Il corpo come luogo di incontro con il bambino

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Il corpo come luogo di incontro con il bambino

Messaggioda Royalsapphire » 19/11/2014, 20:07



Cito un articolo che ho letto circa un anno fa:

Questa riflessione prende spunto dalla mia esperienza come educatrice in un centro di disabili, a contatto quotidiano con bambini affetti da patologie dello sviluppo motorio, relazionale e cognitivo, e dal lavoro con le loro famiglie.

La mia domanda più frequente, all’inizio di ogni percorso riabilitativo ed una volta effettuato l’assessment ed ipotizzato il piano di intervento, è sempre stata “da che parte incominciare”, che potrebbe essere tradotta come la ricerca di un punto di contatto tra me ed il bambino. Un bambino ogni volta diverso, nonostante spesso la stessa diagnosi e simili costellazioni di sintomi portino a cercare troppi punti in comune e schemi di intervento precostituiti.

Il come entrare in contatto, in una relazione terapeutica, rimanda subito al concetto di comunicazione, verbale e non verbale, tra il proprio sé e quello, ancora in formazione, del bambino.
Una comunicazione inevitabilmente asimmetrica, ma possibile se ciò che viene messo in gioco è qualcosa che si trova al livello di sviluppo del bambino e che può essere recuperato in ogni adulto che si metta all’ascolto di sé e delle proprie risonanze affettive di fronte a quel bambino e in quel momento.

Centrale, per attivare questo processo di ascolto, è il concetto di “sé corporeo”, che rappresenta il precursore indispensabile per la formazione e lo sviluppo del sé del bambino, ed è veicolato e reso esistente proprio attraverso la superficie corporea, che insieme limita e delimita come un contenitore, ciò che è dentro, e permette allo stesso tempo il contatto con ciò che è fuori.

Secondo gli studi dell'antropologo Ashley Montagu la pelle è il primo, il più grande e il più sensibile di tutti gli organi del corpo umano; la pelle e il cervello sono collegati in modo affascinante in quanto entrambi si sviluppano dallo stesso strato di cellule embrionali: "Il sistema nervoso è, dunque, una parte sepolta della pelle o, alternativamente, la pelle può essere considerata una parte esposta del sistema nervoso".

E' proprio attraverso il contatto epidermico che cominciamo a prendere conoscenza di noi stessi e di ciò che ci circonda: la pelle infatti oltre ad essere veicolo per gli stimoli dall’esterno verso l’interno è anche organo di comunicazione attraverso cui sperimentiamo ed esterniamo i sentimenti.

La pelle può essere considerata il luogo dove il sé incontra il mondo. Si tratta anche dell’organo sensoriale che entra in funzione più precocemente, già dalle prime settimane di gravidanza, trasmettendo al feto molte informazioni e consentendogli una prima e rudimentale forma di conoscenza: tramite l’ecografia è stato dimostrato un adattamento attivo del feto alle pressioni ed al contatto con l’utero materno, con documentata sensibilità allo sfioramento già alla fine della settima settimana di gravidanza.

Alla nascita il neonato è quindi dotato di una modalità sensoriale tattile già molto raffinata, e questo si rende particolarmente evidente fin dai primi istanti dopo il parto, quando la strategia consolatoria più efficace è quella del contatto pelle-pelle con la madre, accompagnata dalla capacità precocissima di orientarsi al seno materno ed iniziare gli atti della suzione, preceduta da veri e propri movimenti di “arrampicamento” sull’addome materno fino a raggiungere il seno.

Da questo momento in poi sarà proprio un primo dialogo, quasi senza parole, a guidare l’interazione tra la madre e il suo bambino, un dialogo fatto di tonicità muscolare, modulata e variabile in relazione allo stato interno del neonato e della madre, un contatto che sarà capace di divenire di volta in volta energico, accogliente, statico, cinetico. Si parla, a questo proposito, di “dialogo tonico”.

Dal canto suo, il neonato si sentirà di volta in volta tenuto e trasportato nello spazio da braccia che fungeranno da contenitore per il suo corpo, ancora poco capace di affrontare con sufficiente competenza la forza di gravità presente nel mondo esterno. In questo senso la figura di accudimento rivestirà il ruolo di “Sé corporeo ausiliario”, il precursore di quell’Io ausiliario, sempre garantito dalla madre e da chi si prenderà cura del bambino, capace di condurre il bambino attraverso le successive esperienze cognitive ed affettivo-relazionali, quando sarà più grande ma ancora non del tutto autonomo nell’affrontare le difficoltà.

A partire da questa prima relazione fatta principalmente di scambio corporeo, il bambino apprenderà progressivamente a distinguere se stesso dall’altro, attraverso la percezione dei confini che delimitano ciò che è sé da ciò che è non-sé, e che fino alla fine dei primi sei mesi di vita resteranno ancora poco definiti per il bambino. Questi confini, dapprima soltanto percepiti da un punto di vista sensoriale in modo a volte piuttosto confuso, saranno poi conosciuti attraverso l’esplorazione multimodale del proprio corpo e di quello della madre, parti del corpo che saranno toccate, sentite, guardate, portate alla bocca, e prenderanno forma grazie all’integrazione tra le informazioni ricevute dalle diverse modalità sensoriali.

Il corpo, durante tutto il primo anno di vita, rappresenta dunque per il bambino il teatro per eccellenza di tutte le esperienze interne (fatte di onde emozionali primarie come la sensazione di vuoto, pieno, gonfio), esterne (percezione del contatto, della temperatura, dei sapori, dei suoni) e più strettamente di relazione (aggrapparsi, essere tenuto, cullato, stretto…).

E a partire da questo suo corpo, ancora poco coordinato nei movimenti e dotato soltanto di minime capacità di spostamento e di gesti volontari, il bambino arriverà a distinguere l’oggetto, reale ed affettivo, che percepirà come diverso e separato da sé, ma anche raggiungibile ed esplorabile; tramite l’insieme delle relazioni somestesiche costruite nel tentativo di mettersi in rapporto con gli oggetti tramite una più superfici recettoriali, il bambino perverrà poi alle prime strategie motorie: raggiungendo, toccando, esplorando ed afferrando l’oggetto, il corpo della madre, l’altro, e conducendoli a sé, farà così le prime esperienze di prendere, tenere, avere con sé, che rappresentano un primo abbozzo del sentiero che porterà all’interrelazione ed alle rappresentazioni mentali.

Ed è soprattutto l’oggetto-madre, che si allontana e si avvicina, con regolarità e prevedibilità al bambino, a mimare, nel gioco faccia a faccia, l’avvicinamento e la separazione dagli oggetti, ed a sancire la sua identità di corpo reale tra corpi reali, ponendo le prime basi del riconoscimento di sé e dell’altro.
Oltre alle raffinate competenze sensoriali anche il repertorio motorio del neonato è stato dimostrato essere molto più ricco di quanto ipotizzato fino a pochi anni fa: la teoria reflessologica, che postulava la progressiva emergenza della motricità volontaria da una matrice prevalentemente riflessa, è oggi stata largamente superata, lasciando il posto ad una concezione di “neonato competente” e attivo, capace di attivare o modulare la propria attività in funzione delle condizioni ambientali.

I termini “primitivo” o “arcaico” con cui veniva etichettata la motricità neonatale sono anch’essi superati a favore di una complessità funzionale, che è al servizio dei principali bisogni vitali (nutrirsi, respirare, proteggersi) e di relazione (orientare il volto e gli occhi verso la voce e il volto umano, sorridere, vocalizzare).
Questi pattern motori e sensoriali hanno la funzione iniziale di favorire l’orientamento sociale del piccolo, permettendo ai suoi schemi di richiamo di essere compresi dai genitori ed al bambino stesso di essere accudito: le competenze neonatali sono dunque ontogeneticamente al servizio della formazione del legame di attaccamento, descritto da Bowlby come un comportamento specie-specifico legato fortemente alla sopravvivenza ma cruciale soprattutto per la formazione del sé del bambino, della sua personalità, della capacità di entrare in relazione con gli altri e successivamente di separarsi da loro.

L’importanza del corpo, inteso come terreno primario di relazione e strumento base per la formazione del sé, emerge nella sua drammaticità proprio ogni volta in cui patologie legate alla nascita, come la prematurità o le complicanze perinatali costringono il neonato all’immobilità, a cure fisiche invasive, alla separazione dalle figure di accudimento: in tutti questi casi il corpo diviene terreno di sofferenza fisica, di stimolazioni quasi costantemente sopra-soglia, scatenando nel piccolo reazioni difensive di irrigidimento muscolare, immobilità o al contrario iperattività e motricità disorganizzata, che altro non sono che modalità di chiusura nei confronti del mondo esterno.

E’ facile comprendere come successivamente sia arduo recuperare quella fiducia nell’altro, quella capacità di abbandonarsi tra le braccia materne, di assaporarne il tocco, il contatto e il calore. In tutti questi casi il bambino deve imparare, o re-imparare, il linguaggio del tono, l’armonia e la melodia del movimento, deve inventare per sé un “buon modo” per entrare in contatto con l’altro senza esserne travolto e senza sentirsi minacciato, recuperando la capacità di “sentire” dall’abitudine a subire.

Dalla lettura di questi libri mi ha permesso di capire l'importanza del corpo come luogo di incontro del bambino che mi aiuterà nel massaggio infantile e inoltre emerge la necessità di situare il punto di partenza di ogni intervento sul bambino piccolo, atto a facilitarne o recuperarne lo sviluppo, proprio nella dimensione corporea, tramite un’attenzione alla “storia sensoriale” di ciascun piccolo paziente, ogni volta profondamente diversa e connotata in modo unico dalla combinazione di potenzialità e opportunità ricevute; questo per poter ritrovare quel linguaggio comune, quello corporeo, comprensibile sia dal bambino che dagli adulti, che possiamo recuperarlo facilmente mettendoci all’ascolto, in quanto è un linguaggio che si avvale di un codice scritto in modo indelebile nel nostro corpo-bambino.

Soltanto in questo modo sarà possibile accogliere davvero i messaggi del bambino, e partendo da essi costruire o ricostruire, non “per lui” ma assieme a lui, una parte di quel lungo percorso, spesso interrotto o rallentato, che si chiama crescita.


BIBLIOGRAFIA

Anzieu D., L' Io - pelle, Borla,1994.
Dolto F., L'immagine inconscia del corpo, Bompiani, 1988.
Mahler MS, Pine F & Bergman A., La nascita psicologica del bambino. Ed.Boringhieri, Torino, 1978.
Milani-Comparetti A. Semeiotica Neuroevolutiva. Prospettive in Pediatria 1982; 48: 305-14.
Montagu A., Il linguaggio della pelle, Vallardi, 1984
Stern, D. N. (1971). Una microanalisi dell'interazione madre-bambino. In D. N. Stern (Ed.), Le interazioni madre-bambino. Milano: Raffaello Cortina Editore,1998
Stern, D. N. (1985). Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Bollati Boringhieri, 1987.
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