire che si è persone da nulla, che possono divenire lo zimbello di chiunque; e si trae la conclusione di essere immeritevoli di un destino migliore.
A ben guardare, questa variante non è l’opposto della precedente, ma una sua versione più subdola e sottile; una cosa, però, hanno in comune, che ne tradisce l’identica origine: il rapporto abnorme fra sé e il mondo, l’ipertrofia di un ego che, dopo aver causato sofferenze ed insuccessi nelle relazioni umane, finisce per dispensarsi da qualunque ripensamento costruttivo delle esperienze fatte: nel primo caso, ponendosi al di sopra degli altri, nel secondo, abbassandosi molto al di sotto; ma, in entrambi, non accettando il confronto, sottraendosi alla fatica di lavorare su di sé, giorno per giorno, per interagire costruttivamente con la realtà esterna.

Misantropia e misoginia sono una forma di sciopero permanente, una vendetta postuma e autolesionista, una petizione di principio che non si basa sui fatti, ma sulla loro interpretazione unilaterale e paranoide; entrambe nascondono fragilità, insicurezza, inconsapevolezza, mancanza di autostima e, soprattutto, incapacità di accettarsi e al tempo stesso di migliorarsi.
In ultima analisi, il misantropo e il misogino non si vogliono bene e si aspettano di colmare la propria lacuna affettiva con l’amicizia e l’amore dell’altro: ma nessuno può esserci amico, né amarci come potremmo fare noi stessi; anzi, gli altri intuiscono la nostra mancanza di amore per noi stessi e istintivamente si tengono alla larga da noi.

Talvolta le donne - perché questa è una caratteristica della psiche femminile - si sentono intenerite da tale fragilità e mancanza di autostima e perciò stimolate, nel proprio orgoglio, a fare le consolatrici o persino le salvatrici di questi uomini insicuri e disamorati di se stessi; ma è inevitabile che, prima o poi, si stufino di recitare il ruolo dell’eterna crocerossina e abbandonino l’infelice al suo destino, non senza averlo illuso di aver trovato finalmente la persona giusta e avere con ciò aggravato la sua amarezza e la sua frustrazione.

Questo ci ricorda che non solo è impossibile che noi possiamo trovare qualcuno che ci voglia bene più di quanto siamo disposti a volercene noi, ma è anche impossibile voler bene indefinitamente a qualcun altro che non si vuole bene, perché ciò equivale a portare perennemente sule spalle un peso morto: dobbiamo diffidare delle crocerossine improvvisate e dobbiamo diffidare anche del nostro impulso a fare le crocerossine, perché al fondo di esso possono esservi dei sentimenti assai diversi da quelli che vengono esibiti agli altri e perfino a se stessi. Quanto è complicato il cuore umano!
O forse no? Forse è terribilmente, quasi banalmente semplice.
Forse tutto sta a lavorare su se stessi per imparare a conoscersi: perché chi si conosce non si fa illusioni, né su se stesso, né sugli altri; ma non sarà neppure spinto ad indossare la maschera del cinismo e del pessimismo, che sono frutto della delusione e dell’infelicità.


Ciao Adrien! Grazie mille! Articolo molto interessante ed esplicativo!
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Messaggioda Alessandro2 » 13/11/2016, 9:25



La misoginia non va secondo me confusa con disinteresse e frustrazione...
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Messaggioda Premio Nobel » 16/11/2016, 0:00



Per me potrebbe l'articolo dice cose giuste, ma credo che non dipinga tutti i tipi di Misoginia che possono esistere.

Uno può anch'essere misogino perché crede sinceramente nella loro inferiorità.
Un misogino può adottare ragionamenti come farebbe un razzista.
Una persona può considerare inferiori le persone di colore anche solo per stupidità, o per un insieme di credenze (come in passato sarebbero potute essere studi eugenetici).
Personalmente, credo che questo tipo di posizioni sono anche peggiori, anche se credo e spero minoritarie.
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Messaggioda Maddy » 16/11/2016, 0:04



Pippi Calzelunghe ha scritto:
Valentina G. ha scritto:né paura delle donne né tantomeno timore di non essere all'altezza.
Il misogino odia le donne al punto di preferir loro gli scarafaggi: semplice
Non è paura: è odio.
Odio all'ennesima potenza

Odio e paura vanno spesso a braccetto...



Quella è la xenofobia. :P
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