Comportamentismo

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Comportamentismo

Messaggioda Royalsapphire » 02/01/2013, 6:42



Anche detto behaviorismo, dall'inglese behaviour, comportamento è una delle grandi tendenze di pensiero della psicologia moderna, particolarmente vivace tra il 1915 e il 1950 negli Stati Uniti, dove prese origine, favorito dalla tradizione pragmatica, dal funzionalismo e dallo sviluppo delle idee evoluzioniste che contribuivano a porre l'accento sul concetto di adattamento. Trova peraltro le sue basi più specifiche nell'estensione al mondo psichico del meccanicismo riduzionistico, secondo la proposta di Loeb di cui Watson, il fondatore del c., risentì fortemente l'influenza: la riduzione cioè delle leggi della vita (fisiologica e psicologica) alle leggi della fisica e della chimica attraverso il passaggio dal superiore all'inferiore, dal generale all'elementare. Watson, professore di psicologia animale alla John Hopkins University, fissò in un articolo celebre del 1913, Psicology as a Behaviorist Views it (La psicologia come la vede un comportamentista), variamente ripreso poi nelle sue opere fino al 1921, i punti essenziali del c. attorno all'idea centrale di costruire una psicologia rigorosamente obiettiva, fondata sul tangibile e sull'osservabile, in parallelo con le scienze fisiche viste nell'ottica del positivismo. Per questo motivo l'oggetto della psicologia, secondo il modello comportamentista, diventa non più la coscienza o l'attività mentale largamente intesa come era nella tradizione europea, ma il comportamento. Inteso generalmente come quello che l'uomo (o l'animale) fa di visibile ed osservabile, il comportamento è per Watson, più precisamente, la risposta o la reazione (R) di ordine fisico o fisiologico (motorio o viscerale) che un organismo produce in presenza di uno stimolo (S) della stessa natura. Alla coscienza viene negata ogni dimensione psicologica, i concetti di sensazione, di percezione, di immagine mentale e simili vengono rigettati come puramente intellettualistici, ed anche fondamentali processi psicologici di ordine cognitivo come il linguaggio e il pensiero sono ricondotti a fatti di ordine meramente fisico e fisiologico. Ne deriva il rifiuto dell'introspezione come metodo per indagare ciò che avviene nella mente dell'uomo, in quanto considerata da Watson priva di ogni scientificità, ma anche in quanto vi è alla base il rifiuto del concetto di mente. Con il c. la mente viene considerata una black box, scatola nera di cui nulla si può sapere, come affermerà in seguito Skinner, il comportamentista più noto dei nostri tempi. Questo rifiuto di ogni forma di mentalismo costituisce l'elemento essenzialmente rivoluzionario del c. e la sua forza di rottura nel mondo psicologico negli anni Venti e Trenta; ne costituisce però anche il limite più evidente, nella misura in cui tale ottica riduce l'attività umana unicamente all'osservabile, escludendo quei processi interni mentali (pensare, prevedere, valutare, decidere ecc.), distintivi proprio della peculiarità dell'organismo umano. Il c. ha, dunque, un'impostazione periferalistica: ogni condotta, ogni aspetto della personalità, ogni processo psicologico sono spiegati in base ad abitudini che si formano a livelli di organi periferici dell'organismo (ad es.: linguaggio e pensiero si formerebbero in base ad abitudini laringee) senza tener conto di specifici interventi di trasformazione, di elaborazione e di costruzione della mente o, in termini psicofisiologici, del sistema nervoso centrale. Il c. segue alcune impostazioni ambientalistiche nella misura in cui viene esaltato il ruolo dell'ambiente, e dell'adattamento ad esso. Nel c. classico di Watson non si ammette praticamente importanza ai dati di ordine genetico, ai meccanismi innati specie-specifici, e l'importanza dei dati esterni (ambiente, educazione) è decisamente enfatizzata. Anche l'istinto è utilizzato come concetto unicamente atto ad indicare in modo alquanto elementare il terreno di base dello sviluppo psichico. Il comportamento, il formarsi delle abitudini e dei processi psichici, sono quindi affidati essenzialmente all'apprendimento che assume nella psicologia comportamentista un ruolo centrale e qualificante anche come pervasiva area di ricerca. Tenuto conto del periferalismo di base si comprende come il c. utilizzi soprattutto forme molto elementari di apprendimento, essenzialmente per condizionamento, basato sia sui meccanismi associativi di Pavlov, sia sulla legge dell'effetto di Thorndike. In questa seconda ottica, nell'idea cioè che le risposte accompagnate da soddisfazione tendano a subire un rinforzo che le fissa e le induce a guida del comportamento (condizionamento operante), nasce il c. più rigoroso del periodo post-watsoniano: quello di Skinner, che approderà ad una discutibile teoria generale dell'uomo e della società. Al di là delle idee radicali di Skinner, il c. tende, fra gli anni Trenta e Cinquanta, ad una profonda modificazione che, pur conservando l'ottica obiettivistica di base, lo porta alquanto lontano dall'impostazione periferalistica, atomistica, ambientalistica e anti-mentalistica originaria. Negli anni Trenta e Quaranta, in effetti, i comportamentisti (tra gli altri soprattutto Stevens, Hull, Tolman, Dollard, Miller, Mowrer) si pongono con notevole forza il problema di offrire un quadro più consistente sul piano epistemologico e concettuale alla loro teoria ed un più elevato livello di formalizzazione. In questo trovano specifico sostegno nell'operazionismo e in alcuni aspetti del neopositivismo, che pervadono la cultura americana dell'epoca e forniscono al c. uno strumento logico di notevole portata. I comportamentisti ricavano, inoltre, dalla Gestalt-theorie e da una più attenta considerazione per le acquisizioni della neurologia (soprattutto in tema di sistema nervoso centrale, di attività e funzioni della corteccia cerebrale e della formazione reticolare, anche in relazione ai nuovi dati derivanti dall'elettroencefalografia) un interesse più spiccato e preciso verso i processi di mediazione mentale che avvengono tra stimolo e reazione e verso i processi di attivazione dell'organismo. La ricerca tende quindi ad accentrarsi, in modo spesso raffinato, sulle variabili intervenienti tra stimolo e risposta: esse vengono intese nel senso di costrutti ipotetici di ordine logico-formale (Hull), nel senso di veri e propri elementi di ordine neurofisiologico (Hebb), ed ancora nel senso di sistemi di organizzazione finalizzati immanenti al comportamento (Tolman). Nasce in questo periodo anche un attento studio della motivazione come spinta (drive) emergente non solo da bisogni primari di ordine fisiologico, ma anche da bisogni secondari di ordine psicosociale e cognitivo. Questo c. anticipa un altro movimento profondamente innovativo del pensiero psicologico odierno: il cognitivismo, che, senza perdere il senso empirico della psicologia moderna, riporterà l'attenzione sulla mente e sul suo funzionamento.
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