Salve a tutti. Non sono pratico di forum, neanche di internet in generale a dir la verità. Non so se posso scrivere direttamente o fosse necessario presentarsi da qualche parte prima. Vi prego di essere dunque comprensivi.
Sono qui perché sto passando un periodo davvero orribile. Sto seguendo una psicoterapia, talvolta mi sento meglio, in certi casi quasi guarito ma poi tutto torna su. La malinconia è ormai la nota dominante della mia esistenza e per bello che sia il cammino di ripresa, ogni tanto sento il bisogno di esternarlo, di parlare con qualcuno, non bastano tutti gli amici del mondo per come mi sento.
Son certo che ci sia gente che passa cose peggiori e spero di trovare comprensione e ascolto in quanti più utenti.
Ho 32 anni, 33 tra poco, età emblematica per morire e poi rinascere. Da cinque anni sono un fortunatissimo papà di una bambina splendida che rappresenta tutta la mia vita, benché sia nata "non desiderata" in una relazione che non funzionava. Ma non è questa la persona che mi ha provocato dei problemi, anzi. Siamo riusciti a diventare ottimi amici e facciamo il possibile per essere dei bravi genitori separati; ovviamente ci sono alti e bassi ma in linea di massima funziona. Io ho un fortissimo senso del dovere e della responsabilità che si rivela essere dannoso verso le mie scelte di vita, per cui diciamo che quando è nata mia figlia, ho preso la malsana decisione di abbandonare ogni sogno di carriera futura (sognavo di fare l'insegnante) per restare qui, vicino a lei,accontentandomi di lavoretti e vivendo più o meno alla giornata. Questo mi ha portato una latente depressione (anche per altri problemi legati ad atteggiamenti ostili di mia madre, ormai risolti) che mi ha accompagnato per cinque lunghi anni. Anni di solitudine, per rispetto e per mancanza di voglia, anni di alcolismo per tentare di lenire la sofferenza interiore non riconosciuta. Se mi avessero chiesto a quel tempo, io stavo bene, ma passavo le mattinate sul letto a fare poco o nulla.
Mio padre, per spingermi a fare qualcosa della mia vita, mi consiglia di iscrivermi ad un corso professionale. Accetto ed è una splendida scelta: un motivo per alzarsi al mattino, prendere il treno e conoscere persone nuove, mi stimolava molto positivamente, Qui incontrai V., una ragazza di 26 anni, appassionata di lingue e culture orientali e, come me, grande idealista. V. è fidanzata ma d'altronde noi siamo solo compagni di banco ed io sono una persona rispettosa. Diventiamo amici, forse qualcosa di più ma all'inizio più da parte sua. Comunque un giorno mi lascia intendere di essersi presa una cotta per me ed io le confesso di non essere insensibile al suo fascino. Sono giorni complicati, lei chiude la sua relazione e solo dopo iniziamo a comportarci in maniera più "romantica". E' tutto bellissimo, ho una compagna, colta, bella, comprensiva e sensibile, tutto quello che desideravo in fondo. La mia vita sembra risalire la china, ho maggiore entusiasmo e sogno con lei ad occhi aperti. Certo V. è particolare: si dichiara capace di pensare solo in bianco o nero, è vagamente incoerente, pigra ed indolente, non legge poi tanto, conosce la letteratura dai post dei social su cui passa tantissimo tempo, ha bisogno di supporto praticamente per tutto, è presente, a volte troppo, troppo spesso troppo, molto concentrata nella sua visione e nel suo progetto di vita. Mi dà la stranissima sensazione che non importasse chi fosse il suo partner ma come fosse, cosa fosse disposto ad accettare delle sue tante stranezze e quanto malleabile alle sue tante, tantissime esigenze. Io lo sono, mi ci sento. Mi sento paziente e carico. Ho voglia di costruire e non di distruggere, le do tutto il tempo che posso, pur non essendo molto a mio agio con le lunghissime discussioni telefoniche o messagistiche. Ci provo, faccio quel che posso pur dicendo sempre che ho bisogno di spazi maggiori per allentare lo stress quotidiano del lavoro.
Funziona tutto o quasi, stranezze a parte. Sesso piacevole e coinvolgente, spinta ad uscire dalla comfort zone. Mi viene detto di aprirmi con lei, che aveva bisogno di restituire quel supporto che le davo. E' una ragazza sensibilissima V., soffre i problemi del mondo ed i suoi. Piange, spesso, e vuole che la ascolti mentre lo fa. Ama discutere, si definisce polemica, quindi sembra quasi amare un po' anche il conflitto, con me e con i familiari. Ma io non lo amo molto. Mi piace la pace, cerco la serenità. Partecipo per risolvere, finisco, non so mai come, per aizzare, per sbagliare sempre qualcosa. Quello che dico viene sempre usato contro di me. Quello che fanno terzi, diventano colpe mie. Sono un punching ball e soffro. Vengo criticato per tante cose, per avere delle amiche, per lasciare qualche "like" ogni tanto. Allento il mio uso dei social, d'altronde non devo attrarre più. Ho una donna che amo e che mi ama alla follia. Così alla follia che inizia a stalkerare profili di amici per cercare mie interazioni, a guardare quando mi collego, a voler comunicato ogni mio spostamento e minuto passato nel quotidiano. Sembra bello, sembra interesse.
Quando si arrabbia e distruttiva V. Ci vuole un sacco di tempo per calmarla e sembra non bastare mai. Mi insulta, non è bellissimo, chiedo di evitare, pare si impegni. Diventa sempre più spesso aggressiva, alcune volte anche fisicamente ma le botte di uno scricciolo sono carezze. Mal sopporta alcuni miei amici, mia madre, la madre di mia figlia. Ogni cosa detta anche minimamente a suo svantaggio segna una persona in maniera drasticamente negativa, senza remissione di peccati, e la responsabilità spostata verso di me che non faccio, non difendo abbastanza. Ci provo. Dico che è importante per me avere un buon rapporto con la madre di mia figlia ma non vengo capito.
V. va in Tunisia dopo aver fatto i capricci come una bambina con i suoi. Non mi parla spesso. Se le chiedo resoconti omette visibilmente. Mi fa sentire come se le stessi rovinando il viaggio. La lascio la prima volta prima che tornasse ma torno sui miei passi. Costruire e non distruggere. Un ragazzo ci ha provato con lei e lei lo ha accettto sui social e ci si è fatta una foto. Le chiedo di cancellarla perché non mi faceva star bene. E' impossibile, sono io che ho problemi di fiducia. Come farò quando partirà per l'Erasmus? O andrà a migliorare il suo arabo per un anno? Non lo so come farò. So che non sembra avere interesse in un progetto comune e la cosa non mi fa stare bene, ma mi ama alla follia, lo vedo, e la amo anch'io, così tanto. In qualche modo farò, sistemando le divergenze farò. Provo a discutere con lei. Sono discese nella follia. Devo accettare tutto perché lei di me accetta che ho una figlia da una relazione precedente, dice addirittura che tutto sarebbe più facile se non l'avessi. Mi volto, come se non avesse detto nulla.
Le piace stare con me e parlare con me, anche quando dovrei lavorare o avrei altre cose importanti da fare. Non si sente prioritaria. Io nemmeno. Comincio a guardarla per quello che è. Forse non la persona giusta. Lei mi accusa di volerla abbandonare, di criticarla troppo. Scopro che ha degli altri scheletrini, 15/16 relazioni sessuali nel giro di due anni. Ogni volta che chiude una storia ne inizia subito un'altra eppure con me è diverso. Con me è amore vero nato tra i banchi di scuola, una cosa speciale. La rabbia delle sue reazioni non l'aveva con tutti, solo con me ed un altro che l'aveva tradita a suo dire. Quindi era colpa mia o al massimo un problema di matching tra i nostri caratteri. Non la giudico, non sono il tipo, accetto sempre tutto perché è quello che vuole, al massimo penso che in passato non si sia voluta molto bene.
Facciamo un anno con V. Sono felicissimo, cena fuori. Passata a discutere e a piangere. Devo porre un freno. Chiedo che la smetta di aggredirmi. Mi promette che ci avrebbe provato. Lo fa per una settimana consecutiva. Discussioni assurde, tutte assieme, non sento più la libertà di poter esprimere un pensiero mio. Forse è troppo. Forse non fa per me. Pur amandola è meglio smettere per salvarci. Anche se stavamo organizzando un viaggio per il suo compleanno. Le cose si sono fatte troppe, sono nervoso con tutti, non sento di stare più bene. Eppure mi manca. E le manco. Ma parlarle significa affrontare un demone della rabbia. Ma mi vuole vedere, mi dice cose bellissime, facciamo l'amore, è sempre bellissimo. Forse ce la possiamo fare con impegno e dedizione mi dico e le dico. Lei non lo sa più. L'ho inaridita con tutto cià che le ho detto e fatto. Io le credo. Eppure mi ama, quindi magari ci penserà un po' mentre viaggia per la Sicilia ed io la aspetto chiuso nel mio letto. Scopro di avere la depressione maggiore e tanto bisogno di aiuto. Glielo comunico. Non ha più tempo per i miei problemi ma non devo fare nulla di stupido perché lei ha bisogno di stare bene e di stare spensierata. Esco una volta e la vedo con un altro. Eppure a parole un altro non c'era, la colpa era solo mia.
Solo una settimana dopo l'ultima volta che c'eravamo visti. Non ho neanche la forza di arrabbiarmi. Le dico che secondo me non sta bene e che se avesse avuto bisogno di aiuto ci sarei stato. Dice all'amica che sono un cafone perché non ho salutato il nuovo ragazzo, beh, non lo conoscevo. Inizio la terapia. Scopro che V. è borderline con qualche tratto narcisista. Non ho idea di che significhi ma immagino stia peggio di me. Cancello tutto ciò che la riguarda perché sento solo una ferita pulsante ogni volta che la penso o che la vedo. Per lei è come se non esistessi più. Mi chiama una volta per un bisogno lavorativo, non una menzione a quanto successo. Vado avanti con la mia vita. Probabilmente sono un codipendente e risolvo i miei problemi in terapia, ci provo, talvolta mi sento guarito, sto imparando moltissimo di me. Ho smesso di bere, smetterò anche di fumare. La gente mi fa sentire che ci tiene e che mi vuole bene. Il terrore a volte mi attanaglia, quando la testa mi suggerisce di farla finita, posso solo telefonare e salvarmi. Non so quanto ci vorrà. Dopo due mesi e mezzo di inferno penso vada meglio ma se vedo o penso, una ferita sottopelle continua a bruciare, credo lo farà per sempre.