Aborto, una giovane donna muore dopo aver assunto la «RU486»

Disposta l’autopsia. I medici dell’ospedale: «Seguito il normale protocollo»

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Aborto, una giovane donna muore dopo aver assunto la «RU486»

Messaggioda Royalsapphire » 11/04/2014, 15:50



Articolo tratto da corriere.it

Aborto, una giovane donna muore dopo aver assunto la «RU 486»
La procura apre un’inchiesta. Disposta l’autopsia per lunedì. I medici dell’ospedale: «Seguito il normale protocollo, la paziente non aveva patologie pregresse»

Morta a 37 anni dopo aver abortito volontariamente con la pillola Ru486. É il primo caso in Italia, ed è accaduto a Torino, all’ospedale Martini. La donna, madre di un bambino di sei anni, non aveva dichiarato di avere patologie. Lunedì 7 aprile si era sottoposta, in mattinata, alla prima somministrazione del farmaco. Aveva chiesto di non essere ricoverata, come prevede il protocollo, per i tre giorni successivi, ed era tornata a casa dopo aver firmato le dimissioni volontarie. Mercoledì 9 aprile, alle 8, è tornata in ospedale per la seconda somministrazione del farmaco. Poco tempo dopo aver espulso il feto, si è sentita male. Ha iniziato ad avere problemi di respirazione, e le sue condizioni sono precipitate nel giro di poche ore. E' stata trasferita in rianimazione, dove ha subito una decina di arresti cardiaci. I tentativi dei medici di rianimarla si sono protratti a lungo ma non c’è stato nulla da fare. Alle 22 e 45 la donna è morta. La procura di Torino ha aperto un’inchiesta. Il sostituto procuratore Gianfranco Colace ha ordinato l’autopsia, che verrà eseguita lunedì prossimo. I parenti della donna non hanno sporto, al momento, denuncia.

La tragedia
L’ospedale ha affiancato al figlio della donna una psicologa infantile. «Non sappiamo cosa sia accaduto – dichiara il direttore della Asl Torino 1, Paolo Simone – la signora è stata sottoposta a tutte le pratiche di rianimazione. Abbiamo messo in atto tutte le manovre rianimatorie possibili. E' stato fatto di tutto, proprio tutto. Non c’erano note controindicate per l’interruzione volontaria di gravidanza. Non risultavano inoltre, dall’anamnesi della donna, patologie. Non abbiamo riferimenti che collegano la morte all’interruzione di gravidanza. Siamo molto addolorati. Dire che siamo costernati è poco. Siamo al fianco della famiglia». Il dottor Flavio Carnino, primario di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Martini, struttura dove ogni anno, dal 2010, circa 60 donne all’anno hanno scelto di abortire volontariamente con la pillola «senza mai aver avuto problemi», è sconcertato. «La paziente, quando mercoledì mattina alle 8 e 30 è tornata in ospedale per la seconda somministrazione, stava benissimo. Le hanno impiantato l’ovulo, e ha espulso il feto entro le tre ore previste dal protocollo. Andava tutto bene. Poi, all’improvviso, è stata male. Ha avuto prima una dispnea ed è stata subito soccorsa». Alle 14 la paziente è stata trasferita in rianimazione. Gli anestesisti le hanno praticato, spiega il primario, «tutte le pratiche di rianimazione, dai defibrillatori all’adrenalina». «Abbiamo eseguito il normale protocollo – spiega il primario – sospettiamo che si tratti di un’embolia polmonare, ma è solo un sospetto. Vedremo se con l’autopsia riusciremo ad avere chiarimenti. Non è detto che li avremo».

Disposta l’autopsia
C’è anche un’altra ipotesi. Quella che la donna sia morta per un’infezione. Dalla letteratura scientifica mondiale relativa alle morti di donne che si sono sottoposte ad aborto farmacologico, soprattutto statunitensi, emerge che decessi di questo tipo a volte sono dovuti a un’infezione da clostridium sordellii. «Un batterio subdolo – spiega Simone, il direttore sanitario – perché non si vedono sintomi nelle donne colpite dalla setticemia. Sono morti che avvengono nel giro di pochissimo tempo. Sono state riscontrate negli ultimi anni, secondo la letteratura mondiale scientifica (i dati sono nel 2012, ndr) circa 26 o 27 morti di donne che hanno preso la pillola abortiva. Alcune di queste sembrano associate a un’infezione da questo germe. Ma i casi sono così pochi, che non si ritiene utile o opportuno, a livello mondiale, somministrare farmaci che prevengano l’infezione, come antibiotici. La mortalità comunque è vicina allo zero in percentuale». «Nessuno comunque – ribadisce il primario, Carnino – può dire cosa sia stato a provocare la morte della donna. Non abbiamo mai avuto problemi. Che ci sia un nesso tra il decesso e l’uso della pillola Ru486 non si può stabilire. Noi raccomandiamo sempre alle pazienti di restare tre giorni in ospedale, come prevede il protocollo. Ma se una paziente, come è avvenuto, firma le dimissioni volontarie, di certo non possiamo trattenerla. In questo caso però, se la donna fosse rimasta in ospedale dopo la prima somministrazione, non credo che sarebbe cambiato nulla, perché quando si è ripresentata qui mercoledì stava benissimo». Il ginecologo che ha seguito direttamente la paziente – l’unico in tutto l’ospedale disposto a praticare l’aborto, visto che gli altri sono tutti antiabortisti – prima di avviare la pratica, ha sottoposto la donna ad alcuni esami: emocromo e test della rosolia. Quelli previsti dal protocollo in questi casi. Gli esiti confermavano che si potesse procedere. La 37enne aveva dichiarato di non aver alcuna patologia pregressa. Soltanto un’allergia al lattosio. I medici del Martini prendono le distanze da qualsiasi presa di posizione ideologica. «Non vogliamo entrare in polemiche – spiega a nome di tutti il direttore, Paolo Simone – noi siamo dei tecnici».
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