Quando l'essere single diventa un'ossessione

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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda them0508 » 09/08/2022, 15:34



Buon pomeriggio a tutti. Sono nuova sul forum. Ultimamente mi sento preda di tumulti interiori che non mi fanno vivere serenamente e avrei bisogno di punti di vista dall'esterno e dei consigli, se possibile. Ho 26 anni e ho tanto paura della solitudine; nonostante la giovane età, non ho fiducia nel mio futuro sentimentale e la paura di rimanere sola a vita, la paura di non farcela e il confronto con le situazioni degli altri mi stanno soffocando e stanno diventando un'ossessione. Inizierò questo lungo e prolisso post (mi scuso in anticipo per non essere capace di sintetizzare, ma oggi sento il bisogno di scrivere e comunque non ho mai avuto delle buone doti riassuntive)riportando la mia ultima vicissitudine sentimentale. Circa un anno fa conosco su Tinder un ragazzo di qualche anno più grande di me, ci esco senza impegno e senza grandi aspettative. Tuttavia, al di là di ogni mia aspettativa, già al primo appuntamento con questa persona si crea un'intesa mentale meravigliosa e per me rara: parliamo tantissimo, ci raccontiamo. Lui è una persona affascinante, estremamente carismatica, intraprendente con una vita lavorativa di successo, con tante esperienze, tante cose da raccontare e una cultura vastissima, tanto che sin da subito penso che probabilmente non sia alla mia portata e che difficilmente potrà essere interessato a proseguire la conoscenza con me. E, invece, dopo quella prima sera, si fa risentire e continuiamo la conoscenza; ci sentiamo tutti i giorni, ci vediamo spesso. Inizialmente lui è molto propositivo, mentre io mi mostro un po' più, non dico distaccata, ma prudente. Il primo periodo è comunque molto bello; lui sempre presente, pieno di attenzioni nei miei confronti, gentile, premuroso; dai fatti, ma anche dai discorsi che faceva, sembrava intenzionato a costruire qualcosa di serio ed importante e io non riuscivo a credere alla mia fortuna; mi sembrava assurdo che una persona del suo calibro potesse essere interessata a me e, addirittura, voler intraprendere una relazione con me. Dopo un mese e mezzo lui deve tornare nella città in cui vive e svolge la sua attività lavorativa; a quel punto diventa chiara la prospettiva di una frequentazione a distanza; io sono un po' titubante, lui mi convince a provarci, dicendomi che nulla sarebbe cambiato tra noi e che la sua modalità di lavoro gli avrebbe permesso di muoversi senza problemi e di tornare tutte le volte che avrebbe voluto. Rassicurata, decido di non interrompere il rapporto, ma da lì cambia tutto. Una volta rientrato nella sua città, riprende il lavoro e i suoi viaggi, non è più presente come prima, ci sentiamo molto meno. Mi sento trascurata, ma lo accetto perché è normale che una persona adulta, che lavora e vive da sola, finite le vacanze, abbia degli impegni e non possa dedicarsi in maniera assidua a me. Gradualmente, però, iniziano ad emergere tutte le nostre incompatibilità caratteriali e di stili di vita, iniziamo a litigare spesso in maniera pesante anche per le motivazioni più banali; durante le litigate, lui spesso mostra un'aggressività, che non pensavo gli appartenesse, mi riempie di insulti, mi fa sentire sempre in colpa nei suoi confronti, sempre manchevole. Nonostante ciò, continuo a sentirlo perché ormai affezionata e perché, in fondo, inizio a pensare che effettivamente forse in ciò che dice c'è un fondo di verità, forse sono davvero io quella sbagliata, quella che pretende troppo da lui e dà poco in cambio. Lui era in grado di fare dei ragionamenti molto ben articolati che mi facevano dubitare dell'idea che avevo di me e delle mie azioni e facevano sorgere in me la consapevolezza di essere quella difettosa. Comunque nonostante le litigate, sentivo un legame viscerale; soprattutto quelle poche volte in cui ci vedevamo e potevamo stare insieme fisicamente, mi sentivo davvero felice e i litigi e gli insulti mi sembravano soltanto un modo disfunzionale di dimostrare l'affetto. Ogni volta che mi guardava, nel modo in cui mi abbracciava riuscivo a percepire un bene profondo che va al di là di tutte le diversità e screzi, quel bene che, speravo, avrebbe portato nel tempo a trovare un equilibrio. Dunque continuiamo così tra alti e bassi, ma sempre decisi a tenerci. Nel frattempo, però, io inizio a sviluppare sentimenti di insofferenza: inizio a riflettere sul fatto che, a distanza di 4/5 mesi di conoscenza, non c'era stata la benché minima evoluzione del rapporto; sentivo come se lui fosse restio ad includermi per davvero nella sua vita. Pur sentendoci tutti i giorni e condividendo le nostre vicissitudini quotidiane, percepivo chiaramente l'esistenza di un "io" e un "lui", due entità completamente separate, niente di minimamente vicino all'eventualità di un "noi", niente progetti comuni, nessun accenno a presentarci i nostri rispettivi amici, quando sarebbe stato possibile data la distanza, e cose di questo tipo. Avevo iniziato a notare che quando parlava dei suoi progetti, di ciò che gli sarebbe piaciuto fare, anche a breve termine (come poteva essere, per esempio, un viaggio da qualche parte), io non ero mai presente in questi progetti, c'era sempre lui, da solo, non c'era mai un noi. A differenza della fase iniziale, non si faceva più il minimo accenno al concetto di "coppia", non si parlava mai del nostro rapporto, della possibilità di "definire" il rapporto, lui non ne accennava mai. Una volta, seduti in un bar, parlando della mia laurea (che si sarebbe tenuta da lì a pochi mesi), un po' scherzando e un po' no, gli ho detto: "Sai, una volta laureata, potrei valutare l'idea di cercare lavoro a Torino perché non mi dispiacerebbe fare un'esperienza lavorativa fuori; in questo modo potremmo anche avvicinarci un po' e vederci più spesso". Lui impassibile, ha risposto con una battutina e fine. Non ho dato molto peso alla cosa, ma per un attimo ho avuto la percezione che, in fondo, a lui andasse bene così, che la distanza fisica che ci separava fosse un peso soltanto per me. Ho iniziato a riflettere sul fatto che ogni volta che mi trovavo a parlare con qualcuno e mi veniva chiesto se fossi impegnata, non sapevo come rispondere a questa domanda. In effetti, non ero impegnata, non ero neanche del tutto single. Mi sentivo una ragazza single, ma non abbastanza per potermi concedere un'altra conoscenza e comunque non ne avevo voglia. Mentalmente ero piena di lui, ma, in questa situazione di assoluta staticità, ho realizzato di non sapere cosa rappresentassi per lui e di non sapere minimamente verso che direzione stesse andando il rapporto. Mentre nella fase iniziale ero convinta che lui volesse una relazione e che quindi il nostro obiettivo fosse lo stesso, adesso non ne ero più così sicura. E così ho iniziato a parlargliene in maniera esplicita, esprimendo il mio disagio per questa situazione "indefinita", in cui non riuscivo a capire che tipo di prospettive avesse per lui il nostro rapporto. A questi miei discorsi lui diventava scocciato, irascibile; in sostanza mi diceva che, in fondo, ci conoscevamo da poco tempo e che non poteva darmi nessuna certezza al momento, considerando anche che non andavamo molto d'accordo e si litigava spesso; diceva che non c'erano i presupposti per un passo avanti, però, allo stesso tempo, affermava di tenerci a me e di non voler chiudere. Insomma, "se son rose fioriranno". E così stavo, in attesa di una svolta, di non so cosa. Vedendo però che i suoi atteggiamenti erano sempre più di distacco, permeati da quell'odioso "mettere le mani avanti" per impedire ogni tipo di significativo avvicinamento, non ce l'ho fatta più, ero stufa di quel senso di non appartenenza; non ne potevo più di non avere un posto nella sua vita, la frase "ci stiamo conoscendo" mi faceva salire letteralmente la nausea. Pochi giorni prima di Capodanno, con le lacrime agli occhi, lo lascio in un modo poco delicato, forse perché inconsciamente mi volevo vendicare per quella storia mai nata. Cerco di riprendermi ma, tempo un mese, passato a crogiolarmi tra i sensi di colpa e a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta o se, invece, valesse la pena attendere ancora, mollo tutto e mi ritrovo a Torino sotto casa sua, pentita e fremente del desiderio di riaverlo. Ci incontriamo e passiamo una notte surreale insieme. Avevo prenotato una stanza per dormire lì, ma, alla fine, mi porta a casa sua. Dormiamo stretti, con il suo braccio ad avvolgermi dolcemente per tutta la notte. Mi sento finalmente in pace, riconciliata con il mondo. Dura poco anche questo. La mattina dopo mi riaccompagna alla stazione. Mi dice di aver apprezzato il mio gesto, ma che dopo che l'ho lasciato all'improvviso e che ha sofferto tanto, non ha fiducia nei miei confronti; insomma dice che gli farebbe piacere riprendere a sentirmi, ma non ci devono essere aspettative da parte mia in merito all'evoluzione del rapporto, a maggior ragione adesso. Acconsento, pensando di dover portare pazienza; in fondo l'ho abbandonato, è deluso, ha sofferto, devo riconquistare la sua fiducia, senza mettere pressioni di nessun tipo. Riprendiamo a sentirci, ma le cose degenerano ben presto. La situazione di blocco che aveva nei miei confronti sembra non sbloccarsi mai, ci sentiamo tutti i giorni, ma mi tiene a debita distanza; quasi ogni giorno, senza che ce ne sia ragione, mi ribadisce la sua posizione. Sopporto tutto, mi sforzo di essere paziente, anche se mi fa male. Dopo un po', iniziano di nuovo i litigi, il rapporto si deteriora, lui diventa sempre più intollerante nei miei confronti, sempre più violento verbalmente, mi sminuisce, schernisce e deride il mio stile di vita, così diverso da quello suo. Iniziano dei mesi sfiancanti in cui chiudiamo il rapporto infinite volte, non avendo nessun contatto per settimane; ma altrettante infinite volte ci riprendiamo. Non riusciamo a stare vicini né lontani per troppo tempo, la questione diventa molto logorante per me. Ogni volta che ci allontaniamo e mi sembra di risalire, lui torna. Al distacco successivo, che inevitabilmente si verificava anche a distanza di pochi giorni, stavo peggio e così in un loop infinito. Adesso è quasi un mese che ci ho chiuso il rapporto, questa volta spero definitivamente. Non lo sento più, non so più niente di lui e va bene così. Ma spesso, nelle notti silenziose, quando sono da sola con la mia coscienza, mi ritrovo ancora a piangere e a chiedermi "perché", perché ogni cosa che potenzialmente potrebbe essere bella si rivela poi tossica e morbosa? Perché è tutto così difficile? Perché lui, che tanto sembrava entusiasta a costruire ed a impegnarsi, ha iniziato a mettere le mani avanti, a farmi sentire un posto vuoto nella sua vita, ad insultarmi, a farmi dubitare di me stessa e delle mie qualità? L'ultima volta che ci sentiamo sentiti mi ha detto che non merito niente, che non sono capace di costruire delle relazioni, che nessuno mi vorrà mai al suo fianco; e questo dopo che avevo preso il biglietto per Torino, credendo ingenuamente che, dopo l'ennesimo ritrovarci, fosse possibile ricominciare, nonostante tutto. E forse non ha tutti i torti, forse davvero non merito di essere amata e di condividere la mia vita con qualcuno. Io vorrei solo avere una relazione normale, sana, dove essere accolta completamente da una persona un minimo decente che non abbia paura di stare con me. La maggior parte delle mie amiche ha delle relazioni, anche molto durature; alcune convivono, pensano già alla famiglia, hanno dei progetti di vita con i loro uomini, costruiscono, tassello per tassello, il loro futuro. Sto sviluppando un senso di invidia per le relazioni delle mie amiche e me ne vergogno. Mi sento inferiore, difettosa. Io non ce la faccio più ad entrare su Instagram, Facebook e vedere ovunque foto di queste coppie felici, tutte sorrisi ed abbracci, che si fanno i weekend insieme, che vanno in vacanza, che aspettano un figlio, che comprano i mobili all'Ikea per la casa nuova dove andare a vivere insieme. Perché gli altri ce la fanno e a me sembra di non farcela mai? Eppure non mi sembra di avere qualcosa di sbagliato. Sono una ragazza "normale", a modo, nella vita ho studiato, da qualche mese ho iniziato a lavorare, non sono neanche brutta esteticamente (almeno penso), so costruire un discorso di senso compiuto. Perché nessuno è in grado di volermi bene? Lo so che le mie domande non hanno una risposta; l'amore non è un merito né tanto meno è democratico; incontrare la persona giusta, che ti piaccia e che ricambi, è questione di fortuna: trovarsi nel momento giusto al posto giusto. Ma io mi sento tanto scoraggiata ed ultimamente sta diventando un'ossessione il pensiero di non riuscire mai a raggiungere una realizzazione sentimentale, ad avere un uomo con cui condividere esperienze, momenti belli e quelli più difficili, con cui magari fare anche dei progetti di vita, con cui sognare. Mi sento gettata ancora più nello sconforto quando penso al target di uomini che effettivamente mi capita di incontrare negli ambienti sociali che frequento: ultratrentenni "festaioli" che pensano soltanto a fare serata in discoteca ed ubriacarsi, ragazzi che non sono in grado di esprimersi in un italiano accettabile e, infine, la solita categoria di uomini da una botta e via. A volte ho l'impressione che, semplicemente, gli uomini "normali", educati, seri, che non temono relazioni e che nella vita si vedono con una donna o, addirittura, con una famiglia, siano già tutti impegnati; di conseguenza per una donna che è ancora single, le probabilità di trovarne uno libero siano davvero irrisorie. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più. Più ci penso e più questo traguardo di appagamento affettivo e sessuale mi sembra un qualcosa di estremamente lontano, anzi di quasi irraggiungibile per me.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come la gestisce. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come gestisce l’essere single a quest’età e in un mondo in cui si è sempre osservatori della felicità altrui. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto.
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them0508
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Messaggioda TheDarkKnight » 09/08/2022, 19:02



Ho letto tutto, che dire, mostri uno spaccato sociale molto interessante, io non saprei aiutarti, a me le persone solitamente mi ignorano o prendono da me solo ciò di cui hanno bisogno, così ho deciso di seguire una via solitaria che salvo imprevisti dovrebbe concludersi nel modo in cui è iniziata.
Ad un certo punto del tuo racconto ho sorriso pensando che potevi essere qualcuno di famigliare ma che non conoscerò mai. Se fossi quella persona ti direi di non rinunciare (a questo sicuramente) perché qualcuno che ti cerca là fuori c'è, devi solo pazientare e continuare a crederci.
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“Con suo disappunto, non poter scegliere il proprio percorso è la triste condizione dell’uomo. Gli è solo dato di scegliere come atteggiarsi quando il destino chiamerà sperando che non gli manchi il coraggio di rispondere”.

"...tu per loro sei solo un mostro come me..."

"Sono cambiato, mi sono abituato, sono un sopravvissuto."

"Se Dio non può sconfiggere il male allora non è onnipotente,
Se può sconfiggerlo e non vuole farlo allora Dio è malvagio,
Se invece non vuole e non può farlo allora perché chiamarlo Dio???"


"Ho provato a essere come loro. A vivere come loro. Ma finisce sempre nello stesso modo.Mi hanno portato via tutto."

"Combattere per sopravvivere, come se foste già morti; lottare per la vittoria, come se foste già sconfitti"

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Messaggioda them0508 » 09/08/2022, 19:40



Intanto grazie per aver letto. Mi rendo conto che il post sia effettivamente di una lunghezza spaventosa. Parli di aver intrapreso una via solitaria, ma a me interesserebbe sapere come la gestisci a livello interiore e come fai a conciliarla con il bisogno naturale di avere una vita affettiva completa. Insomma, ciò che hai scelto ti rende sereno?
Comunque certo, vorrei continuare a crederci, perché credo di avere comunque tutte le carte in regola. Ma poi penso anche che, come me, tante persone hanno tutto il potenziale per avere qualcuno di importante, eppure...
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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda VeraVita » 09/08/2022, 19:52



them0508 ha scritto:Buon pomeriggio a tutti. Sono nuova sul forum. Ultimamente mi sento preda di tumulti interiori che non mi fanno vivere serenamente e avrei bisogno di punti di vista dall'esterno e dei consigli, se possibile. Ho 26 anni e ho tanto paura della solitudine; nonostante la giovane età, non ho fiducia nel mio futuro sentimentale e la paura di rimanere sola a vita, la paura di non farcela e il confronto con le situazioni degli altri mi stanno soffocando e stanno diventando un'ossessione. Inizierò questo lungo e prolisso post (mi scuso in anticipo per non essere capace di sintetizzare, ma oggi sento il bisogno di scrivere e comunque non ho mai avuto delle buone doti riassuntive)riportando la mia ultima vicissitudine sentimentale. Circa un anno fa conosco su Tinder un ragazzo di qualche anno più grande di me, ci esco senza impegno e senza grandi aspettative. Tuttavia, al di là di ogni mia aspettativa, già al primo appuntamento con questa persona si crea un'intesa mentale meravigliosa e per me rara: parliamo tantissimo, ci raccontiamo. Lui è una persona affascinante, estremamente carismatica, intraprendente con una vita lavorativa di successo, con tante esperienze, tante cose da raccontare e una cultura vastissima, tanto che sin da subito penso che probabilmente non sia alla mia portata e che difficilmente potrà essere interessato a proseguire la conoscenza con me. E, invece, dopo quella prima sera, si fa risentire e continuiamo la conoscenza; ci sentiamo tutti i giorni, ci vediamo spesso. Inizialmente lui è molto propositivo, mentre io mi mostro un po' più, non dico distaccata, ma prudente. Il primo periodo è comunque molto bello; lui sempre presente, pieno di attenzioni nei miei confronti, gentile, premuroso; dai fatti, ma anche dai discorsi che faceva, sembrava intenzionato a costruire qualcosa di serio ed importante e io non riuscivo a credere alla mia fortuna; mi sembrava assurdo che una persona del suo calibro potesse essere interessata a me e, addirittura, voler intraprendere una relazione con me. Dopo un mese e mezzo lui deve tornare nella città in cui vive e svolge la sua attività lavorativa; a quel punto diventa chiara la prospettiva di una frequentazione a distanza; io sono un po' titubante, lui mi convince a provarci, dicendomi che nulla sarebbe cambiato tra noi e che la sua modalità di lavoro gli avrebbe permesso di muoversi senza problemi e di tornare tutte le volte che avrebbe voluto. Rassicurata, decido di non interrompere il rapporto, ma da lì cambia tutto. Una volta rientrato nella sua città, riprende il lavoro e i suoi viaggi, non è più presente come prima, ci sentiamo molto meno. Mi sento trascurata, ma lo accetto perché è normale che una persona adulta, che lavora e vive da sola, finite le vacanze, abbia degli impegni e non possa dedicarsi in maniera assidua a me. Gradualmente, però, iniziano ad emergere tutte le nostre incompatibilità caratteriali e di stili di vita, iniziamo a litigare spesso in maniera pesante anche per le motivazioni più banali; durante le litigate, lui spesso mostra un'aggressività, che non pensavo gli appartenesse, mi riempie di insulti, mi fa sentire sempre in colpa nei suoi confronti, sempre manchevole. Nonostante ciò, continuo a sentirlo perché ormai affezionata e perché, in fondo, inizio a pensare che effettivamente forse in ciò che dice c'è un fondo di verità, forse sono davvero io quella sbagliata, quella che pretende troppo da lui e dà poco in cambio. Lui era in grado di fare dei ragionamenti molto ben articolati che mi facevano dubitare dell'idea che avevo di me e delle mie azioni e facevano sorgere in me la consapevolezza di essere quella difettosa. Comunque nonostante le litigate, sentivo un legame viscerale; soprattutto quelle poche volte in cui ci vedevamo e potevamo stare insieme fisicamente, mi sentivo davvero felice e i litigi e gli insulti mi sembravano soltanto un modo disfunzionale di dimostrare l'affetto. Ogni volta che mi guardava, nel modo in cui mi abbracciava riuscivo a percepire un bene profondo che va al di là di tutte le diversità e screzi, quel bene che, speravo, avrebbe portato nel tempo a trovare un equilibrio. Dunque continuiamo così tra alti e bassi, ma sempre decisi a tenerci. Nel frattempo, però, io inizio a sviluppare sentimenti di insofferenza: inizio a riflettere sul fatto che, a distanza di 4/5 mesi di conoscenza, non c'era stata la benché minima evoluzione del rapporto; sentivo come se lui fosse restio ad includermi per davvero nella sua vita. Pur sentendoci tutti i giorni e condividendo le nostre vicissitudini quotidiane, percepivo chiaramente l'esistenza di un "io" e un "lui", due entità completamente separate, niente di minimamente vicino all'eventualità di un "noi", niente progetti comuni, nessun accenno a presentarci i nostri rispettivi amici, quando sarebbe stato possibile data la distanza, e cose di questo tipo. Avevo iniziato a notare che quando parlava dei suoi progetti, di ciò che gli sarebbe piaciuto fare, anche a breve termine (come poteva essere, per esempio, un viaggio da qualche parte), io non ero mai presente in questi progetti, c'era sempre lui, da solo, non c'era mai un noi. A differenza della fase iniziale, non si faceva più il minimo accenno al concetto di "coppia", non si parlava mai del nostro rapporto, della possibilità di "definire" il rapporto, lui non ne accennava mai. Una volta, seduti in un bar, parlando della mia laurea (che si sarebbe tenuta da lì a pochi mesi), un po' scherzando e un po' no, gli ho detto: "Sai, una volta laureata, potrei valutare l'idea di cercare lavoro a Torino perché non mi dispiacerebbe fare un'esperienza lavorativa fuori; in questo modo potremmo anche avvicinarci un po' e vederci più spesso". Lui impassibile, ha risposto con una battutina e fine. Non ho dato molto peso alla cosa, ma per un attimo ho avuto la percezione che, in fondo, a lui andasse bene così, che la distanza fisica che ci separava fosse un peso soltanto per me. Ho iniziato a riflettere sul fatto che ogni volta che mi trovavo a parlare con qualcuno e mi veniva chiesto se fossi impegnata, non sapevo come rispondere a questa domanda. In effetti, non ero impegnata, non ero neanche del tutto single. Mi sentivo una ragazza single, ma non abbastanza per potermi concedere un'altra conoscenza e comunque non ne avevo voglia. Mentalmente ero piena di lui, ma, in questa situazione di assoluta staticità, ho realizzato di non sapere cosa rappresentassi per lui e di non sapere minimamente verso che direzione stesse andando il rapporto. Mentre nella fase iniziale ero convinta che lui volesse una relazione e che quindi il nostro obiettivo fosse lo stesso, adesso non ne ero più così sicura. E così ho iniziato a parlargliene in maniera esplicita, esprimendo il mio disagio per questa situazione "indefinita", in cui non riuscivo a capire che tipo di prospettive avesse per lui il nostro rapporto. A questi miei discorsi lui diventava scocciato, irascibile; in sostanza mi diceva che, in fondo, ci conoscevamo da poco tempo e che non poteva darmi nessuna certezza al momento, considerando anche che non andavamo molto d'accordo e si litigava spesso; diceva che non c'erano i presupposti per un passo avanti, però, allo stesso tempo, affermava di tenerci a me e di non voler chiudere. Insomma, "se son rose fioriranno". E così stavo, in attesa di una svolta, di non so cosa. Vedendo però che i suoi atteggiamenti erano sempre più di distacco, permeati da quell'odioso "mettere le mani avanti" per impedire ogni tipo di significativo avvicinamento, non ce l'ho fatta più, ero stufa di quel senso di non appartenenza; non ne potevo più di non avere un posto nella sua vita, la frase "ci stiamo conoscendo" mi faceva salire letteralmente la nausea. Pochi giorni prima di Capodanno, con le lacrime agli occhi, lo lascio in un modo poco delicato, forse perché inconsciamente mi volevo vendicare per quella storia mai nata. Cerco di riprendermi ma, tempo un mese, passato a crogiolarmi tra i sensi di colpa e a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta o se, invece, valesse la pena attendere ancora, mollo tutto e mi ritrovo a Torino sotto casa sua, pentita e fremente del desiderio di riaverlo. Ci incontriamo e passiamo una notte surreale insieme. Avevo prenotato una stanza per dormire lì, ma, alla fine, mi porta a casa sua. Dormiamo stretti, con il suo braccio ad avvolgermi dolcemente per tutta la notte. Mi sento finalmente in pace, riconciliata con il mondo. Dura poco anche questo. La mattina dopo mi riaccompagna alla stazione. Mi dice di aver apprezzato il mio gesto, ma che dopo che l'ho lasciato all'improvviso e che ha sofferto tanto, non ha fiducia nei miei confronti; insomma dice che gli farebbe piacere riprendere a sentirmi, ma non ci devono essere aspettative da parte mia in merito all'evoluzione del rapporto, a maggior ragione adesso. Acconsento, pensando di dover portare pazienza; in fondo l'ho abbandonato, è deluso, ha sofferto, devo riconquistare la sua fiducia, senza mettere pressioni di nessun tipo. Riprendiamo a sentirci, ma le cose degenerano ben presto. La situazione di blocco che aveva nei miei confronti sembra non sbloccarsi mai, ci sentiamo tutti i giorni, ma mi tiene a debita distanza; quasi ogni giorno, senza che ce ne sia ragione, mi ribadisce la sua posizione. Sopporto tutto, mi sforzo di essere paziente, anche se mi fa male. Dopo un po', iniziano di nuovo i litigi, il rapporto si deteriora, lui diventa sempre più intollerante nei miei confronti, sempre più violento verbalmente, mi sminuisce, schernisce e deride il mio stile di vita, così diverso da quello suo. Iniziano dei mesi sfiancanti in cui chiudiamo il rapporto infinite volte, non avendo nessun contatto per settimane; ma altrettante infinite volte ci riprendiamo. Non riusciamo a stare vicini né lontani per troppo tempo, la questione diventa molto logorante per me. Ogni volta che ci allontaniamo e mi sembra di risalire, lui torna. Al distacco successivo, che inevitabilmente si verificava anche a distanza di pochi giorni, stavo peggio e così in un loop infinito. Adesso è quasi un mese che ci ho chiuso il rapporto, questa volta spero definitivamente. Non lo sento più, non so più niente di lui e va bene così. Ma spesso, nelle notti silenziose, quando sono da sola con la mia coscienza, mi ritrovo ancora a piangere e a chiedermi "perché", perché ogni cosa che potenzialmente potrebbe essere bella si rivela poi tossica e morbosa? Perché è tutto così difficile? Perché lui, che tanto sembrava entusiasta a costruire ed a impegnarsi, ha iniziato a mettere le mani avanti, a farmi sentire un posto vuoto nella sua vita, ad insultarmi, a farmi dubitare di me stessa e delle mie qualità? L'ultima volta che ci sentiamo sentiti mi ha detto che non merito niente, che non sono capace di costruire delle relazioni, che nessuno mi vorrà mai al suo fianco; e questo dopo che avevo preso il biglietto per Torino, credendo ingenuamente che, dopo l'ennesimo ritrovarci, fosse possibile ricominciare, nonostante tutto. E forse non ha tutti i torti, forse davvero non merito di essere amata e di condividere la mia vita con qualcuno. Io vorrei solo avere una relazione normale, sana, dove essere accolta completamente da una persona un minimo decente che non abbia paura di stare con me. La maggior parte delle mie amiche ha delle relazioni, anche molto durature; alcune convivono, pensano già alla famiglia, hanno dei progetti di vita con i loro uomini, costruiscono, tassello per tassello, il loro futuro. Sto sviluppando un senso di invidia per le relazioni delle mie amiche e me ne vergogno. Mi sento inferiore, difettosa. Io non ce la faccio più ad entrare su Instagram, Facebook e vedere ovunque foto di queste coppie felici, tutte sorrisi ed abbracci, che si fanno i weekend insieme, che vanno in vacanza, che aspettano un figlio, che comprano i mobili all'Ikea per la casa nuova dove andare a vivere insieme. Perché gli altri ce la fanno e a me sembra di non farcela mai? Eppure non mi sembra di avere qualcosa di sbagliato. Sono una ragazza "normale", a modo, nella vita ho studiato, da qualche mese ho iniziato a lavorare, non sono neanche brutta esteticamente (almeno penso), so costruire un discorso di senso compiuto. Perché nessuno è in grado di volermi bene? Lo so che le mie domande non hanno una risposta; l'amore non è un merito né tanto meno è democratico; incontrare la persona giusta, che ti piaccia e che ricambi, è questione di fortuna: trovarsi nel momento giusto al posto giusto. Ma io mi sento tanto scoraggiata ed ultimamente sta diventando un'ossessione il pensiero di non riuscire mai a raggiungere una realizzazione sentimentale, ad avere un uomo con cui condividere esperienze, momenti belli e quelli più difficili, con cui magari fare anche dei progetti di vita, con cui sognare. Mi sento gettata ancora più nello sconforto quando penso al target di uomini che effettivamente mi capita di incontrare negli ambienti sociali che frequento: ultratrentenni "festaioli" che pensano soltanto a fare serata in discoteca ed ubriacarsi, ragazzi che non sono in grado di esprimersi in un italiano accettabile e, infine, la solita categoria di uomini da una botta e via. A volte ho l'impressione che, semplicemente, gli uomini "normali", educati, seri, che non temono relazioni e che nella vita si vedono con una donna o, addirittura, con una famiglia, siano già tutti impegnati; di conseguenza per una donna che è ancora single, le probabilità di trovarne uno libero siano davvero irrisorie. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più. Più ci penso e più questo traguardo di appagamento affettivo e sessuale mi sembra un qualcosa di estremamente lontano, anzi di quasi irraggiungibile per me.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come la gestisce. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come gestisce l’essere single a quest’età e in un mondo in cui si è sempre osservatori della felicità altrui. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto.


Ciao Them0508 ^-^
Ho letto tutto con grande interesse e non c'è bisogno che ringrazi, sono io che ringrazio te per la fiducia e per esserti aperta così tanto sul forum.
Innanzitutto, mi sento di dirti che mi dispiace saperti infelice e che hai sofferto molto per questo rapporto. Ma credimi, tu hai fatto tutto il possibile per questa relazione, dal mio punto di vista sei stata una eroina ai tempi moderni, e penso che lui, lo sappia e che hai lasciato un bellissimo ricordo. Ma per come la vedo io, lui non era interessato a te. Ora, non so i suoi motivi, ma dell'idea che mi sono fatta è che gli uomini tendono ad essere poligami e desiderano la loro libertà. Poi, non lo so, ma è questa l'idea che mi sono fatta dei ragazzi in generale. Forse, sbaglierò. Ma penso un po' questo. Magari, c'è l'eccezione alla regola ma non so quanto siano felici gli uomini che intraprendono la monogamia.
Ad ogni modo, devi pensare che è lui che ha perso una ragazza dolce e speciale e che tu ti sei liberata (con tutto rispetto per lui) di un polmone di uomo che anche se ai tuoi occhi era perfetto e speciale, in realtà, è un comune mortale. Troppi ragazzi migliori di lui incontrerai. Triste dirlo, ma quando viviamo situazioni spiacevoli, dobbiamo avere la forza e la fede che è tutto il disegno per qualcosa di migliore. Devi cercare per quanto difficile sia, trovare dei lati positivi della situazione e porti delle domande motivanti. A me poi, piace trovare un senso a tutto. Non porti queste domande limitanti e senza risposta. Ma poniti domande costruttive e positive. Obbligati a pensare a quale sarebbe un lato positivo della situazione e quale amore vorresti attrarre per il futuro. Scrivi che vorresti una storia seria e matura e che sei una ragazza laureata. Bene, io punterei proprio su questo: sei una ragazza intelligente e profonda. Devi trovare una persona del genere. Inizia dai tuoi interessi. Cosa, ti piacerebbe fare? Disegnare? Fotografare? Escursionismo? Chiamare una persona che non senti da tanto tempo? Impegnarti per il prossimo?
Di cose da fare ce ne sono tante e il mondo è bello perché è vario. Non dirmi che lui era il migliore o il più bello di tutti, perché dal mio punto di vista non ti ha dimostrato di tenerci. Scusami, se sono così fredda, ma la vedo così. Tu vuoi un ragazzo che ti voglia bene, fedele, con cui fare le cose e costruire qualcosa. Quindi, lavora su te stessa, sulla tua personalità. A me, scusami se te lo dico, ma a me sembri una ragazza con una bassa autostima. Lavoro su quello. L'amore non è mai fuori ma dentro di noi. L'amore è un toccasana. Cos'è l'amore per te? Sii grata a questa occasione che hai avuto, che ti ha fatto capire di più per te stessa e abbia la speranza che è per qualcosa di meglio. Dai tempo al tempo, un giorno capirai tutto.
I miei consigli sono questi: innanzitutto, basta più lacrime per questo tizio. Cancellalo ovunque.
Secondo: poniti domande costruttive. Cosa hai imparato da questa situazione e quali sono i lati positivi.
Terzo: sii serena e fiduciosa che incontrerai una persona migliore quando ti sentirai pronta. Contrariamente da ciò che pensi, nulla è caso nella vita (scusami, la freddezza delle mie parole).
Quarto: lavora su te stessa. Pensa a che amore vorresti attrarre, scrivi tutto su un pezzo di carta (non porti limiti)
Quinto: cerca di capire cosa ti piace e no e cosa hai sbagliato nella relazione.
Sesto: se ti va scrivimi, pure!
Settimo: non mollare mai! È lui che ci ha perso, tu ti sei solamente liberata di un polmone (con tutto rispetto).

Buone cose!
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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda Ātman » 09/08/2022, 19:59



Io spero che non tollererai più di farti denigrare nel modo che hai raccontato, nonostante quanto possa farti soffrire la solitudine, e lascerai fuori dalla tua vita chi non sa rispettarti; a iniziare dal tuo ex (chiamiamolo così), che potrebbe rifarsi vivo prima o poi.

Da come ti descrivi, non vedo perché non dovresti trovare qualcuno che ti voglia bene davvero, qualcuno con cui condividere interessi, progetti e valori. Come suggeriva anche Vera, dovresti puntare su qualche interesse che possa farti conoscere persone con cui passare del tempo. Potrebbe nascere così qualche amicizia, e poi chissà.
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Messaggioda Gilgamesh » 09/08/2022, 21:05



Ciao, mi sono molto rivisto in quello che hai scritto, condivido con te sia l'età che l'insofferenza legata alla paura per il futuro, nonché una recente e travagliata rottura sentimentale. Se devo essere sincero l'iter che hai descritto lo trovo abbastanza familiare, penso che la persona in questione semplicemente non avesse voglia di impegnarsi serialmente e volesse mantenere il rapporto così senza farlo evolvere. Sono abbastanza navigato in rapporti a distanza e ti confido che non è una prassi così inusuale. Perché all'inizio fosse diverso? Forse la vicinanza creava entusiasmo; forse la lontananza da casa gli creava una bolla dove coltivare serenamente le sue bugie o fantasticherei che fossero; forse semplicemente era un modo per farti legare a lui. Sapere la risposta corretta è difficile, oltre che ininfluente, ma l'unica cosa certa è che non aveva intenzione di costruire con te qualcosa proiettato al futuro. Non fartene una colpa, capitano le relazioni fallimentari e in certi casi è molto meglio sbattere la testa prima che dopo. Però queste cadute non devono mai diventare motivo per sminuire te stessa, mai e poi mai.
Rispondendo alla tua domanda: affronto la situazione con il tuo stesso sconforto. Preferisco di gran lunga la connessione emotiva ai rapporti occasionali, ma le persone con cui stabilire la complicità che vorrei sono assai rare. Potrei vivere il tutto in maniera più superficiale ma davvero, non ce la faccio e non voglio. La mia paura è quella di dovermi accontentare di una situazione che non è quella che desidero, ma più il tempo passa più sono disilluso.
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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda TheDarkKnight » 09/08/2022, 21:12



them0508 ha scritto:Intanto grazie per aver letto. Mi rendo conto che il post sia effettivamente di una lunghezza spaventosa. Parli di aver intrapreso una via solitaria, ma a me interesserebbe sapere come la gestisci a livello interiore e come fai a conciliarla con il bisogno naturale di avere una vita affettiva completa. Insomma, ciò che hai scelto ti rende sereno?
Comunque certo, vorrei continuare a crederci, perché credo di avere comunque tutte le carte in regola. Ma poi penso anche che, come me, tante persone hanno tutto il potenziale per avere qualcuno di importante, eppure...


La concilio con la pazienza e l'infinita resistenza che possiedo. Infatti non lo consiglio a nessuno questa via, credo sia roba per pochi..
Ecco, la serenità diciamo che al momento non è proprio di casa.. dovrei fare alcune scelte coraggiose per tentare di raggiungerla, alcuni aspetti solltanto accarezzati però mi fanno pensare che sia fattibile.
Soltanto un mese fa ero follemente perso per una collega apparsa dal nulla e più indagavo e più diventava interessante, ma ora riesco a gestire il tutto in modo molto più tranquillo, ero arrivato al punto di avere il timore di perderla ancor prima di conoscerla cosa che mi avrebbe spinto a dire cose che probabilmente non vuole sentirsi dire (soprattutto da me). Il profondo distacco reiterato nel tempo conduce anche a questo.
Ora invece penso che anche per lei tra non molto ci sarà qualcuno pronto a prendersi cura del suo cuore e vi trovo conforto. Credo sarà così anche per te o almeno te lo auguro. Nulla è certo, ovvio, io ho sempre pensato di meritare tutto da questo mondo per come mi comportavo eppure ho ricevuto molto poco ma adesso non mi importa più, non ha senso prendersela troppo si rischia di diventare pessime persone e ce ne sono già fin troppe in giro.
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"...tu per loro sei solo un mostro come me..."

"Sono cambiato, mi sono abituato, sono un sopravvissuto."

"Se Dio non può sconfiggere il male allora non è onnipotente,
Se può sconfiggerlo e non vuole farlo allora Dio è malvagio,
Se invece non vuole e non può farlo allora perché chiamarlo Dio???"


"Ho provato a essere come loro. A vivere come loro. Ma finisce sempre nello stesso modo.Mi hanno portato via tutto."

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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda them0508 » 09/08/2022, 22:09



Trovo sia interessante quello che dici. E penso che, qualunque sia la nostra scelta, viverla serenamente sia il traguardo più importante, seppur difficile da raggiungere qualora questa scelta non sia dipesa tanto dalla nostra reale volontà, ma indotta da eventi esterni. Non conosco le tue vicissitudini, ma da quello che scrivi, mi sembra che sia un po' il tuo caso. Complimenti per il coraggio e mi auguro che sarai in grado di fare queste scelte che probabilmente ti porteranno a raggiungere la pace definitiva.
Allo stesso tempo, però, l'interesse per la tua collega e il fatto che tu abbia iniziato ad indagare su di lei mi sembra comunque che sia una "controtendenza" rispetto alla tua scelta di una vita solitaria; forse in fondo anche tu ci speri ancora in un futuro non solitario per te, insomma non sei stato completamente assorbito da quello stato di "vuoto" affettivo che caratterizza spesso chi vuole fuggire dalle dinamiche relazionali/sentimentali. Ovviamente sono solo ipotesi ed impressioni
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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda them0508 » 09/08/2022, 23:49



VeraVita ha scritto:
them0508 ha scritto:Buon pomeriggio a tutti. Sono nuova sul forum. Ultimamente mi sento preda di tumulti interiori che non mi fanno vivere serenamente e avrei bisogno di punti di vista dall'esterno e dei consigli, se possibile. Ho 26 anni e ho tanto paura della solitudine; nonostante la giovane età, non ho fiducia nel mio futuro sentimentale e la paura di rimanere sola a vita, la paura di non farcela e il confronto con le situazioni degli altri mi stanno soffocando e stanno diventando un'ossessione. Inizierò questo lungo e prolisso post (mi scuso in anticipo per non essere capace di sintetizzare, ma oggi sento il bisogno di scrivere e comunque non ho mai avuto delle buone doti riassuntive)riportando la mia ultima vicissitudine sentimentale. Circa un anno fa conosco su Tinder un ragazzo di qualche anno più grande di me, ci esco senza impegno e senza grandi aspettative. Tuttavia, al di là di ogni mia aspettativa, già al primo appuntamento con questa persona si crea un'intesa mentale meravigliosa e per me rara: parliamo tantissimo, ci raccontiamo. Lui è una persona affascinante, estremamente carismatica, intraprendente con una vita lavorativa di successo, con tante esperienze, tante cose da raccontare e una cultura vastissima, tanto che sin da subito penso che probabilmente non sia alla mia portata e che difficilmente potrà essere interessato a proseguire la conoscenza con me. E, invece, dopo quella prima sera, si fa risentire e continuiamo la conoscenza; ci sentiamo tutti i giorni, ci vediamo spesso. Inizialmente lui è molto propositivo, mentre io mi mostro un po' più, non dico distaccata, ma prudente. Il primo periodo è comunque molto bello; lui sempre presente, pieno di attenzioni nei miei confronti, gentile, premuroso; dai fatti, ma anche dai discorsi che faceva, sembrava intenzionato a costruire qualcosa di serio ed importante e io non riuscivo a credere alla mia fortuna; mi sembrava assurdo che una persona del suo calibro potesse essere interessata a me e, addirittura, voler intraprendere una relazione con me. Dopo un mese e mezzo lui deve tornare nella città in cui vive e svolge la sua attività lavorativa; a quel punto diventa chiara la prospettiva di una frequentazione a distanza; io sono un po' titubante, lui mi convince a provarci, dicendomi che nulla sarebbe cambiato tra noi e che la sua modalità di lavoro gli avrebbe permesso di muoversi senza problemi e di tornare tutte le volte che avrebbe voluto. Rassicurata, decido di non interrompere il rapporto, ma da lì cambia tutto. Una volta rientrato nella sua città, riprende il lavoro e i suoi viaggi, non è più presente come prima, ci sentiamo molto meno. Mi sento trascurata, ma lo accetto perché è normale che una persona adulta, che lavora e vive da sola, finite le vacanze, abbia degli impegni e non possa dedicarsi in maniera assidua a me. Gradualmente, però, iniziano ad emergere tutte le nostre incompatibilità caratteriali e di stili di vita, iniziamo a litigare spesso in maniera pesante anche per le motivazioni più banali; durante le litigate, lui spesso mostra un'aggressività, che non pensavo gli appartenesse, mi riempie di insulti, mi fa sentire sempre in colpa nei suoi confronti, sempre manchevole. Nonostante ciò, continuo a sentirlo perché ormai affezionata e perché, in fondo, inizio a pensare che effettivamente forse in ciò che dice c'è un fondo di verità, forse sono davvero io quella sbagliata, quella che pretende troppo da lui e dà poco in cambio. Lui era in grado di fare dei ragionamenti molto ben articolati che mi facevano dubitare dell'idea che avevo di me e delle mie azioni e facevano sorgere in me la consapevolezza di essere quella difettosa. Comunque nonostante le litigate, sentivo un legame viscerale; soprattutto quelle poche volte in cui ci vedevamo e potevamo stare insieme fisicamente, mi sentivo davvero felice e i litigi e gli insulti mi sembravano soltanto un modo disfunzionale di dimostrare l'affetto. Ogni volta che mi guardava, nel modo in cui mi abbracciava riuscivo a percepire un bene profondo che va al di là di tutte le diversità e screzi, quel bene che, speravo, avrebbe portato nel tempo a trovare un equilibrio. Dunque continuiamo così tra alti e bassi, ma sempre decisi a tenerci. Nel frattempo, però, io inizio a sviluppare sentimenti di insofferenza: inizio a riflettere sul fatto che, a distanza di 4/5 mesi di conoscenza, non c'era stata la benché minima evoluzione del rapporto; sentivo come se lui fosse restio ad includermi per davvero nella sua vita. Pur sentendoci tutti i giorni e condividendo le nostre vicissitudini quotidiane, percepivo chiaramente l'esistenza di un "io" e un "lui", due entità completamente separate, niente di minimamente vicino all'eventualità di un "noi", niente progetti comuni, nessun accenno a presentarci i nostri rispettivi amici, quando sarebbe stato possibile data la distanza, e cose di questo tipo. Avevo iniziato a notare che quando parlava dei suoi progetti, di ciò che gli sarebbe piaciuto fare, anche a breve termine (come poteva essere, per esempio, un viaggio da qualche parte), io non ero mai presente in questi progetti, c'era sempre lui, da solo, non c'era mai un noi. A differenza della fase iniziale, non si faceva più il minimo accenno al concetto di "coppia", non si parlava mai del nostro rapporto, della possibilità di "definire" il rapporto, lui non ne accennava mai. Una volta, seduti in un bar, parlando della mia laurea (che si sarebbe tenuta da lì a pochi mesi), un po' scherzando e un po' no, gli ho detto: "Sai, una volta laureata, potrei valutare l'idea di cercare lavoro a Torino perché non mi dispiacerebbe fare un'esperienza lavorativa fuori; in questo modo potremmo anche avvicinarci un po' e vederci più spesso". Lui impassibile, ha risposto con una battutina e fine. Non ho dato molto peso alla cosa, ma per un attimo ho avuto la percezione che, in fondo, a lui andasse bene così, che la distanza fisica che ci separava fosse un peso soltanto per me. Ho iniziato a riflettere sul fatto che ogni volta che mi trovavo a parlare con qualcuno e mi veniva chiesto se fossi impegnata, non sapevo come rispondere a questa domanda. In effetti, non ero impegnata, non ero neanche del tutto single. Mi sentivo una ragazza single, ma non abbastanza per potermi concedere un'altra conoscenza e comunque non ne avevo voglia. Mentalmente ero piena di lui, ma, in questa situazione di assoluta staticità, ho realizzato di non sapere cosa rappresentassi per lui e di non sapere minimamente verso che direzione stesse andando il rapporto. Mentre nella fase iniziale ero convinta che lui volesse una relazione e che quindi il nostro obiettivo fosse lo stesso, adesso non ne ero più così sicura. E così ho iniziato a parlargliene in maniera esplicita, esprimendo il mio disagio per questa situazione "indefinita", in cui non riuscivo a capire che tipo di prospettive avesse per lui il nostro rapporto. A questi miei discorsi lui diventava scocciato, irascibile; in sostanza mi diceva che, in fondo, ci conoscevamo da poco tempo e che non poteva darmi nessuna certezza al momento, considerando anche che non andavamo molto d'accordo e si litigava spesso; diceva che non c'erano i presupposti per un passo avanti, però, allo stesso tempo, affermava di tenerci a me e di non voler chiudere. Insomma, "se son rose fioriranno". E così stavo, in attesa di una svolta, di non so cosa. Vedendo però che i suoi atteggiamenti erano sempre più di distacco, permeati da quell'odioso "mettere le mani avanti" per impedire ogni tipo di significativo avvicinamento, non ce l'ho fatta più, ero stufa di quel senso di non appartenenza; non ne potevo più di non avere un posto nella sua vita, la frase "ci stiamo conoscendo" mi faceva salire letteralmente la nausea. Pochi giorni prima di Capodanno, con le lacrime agli occhi, lo lascio in un modo poco delicato, forse perché inconsciamente mi volevo vendicare per quella storia mai nata. Cerco di riprendermi ma, tempo un mese, passato a crogiolarmi tra i sensi di colpa e a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta o se, invece, valesse la pena attendere ancora, mollo tutto e mi ritrovo a Torino sotto casa sua, pentita e fremente del desiderio di riaverlo. Ci incontriamo e passiamo una notte surreale insieme. Avevo prenotato una stanza per dormire lì, ma, alla fine, mi porta a casa sua. Dormiamo stretti, con il suo braccio ad avvolgermi dolcemente per tutta la notte. Mi sento finalmente in pace, riconciliata con il mondo. Dura poco anche questo. La mattina dopo mi riaccompagna alla stazione. Mi dice di aver apprezzato il mio gesto, ma che dopo che l'ho lasciato all'improvviso e che ha sofferto tanto, non ha fiducia nei miei confronti; insomma dice che gli farebbe piacere riprendere a sentirmi, ma non ci devono essere aspettative da parte mia in merito all'evoluzione del rapporto, a maggior ragione adesso. Acconsento, pensando di dover portare pazienza; in fondo l'ho abbandonato, è deluso, ha sofferto, devo riconquistare la sua fiducia, senza mettere pressioni di nessun tipo. Riprendiamo a sentirci, ma le cose degenerano ben presto. La situazione di blocco che aveva nei miei confronti sembra non sbloccarsi mai, ci sentiamo tutti i giorni, ma mi tiene a debita distanza; quasi ogni giorno, senza che ce ne sia ragione, mi ribadisce la sua posizione. Sopporto tutto, mi sforzo di essere paziente, anche se mi fa male. Dopo un po', iniziano di nuovo i litigi, il rapporto si deteriora, lui diventa sempre più intollerante nei miei confronti, sempre più violento verbalmente, mi sminuisce, schernisce e deride il mio stile di vita, così diverso da quello suo. Iniziano dei mesi sfiancanti in cui chiudiamo il rapporto infinite volte, non avendo nessun contatto per settimane; ma altrettante infinite volte ci riprendiamo. Non riusciamo a stare vicini né lontani per troppo tempo, la questione diventa molto logorante per me. Ogni volta che ci allontaniamo e mi sembra di risalire, lui torna. Al distacco successivo, che inevitabilmente si verificava anche a distanza di pochi giorni, stavo peggio e così in un loop infinito. Adesso è quasi un mese che ci ho chiuso il rapporto, questa volta spero definitivamente. Non lo sento più, non so più niente di lui e va bene così. Ma spesso, nelle notti silenziose, quando sono da sola con la mia coscienza, mi ritrovo ancora a piangere e a chiedermi "perché", perché ogni cosa che potenzialmente potrebbe essere bella si rivela poi tossica e morbosa? Perché è tutto così difficile? Perché lui, che tanto sembrava entusiasta a costruire ed a impegnarsi, ha iniziato a mettere le mani avanti, a farmi sentire un posto vuoto nella sua vita, ad insultarmi, a farmi dubitare di me stessa e delle mie qualità? L'ultima volta che ci sentiamo sentiti mi ha detto che non merito niente, che non sono capace di costruire delle relazioni, che nessuno mi vorrà mai al suo fianco; e questo dopo che avevo preso il biglietto per Torino, credendo ingenuamente che, dopo l'ennesimo ritrovarci, fosse possibile ricominciare, nonostante tutto. E forse non ha tutti i torti, forse davvero non merito di essere amata e di condividere la mia vita con qualcuno. Io vorrei solo avere una relazione normale, sana, dove essere accolta completamente da una persona un minimo decente che non abbia paura di stare con me. La maggior parte delle mie amiche ha delle relazioni, anche molto durature; alcune convivono, pensano già alla famiglia, hanno dei progetti di vita con i loro uomini, costruiscono, tassello per tassello, il loro futuro. Sto sviluppando un senso di invidia per le relazioni delle mie amiche e me ne vergogno. Mi sento inferiore, difettosa. Io non ce la faccio più ad entrare su Instagram, Facebook e vedere ovunque foto di queste coppie felici, tutte sorrisi ed abbracci, che si fanno i weekend insieme, che vanno in vacanza, che aspettano un figlio, che comprano i mobili all'Ikea per la casa nuova dove andare a vivere insieme. Perché gli altri ce la fanno e a me sembra di non farcela mai? Eppure non mi sembra di avere qualcosa di sbagliato. Sono una ragazza "normale", a modo, nella vita ho studiato, da qualche mese ho iniziato a lavorare, non sono neanche brutta esteticamente (almeno penso), so costruire un discorso di senso compiuto. Perché nessuno è in grado di volermi bene? Lo so che le mie domande non hanno una risposta; l'amore non è un merito né tanto meno è democratico; incontrare la persona giusta, che ti piaccia e che ricambi, è questione di fortuna: trovarsi nel momento giusto al posto giusto. Ma io mi sento tanto scoraggiata ed ultimamente sta diventando un'ossessione il pensiero di non riuscire mai a raggiungere una realizzazione sentimentale, ad avere un uomo con cui condividere esperienze, momenti belli e quelli più difficili, con cui magari fare anche dei progetti di vita, con cui sognare. Mi sento gettata ancora più nello sconforto quando penso al target di uomini che effettivamente mi capita di incontrare negli ambienti sociali che frequento: ultratrentenni "festaioli" che pensano soltanto a fare serata in discoteca ed ubriacarsi, ragazzi che non sono in grado di esprimersi in un italiano accettabile e, infine, la solita categoria di uomini da una botta e via. A volte ho l'impressione che, semplicemente, gli uomini "normali", educati, seri, che non temono relazioni e che nella vita si vedono con una donna o, addirittura, con una famiglia, siano già tutti impegnati; di conseguenza per una donna che è ancora single, le probabilità di trovarne uno libero siano davvero irrisorie. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più. Più ci penso e più questo traguardo di appagamento affettivo e sessuale mi sembra un qualcosa di estremamente lontano, anzi di quasi irraggiungibile per me.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come la gestisce. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come gestisce l’essere single a quest’età e in un mondo in cui si è sempre osservatori della felicità altrui. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto.


Ciao Them0508 ^-^
Ho letto tutto con grande interesse e non c'è bisogno che ringrazi, sono io che ringrazio te per la fiducia e per esserti aperta così tanto sul forum.
Innanzitutto, mi sento di dirti che mi dispiace saperti infelice e che hai sofferto molto per questo rapporto. Ma credimi, tu hai fatto tutto il possibile per questa relazione, dal mio punto di vista sei stata una eroina ai tempi moderni, e penso che lui, lo sappia e che hai lasciato un bellissimo ricordo. Ma per come la vedo io, lui non era interessato a te. Ora, non so i suoi motivi, ma dell'idea che mi sono fatta è che gli uomini tendono ad essere poligami e desiderano la loro libertà. Poi, non lo so, ma è questa l'idea che mi sono fatta dei ragazzi in generale. Forse, sbaglierò. Ma penso un po' questo. Magari, c'è l'eccezione alla regola ma non so quanto siano felici gli uomini che intraprendono la monogamia.
Ad ogni modo, devi pensare che è lui che ha perso una ragazza dolce e speciale e che tu ti sei liberata (con tutto rispetto per lui) di un polmone di uomo che anche se ai tuoi occhi era perfetto e speciale, in realtà, è un comune mortale. Troppi ragazzi migliori di lui incontrerai. Triste dirlo, ma quando viviamo situazioni spiacevoli, dobbiamo avere la forza e la fede che è tutto il disegno per qualcosa di migliore. Devi cercare per quanto difficile sia, trovare dei lati positivi della situazione e porti delle domande motivanti. A me poi, piace trovare un senso a tutto. Non porti queste domande limitanti e senza risposta. Ma poniti domande costruttive e positive. Obbligati a pensare a quale sarebbe un lato positivo della situazione e quale amore vorresti attrarre per il futuro. Scrivi che vorresti una storia seria e matura e che sei una ragazza laureata. Bene, io punterei proprio su questo: sei una ragazza intelligente e profonda. Devi trovare una persona del genere. Inizia dai tuoi interessi. Cosa, ti piacerebbe fare? Disegnare? Fotografare? Escursionismo? Chiamare una persona che non senti da tanto tempo? Impegnarti per il prossimo?
Di cose da fare ce ne sono tante e il mondo è bello perché è vario. Non dirmi che lui era il migliore o il più bello di tutti, perché dal mio punto di vista non ti ha dimostrato di tenerci. Scusami, se sono così fredda, ma la vedo così. Tu vuoi un ragazzo che ti voglia bene, fedele, con cui fare le cose e costruire qualcosa. Quindi, lavora su te stessa, sulla tua personalità. A me, scusami se te lo dico, ma a me sembri una ragazza con una bassa autostima. Lavoro su quello. L'amore non è mai fuori ma dentro di noi. L'amore è un toccasana. Cos'è l'amore per te? Sii grata a questa occasione che hai avuto, che ti ha fatto capire di più per te stessa e abbia la speranza che è per qualcosa di meglio. Dai tempo al tempo, un giorno capirai tutto.
I miei consigli sono questi: innanzitutto, basta più lacrime per questo tizio. Cancellalo ovunque.
Secondo: poniti domande costruttive. Cosa hai imparato da questa situazione e quali sono i lati positivi.
Terzo: sii serena e fiduciosa che incontrerai una persona migliore quando ti sentirai pronta. Contrariamente da ciò che pensi, nulla è caso nella vita (scusami, la freddezza delle mie parole).
Quarto: lavora su te stessa. Pensa a che amore vorresti attrarre, scrivi tutto su un pezzo di carta (non porti limiti)
Quinto: cerca di capire cosa ti piace e no e cosa hai sbagliato nella relazione.
Sesto: se ti va scrivimi, pure!
Settimo: non mollare mai! È lui che ci ha perso, tu ti sei solamente liberata di un polmone (con tutto rispetto).

Buone cose!
VeraVita ha scritto:
them0508 ha scritto:Buon pomeriggio a tutti. Sono nuova sul forum. Ultimamente mi sento preda di tumulti interiori che non mi fanno vivere serenamente e avrei bisogno di punti di vista dall'esterno e dei consigli, se possibile. Ho 26 anni e ho tanto paura della solitudine; nonostante la giovane età, non ho fiducia nel mio futuro sentimentale e la paura di rimanere sola a vita, la paura di non farcela e il confronto con le situazioni degli altri mi stanno soffocando e stanno diventando un'ossessione. Inizierò questo lungo e prolisso post (mi scuso in anticipo per non essere capace di sintetizzare, ma oggi sento il bisogno di scrivere e comunque non ho mai avuto delle buone doti riassuntive)riportando la mia ultima vicissitudine sentimentale. Circa un anno fa conosco su Tinder un ragazzo di qualche anno più grande di me, ci esco senza impegno e senza grandi aspettative. Tuttavia, al di là di ogni mia aspettativa, già al primo appuntamento con questa persona si crea un'intesa mentale meravigliosa e per me rara: parliamo tantissimo, ci raccontiamo. Lui è una persona affascinante, estremamente carismatica, intraprendente con una vita lavorativa di successo, con tante esperienze, tante cose da raccontare e una cultura vastissima, tanto che sin da subito penso che probabilmente non sia alla mia portata e che difficilmente potrà essere interessato a proseguire la conoscenza con me. E, invece, dopo quella prima sera, si fa risentire e continuiamo la conoscenza; ci sentiamo tutti i giorni, ci vediamo spesso. Inizialmente lui è molto propositivo, mentre io mi mostro un po' più, non dico distaccata, ma prudente. Il primo periodo è comunque molto bello; lui sempre presente, pieno di attenzioni nei miei confronti, gentile, premuroso; dai fatti, ma anche dai discorsi che faceva, sembrava intenzionato a costruire qualcosa di serio ed importante e io non riuscivo a credere alla mia fortuna; mi sembrava assurdo che una persona del suo calibro potesse essere interessata a me e, addirittura, voler intraprendere una relazione con me. Dopo un mese e mezzo lui deve tornare nella città in cui vive e svolge la sua attività lavorativa; a quel punto diventa chiara la prospettiva di una frequentazione a distanza; io sono un po' titubante, lui mi convince a provarci, dicendomi che nulla sarebbe cambiato tra noi e che la sua modalità di lavoro gli avrebbe permesso di muoversi senza problemi e di tornare tutte le volte che avrebbe voluto. Rassicurata, decido di non interrompere il rapporto, ma da lì cambia tutto. Una volta rientrato nella sua città, riprende il lavoro e i suoi viaggi, non è più presente come prima, ci sentiamo molto meno. Mi sento trascurata, ma lo accetto perché è normale che una persona adulta, che lavora e vive da sola, finite le vacanze, abbia degli impegni e non possa dedicarsi in maniera assidua a me. Gradualmente, però, iniziano ad emergere tutte le nostre incompatibilità caratteriali e di stili di vita, iniziamo a litigare spesso in maniera pesante anche per le motivazioni più banali; durante le litigate, lui spesso mostra un'aggressività, che non pensavo gli appartenesse, mi riempie di insulti, mi fa sentire sempre in colpa nei suoi confronti, sempre manchevole. Nonostante ciò, continuo a sentirlo perché ormai affezionata e perché, in fondo, inizio a pensare che effettivamente forse in ciò che dice c'è un fondo di verità, forse sono davvero io quella sbagliata, quella che pretende troppo da lui e dà poco in cambio. Lui era in grado di fare dei ragionamenti molto ben articolati che mi facevano dubitare dell'idea che avevo di me e delle mie azioni e facevano sorgere in me la consapevolezza di essere quella difettosa. Comunque nonostante le litigate, sentivo un legame viscerale; soprattutto quelle poche volte in cui ci vedevamo e potevamo stare insieme fisicamente, mi sentivo davvero felice e i litigi e gli insulti mi sembravano soltanto un modo disfunzionale di dimostrare l'affetto. Ogni volta che mi guardava, nel modo in cui mi abbracciava riuscivo a percepire un bene profondo che va al di là di tutte le diversità e screzi, quel bene che, speravo, avrebbe portato nel tempo a trovare un equilibrio. Dunque continuiamo così tra alti e bassi, ma sempre decisi a tenerci. Nel frattempo, però, io inizio a sviluppare sentimenti di insofferenza: inizio a riflettere sul fatto che, a distanza di 4/5 mesi di conoscenza, non c'era stata la benché minima evoluzione del rapporto; sentivo come se lui fosse restio ad includermi per davvero nella sua vita. Pur sentendoci tutti i giorni e condividendo le nostre vicissitudini quotidiane, percepivo chiaramente l'esistenza di un "io" e un "lui", due entità completamente separate, niente di minimamente vicino all'eventualità di un "noi", niente progetti comuni, nessun accenno a presentarci i nostri rispettivi amici, quando sarebbe stato possibile data la distanza, e cose di questo tipo. Avevo iniziato a notare che quando parlava dei suoi progetti, di ciò che gli sarebbe piaciuto fare, anche a breve termine (come poteva essere, per esempio, un viaggio da qualche parte), io non ero mai presente in questi progetti, c'era sempre lui, da solo, non c'era mai un noi. A differenza della fase iniziale, non si faceva più il minimo accenno al concetto di "coppia", non si parlava mai del nostro rapporto, della possibilità di "definire" il rapporto, lui non ne accennava mai. Una volta, seduti in un bar, parlando della mia laurea (che si sarebbe tenuta da lì a pochi mesi), un po' scherzando e un po' no, gli ho detto: "Sai, una volta laureata, potrei valutare l'idea di cercare lavoro a Torino perché non mi dispiacerebbe fare un'esperienza lavorativa fuori; in questo modo potremmo anche avvicinarci un po' e vederci più spesso". Lui impassibile, ha risposto con una battutina e fine. Non ho dato molto peso alla cosa, ma per un attimo ho avuto la percezione che, in fondo, a lui andasse bene così, che la distanza fisica che ci separava fosse un peso soltanto per me. Ho iniziato a riflettere sul fatto che ogni volta che mi trovavo a parlare con qualcuno e mi veniva chiesto se fossi impegnata, non sapevo come rispondere a questa domanda. In effetti, non ero impegnata, non ero neanche del tutto single. Mi sentivo una ragazza single, ma non abbastanza per potermi concedere un'altra conoscenza e comunque non ne avevo voglia. Mentalmente ero piena di lui, ma, in questa situazione di assoluta staticità, ho realizzato di non sapere cosa rappresentassi per lui e di non sapere minimamente verso che direzione stesse andando il rapporto. Mentre nella fase iniziale ero convinta che lui volesse una relazione e che quindi il nostro obiettivo fosse lo stesso, adesso non ne ero più così sicura. E così ho iniziato a parlargliene in maniera esplicita, esprimendo il mio disagio per questa situazione "indefinita", in cui non riuscivo a capire che tipo di prospettive avesse per lui il nostro rapporto. A questi miei discorsi lui diventava scocciato, irascibile; in sostanza mi diceva che, in fondo, ci conoscevamo da poco tempo e che non poteva darmi nessuna certezza al momento, considerando anche che non andavamo molto d'accordo e si litigava spesso; diceva che non c'erano i presupposti per un passo avanti, però, allo stesso tempo, affermava di tenerci a me e di non voler chiudere. Insomma, "se son rose fioriranno". E così stavo, in attesa di una svolta, di non so cosa. Vedendo però che i suoi atteggiamenti erano sempre più di distacco, permeati da quell'odioso "mettere le mani avanti" per impedire ogni tipo di significativo avvicinamento, non ce l'ho fatta più, ero stufa di quel senso di non appartenenza; non ne potevo più di non avere un posto nella sua vita, la frase "ci stiamo conoscendo" mi faceva salire letteralmente la nausea. Pochi giorni prima di Capodanno, con le lacrime agli occhi, lo lascio in un modo poco delicato, forse perché inconsciamente mi volevo vendicare per quella storia mai nata. Cerco di riprendermi ma, tempo un mese, passato a crogiolarmi tra i sensi di colpa e a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta o se, invece, valesse la pena attendere ancora, mollo tutto e mi ritrovo a Torino sotto casa sua, pentita e fremente del desiderio di riaverlo. Ci incontriamo e passiamo una notte surreale insieme. Avevo prenotato una stanza per dormire lì, ma, alla fine, mi porta a casa sua. Dormiamo stretti, con il suo braccio ad avvolgermi dolcemente per tutta la notte. Mi sento finalmente in pace, riconciliata con il mondo. Dura poco anche questo. La mattina dopo mi riaccompagna alla stazione. Mi dice di aver apprezzato il mio gesto, ma che dopo che l'ho lasciato all'improvviso e che ha sofferto tanto, non ha fiducia nei miei confronti; insomma dice che gli farebbe piacere riprendere a sentirmi, ma non ci devono essere aspettative da parte mia in merito all'evoluzione del rapporto, a maggior ragione adesso. Acconsento, pensando di dover portare pazienza; in fondo l'ho abbandonato, è deluso, ha sofferto, devo riconquistare la sua fiducia, senza mettere pressioni di nessun tipo. Riprendiamo a sentirci, ma le cose degenerano ben presto. La situazione di blocco che aveva nei miei confronti sembra non sbloccarsi mai, ci sentiamo tutti i giorni, ma mi tiene a debita distanza; quasi ogni giorno, senza che ce ne sia ragione, mi ribadisce la sua posizione. Sopporto tutto, mi sforzo di essere paziente, anche se mi fa male. Dopo un po', iniziano di nuovo i litigi, il rapporto si deteriora, lui diventa sempre più intollerante nei miei confronti, sempre più violento verbalmente, mi sminuisce, schernisce e deride il mio stile di vita, così diverso da quello suo. Iniziano dei mesi sfiancanti in cui chiudiamo il rapporto infinite volte, non avendo nessun contatto per settimane; ma altrettante infinite volte ci riprendiamo. Non riusciamo a stare vicini né lontani per troppo tempo, la questione diventa molto logorante per me. Ogni volta che ci allontaniamo e mi sembra di risalire, lui torna. Al distacco successivo, che inevitabilmente si verificava anche a distanza di pochi giorni, stavo peggio e così in un loop infinito. Adesso è quasi un mese che ci ho chiuso il rapporto, questa volta spero definitivamente. Non lo sento più, non so più niente di lui e va bene così. Ma spesso, nelle notti silenziose, quando sono da sola con la mia coscienza, mi ritrovo ancora a piangere e a chiedermi "perché", perché ogni cosa che potenzialmente potrebbe essere bella si rivela poi tossica e morbosa? Perché è tutto così difficile? Perché lui, che tanto sembrava entusiasta a costruire ed a impegnarsi, ha iniziato a mettere le mani avanti, a farmi sentire un posto vuoto nella sua vita, ad insultarmi, a farmi dubitare di me stessa e delle mie qualità? L'ultima volta che ci sentiamo sentiti mi ha detto che non merito niente, che non sono capace di costruire delle relazioni, che nessuno mi vorrà mai al suo fianco; e questo dopo che avevo preso il biglietto per Torino, credendo ingenuamente che, dopo l'ennesimo ritrovarci, fosse possibile ricominciare, nonostante tutto. E forse non ha tutti i torti, forse davvero non merito di essere amata e di condividere la mia vita con qualcuno. Io vorrei solo avere una relazione normale, sana, dove essere accolta completamente da una persona un minimo decente che non abbia paura di stare con me. La maggior parte delle mie amiche ha delle relazioni, anche molto durature; alcune convivono, pensano già alla famiglia, hanno dei progetti di vita con i loro uomini, costruiscono, tassello per tassello, il loro futuro. Sto sviluppando un senso di invidia per le relazioni delle mie amiche e me ne vergogno. Mi sento inferiore, difettosa. Io non ce la faccio più ad entrare su Instagram, Facebook e vedere ovunque foto di queste coppie felici, tutte sorrisi ed abbracci, che si fanno i weekend insieme, che vanno in vacanza, che aspettano un figlio, che comprano i mobili all'Ikea per la casa nuova dove andare a vivere insieme. Perché gli altri ce la fanno e a me sembra di non farcela mai? Eppure non mi sembra di avere qualcosa di sbagliato. Sono una ragazza "normale", a modo, nella vita ho studiato, da qualche mese ho iniziato a lavorare, non sono neanche brutta esteticamente (almeno penso), so costruire un discorso di senso compiuto. Perché nessuno è in grado di volermi bene? Lo so che le mie domande non hanno una risposta; l'amore non è un merito né tanto meno è democratico; incontrare la persona giusta, che ti piaccia e che ricambi, è questione di fortuna: trovarsi nel momento giusto al posto giusto. Ma io mi sento tanto scoraggiata ed ultimamente sta diventando un'ossessione il pensiero di non riuscire mai a raggiungere una realizzazione sentimentale, ad avere un uomo con cui condividere esperienze, momenti belli e quelli più difficili, con cui magari fare anche dei progetti di vita, con cui sognare. Mi sento gettata ancora più nello sconforto quando penso al target di uomini che effettivamente mi capita di incontrare negli ambienti sociali che frequento: ultratrentenni "festaioli" che pensano soltanto a fare serata in discoteca ed ubriacarsi, ragazzi che non sono in grado di esprimersi in un italiano accettabile e, infine, la solita categoria di uomini da una botta e via. A volte ho l'impressione che, semplicemente, gli uomini "normali", educati, seri, che non temono relazioni e che nella vita si vedono con una donna o, addirittura, con una famiglia, siano già tutti impegnati; di conseguenza per una donna che è ancora single, le probabilità di trovarne uno libero siano davvero irrisorie. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più. Più ci penso e più questo traguardo di appagamento affettivo e sessuale mi sembra un qualcosa di estremamente lontano, anzi di quasi irraggiungibile per me.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come la gestisce. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto. A parte il senso di vuoto emotivo, di sentirsi privati di una componente affettiva importante, non per scelta, ultimamente sto soffrendo molto la mancanza del contatto fisico, di vivere e condividere la mia sessualità. Certo, potrei andare a letto con un tizio qualunque conosciuto su Tinder (a trovare quello, credo che non avrei grandi problemi), ma ciò non mi appartiene. Poche volte mi è capitato di avere rapporti occasionali, con persone con cui non c'era un'intesa affettiva, e ho capito che proprio non fa per me, non mi sono sentita a mio agio. Ho bisogno di calore, di condividere il mio corpo, la mia sessualità all'interno di un rapporto affettivo che ovviamente non ho. E mi sta pesando sempre di più.
Non potendo governare il caso, la fortuna, le ignote dinamiche che sono alla base di incontri fortunati, cosa potrei fare per non sentire il peso di questa mancanza nella mia vita o, perlomeno, di non sentirlo così tanto? Come fare per far sì che questa mia condizione non diventi una vera e propria ossessione con conseguenze sul mio benessere psichico e altri ambiti della mia vita? Se qualcuno vive o ha vissuto le stesse sensazioni, mi piacerebbe sapere come gestisce l’essere single a quest’età e in un mondo in cui si è sempre osservatori della felicità altrui. Grazie a chi vorrà leggere questo sproloquio infinito. Sembrerà banale, ma credo di aver bisogno di aiuto.


Ciao Them0508 ^-^
Ho letto tutto con grande interesse e non c'è bisogno che ringrazi, sono io che ringrazio te per la fiducia e per esserti aperta così tanto sul forum.
Innanzitutto, mi sento di dirti che mi dispiace saperti infelice e che hai sofferto molto per questo rapporto. Ma credimi, tu hai fatto tutto il possibile per questa relazione, dal mio punto di vista sei stata una eroina ai tempi moderni, e penso che lui, lo sappia e che hai lasciato un bellissimo ricordo. Ma per come la vedo io, lui non era interessato a te. Ora, non so i suoi motivi, ma dell'idea che mi sono fatta è che gli uomini tendono ad essere poligami e desiderano la loro libertà. Poi, non lo so, ma è questa l'idea che mi sono fatta dei ragazzi in generale. Forse, sbaglierò. Ma penso un po' questo. Magari, c'è l'eccezione alla regola ma non so quanto siano felici gli uomini che intraprendono la monogamia.
Ad ogni modo, devi pensare che è lui che ha perso una ragazza dolce e speciale e che tu ti sei liberata (con tutto rispetto per lui) di un polmone di uomo che anche se ai tuoi occhi era perfetto e speciale, in realtà, è un comune mortale. Troppi ragazzi migliori di lui incontrerai. Triste dirlo, ma quando viviamo situazioni spiacevoli, dobbiamo avere la forza e la fede che è tutto il disegno per qualcosa di migliore. Devi cercare per quanto difficile sia, trovare dei lati positivi della situazione e porti delle domande motivanti. A me poi, piace trovare un senso a tutto. Non porti queste domande limitanti e senza risposta. Ma poniti domande costruttive e positive. Obbligati a pensare a quale sarebbe un lato positivo della situazione e quale amore vorresti attrarre per il futuro. Scrivi che vorresti una storia seria e matura e che sei una ragazza laureata. Bene, io punterei proprio su questo: sei una ragazza intelligente e profonda. Devi trovare una persona del genere. Inizia dai tuoi interessi. Cosa, ti piacerebbe fare? Disegnare? Fotografare? Escursionismo? Chiamare una persona che non senti da tanto tempo? Impegnarti per il prossimo?
Di cose da fare ce ne sono tante e il mondo è bello perché è vario. Non dirmi che lui era il migliore o il più bello di tutti, perché dal mio punto di vista non ti ha dimostrato di tenerci. Scusami, se sono così fredda, ma la vedo così. Tu vuoi un ragazzo che ti voglia bene, fedele, con cui fare le cose e costruire qualcosa. Quindi, lavora su te stessa, sulla tua personalità. A me, scusami se te lo dico, ma a me sembri una ragazza con una bassa autostima. Lavoro su quello. L'amore non è mai fuori ma dentro di noi. L'amore è un toccasana. Cos'è l'amore per te? Sii grata a questa occasione che hai avuto, che ti ha fatto capire di più per te stessa e abbia la speranza che è per qualcosa di meglio. Dai tempo al tempo, un giorno capirai tutto.
I miei consigli sono questi: innanzitutto, basta più lacrime per questo tizio. Cancellalo ovunque.
Secondo: poniti domande costruttive. Cosa hai imparato da questa situazione e quali sono i lati positivi.
Terzo: sii serena e fiduciosa che incontrerai una persona migliore quando ti sentirai pronta. Contrariamente da ciò che pensi, nulla è caso nella vita (scusami, la freddezza delle mie parole).
Quarto: lavora su te stessa. Pensa a che amore vorresti attrarre, scrivi tutto su un pezzo di carta (non porti limiti)
Quinto: cerca di capire cosa ti piace e no e cosa hai sbagliato nella relazione.
Sesto: se ti va scrivimi, pure!
Settimo: non mollare mai! È lui che ci ha perso, tu ti sei solamente liberata di un polmone (con tutto rispetto).

Buone cose!



Ti ringrazio per le gentili parole, davvero. Non credo che questo ragazzo avrà un buon ricordo di me, considerando i contenuti a me rivolti, quando ci ho chiuso per l'ultima volta, ma, in ogni caso, dei suoi ricordi, attualmente, mi importa poco. Certamente ho fatto le mie valutazioni e, ad oggi, so che era interessato ad avere semplicemente qualcuno che potesse guardarlo con stupore e meraviglia per alimentare il suo ego e io, ammaliata da lui, dal suo fascino, incarnavo la spettatrice perfetta; gli interessava la mia funzione, non io. In breve, è questa la conclusione a cui sono giunta. Seppur all'inizio l'ho idealizzato, conoscendolo meglio, sono uscite fuori tutte le sue "brutture", ho capito che è una persona molto torbida, di certo non alla mia portata e non quello di cui ho bisogno. Non soffro per averlo perso, non mi manca lui, i suoi insulti e ciò che non mi ha dato. Piuttosto mi fa rabbia il fatto di aver sprecato tempo e soprattutto tante energie mentali per una persona dagli atteggiamenti e modi discutibili e un po’ provo rabbia per me che sono stata la prima a giustificarli, anche laddove non erano giustificabili. Allo stesso tempo, come mi consigli tu, cerco di trovare il lato positivo anche in questo: avevo l’illusione che se fossi stata migliore per lui, avrei potuto averlo e ciò ha fatto sì che mi mettessi in discussione, ho imparato a chiedere scusa, ho imparato a “fare” per l’altro, senza aspettare necessariamente qualcosa in cambio, a scendere a compromessi. Lui non ha saputo apprezzare il mio impegno. Intanto, però, io oggi sono una persona un po’ migliore, non per lui, ma per me e per chi verrà. Ecco, qui torniamo al solito punto dolente: quel chi verrà. Io, al di là di tutto, so che devo lavorare ancora molto su me stessa dal punto di vista relazionale, anche per la questione dell’autostima ed alcune insicurezze che mi porto dietro, ma qui, se dovessi analizzare la mia persona nelle sue varie sfaccettature, il discorso diventerebbe troppo ampio. Allo stesso tempo, penso che un po’ tutti noi dobbiamo lavorare su noi stessi, penso che non esistano persone del tutto “finite”. Quello che mi piacerebbe è lavorare su me stessa sì, ma all’interno di un rapporto, crescere e maturare insieme a qualcuno che possa condividere i miei valori. Ma non vedo nessuno intorno, non riesco davvero ad intravedere persone valide e che facciano per me. Vedo un mondo fragile, allo sfascio, persone confuse, che non sanno quello che vogliono, persone per cui immettersi all’interno di un rapporto serio e prendersi cura di qualcuno sia quasi motivo di vergogna, quasi come se fosse una debolezza, un torto feroce al proprio individualismo e alla propria libertà. Allo stesso tempo, però, vedo intorno a me tante coppie, tante ragazze, come me, che ce l’hanno fatta a trovare, in mezzo a questo scenario, la loro isola di felicità. Anche soltanto per una settimana vorrei vivere la loro vita e sentire com’è sentirsi amate, com’è guardare negli occhi di qualcuno e trovarvi delle certezze, una stabilità, com’è banalmente andare a fare la spesa mano nella mano. Io tutte queste cose non me le ricordo più. E fa male.
Tante volte ho pensato che, dal punto di vista pratico/concreto, dovrei mettermi in gioco, iniziando qualche attività nuova, che mi dia la possibilità di aprirmi a nuove conoscenze, oltre ad arricchirmi, perché, alla fine, è pur vero che frequento sempre le solite persone ed ambienti che non mi permettono di fare conoscenze stimolanti. Ma poi la solita routine mi assorbe completamente: i continui impegni lavorativi, la stanchezza, l’avere poco tempo per me stessa e per i miei interessi, sì, anche un po’ l’apatia e la svogliatezza, mi distolgono dalla realizzazione di questi buoni propositi. Allo stesso tempo, mi viene da pensare che, a prescindere da tutto, dal mio stile di vita, dai luoghi frequentati, forse semplicemente non è una cosa destinata a me. Non vorrei che sia davvero così.
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Quando l'essere single diventa un'ossessione

Messaggioda enemyofthesun » 10/08/2022, 0:03



Ciao, sulla storia specifica ti hanno già risposto appropriatamente e non mi sembra di dover aggiungere altro.
Per quel che riguarda la mia storia personale invece, anch'io ho quest'angoscia della solitudine, di non sentirmi accettato per la mia particolare situazione di vita (non lavoro e non ci riesco, ho scarso interesse per il sesso anche in coppia, ovviamente nessun interesse per quello occasionale, ho isolamento sociale).
Ho 41 anni e quindi mi sento ancora più in crisi per questa cosa, dopo che 2 storie lunghe sono finite per questi motivi, non mi accettavano per come sono.
Se ho pensato a relazioni non monogame, ad esempio, è per far sì di non deludere le aspettative di una nuova donna, magari diminuirle su di me, anche solo un'amicizia in fondo mi andrebbe bene...
Non perchè mi servano più relazioni...già è difficile per me averne una...
Se è così pazza da volere una relazione sentimentale con me...boh proviamo...e speriamo bene...
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