Buongiorno,
ad agosto dello scorso anno ho deciso di rivolgermi ad uno psichiatra perchè continuavo a stare male. Il centro di salute mentale mi aveva liquidata senza nemmeno un colloquio dicendo che ci sono problemi ben più gravi di cui loro si occupano.
Ho cercato su internet e ho trovato un unico medico che mi ha risposto, 70 anni, una lunga esperienza nel pubblico.
Al primo appuntamento mi ha diagnosticato una depressione di media gravità e mi ha prescritto terapia con 20 gocce di cypralex il mattino e lexotan al bisogno e comunque la sera per dormire.
Sono sempre stata scettica sul prendere psicofarmaci, così ho preso appuntamento da un neuropsichiatra che mi ha fatto identica diagnosi e stessa terapia (con altri nomi di farmaci, ma le dosi e le tipologie erano quelle).
Una settimana dopo la prima visita con lo psichiatra, lo stesso mi chiama per sapere se avevo iniziato la terapia e come procedeva; a quel punto gli dicevo che non avevo iniziato perchè avevo paura di divenire dipendente dai farmaci (senza dirgli che avevo consultato un altro medico). A quel punto mi ha sgridata e mi ha detto che dovevo iniziare immediatamente perchè la mia era una depressione grave. Così ho cominciato.
Abbiamo anche iniziato a vederci ogni due tre settimane e nel frattempo gli inviavo i sogni che facevo. Lui ha sin da subito focalizzato l'attenzione sul rapporto con mia madre e sui miei due aborti; in sostanza riconduceva tutto il malessere ad una depressione che avrei sin da bambina a causa dei miei, acuita dai due aborti che mi fanno sentire come una persona distruttiva. A dire la verità, a parte mia madre che effettivamente ha sempre costituito un problema, i due aborti li ho superati anche perchè ora ho un bellissimo bambino e non mi sono mai colpevolizzata. Piuttosto il mio problema era il lavoro di avvocato che mi creava ansia (dovuta alla poca autostima). Mano a mano che continuavano la terapia e le sedute stavo meglio ma notavo che spesso il terapeuta parlava forse troppo anche delle proprie esperienze. Inoltre spesso ripeteva sempre le solite cose e mi parlava anche di suoi pazienti pur senza fare nomi. Infine, una delle ultime sedute, mi ha comunicato che era andata da lui una donna che aveva un problema con l'amministratore di sostegno che le era sytato nominato dal giudice e lui ha pensato bene di darle il mio numero perchè divenissi io suo amministratore di sostegno. La cosa mi ha stupita!a e quel lavoro aveva provocato ansia e rifiuto e lui mi ci rispingeva mentre io stavo facendo di tutto per cambiare mestiere!!la signora mi ha chiamata ed è stato palese che sia paranoica e totalmente incapace di badare a se stessa, e l'ho liquidata gentilmente. Ma non ho potuto fare a meno di scrivere al terapeuta per riferire ciò che sentivo. Mi ha risposto con un messaggio nel quale si scusava e diceva di doversi spiegare e già così ho perso la fiducia in lui.
All'appuntamento successivo è parso subito distaccato; abbiamo parlato di questa cosa e ho ribadito ciò che provavo; a quel punto ha risposto piccato come un bambino, dicendo che lui sapeva di aver sbagliato ma che lo aveva fatto perchè ha grande stima di me, ci tiene tanto a me, e non crede che per una simile cosa io debba interrompere la terapia. Se interromperò la terapia comunque devo sapere che il mio problema è mia madre, il mio compagno che è sulla strada dell'alcolismo perchè ne weekend beve uno o due bicchieri con gli amici e quindi se non risolverò questi problemi io sarò sempre depressa.
Mi ha detto di proseguire per altro sei mesi la terapia e se ho voglia di tornare sennò no.
A me ha spaventato, a tratti mi è parso che avesse un'infatuazione nei miei confronti e anche che fosse particolarmente arrabbiato e offeso, tanto che mi sono spaventata. Ha anche iniziato a dire che lui sa di essere di sicuro il miglio psicoterapeuta di tutta la regione e ha divagato sul suo maestro (uno molto noto) che invece pensa solo a far soldi.
Vi pare un comportamento normale? vorrei avere un parere da qualche professionista magari.
Ovviamente non tornerò da lui.