Un'esistenza in scala di grigi

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Un'esistenza in scala di grigi

Messaggioda LightYagami » 24/12/2015, 15:43



Salve. Proverò a raccontarvi la mia storia. Non è certo il momento più felice, in quello che dovrebbe essere un giorno di festa e serenità, ma è da molto che non riesco più a provare sensazioni di questo genere. Rispondete pure, se volete, mi farebbe piacere.

Sono nato 23 anni fa. Figlio unico, desiderato e stra desiderato, da una gravidanza ad altissimo rischio, ma contro tutti i pronostici sono sopravvissuto e cresciuto forte e in salute. I miei mi hanno sempre adorato, ma di un amore eccessivo, soffocante. Più simile, come ho realizzato più tardi, ad un vero e proprio possesso. Il mio scopo su questa terra è solo essere perfetto. Null'altro. Un'educazione severa, da me non si pretendeva altro che il meglio. Dovevo soltanto portare a casa voti perfetti. Mi si educó ben presto anche ad un comportamento estremamente controllato, impeccabile.
Sono sempre stato un ragazzo molto introverso. Da quando ho ricordi, ho sempre preferito giocare per conto mio, e non ho mai cercato gli altri bambini. Anzi, ero terrorizzato da loro! Mi nascondevo se arrivavano ospiti a casa e mi paralizzavo di fronte a estranei. I problemi emersero alle medie, dove si palesarono i primi segni di fobia sociale. All'epoca avevo anche problemi di peso, e tutti mi prendevano in giro, anche crudelmente, ho ricordi persino di essere stato allontanato a sassate. Non sapevo reagire, così subivo passivamente, vergognandomi ogni giorno di più dei vestiti enormi che indossavo e del mio aspetto. Cercavo di farmi degli amici, ma l'unica cosa su cui potevo contare era la mia intelligenza, che mi permetteva di accontentare senza fatica i miei genitori. Cercai di farmi ben volere offrendo aiuti scolatici di ogni genere. Con scarso successo, nessuno era veramente interessato al mio essere, solo a quanto potevo offrire e fare guadagnare un bel voto. La stessa musica si ripeté al liceo, con atti di bullismo nei miei confronti ancora più gravi. Si arrivó a picchiarmi, sputarmi addosso, derubarmi, ma il mio aspetto migliorò. Alla precedente si aggiunse anche una nuova componente: l'assoluta vergogna verso l'altro sesso. Erano proprio loro, le ragazze, a deridermi. Sembravano preferire il ragazzaccio, ma il mio carattere, miracolosamente mantenutosi gentile ed educato a dispetto di tutti i mali subiti non era apprezzato. E tantomeno il mio aspetto fin troppo fine, ragione per cui per anni a mia insaputa venni ritenuto omosessuale. Il mio carattere si raffreddò ancora. Fu allora che persi ogni capacità di lasciarmi andare, ogni spontaneità. Non riuscii più a fidarmi di nessuno. Ebbi anche diverse pugnalate alle spalle dai compagni, che mi avevano solo usato, ancora una volta. Ero stato io stesso a permetterlo, pur di avere considerazione. Mi appoggiai ancora allo studio, gli unici ad apprezzarmi erano i professori. I miei erano fieri di me. Ebbi l'onore di essere il più bravo dell'intero istituto e partecipai a diverse gare regionali. Il messaggio era sempre lo stesso: essere perfetto. Venni cresciuto con il minimo indispensabile, non mi veniva mai concesso di comprare ciò che desideravo se i miei non approvavano. Non un capriccio, un hobby. Dovevo rendere conto di tutto. Riuscii anche a farmi qualche amico tramite interesse per una band in comune. Amicizie effimere, dove faticavo a liberarmi del gelo del mio passato. Avevo la sensazione di buttare via la mia vita, ogni giorno. Apparvero comportamenti masochisti, arrivavo a legarmi e farmi del male quando ero solo a casa e fare atti ancora più deplorevoli. Piangevo spesso, e soprattutto quando apparivano coppie felici, mi sentivo morire dentro. La facilità con cui le persone sembravano relazionarsi fra loro mi lasciava ogni volta un gelo nell'animo All'università iniziai lentamente a sciogliermi, e continuai a farmi valere grazie ai miei risultati. Scelsi una facoltà scientifica. Non andai via di casa. Questo fu un grande errore, poiché i miei poterono continuare ad esercitare la loro influenza su di me. A plagiare il figlio perfetto, che un giorno sarebbe diventato docente universitario. Continuavo a temere le persone, a non sentirmi a loro agio con loro, a recitare ogni giorno mettendo in scena un me brillante e desiderabile. Arte che imparai appunto all'università. Ma che, senza rendermene conto, mi portava via ogni energia. Nessuno si sognava di deridermi, ero visto come un vero e proprio genio, e ne ero fiero. Ebbi anche qui uscite e amicizie di vario genere. Superficiali come le altre. Mi laureai con il massimo e continuai con la magistrale nello stesso ateneo. Fu allora che accadde. In maniera random. Su Internet. Un fulmine a ciel sereno. Persi letteralmente la testa per quella persona, ma oggi mi sento di affermare che ero realmente folle di lui. Anche se era un ragazzo. Fu un sentimento strano, non desideravo il suo corpo, la sola idea di fare sesso con lui mi metteva in imbarazzo, ma solo il suo animo. Non avrei mai creduto di poter provare un senso di serenità così forte in compagnia di qualcuno. Fu come mettere a nudo il mio animo, e smettere finalmente di recitare. Avevo trovato un amico. Il mio primo vero amico.

[Continua...]
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Re: Un'esistenza in scala di grigi

Messaggioda LightYagami » 24/12/2015, 16:02



Fui tormentato da dubbi sulla mia sessualità molto a lungo. Ero felice con lui, come non lo ero mai stato. Giunsi finalmente alla conclusione che per me il confine fra amore e amicizia fosse molto sottile, e lui appartenesse alla seconda. Fra mille paure, perché come ho già detto, non ero realmente libero di fare alcunché. Dovevo stare attento a non farmi scoprire. Mia madre, in particolare, non ero altro che un fantoccio nelle sue mani. Il figlio perfetto che aveva tanto voluto e desiderato. Sceglieva i vestiti per me, persino il mio taglio di capelli. Faticavo, ogni volta, a impormi e poter desiderare un minimo di individualità. Crescendo, le catene che mi imponeva divennero sempre più pesanti. Iniziai a stare male. Mi sfogavo con lui, desideravo andar via di casa. Cominciai a soffrire di insonnia, ad avere crisi di ansia prima degli esami, e apparvero i primi problemi di salute. Mia madre mi faceva pesare ogni piccola cosa, non si fidava di me, mi faceva raccomandazioni odiose. Continuamente. E quel poco che rimaneva della mia autostima veniva costantemente messa alla prova, ogni giorno.
Le mie tendenze si resero allora palesi. Cominciai a tendere pericolosamente al narcisismo. A curare il mio aspetto. A spendere molti soldi in vestiti, soprattutto camicie. A portare i capelli lunghi. A sentirmi sottilmente superiore al più della gente. A sentirmi baciato da chissà quale fortuna e adorare il mio statino fatto solo da 30. In un disperato tentativo di tamponare la solitudine e i costanti attacchi al mio essere, mi costruii un me ideale, forte anche del supporto del mio amico. Non duró a lungo. Questa convinzione scemó presto, quando scoprii del cancro del mio padre. Mi sentii crollare il mondo addosso, e le crisi di ansia ricominciarono. Era l'unico modello genitoriale che avevo realmente percepito come tale, per quanto sottomesso alla volontà materna. Dormivo ben poco. Ero terrorizzato. Ebbi paura anche per la situazione economica della mia famiglia. Mi lanciai in un ambizioso progetto di tesi sperimentale, nel tentativo di annientare il dolore e la sofferenza. Fu una delusione incredibile, non solo non venni considerato, ma fui reputato persino mediocre. Mi vennero voltate le spalle. Fui persino deriso e lasciato da parte. Rivissi l'incubo del liceo.
Anche lui, il mio amico, mi abbandonò. Fu necessario un lungo ricovero, temette di stare impazzendo, e non voleva fare del male anche a me. E fu allora che, privato dell'unica persona che fino ad allora mi aveva dato supporto, un vero supporto emotivo, crollai. Mi trascinai fino alla fine della tesi privo di ogni interesse. Drogandomi ogni giorno di caffè pur di mantenermi attivo. Dimagrii molto senza neanche realizzarlo. Persi interesse per il cibo. Soffrii molto. Sentivo solo un profondo gelo. Nulla sembrava più interessarmi. Sprofondai nell'apatia più totale. Cominciai a temere la morte, a sentirla sempre più vicina, a fiutarla su mio padre, a temere che stesse arrivando a prendere anche me. A tesi conclusa, e dopo una cerimonia di laurea quanto mai insulsa che mi scivoló letteralmente addosso, avrei solo desiderato un po di riposo. Ma mia madre aveva ben altri progetti per me, e cominció l'incubo.

[Continua...]
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Re: Un'esistenza in scala di grigi

Messaggioda LightYagami » 24/12/2015, 16:19



Mi iscrisse a decine di concorsi di dottorato. Ma io ero ormai privo di ogni energia, e non facevo che fare finta di prepararmi, mentre in realtà passavo le mie giornate solo, nel seminterrato di casa, sdraiato e rassegnato ad andare incontro a un fallimento. Da un lato vedevo nel dottorato la possibilità di andare finalmente via di casa, di scrollarmi di dosso le catene materne, dall'altra ero consapevole che la depressione, che aveva già messo a dura prova il mio corpo, aveva iniziato a portarmi via anche l'intelligenza. Proprio l'unica cosa su cui sentivo di poter sempre contare! Inizió un Settembre drammatico. Comparve una forma grave di reflusso gastroesofageo che mi portó un rifiuto ancora più accentuato verso il cibo. Venni colpevolizzato persino di questo, ero ormai rassegnato. Era come essere in gabbia, vedere qualcuno spingerne la porta per aprirla, ma non riuscire ad alzarsi e scappare. Non avevo letteralmente più le forze di competere con altri studenti brillanti.
Incredibilmente, vinsi uno di quei concorsi. Uno di quelli privi di colloqui orali, che avevo sostenuto con risultati penosi. Si valutavano moltissimo i voti ottenuti, e così arrivai facilmente primo, ottenendo l'unica posizione disponibile. Tornó anche lui! E la nostra amicizia fiorì come prima. Era proprio come se non ci fossimo mai lasciati! Così, felice delle nuove prospettive e incredulo della fortuna che mi era capitata, partii. Entrai a far parte di un team di ricerca in un ambiente completamente nuovo, ma non riuscii a sentire entusiasmo. Nulla. Il mondo continuava ad essere in scala di grigi. Continuai ad essere ben poco socievole, ombroso, gentile ma estremamente riservato. L'ambiente di lavoro è tranquillo. Dovrei gioire di tutto ciò. Ma non ci riesco. Non riesco più a sentire nulla. Non ho stretto una sola amicizia da quando sono fuori, ho ripreso a bere caffè enormemente per rendere bene al lavoro, e ho anche scoperto di dovermi presto operare alla cistifellea, la causa dei miei problemi gastrici. Sto passando un Natale molto triste, con la mia famiglia, ma internamente solo. Come sempre. Non riesco a sentire il calore del Natale. Ad emozionarmi. L'apatia è tornata insieme ad un gelido cinismo. Insieme alla delusione per il mio amico, che adesso ha una ragazza e mi ha letteralmente dimenticato. Non sono geloso, ma, semplicemente, dovevo aspettarmelo. Insieme alla paura per la mia salute e quelle dannate analisi del sangue che mio padre fa mensilmente.
Il gelo.
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Messaggioda TheBigOld1 » 25/12/2015, 17:34



Leggendo la tua storia mi sono sentito molto inquieto. Ho molti punti in comune con te!

Purtroppo ora non ho molto tempo, ma tornerò sicuramente a scriverti. Tieni duro e buon Natale!
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Messaggioda LightYagami » 25/12/2015, 18:34



TheBigOld1 ha scritto:Leggendo la tua storia mi sono sentito molto inquieto. Ho molti punti in comune con te!

Purtroppo ora non ho molto tempo, ma tornerò sicuramente a scriverti. Tieni duro e buon Natale!


Interessante...
Scrivimi pure appena puoi, anche in privato!
Buon Natale anche a te...
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Messaggioda semplicementeio » 25/12/2015, 19:19



se hai un dottorato da borsista e ti lamenti, vengo lì e ti prendo a sberle.
Ma forte, eh? >.<
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Messaggioda LightYagami » 25/12/2015, 21:01



semplicementeio ha scritto:se hai un dottorato da borsista e ti lamenti, vengo lì e ti prendo a sberle.
Ma forte, eh? >.<


Come ho già detto nella mia presentazione, è l'unico aspetto della mia esistenza che ritengo adeguato. Ma veramente l'unico.
Sì, ho anche la borsa di studio. Sono consapevole che non dovrei lamentarmi, ma lo scambierei con una vita più serena. Subito. Non riesco ad apprezzare pienamente tutto questo, è come se non mi interessasse più niente. :facepalm: :sleep: E' altro che vorrei VERAMENTE dalla mia vita.
Scambierei volentieri la borsa di studio da dottorando con un'esistenza felice, per poter sentire il calore degli altri, per smettere di sentirmi così solo, per non svegliarmi ogni giorno con questo grigiore che mi accompagna.
L'ho accettato anche per avere la possibilità di andare via di casa, e soprattutto perché sarebbe stato da pazzi visto quanto è difficile averne uno.
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Messaggioda Michele76* » 25/12/2015, 21:13



In che settore studi ?
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Messaggioda LightYagami » 25/12/2015, 21:15



Biologico.
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Messaggioda DxShine » 26/12/2015, 1:41



Tutto ciò che stai vivendo ha un nome: APATIA, lo so perché anch'io vivo trascinandomi senza nessun colore nella vita... Ergo per uscirne basta cercare su Google il rimedio... peccato che come sempre per i problemi psicologici la via non è mai facile!!! -.-
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