
L’assistenza sessuale alla persona affetta da disabilità fisica o mentale nasce per permetterle di fruire di una pratica necessaria, più spesso indispensabile, al suo benessere psicofisico. Le pulsioni sessuali costantemente represse e impedite nella loro manifestazione, sia autonoma sia relazionale, si risolvono in un costante e ossessivo stress psichico che affligge non poco l’esistenza di chi non ha autonomia nell’uso del proprio corpo.
Determinate forme di disabilità, rendono impossibile l’uso delle mani, quasi tutte le forme di disabilità rendono difficoltosa, quando non proibitiva, l’interazione fisica e sessuale con partner adeguati, più spesso con qualunque tipo di partner consenziente.
L’assistenza sessuale si configura come una pratica soprattutto relazionale, empatica e comunicativa. Attraverso il periodo in cui si svolgerà la sessione d’incontro tra la persona che lo richiede e l’assistente, il fulcro dell’interesse sarà nello stabilire un rapporto empatico.
Quello che l’assistente debitamente preparata deve riuscire a trasmettere all’altro è innanzitutto l’accettazione del suo corpo attraverso l’esplorazione manuale, l’accarezzamento, il massaggio.
Concedere un momento di profondo benessere e attenzione all’altro inteso nella sua dimensione olistica, globale: l’uso delle mani sarà accompagnato dalla voce, da musica, dal racconto.
L’assistenza viene non a caso definita sessuale. Il che significa che il corpo sarà preso in considerazione nella sua interezza. L’area genitale, generalmente la più trascurata nelle pratiche di massaggio e quella trattata con più distacco o imbarazzo in chi assiste la persona disabile nelle sue funzioni corporali quotidiane, sarà al centro di particolare attenzione e manipolazione, al fine di rimuovere tensioni e pulsioni concentrate e dannose che solitamente si manifestano come interesse ossessivo verso il sesso e l’area genitale in tutti quei casi in cui non trovino modo di essere canalizzate per molto tempo.
L’assistenza sessuale non prevede alcuna tipologia di contatto a rischio contagio, scambio di fluidi né penetrazione. La sfera sessuale è approcciata attraverso lo scambio emozionale e comunicativo, il sentimento dell’accettazione del corpo, la conduzione all’apice del piacere sessuale attraverso le mani. La durata indicativa della sessione d’incontro è un’ora e mezza."
Il nostro gruppo su facebook "Assistenza Sessuale". E' una scelta.
Per tutte le informazioni e i contatti visitate il sito http://www.assistenzasessuale.it
Disabili e Sessualità assistenza Sessuale per i Disabili, un enorme campo da esplorare.
In Olanda, Germania, Belgio e Paesi Scandinavi, sono stati istituiti servizi di “assistenza sessuale per i disabili” che offrono ai disabili dei due sessi, compresi gli omosessuali, prestazioni sessuali.
Le problematiche che ne derivano si rifanno all’etica e alla morale.
Disabili e Sessualità
Parliamo di Disabili e Sessualità perchè il sesso è un diritto di tutti. La sessualità è una sfera inalienabile e naturale.
Meglio “diversamente abili” o “diversabili” che “disabili”. Il secondo termine indica la mancanza di un’abilità. Il primo termine, che si stà imponendo recentemente, riconosce nella persona con handicap la presenza dell’abilità seppure diversa, come dire che chi è in carrozzina non è che non può camminare (come insinuerebbe il termine disabile) ma può farlo in maniera diversa.
Una delle critiche fatta all’assistenza sessuale è insinuare che senza una cosa del genere il disabile non abbia possibilità di trovare un “compagno/a”. E’ facile fare i moralisti quando non si vivono certe condizioni.
Un disabile può avere dei compagni, ma è anche vero che, obiettivamente, non ha le stesse possibilità del normodotato, non perchè abbia qualcosa in meno, ma perchè il mondo e la società sono strutturati su caratteristiche umane diverse da quelle del diversabile, caratteristiche umane che la società stessa ha definito come normalità.
Perchè negare che il mondo è costruito in base ad esigenze diverse e che nella realtà dei fatti un diversabile si trova in svantaggio? E’ vero credere che sia ipocrita negare un diritto come disabili e sessualità per timore di ammettere uno svantaggio.
Lo svantaggio c’è, ma se la popolazione è formata al 90% da chiusi mentali, non è colpa di una fantomatica mancanza del disabile. Se il mondo prevede che per la vita sociale devi fare cose che un diversamente abile può fare con grandi sacrifici o molte limitazioni, non è una mancanza del diversamente abile, la mancanza c’è ed è sociale.
Evitare un diritto per disabili e sessualità per non sembrare bisognosi è ipocrisia. E’ facile per un normodotato in periodo di astinenza andare a prostitute oppure cercare in discoteca chi ci sta, è facile che dall’altra parte si accetti; ma ci sono tipologie di diversibilità che manco le prostitute accettano. Si sentono storie di madri che devono provvedere individualmente a soddisfare questo bisogno del figlio. Non tutta è gente che, nonostante qualche handicap, è comunque piacente o normale e deve solo trovare la persona che non si spaventi di disabili e sessualità e della difficoltà della situazione. Alcuni hanno gravi deformazioni, altri sono handicap psicologici, altri moriranno precocemente e non hanno il tempo materiale di cercare qualcuno che assecondi il normale desiderio di esperienza sessuale.
Disabili e Sessualità Come Funziona in Altri Paesi
Il sesso fa anche esso parte dei diritti umani. E quindi anche il tema Disabili e Sessualità ne fa parte. Ne sono convinti i servizi sociali di alcuni comuni della Gran Bretagna, che per i disabili e sessualità stanno sfruttando i soldi del programma del governo “Putting People First” (“prima la gente”) per pagare rapporti con prostitute o visite a spettacoli di lap dance. Il caso, anzi lo scandalo, è scoppiato sulla stampa inglese quando è stata diffusa la notizia che un comune finanzierà una vacanza ad Amsterdam per un giovane di ventuno anni con ritardi di apprendimento. Il ragazzo potrà qui avere il suo primo rapporto sessuale. “E’ stato a due corsi di salute e coscienza sessuale, e vuole provare di che si tratta”, ha spiegato un’assistente sociale al Daily Mirror. “Le ragazze ad Amsterdam sono molto più protette di quelle sulle strade britanniche: lasciamolo divertire, rifiutargli questo servizio sarebbe una violazione dei suoi diritti umani”.
Le polemiche oltremanica non sono tardate ad arrivare. Ma il caso del disabile iniziato al sesso è solo la punta di un iceberg. Il programma del governo britannico è infatti molto consistente dal punto di vista economico: per i disabili e sessualità stanziati ben cinquecentoventi milioni di sterline. Sarebbero quattro i comuni cha hanno usato i fondi per fornire ai clienti disabili servizi di natura sessuale a pagamento. In UK, andare con prostitute non è reato.
Il programma del governo britannico su disabili e sessualità che mette al centro l’uomo è molto flessibile rispetto all’uso dei fondi. Il 97% dei comuni ha dichiarato di non avere politiche “ufficiali” in materia di disabili e sessualità e di lasciare la decisione finale alla discrezione degli assistenti sociali, che hanno un’apertura mentale inimmaginabile per il nostro paese. Oltre ai rapporti sessuali, per i disabili e sessualità sono anche finanziati: spettacoli a sfondo sessuale, chat erotiche, ma anche vacanze nel Mediterraneo.
Disabili e Sessualità Sondaggio Per L’ Assistenza Sessuale
In un sondaggio su disabili e sessualità proposto su Internet, otto disabili su dieci si rivolgerebbero ad un “assistente sessuale”.
Un tema così delicato come quello che nasce dall’accostamento delle parole disabili e sessualità che sono due temi ancora tabù.
Il sondaggio su disabili e sessualità nasce in seguito alla notizia che in Svizzera svolgono regolarmente la loro attività dieci assistenti sessuali professionisti, che propongono ai disabili psichici che lo richiedono, massaggi, carezze, esperienze sessuali e giochi erotici. Sono sei donne e quattro uomini: dopo aver seguito un corso di formazione su disabili e sessualità svolgono questa attività a una tariffa di centocinquanta franchi l’ora. In questo caso si tratta di disabili psichici, ma evidentemente il problema riguarda anche molti disabili motori che, a seconda delle patologie, si trovano in difficoltà nel momento in cui hanno bisogno di espletare normali e consuete pulsioni sessuali.
I risultati del sondaggio su disabili e sessualità sono chiari: il dato del 77% dei favorevoli va suddiviso tra chi “prenderebbe in considerazione questa proposta” (44%), chi l’accetterebbe data la presenza di professionisti (26%), e chi infine “non ne farebbe uso, ma non ci vede nulla di male” (7%). Ma un buon 5% dei navigatori non approva questa iniziativa su disabili e sessualità perchè “sarebbe come legalizzare la prostituzione”.
Giudicare il risultato del sondaggio disabili e sessualità dal punto di vista di chi la disabilità non la vive rischia di essere fuorviante. Bisognerebbe invitare chi confonde l’amore con il sesso, o chi fa professione di romanticismo per negare il diritto al tema disabili e sessualità a spogliarsi di pregiudizi culturali e/o religiosi, per immedesimarsi nello strazio interiore di chi, per un handicapfisico o psichico, non può fare sesso come chiunque.
L’esperienza sessuale è un bisogno fisico primario e in quanto tale va somministrato, anche nel campo disabili e sessualità ovviamente. Dal momento che chi soffre di qualche disabilità spesso non riesce ad avere alcun tipo di rapporto, questa iniziativa potrebbe essere una soluzione terapeutica valida: “…non importano i mezzi, importa il fine”.
Disabili e sessualità dove la sessualità è un tema che interessa sempre, da sempre e tutti. Anche ovviamente i disabili, forse giudicare il risultato dal punto di vista di chi la disabilità non la vive rischia di essere fuorviante.
La libertà per i disabili e sessualità è poter scegliere, non siamo certo noi a scegliere ciò che altri non possono. Dopotutto l’assistenza sessuale non è obbligatoria, ma si può scegliere.
Posto l'intervista di una madre, senza commentarla.
"voglio un'assistente sessuale per mio figlio disabile
Nessuno pensa che una persona disabile abbia bisogno di sesso. Ma se c'è l'educatore, il fisioterapista o il logopedista, anche nella sessualità bisognerebbe sostenere il percorso di una persona affetta da handicap attraverso una persona formata per poterlo aiutare.
Patrizia è la madre di Giorgio, un ragazzo di 27 anni affetto dalla sindrome di Williams, una malattia rara che comporta un ritardo mentale. Quando Giorgio aveva 21 anni - spiega - lho scoperto di notte che si toccava, ma so neanche se si tocca bene. Non posso chiederglielo come mamma, né può la sorella. Ho pensato di trovare anche qualche prostituta. So che sembra assurdo, ma la questione continua bisogna pure risolverla. Mi emoziona il pensiero di far avere a Giorgio il contatto fisico con una persona dell'altro sesso, ma allo stesso tempo mi spaventa anche l'idea di pagare una persona per avere un contatto sessuale.
Per questo Patrizia si dice d'accordo con la creazione anche in Italia della figura dell'assistente sessuale per disabili, al centro della proposta di legge di cui è promotore Max Ulivieri (http://www.assistenzasessuale.it).
In Italia - conclude Patrizia - abbiamo ancora il concetto che una persona disabile non è persona. Non abbiamo il rispetto di pensare che prima della disabilità ci sia la persona, che va rispettata in tutti i suoi bisogni.
Assistenza sessuale, una madre: “E’ necessaria”
di Max Ulivieri | 28 febbraio 2013
E’ difficile comprendere un bisogno se non è il proprio. Questa è una verità ormai consolidata. E’ vero. Esiste l’empatia, la capacità di sentire il bisogno altrui, ma siamo sinceri, non è la stessa cosa. In questi mesi in cui si è discusso dell’assistenza sessuale alle persone con disabilità, ho letto commenti di ogni genere: dal comico al serio, dal tragico al delirante. Non mi ha sorpreso nessuno di questi. Erano più o meno tutti previsti. La maggior parte deriva certamente dall’ignoranza, nel senso proprio dell’ignorare cosa sia questa “figura” e quale sia il bisogno reale. Gli altri commenti derivano da svariate paure, alcune comprensibili, altre tragicomiche. Ma non sono qui a scrivere ancora per convincervi che l’assistenza sessuale è auspicabile anche in Italia. In realtà non è mai stato il mio primo obiettivo riguardo questa tematica. Il primo è e sarà sempre quello di convincervi che in cima a tutto c’è il diritto di poter scegliere.
Oggi vi scrivo per riportarvi le parole di Carla, 64 anni, provincia di Napoli. L’ho intervistata.
Ciao Carla, qual è il motivo per cui mi ha scritto?
Ho un figlio, si chiama Luigi, ha 24 anni. E’ tetraplegico spastico da sempre. Ho paura. Ho tanta paura per quel che accadrà dopo la mia morte.
Di cosa ha paura Carla?
Di come potrà vivere senza il mio aiuto. Lui ha bisogno di tutto. Di essere imboccato, vestito, spogliato, lavato. Non può uscire da solo, andare in bagno per i suoi bisogni fisiologici. Senza qualcuno morirebbe di stenti.
Non c’è nessuno che può aiutarla?
Chi? Chi dovrebbe aiutarmi? Mio marito è morto 6 anni fa per un cancro. Ho due sorelle ma sono sposate e vivono lontano. Le associazioni dicono non hanno volontari e se si offre qualcuno vuole soldi, rimborsi. Non li ho. Sono pensionata. Ho studiato nella mia vita ma non è servito a molto. Ho letto di progetti tipo “Vita indipendente” o “Dopo di noi” (associazioni che assistono i disabili gravi, ndr) ma in altre zone d’Italia, qui non c’è nulla.
Come passa le giornate Luigi?
Guarda la tv. Legge giornali. Studia. Ama la storia. Non ha molti amici, viviamo in un piccolo paese. E’ un ragazzo pieno di energia ma spesso, troppo spesso, triste e solo.
Perché crede sia triste?
Secondo lei? E’ un uomo in un corpo che non gli permette quasi nulla. Penso che gli manchi una ragazza, l’amore e perché no, anche il sesso! Manca a me che ho 64 anni, si figuri quanto può mancare a un ragazzo di 24 anni. Ogni tanto sento dei rumori quando lo lascio in camera da solo. Lo so che sta facendo, anzi, che sta provando a fare. In quelle occasioni faccio finta di nulla, anche quando devo cambiarlo perché si è bagnato…o almeno ci ha provato.
Lei quindi pensa ci sarebbe bisogno dell’assistenza sessuale?
Mio figlio avrebbe bisogno dell’amore. Ma l’amore chi glielo può dare? L’amore non si chiede, o c’è o non c’è. Allora almeno una donna che sappia dare piacere e orgoglio a un corpo che per lui è solo fonte di dispiacere e disprezzo. Che c’è di male?
Questo potrebbe farlo anche una prostituta?
Ho pensato a questo. Molte volte. Ma che devo fare? Vado per strada a cercarle? Le cerco in internet? E’ già molto se ho una buona cultura e parlo dignitosamente ma non saprei che dire a queste donne. Ci vogliono enti, associazioni a cui rivolgersi. Luoghi in cui trovare donne preparate che sanno cosa fare. Donne che comprendono il bisogno e che non sono sprovvedute davanti a corpi così diversi.
Lei è dunque favorevole alla creazione di questa “figura”?
Sono favorevole a tutto ciò che regali un sorriso a mio figlio. Almeno finché io sarò in vita.
Assistenza sessuale, un racconto in prima persona
di Max Ulivieri | 20 novembre 2012
Oggi voglio farvi leggere un’intervista che ho realizzato. Un’intervista molto particolare. Ci sono vari modi di leggere una storia. La puoi leggere accompagnato dal proprio “io”, dalle proprie idee e convinzioni. Oppure completamente “vuoti”, lasciandosi riempire dalle parole dei protagonisti. La puoi leggere pensando alle proprie esigenze, oppure entrando in empatia con i protagonisti. Questo starà a voi deciderlo. Mi limito a riportare questa storia che mi è stata raccontata, scritta, con grande trasporto e sincerità.
Per chi crede che la “figura” dell’assistenza sessuale possa essere una scelta anche per il nostro Paese, c’è una petizione da firmare: “assistenza sessuale”. E’ una scelta
Quando nasce il tuo interesse nei confronti dell’assistenza sessuale?
Due anni fa. Avevo da poco letto un libro, non riesco a ricordare il titolo. Era una raccolta di racconti molto particolari, ognuno era dedicato alla storia di una persona che, pur affetta da disabilità grave, aveva trovato il proprio posto nel mondo, riuscendo non solo a superare le normali sfide della vita che attendono ciascuno di noi, ma a realizzare qualcosa di straordinario. Una storia in particolare iniziò a trasformare la mia percezione della realtà, perché aveva davvero il potenziale di spingermi a riflettere, certo, ma anche ad agire.
Fulvio Frisone, poeta, pittore, ma soprattutto, uno dei più grandi fisici italiani. Affetto, a causa di un errore medico al momento della nascita, da tetraparesi spastica. Nascere e crescere con gli arti, ma non poterli usare. Quello che mi colpì profondamente, nel venire a conoscenza della sua storia, fu il ruolo che ebbe la madre nella sua crescita. A un certo punto, semplicemente, si rese conto che proprio figlio rischiava di impazzire. Il bisogno di espressione sessuale, che era precluso anche autonomamente, non gli lasciava un attimo di tregua, e neanche a lei. Non era come imboccarlo, o aiutarlo ad andare al bagno, accudirlo come un bambino nei bisogni primari. Questa era una cosa completamente diversa, moralmente imbarazzante, per taluni riprovevole. Che fare? Cercare qualcuno che lo aiutasse, fu la risposta che si diede e lottò ferocemente, come solo una madre coraggiosa sa fare, per trovare le persone giuste.
Fu lì che iniziai a riflettere in termini di assistenza sessuale. Ovvio che prima non mi fossi mai posta il problema, non è argomento di cui parlano i media, non era un dramma che avesse sfiorato me o la mia famiglia, quello della disabilità, fisica o mentale che fosse. Ho iniziato a chiedermi che cosa si potrebbe provare a essere lucidi, coscienti, dentro un corpo che è in parte o del tutto inutilizzabile autonomamente. Io che avrei fatto? Non lo so, non è qualcosa su cui si può congetturare. Tuttavia, sapevo che cosa mi sarei potuta augurare: di essere aiutata con amore a esprimere tutti i miei bisogni: del corpo, della mente, dell’anima. D’altra parte, trovarsi improvvisamente dentro un corpo che non risponde più può succedere a chiunque, se è destinato a passare per quell’esperienza. Non volevo vivere nella paura che succedesse a me, ma nemmeno vivere nell’indifferenza a questa nuova, improvvisa consapevolezza. Non sapevo come agire, però. Così, confidando nel destino, aspettai un segno.
Il destino decise di aiutarti? Come?
Sì. Il segno arrivò di lì a poco. Lo riconobbi nel momento in cui una comune passione mise sulla mia strada un ragazzo intelligente, brillante, affetto all’incirca dalla stessa patologia di cui avevo letto, senza essermici mai ancora imbattuta.
A quel punto, che cosa decidesti di fare?
Gli domandai come affrontasse nella sua vita il problema della sessualità. Sì, problema, poiché la sua disabilità gli impediva i gesti più elementari. Seppure concepissi la difficoltà nel trovare una partner adeguata, mi riusciva impossibile immaginare una persona che non potesse alleviare autonomamente quel tipo di tensione nel corpo. Mi raccontò di come la prostituzione fosse una realtà cui suo malgrado era stato costretto a ricorrere, di tanto in tanto. Ma che gli era insopportabile la mancanza di empatia, di dolcezza, d’intimità. Le ragazze con cui era stato non erano preparate a confrontarsi con un disabile, non riuscivano a nascondere il disagio e questo lo feriva al punto tale da aver rinunciato a questo tipo d’incontri, pur continuando a soffrire molto per la tensione che accumulava senza possibilità di alleggerirla.
Ti sei offerta di aiutarlo?
Mi sono offerta di aiutarlo. Non me ne sono mai pentita, anche se allora non seppi gestire bene la situazione, non ero pronta a confrontarmi con le implicazioni collaterali, soprattutto emotive, di questo tipo di assistenza. Sapevo di essere la persona adatta, la mia capacità di empatizzare immediatamente, la mia disinvoltura sessuale che mi porta a non avere preconcetti di alcun tipo, la mia naturale inclinazione a prendermi cura di qualunque tipo di corpo attraverso il massaggio, erano tutte doti che non avevo ancora perfettamente focalizzato né messo alla prova, ma sapevo essere quelle adatte per approcciarmi a questa realtà.
Che cosa andò storto, allora?
Molto semplicemente, non ho saputo porre regole e condizioni, perché io stessa ancora non le conoscevo. Non mi sono saputa far rispettare e alla fine, nonostante abbia elargito ben più di quanto, farei adesso, nonostante non mi sia fatta pagare, lui mi ha lasciato addosso una persistente sensazione di disagio: non solo non aveva apprezzato come credevo, ma non è riuscito ad astenersi dal giudizio morale, una volta eliminata la tensione, diciamo così. Come se offrirsi di fare qualcosa del genere, terminata l’oggettiva utilità del tuo servizio, ti releghi in una categoria di “persone indegne”, persino agli occhi di chi ha accettato il tuo aiuto.
Torniamo per un momento a oggi. Hai continuato a offrire assistenza sessuale oppure quell’esperienza ti ha segnato negativamente?
Quell’esperienza mi ha segnato, ma solo per offrirmi un parametro di cosa va inteso per assistenza sessuale. Per quasi due anni non mi sono più imbattuta in questa tematica, né l’ho cercata. Semplicemente, sapevo che se si fosse nuovamente presentata l’occasione, avrei affrontato le cose in modo diverso. Ogni persona porta con sé la propria storia, sofferenza, le proprie sfide. E ogni volta è come ricominciare da capo, ma le regole di base, quelle valgono per tutti. Gli accordi preliminari, innanzitutto. Chi richiede l’assistenza va istruito: non ci saranno penetrazioni, baci, scambi di fluidi, sono io a guidare la partita. Non tutti quelli che chiedono sono accettati, bisogna selezionare al massimo, assicurarsi di non imbattersi in una patologia a rischio, bisogna mantenere il distacco sufficiente a non diventare il fulcro dell’esistenza di chi non riesce a trovare, a causa della sua disabilità, una dimensione affettiva e sessuale. Assicurarsi che ogni sì e ogni no che si decide di dire siano motivati ampiamente e pazientemente (non scordiamo che la maggior parte di queste persone non ha esperienza relazionale con l’altro sesso o la ha minima) e che si mantenga il giusto equilibrio tra dolcezza e severità, insomma. Impresa non da poco. Dovrebbero fare dei corsi appositi.
C’è qualcosa che puoi dirci su come si è svolta la tua ultima assistenza?
Ti parlo di N. Lui mi ha piacevolmente sorpreso. È un uomo colto, intelligente, deciso. Ha provato a dettare le sue condizioni, non c’è riuscito ed ha accettato le mie. A quel punto sì che mi ha messo in condizioni di aiutarlo. Ci ha messo un po’ ad accettare l’assistenza nei termini in cui gliela proponevo, avendo alle spalle una continuativa, seppure insoddisfacente, esperienza di sesso a pagamento con prostitute, per quanto di buon livello, diciamo così. Più volte ha tentennato, incerto se incontrarmi valesse la spesa, dopo tutte le limitazioni che ponevo. D’altra parte, nell’immaginario collettivo, le brave ragazze non accettano soldi per dispensare attenzioni sessuali. Se invece lo fanno, viene da sé che debbano dare un pezzo del loro corpo in cambio, un tanto al buco. Pare funzioni così. Ho deciso di cambiare questa regola odiosa e lui mi ha aiutato, come io con dolcezza l’ho assistito in quel suo opprimente bisogno di alleggerire la tensione sessuale nel corpo. L’assistenza non è assistenzialismo, questo cerco di trasmettere. Una persona che non è autonoma nel corpo ha bisogno di aiuto, mi pare ovvio. Ma l’aiuto non deve diventare una prigione costruita intorno. D’altra parte, l’aiuto che offro, sebbene a pagamento, non deve diventare la mia, di prigione. Non voglio piagnistei, non voglio pretese. Niente tentativi di colpevolizzazione perché non m’innamorerò, perché prendo soldi, perché in cambio dei soldi non faccio come vuole chi paga, ma faccio ciò che so fare nel modo in cui stabilisco io. Qualcuno si sogna forse di pretendere che un’assistente personale debba innamorarsi della persona che assiste? O che lo faccia gratis? Che dire di una terapeuta?
Per chi crede che la “figura” dell’assistenza sessuale possa essere una scelta anche per il nostro Paese, c’è una petizione da firmare: “assistenza sessuale”. E’ una scelta
Assistenza sessuale: il racconto di chi l’ha ricevuta
di Max Ulivieri | 17 gennaio 2013
Cari amici lettori. Eravamo rimasti all’intervista di una donna che ha avuto esperienze come assistente sessuale. Oggi leggeremo le parole di un ragazzo disabile che ha vissuto quest’esperienza sulla propria pelle….”
1. Come descriveresti te stesso in poche righe?
Sono solare estroverso, affronto i problemi e le difficoltà con forza, spesso anche col sorriso. Sono curioso, sono attratto dalle nuove esperienze soprattutto da quelle che potrebbero arricchirmi. La vita mi ha insegnato a non aver paura più di nulla, se c’è da rischiare non mi tiro certo indietro, ho capito che se si desidera qualcosa bisogna prendersela. Ottenere il rispetto verso gli altri lo ritengo un valore fondamentale. M’interessa molto la politica intesa come perseguimento e difesa del bene comune. L’indifferenza non mi appartiene. Ho innato il rispetto verso gli altri, ma sono intollerante nei confronti del moralismo e dei pregiudizi in genere.
2. La tua disabilità che tipo di assistenza richiede?
La mia disabilità è molto grave: non ho l’uso delle gambe e delle braccia. Questa situazione non mi rende autosufficiente e richiede un’assistenza domiciliare continuata.
3. Veniamo all’assistenza di tipo sessuale. Sei mai ricorso a qualcosa del genere? Raccontaci la tua/le tue esperienze e che cosa ti ha spinto a metterti in cerca di questo tipo di aiuto.
Ne ho sentito parlare per la prima volta in un servizio delle Iene, mi ha interessato molto e ho cercato notizie ulteriori su internet. Mi ha incuriosito come esperienza, mi solleticava l’idea di un incontro con una donna non impaurita dalla disabilità, preparata ad aiutarmi a cercare il mio benessere psico-fisico, capace di farmi vivere un più di affettività. Cercando nel web sono riuscito a entrare in contatto con un’assistente sessuale, abbiamo organizzato un incontro. E’ stato molto eccitante, si è creata subito una grande complicità ed empatia, guidava le mie braccia, le mie mani sul suo corpo nudo. La definirei un’esperienza ad alto tasso affettivo.
4. Che tipo di benefici e/o controindicazioni hai notato in merito?
Il beneficio più importante che ho notato è l’aumento della mia autostima, la cosa che più mi ha sorpreso è il piacere che può offrire un massaggio intimo. Mi ha aiutato anche a scoprire il mio corpo facendomi andare oltre i miei limiti fisici, essere assistiti nella ricerca del piacere fa bene da un punto di vista psicologico.
5. Attualmente e sulla scia di ciò che già avviene in altri paesi si sta cercando di mobilitare l’opinione pubblica e la politica in favore del riconoscimento legale di questa pratica, da assimilare a una terapia vera e propria rivolta al benessere psicofisico di persone che, per un motivo o per l’altro, si trovano a non essere autonome nell’espressione dei propri bisogni di tipo sessuale e, in senso lato, erotico/affettivi. Sei d’accordo con questa rivendicazione? Che caratteristiche dovrebbe avere l’assistenza al fine di assicurare il massimo beneficio a chi ne fruisce, senza limitare l’autonomia di chi la offre?
La considero una rivendicazione sacro santa, la sessualità non è un optional, ma una necessità vitale. L’assistenza tradizionale è volta a soddisfare tutte le esigenze della persona disabile tranne questa. Esiste la fisioterapia, il sostegno psicologico, la cura della persona, ma l’aspetto sessuale è dimenticato, o semplicemente omesso. Credo che l’Italia dovrebbe mettersi in linea con gli altri paesi europei e riconoscere il diritto l’assistenza sessuale. L’assistente sessuale dovrebbe essere riconosciuta come una figura professionale vera e propria, in questo modo la persona che la offre sarebbe tutelata davvero.
Sono consapevole che sarà una battaglia difficile, considerando il forte ritardo culturale che caratterizza nostro paese in fatto di diritti civili.