Alcolismo e psicoterapia

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Alcolismo e psicoterapia

Messaggioda Royalsapphire » 20/11/2012, 23:19



L'alcolismo


L'a. deve essere considerato primariamente come un disturbo comportamentale dovuto all'abuso di una sostanza tossica, che provoca alterazioni sul piano sia psichico sia organico. L'OMS fornisce una definizione di a. secondo la quale devono essere considerati alcolisti quei bevitori smodati la cui dipendenza dall'alcol abbia raggiunto livelli così elevati da aver dato luogo a disturbi mentali rilevanti, o da interferire con la loro salute psicofisica, con le loro relazioni interpersonali e con il loro armonico sviluppo sociale ed economico. Nella definizione di a. devono essere considerati centrali i fenomeni di tolleranza e dipendenza. La tolleranza, con assuefazione, è il fenomeno in conseguenza del quale il corpo si abitua a una determinata sostanza, per cui con il tempo è necessario assumerne una quantità sempre maggiore per mantenere i medesimi effetti iniziali. La maggior parte dei cosiddetti grandi bevitori ha acquisito tale tolleranza all'alcol, anche se in maniera variabile. L'assuefazione, peraltro, è limitata nel caso dell'alcol rispetto ad altre droghe, in quanto l'induzione enzimatica dell'alcol deidrogenasi è abbastanza modesta. Caratteristico dell'alcolismo, rispetto ad altre condotte tossicomaniche, è il fenomeno di intolleranza dell'etilista cronico: la tolleranza diminuisce progressivamente con l'evolvere dell'intossicazione, in quanto produce danni epatici così ingenti da sconvolgere il patrimonio enzimatico del soggetto. Il più delle volte patologia alcolica e dipendenza alcolica coesistono e si rinforzano vicendevolmente: il concetto di a. è altamente correlato con quello di dipendenza alcolica, condizione che inevitabilmente conduce a una patologia psichica e somatica con alti livelli di inabilitazione. Tuttavia, non tutti i soggetti che presentano una patologia alcolica sono alcol-dipendenti, ma dimostrano comunque un elevato rischio di sviluppare una dipendenza. La dipendenza dall'alcol è definita (OMS) uno stato psichico e generalmente anche fisico, caratterizzato dalla compulsione ad assumere alcol in modo continuo o periodico allo scopo di provare i suoi effetti psichici e di evitare il disagio della sua assenza. Il DSM-IV-R annovera la dipendenza da alcol tra i disturbi da uso di sostanze psicoattive, fornendo un preciso schema di orientamento diagnostico sotto forma di criteri sintomatologici, temporali e di decorso. Tale approccio trova un'utile applicazione nella pratica clinica poiché si dimostra adattabile alla quasi totalità delle forme cliniche, indipendentemente sia dalle aree geografiche e socio-culturali, sia dalle variabili individuali. Il DSM-IV-R prevede una sindrome da dipendenza alcolica stabilita da precisi criteri sintomatologici che si basano sulla presenza di un'alterazione delle abitudini alcoliche, di un alterato rapporto individuo-alcol e di una dipendenza fisica. Accanto al concetto di dipendenza sono emersi negli ultimi anni criteri clinico-prognostici innovativi che inquadrano la malattia alcolica in termini di abuso e di rischio. Il concetto di abuso del DSM-IV-R prevede infatti una modalità d'uso patologica, che si caratteriza per un utilizzo ricorrente di alcol, anche in situazioni fisicamente rischiose, per la presenza di ricorrenti problemi legali, per l'incapacità di adempiere ai compiti lavorativi e per l'utilizzo della sostanza pur nella consapevolezza di avere problemi sociali e interpersonali che vengono esacerbati dall'alcol stesso. I dati relativi alla reale diffusione dell'alcolismo sono alquanto imprecisi, anche per l'assenza di definizioni nosografiche univoche o modelli diagnostici omogenei. Negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento del consumo di alcol. Nell'eziopatogenesi dell'alcolismo intervengono numerosi fattori e, pertanto le teorie eziologiche si basano sia su ipotesi biologiche sia, soprattutto, su fattori socio-culturali ed elementi psicologici e psicodinamici. Infatti, oltre alla verosimile predisposizione familiare, in termini di condizionamento più ancora che di ereditarietà, e al fatto che l'alcol produca spesso un'azione antidepressiva e ansiolitica favorente una sua regolare assunzione come medicina, si è recentemente posta particolare attenzione su due aspetti in particolare, che si collocano accanto ai classici modelli interpretativi analitici: la personalità pre-alcolica e i disturbi psichiatrici quali l'ansia e la depressione. I tratti di personalità descritti in letteratura si riferiscono quasi esclusivamente ai soggetti affetti da dipendenza alcolica: tra questi, i più tipici sembrano essere i tratti di passività, instabilità emotivo-affettiva, rigidità e facilità alla frustrazione. Si possono sinteticamente delineare tre tipi fondamentali di strutture caratteriali che influenzano la motivazione all'abuso alcolico: strutture nevrotico-ansiose, caratteropatie e strutture depressive. Nel primo caso la motivazione principale è l'ansia, nel secondo caso l'abuso assume le caratteristiche di una protesta solitaria e silenziosa verso gli altri, nel terzo caso la condotta alcolomanica sembra legata a una spinta autodistruttiva, una sorta di lento suicidio. Non è possibile a tutt'oggi stabilire se il disturbo d'ansia sia l'effetto o la conseguenza di una condotta alcolica. In alcuni casi, tuttavia, la dipendenza alcolica sembra secondaria al disturbo d'ansia e in particolare ad ansia di tipo panico e di tipo fobico. Tale aspetto assume rilevanza ai fini preventivi e terapeutici. Più approfonditamente è stato studiato il rapporto tra abuso alcolico e depressione, in termini sia di trasmissione familiare sia sintomatologici, fisiologici e biochimici, con l'ipotesi di una base comune alle due malattie. Se, da un lato, le basi biologiche e psicologiche giocano un ruolo molto importante nell'eziopatogenesi del disturbo, altri fattori intervengono significativamente nel determinare una condizione di dipendenza, in particolare quelli socio-ambientali. L'alcol funge infatti da meccanismo di compenso sociale nelle società cosiddette ansiogene, assolvendo a una funzione di adattamento di fronte all'inaccessibiltà dei valori dominanti. I modelli culturali occidentali accettano e favoriscono l'uso di bevande alcoliche come veicolo di integrazione sociale; fattori di rischio per a. vengono considerati la solitudine, la disoccupazione, l'età giovanile e il basso livello culturale. L'etanolo, assunto con regolarità e ad alte dosi, è in grado di determinare una serie di modificazioni fisiopatologiche a vari livelli. Tale meccanismo si rende particolarmente evidente nel sistema nervoso centrale, come effetto diretto sulle membrane neuronali. La sua azione, oltre a esprimersi nei classici effetti acuti rappresentati dall'ebbrezza semplice (stato di eccitamento psicomotorio, seguito da un residuo stato di ottundimento e malessere generale), rappresenta un grave problema soprattutto per gli effetti in cronico. Infatti, l'abuso prolungato di alcol può portare a importanti danni sul piano internistico, sulla personalità dell'individuo e a complicanze di tipo psicorganico. Le principali patologie internistiche provocate dall'alcol sono rappresentate da gastriti, cancro dell'esofago, pancreatite alcolica, epatopatia alcolica, malattie dell'apparato cardiovascolare (cardiomegalia con miocardiosclerosi, insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione) e malattie del sistema nervoso (polinevriti, neurite ottica retrobulbare, degenerazione combinata del midollo spinale, mielosi funicolare, crisi epilettiche generalizzate tipo grande male). I danni psichici sono invece rappresentati sia da una sensibile influenza sulle caratteristiche di personalità con importanti mutamenti comportamentali, sia da alterazioni psicorganiche che possono portare anche a gravi disturbi psichiatrici. Per quanto riguarda gli effetti psicologico-comportamentali prevale spesso un atteggiamento estroverso con un'ilarità ingiustificata, tendenza allo scherzo, alla logorrea e al turpiloquio, oppure si assiste a un'introversione con tristezza immotivata, difficoltà nella formulazione dei discorsi e rallentamento ideativo, vittimismo talora esagerato e plateale. L'individuo perde in entrambi i casi il controllo sulla correttezza del proprio comportamento, la sua riservatezza e dignità. Diventa distraibile con estrema facilità, i processi di associazione registrano una certa superficialità, la capacità di critica si appiattisce. Il deterioramento dei freni inibitori mette in luce alcuni dei lati peggiori del carattere, quali irritabilità e litigiosità, tendenza alla menzogna, umore di fondo piuttosto instabile con, talora, una disforia con irritabilità o un'inconsistente euforia e, altre volte, una depressione apatica. L'emotività diviene superficiale e incontrollata: alle facili emozioni si alternano scatti d'ira e reazioni aggressive. Col passare del tempo il deterioramento della personalità si presenta con un deficit affettivo-volitivo, un marcato declino degli interessi umani più elevati (etico-religiosi, sociali), impoverimento e cristallizzazione degli schemi di vita. Il comportamento diviene pertanto rigido, fisso, stereotipato; i discorsi si fanno monotoni, prolissi, il ragionamento perde in profondità e penetrazione con turbe più o meno gravi della memoria. L'etilista si rivela sempre più incapace di assumersi responsabilità e di mantenere i propri obblighi sociali, professionali e familiari. È, inoltre, incapace di adattarsi a nuove situazioni e risulta molto vulnerabile di fronte a eventi di natura sia psicologica sia somatica. Le principali complicanze psicorganiche sono invece rappresentate dall'intossicazione alcolica, dall'astinenza alcolica che può complicarsi in un delirium da astinenza (delirium tremens), dall'allucinosi alcolica, dal disturbo amnesico (psicosi di Korsakoff) e dalla demenza associata a sindrome da dipendenza alcolica. La comparsa di un'intossicazione è rappresentata da un comportamento maladattativo che si sviluppa dopo l'ingestione alcolica (labilità dell'umore, deficit della critica, comportamenti aggressivi e inappropriati) in presenza di incoordinazione, pronuncia indistinta, marcia instabile, deficit di attenzione, stupor o coma. Meno frequente, ma molto più grave, è al contrario il quadro di delirium conseguente ad astinenza. Esso insorge circa 2-3 giorni dopo la cessazione dell'assunzione di alcol e può seguire a una sindrome d'astinenza semplice. È rappresentato da un'alterazione dello stato di coscienza (stato confuso-onirico con disorientamento) con deficit delle funzioni mentali (amnesie, incoerenza ideativa, distraibilità) e la presenza di fenomeni dispercettivi abnormi (in specie allucinazioni zooptiche, ossia animali di piccola o grossa taglia, oppure corpiccioli od oggetti che il paziente spaventato tenta di afferrare). A complicare il disturbo intervengono, inoltre, gravi alterazioni neurovegetative (ipersudorazione e iperpnea, tachicardia, ipotensione, midriasi). Più frequentemente, il delirium tende a risolversi dopo alcuni giorni dopo una fase di prostrazione con letargia, ma l'evoluzione, seppur raramente, può anche essere letale. L'allucinosi alcolica è un quadro che insorge entro 48 ore da un'astinenza, in soggetti con una lunga storia di abuso e può o meno seguire a un delirium. Si caratterizza per presenza di allucinazioni uditive (voci dirette al paziente o dialoganti, in genere a contenuto minaccioso) vissute in condizioni di lucidità di coscienza, cui si possono correlare dei deliri persecutori. Il disturbo amnestico consegue a una prolungata carenza vitaminica (complesso B) ed è rappresentato da un deficit della memoria a breve termine, accompagnato da una marcata tendenza alla confabulazione di significato compensatorio (psicosi di Korsakoff). Talora concomitano un'alterazione di coscienza con stato confusionale e disorientamento, oftalmoplegia e atassia (encefalopatia di Wernicke). Sul piano somatico, oltre ai segni dell'a. cronico, può essere presente una polinevrite parziale o diffusa. Un numero limitato di alcolisti può essere infine colpito da demenza alcolica, dovuta verosimilmente sia agli effetti tossici diretti dell'alcol sul SNC sia allo squilibrio carenziale e metabolico. I segni demenziali si fanno strada lentamente e i sintomi principali sono: marcato deficit della memoria di fissazione, ingravescente compromissione della capacità di giudizio e critica, progressivo disorientamento temporo-spaziale e turbe delle funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia). Una compromissione del funzionamento sociale e familiare e un declino della cura della propria persona e delle abitudini di vita, associate a un grave deterioramento organico, conducono alla completa perdita dell'autosufficienza. L'approccio terapeutico dell'a. deve essere necessariamente articolato, poiché è necessario intervenire a diversi livelli (medico, sociale-familiare e psicopatologico). Il trattamento farmacologico tende prevalentemente a controllare i danni diretti e indiretti dell'alcol a livello dell'organismo e a favorire una stabile astensione dalle sostanze alcoliche. I farmaci specifici sono rappresentati da sostanze che agiscono essenzialmente con un meccanismo repulsivo aversivo, che provoca un sensibile e duraturo aumento dell'acetaldeide nel sangue, in conseguenza del quale possono manifestarsi, se il paziente assume anche modeste quantità di alcol, diversi effetti indesiderati, anche di notevole gravità (vasodilatazione, tachicardia, nausea e vomito). Altri preparati sono la metadoxina, la cui funzione principale è proteggere la struttura epatica dai danni alcol-determinati, e il gamma OH butirrato, la cui funzione è ridurre i fenomeni di astinenza agendo su meccanismi GABAergici. Farmaci aspecifici sono invece rappresentati da neurolettici, benzodiazepine e antidepressivi. Questi ultimi vengono impiegati per il frequente riscontro di depressione primaria o secondaria associata e per la prevenzione del rischio suicidario, particolarmente elevato negli alcolisti con depressione maggiore. Infine, naturalmente, in ogni protocollo terapeutico deve essere assicurato un adeguato apporto vitaminico (in specie del gruppo B) e dietologico. L'approccio psicoterapico può realizzarsi a vari livelli. Fondamentalmente, rappresenta l'intervento più significativo, benché anch'esso si possa articolare su più fronti (intervento psicoanalitico classico, intervento di tipo comportamentistico, terapie di gruppo, intervento sociologico familiare, modello dei gruppi di autoaiuto). Scopo della psicoterapia, nell'ambito di un progetto riabilitatvo, è permettere all'alcolista, in un primo momento, di riconoscere la sua condotta alcolomanica, che generalmene non gli appare evidente, accettando la sua incapacità a sopportare l'alcol: deve essere separato dall'illusione di onnipotenza prodotta dall'alcol, orientandosi verso le sue ritrovate o residue capacità e possibilità reali, promuovendo una maturazione affettiva attraverso la quale riorganizzare la sua vita. Il più delle volte la psicoterapia va estesa all'ambito familiare, le cui dinamiche di relazione sono sempre fortemente disturbate. Alcune psicoterapie di gruppo sembrerebbero più efficaci degli approcci individuali, per quanto riguarda una funzione di risocializzazione parziale all'interno del gruppo stesso. A questo proposito si sono rivelate particolarmente efficaci sul piano dei risultati pratici le associazioni di ex-bevitori (Alcolisti Anonimi, Centri di Alcolisti in Trattamento). Questi gruppi sono autogestiti e si configurano come un punto di incontro in cui si cerca una risposta nel confronto con gli stessi problemi degli altri, cercando di evitare le ricadute e i ricoveri. Pur raggiungendo la socializzazione di un bisogno, il bere, e il suo controllo, tale approccio tuttavia non permette una risoluzione definitiva delle cause di abuso. Agli individui motivati che abbiano raggiunto un'astensione stabile può essere consigliato anche un intervento psicoterapico individuale.
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