Il fatto che degli studi (
https://dge.carnegiescience.edu/labs/ca ... onment.pdf ed
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1 ... 1206.x/pdf) siano stati fatti anche negli anni 50 e 60 sugli effetti dell'inquinamento (nel caso specifico del diossido di carbonio, da petrolio, e, soprattutto, carbone) non ha molte implicazioni in realtà, per i seguenti motivi:
a) in primo luogo, per un motivo sottile, la nascita di nuove correnti, di nuovi pensieri e di nuovi approcci in economia (come in realtà anche in altre discipline) non avviene mai all'improvviso, ma un po' dovuto al cambio del mondo, un po' per studi importanti, un po', in realtà, per la presenza continua di studi eterodossi ... lo stesso in realtà è possibile applicarlo per quanto riguarda la sensibilità ecologica (nel caso specifico, per la chimica). Con ciò, quindi, non mi sembra ci sia contraddizione tra quanto è stato scoperto con questi studi (e presumo con altri) e quanto avvenne dagli anni 70.
b) il mondo era completamente diverso. Le industrie di 50 anni fa erano molto differenti rispetto ad oggi (il settore principale dell'economia era il secondario - quindi le industrie), la disponibilità economica era molto diversa (la classe media americana, infatti, aveva appena iniziato ad adottare beni di massa ed avere un reddito sufficiente per potersi permettere beni in maggiore quantità, ciò dovuto al boom del dopoguerra), come già fatto presente il baby boom degli anni 40-50 (nel dopoguerra) iniziava ad avere gli effetti proprio a partire tra gli anni 60-70 (e quindi un aumento generale dei consumi umani, il che, di converso, determinò anche maggiori elementi inquinanti), il peso preponderante che aveva allora il carbone rispetto al petrolio (il quale è molto più inquinante, se non mi ricordo male, perchè determina composti più acidi e quindi più aggressivi - non so dire in realtà a tal proposito molto di più, in quanto non ho studiato chimica organica all'università, però, ad esempio, la famosa nebbia di Londra era proprio causata dall'eccessivo consumo di questo tipo di prodotti), petrolio che, inoltre, veniva usato altresì per le materie plastiche non ancora a livelli così elevati (proprio perchè l'applicazione in massa del petrolio permise ad esempio il consumo di alimenti industriali e l'assenza di uso del materiale legnoso come carte) e che, all'epoca, era ancora relativamente economico (in quanto la domanda era minore e non c'erano ancora stati gli shock petroliferi) cosa che quindi poteva spingere ulteriormente ad investire su uno sviluppo nel settore petrolifero. Allo stesso tempo, le economie del sud del mondo, all'epoca, non avevano grossi impianti industriali ma erano concentrate soprattutto sull'economia primari, diversamente da oggi (soprattutto per quanto riguarda le cosiddette economie emergenti), cosa che naturalmente non poteva essere preventivata allora ed l'interconnessione tra le economie era molto minore rispetto ad oggi (il ruolo dell'energia elettrica, infatti, era molto più limitato che oggi, cosa che anche quest'ultima non poteva essere preventivata, sia per la diffusione dell'informatica, sia per la diffusione del consumo di massa e degli elettrodomestici).
Effettivamente entrambi gli studi parlano del futuro (ed almeno in parte bypassano il problema parlando di quale sarebbe l'ammontare del problema se venisse prodotta, ad esempio, tutto l'ammontare possibile di inquinamento, o solo una parte), ma in realtà non possono che ignorare gran parte di quei fenomeni, come in effetti loro stessi ammettono. Sarebbe poi interessante andare a fare una verifica sulle loro stime (ad esempio sull'anno 2000) e quanto poi effettivamente è accaduto, ma presumibilmente l'ammontare dell'inquinamento fu maggiore e di diversa composizione.
c) per un approccio politico, che in realtà è quello che permette di spiegare anche i motivi storici per cui l'ecologia si diffuse in un certo periodo. L'inquinamento va pari passo con la produzione economica (in quanto la produzione, nel nostro sistema, e sostanzialmente nel sistema di allora, era fatta con risorse inquinanti, in particolar modo con i combustibili fossili) - la riduzione dell'inquinamento con una riduzione della produzione, però, non poteva e non veniva presa in considerazione sostanzialmente in alcun modo. Un po' per ignoranza sul tema, un po' perchè si riteneva, ad esempio, che per far uscire dalla povertà dei paesi (questo in particolar modo per le politiche adottate nel terzo mondo) ed anche per determinare lo sviluppo di un paese, la strada migliore fosse quella di ridurre la regolazione interna e proteggere la produzione con dazi e barriere esterne (poichè in questo modo era possibile far nascere industrie anche meno efficienti, dal punto di vista economico e ambientale, e quindi, con i profitti che esse potevano trarre, irrobustirsi per poi entrare nella competizione mondiale) questo approccio, che per inciso è stato adottato anche da Kennedy e Johnson (come ad esempio nel programma "war on poverty", anche se però riguardava l'occupazione), determinò però parecchi problemi, in quanto spesso e volentieri non aiutava l'economia di quei paesi e volutamente ignorava problematiche ambientali o più in generale esternalità che si andavano a generare.
Anche per questi motivi, io ritengo che probabilmente la lentezza e il fatto che i problemi ecologici non siano stati risolti non sia spiegabile soltanto a mala fede o negligenza del regolatore, ma che più in generale questo problema era in primo luogo di difficile quantificazione e descrizione, in secondo luogo è difficile porre rimedio, perchè è un rimedio a posteriori e gli attori in gioco sono molteplici.