[...]ormai da tempo si reputa che l’autostima sia un ingrediente cruciale del successo, sul lavoro, in società, addirittura nella vita privata. E fioriscono corsi e manuali di autoaiuto per potenziarla. Ma non è detto che ci si riesca davvero. Anzi, secondo una recente ricerca l’autostima, in altre parole la valutazione che diamo di noi stessi, è piuttosto stabile negli anni, e le differenze individuali tra le persone riflettono probabilmente un tratto generale del temperamento.
Ma, soprattutto, non è detto che un’alta autostima sia sempre un fattore positivo. Al di là dei casi che deragliano nel narcisismo patologico, un eccesso di autostima può portare a sopravvalutare le proprie possibilità, a diventare temerari, «e la tenacia diventa testardaggine ottusa, che induce a persistere in imprese palesemente fallimentari», chiarisce Maria Miceli, ricercatrice all’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR di Roma.
«La vera domanda – prosegue Sabato – non è quindi come aumentare l’autostima, ma come migliorarla rendendola più realistica, autentica e stabile». Per non precludersi nessuna opportunità e, allo stesso tempo, non ostinarsi nel disporre l’asticella troppo in alto. Perché è facile dire «be hungry, be foolish», quando si è già Steve Jobs, più difficile è prendere coscienza dei propri limiti e perseguire con determinazione i propri obiettivi, senza lasciare nulla di intentato ma anche senza lasciarsi travolgere dalla delusione. Forse è questa, l’autostima buona, che ci fa continuare a inseguire i nostri sogni facendoci rialzare dalle cadute.
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