l ounseling psi ologi o alla famiglia si configura come un tipo d’intervento teso essenzialmente
ad operare in un’ottica di promozione della salute e del benessere secondo una visione “positiva”
della stessa a cui si riconoscono concrete possibilità di cambiamento e miglioramento delle
condizioni di vita dei suoi membri.
n ambito psicologico l’interesse per la famiglia “normale” risale agli anni 80 quando clinici e
ricercatori hanno iniziato ad occuparsi non più delle differenze introdotte in una famiglia dalla
presenza di un membro sintomatico, (la cosiddetta famiglia disfunzionale), ma delle differenze che
distinguono un funzionamento “disadattivo” da uno “adattivo” secondo un approccio definito da
Antonovsky “salutogenico”. Comincia cioè a farsi strada l’idea che il risultato di una crisi per la
famiglia non è necessariamente negativo ma che può far evolvere la famiglia verso forme piu’
organizzate di adattamento e funzionamento.
La Family Stress and Coping Theory e la teoria della Family Developmental Orientation hanno
come obiettivo quello di comprendere in cosa consiste il cambiamento in una famiglia e quali sono i
meccanismi alla base di tali cambiamenti. n particolare la teoria della Family stress ponendo al
centro del proprio interesse lo studio del funzionamento familiare di fronte ad eventi stressanti, ha
permesso l’analisi delle strategie che la famiglia adotta per superare le difficoltà riconoscendole la
capacità di reagire agli stress proprio in virtù delle risorse di coping e d’adattamento attivo e
organizzativo di cui dispone.
Alcuni contributi derivati da queste teorie fanno da cornice al presente articolo sia perché
costituiscono una solida base teorica nella comprensione del funzionamento familiare “normale” sia
perché in sintonia con i presupposti teorici del counseling psicologico. l counseling psicologico,
infatti, ha come obiettivo principale il potenziamento delle risorse della persona senza ricercare
l’origine delle difficoltà. Diversamente dalla psicoterapia, il counseling psicologico non affronta
problematiche psicologiche che richiedono per una loro risoluzione di una riorganizzazione della
personalità ma situazioni di disagio, di difficoltà che la persona incontra al livello personale e
interpersonale con l’obiettivo di aiutarlo a raggiungere il benessere psicologico e a migliorare la
propria qualità di vita.
n tal senso nel counseling psicologico l’accento è posto sugli aspetti positivi dell’individuo quali
l’autoconsapevolezza, la conoscenza, l’accettazione di sé, e parallelamente sull’identificazione la
valorizzazione e l’utilizzazione da parte del cliente, delle risorse personali di cui dispone. Scopo del
presente articolo è quello di approfondire l’intervento di counseling psicologico applicato alla
famiglia secondo l’orientamento teorico dell’Approccio Centrato sulla Persona di Carl Rogers
Come si vedrà piu’ approfonditamente in seguito alcuni concetti e tecniche fondamentali descritte
da Rogers per il counseling individuale possono essere applicati con opportuni accorgimenti al
lavoro con la famiglia.
Concetti quali colloquio non direttivo, ascolto attivo, comprensione empatica, rispetto del cliente,
autenticità dello psicologo, accettazione incondizionata sono elementi fondamentali nel lavoro di
Rogers che possono fornire una solida base d’aiuto anche nel lavoro con la famiglia.
IL COUNSELIG PSICOLOGICO APPLICATO ALLA FAMIGLIA
l termine counseling deriva dall’etimologia latina “consulo” nella sua accezione diavere cura di,
venire in aiuto. n termini generali il counseling psicologico si può definire come un intervento
basato sulla relazione d’aiuto che s’instaura tra un professionista e un cliente il quale si trova in una
situazione conflittuale o di difficoltà oppure presenta problemi di varia natura collegati alla propria
crescita personale. Applicato alla famiglia il counseling psicologico mira a comprendere e a far comprendere le dinamiche relazionali ed emozionali che possono costituire degli ostacoli al
normale svolgimento della vita familiare. n quest’ambito la funzione principale del counseling
psicologico è quella di “facilitare l’integrazione e l’ampliamento delle risorse interne alla famiglia
durante i processi d’adattamento sollecitati dai compiti evolutivi che caratterizzano il ciclo di vita
della famiglia”( Fruggeri 1997 cfr in Vincenzo Calvo 2007).
n psicologia per “risorsa” non s’intende tanto il possesso di un bene oggettivo (status, denaro
ecc…) ma l’abilità della famiglia nell’utilizzare nel miglior modo possibile le risorse stesse. Molte
famiglie, infatti, possono avere notevoli risorse in termini quantitativi e qualitativi, ma se non hanno
la consapevolezza delle loro potenzialità e se non sentono di poter incidere in modo adeguato sugli
eventi è possibile che sviluppino sentimenti d’inutilità che le renderanno incapaci di far fronte alle
difficoltà.
Le risorse di cui la famiglia dispone sono distinte in:
1. risorse personali
2. risorse familiari
3. risorse sociali.
Le risorse personali sono quelle possedute dai singoli membri della famiglia come lo stato di
salute, l’istruzione, le caratteristiche di personalità ecc…
Le risorse familiari riguardano in particolare lo stile di funzionamento, vale a dire il modo in cui la
famiglia “gestisce e integra i bisogni di unità e stabilità con quelli di crescita trasformazione e
autonomia” (Malagoli Togliatti 2002).
Le risorse so iali, infine, sono quelle che emergono dal rapporto con l’ambiente sociale in cui la
famiglia è inserita: le relazioni con gli amici, i parenti, i vicini altrochè scuole, servizi socio-sanitari
contribuiscono significativamente al modo in cui la famiglia supera determinati momenti.
l counseling psicologico alla famiglia si rivela utile in diverse situazioni problematiche in cui
evidenzia un’insoddisfacente comunicabilità con conseguente conflittualità tra i membri della
famiglia; difficoltà nel rapporto di coppia, tra ruolo genitoriale e coniugale, conflitti
intergenerazionali e con la rete più estesa.
l counseling si applica anche in situazioni in cui la famiglia desidera essenzialmente migliorare le
proprie relazioni familiari favorendo il potenziamento delle risorse per una più soddisfacente
evoluzione affettiva e relazionale dei suoi membri. Può essere utile inoltre nel caso di una
genitorialità più complessa come nel caso dell’adozione o dell’affidamento o come intervento di
sostegno emotivo ai genitori che affrontano situazioni particolarmente difficili quali
l’ospedalizzazione di un membro della famiglia, le separazioni forzate o altre situazioni che
possono in ogni modo generare l’insorgenza di stress a livello sia personale sia familiare (Calvo,
2007). Come detto in precedenza il counseling psicologico si rivela utile come sostegno alla
famiglia durante le diverse fasi del ciclo di vita.
l “ i lo di vita” della famiglia è un modello teorico che permette di inquadrare lo sviluppo spazio-
temporale della famiglia attraverso l’individuazione di determinate fasi che sono contrassegnate da
particolari eventi significativi quali: la separazione dalla famiglia di origine e la formazione di una
nuova coppia; la nascita dei figli; la loro progressiva crescita fino allo svincolo; l’invecchiamento e
la separazione della coppia genitoriale per la morte di un coniuge (Andolfi, 2003). Durante queste
fasi la famiglia si trova ad affrontare compiti evolutivi più complessi.
La transizione alla genitorialità per esempio richiede alla coppia di affrontare un insieme di compiti
quali la gestione degli spazi personali e di coppia e il rapporto con la famiglia d’origine, la ripartizione dei ruoli e dei compiti nella gestione del piccolo, le regole e le norme da dare al
bambino ecc… che possono generare difficoltà nei genitori.
Se non affrontati adeguatamente questi compiti possono generare tensioni e squilibri che mettono a
dura prova le risorse a disposizione della famiglia e innescare momenti di crisi e d’impasse sia a
livello del singolo individuo, sia della famiglia nel suo complesso, che può portare la famiglia a
sfaldarsi o a perpetuare in una posizione di stallo. n questo caso lo scopo di un intervento di
counseling potrebbe essere quello di aiutare la famiglia a trovare soluzioni adeguate per superare il
momento di difficoltà: la ricerca di nuovi equilibri e nuove organizzazioni sono possibili facilitando
nella famiglia la comunicazione tra i suoi membri, aumentando la conoscenza e la consapevolezza
sul proprio funzionamento e potenziando e valorizzando le risorse presenti.
MODALITÀ D’INTERVENTO DEL COUNSELING PSICOLOGICO ALLA FAMIGLIA
Come per il counseling individuale anche per quello applicato alla famiglia lo strumento
fondamentale su cui si basa l’intervento d’aiuto, è la relazione, intesa come fattore umano che,
attraverso l’ascolto attivo e la comprensione empatica, facilita la comunicazione, la comprensione,
l’autoconsapevolezza da parte del cliente. La differenza sostanziale rispetto al lavoro con il singolo
cliente è che tale relazione è più complessa in quanto deve tener conto di più individui
contemporaneamente.
Allo psicologo che lavora con la famiglia, si chiede, infatti, di sapersi relazionare empaticamente
con ognuno dei componenti della famiglia, di accettare ciascuno nella propria unicità nel rispetto
delle singole esperienze.
È ciò che è stato definito parzialità multi direzionale, vale a dire essere dalla parte di più di una
persona nello stesso tempo. Più che una tecnica, la parzialità multidirezionale, è un modo di essere
dello psicologo nella relazione il quale in questo modo facilita da parte dei singoli membri
l’espressione delle proprie esperienze, dei propri sentimenti e punti di vista al fine di creare una
comunicazione funzionale in cui le risorse e le possibilità di cambiamento possono emergere e
concretizzarsi.
Attraverso la “riformulazione” lo psicologo comunica la propria partecipazione e comprensione
dell’esperienza d’ogni singolo membro della famiglia. Ridire con altre parole o in modo più chiaro
e conciso ciò che l’altro ha appena detto comunica al cliente non solo che lo psicologo lo sta
ascoltando ma che lo sta facendo con attenzione, interesse ed empatia. Nello stesso tempo permette
allo psicologo di verificare se comprende correttamente il senso di quello che il cliente ha detto
fornendo un feedback funzionale all’evolvere della relazione. Carl Rogers, sostiene che la
comprensione empatica è fondamentale per aiutare le persone ad avvicinarsi a se stesse a cambiare
ed evolvere.
La capacità di mettersi al posto dell’altro di vedere il mondo con i suoi occhi di sentire i suoi stati
d’animo più intimi mantenendo al contempo una sufficiente separazione fra sé e l’altro sono il
mezzo attraverso il quale lo psicologo crea il contesto relazionale su cui costruisce l’aiuto e il
cambiamento. Nella parzialità multiderezionale, lo psicologo è empatico se riesce a sostenere
ascoltare e “sentire” nello stesso modo ogni singolo membro della famiglia, quando evita l’errore di
valutare e dare giudizi o essere di “parte”, quando dà la possibilità ad ognuno di esporre il proprio
punto di vista senza sentirsi minacciato.
Strettamente collegata alla comprensione empatica è l’accettazione positiva incondizionata che si
basa sulla comprensione e sul senso di condivisione. Lo psicologo che evita di dare giudizi o
valutazioni riuscendo a rimanere focalizzato sulla comprensione del mondo dei singoli membri
della famiglia, oltre a rispondere alle esigenze di ognuno di essere ascoltato e compreso si pone
come modello d’interazione, sollecitando il rispetto per l’esperienza di ciascuno e la possibilità di confronto.
A tal fine è importante che lo psicologo abbia presente che non tutti i membri della famiglia
possono essere motivati e disponibili nello stesso modo al percorso di counseling come anche non
deve ascoltare soltanto chi inizialmente sembra più capace d’esprimere la propria opinione e
risultare più responsabile.
Lo psicologo familiare ha il compito di dare a tutti i membri della famiglia, la possibilità di parlare
attuando un certo numero d’operazioni nel medesimo tempo: ascolta e “riflette” i sentimenti di un
membro della famiglia e nello stesso tempo sta attento a non schierarsi con lui contro un altro
membro della famiglia con il quale dovrà comportarsi nel medesimo modo. Proprio perché lo
psicologo familiare deve offrire ad ogni persona l’opportunità di esprimere le proprie emozioni e
punti di vista, egli è più “attivo” che nel rapporto individuale: pone un maggior numero di domande,
dà inizio a più interazioni, offre più suggerimenti.
Soprattutto nelle fasi iniziali possono manifestarsi situazioni particolarmente difficili da contenere
ed elaborare come attacchi reciproci tra i membri della famiglia, prevaricazioni, che se non gestite
adeguatamente possono risultare distruttive o dannose sia per i singoli individui sia per la famiglia
sia per l’andamento del percorso d’aiuto. Ciò non vuol dire che lo psicologo familiare deve avere
l’assoluto controllo della situazione ma porsi come “ …testimone interessato a ciò che accade..”
(Charles J. O’Leary 1999) vale a dire essere decisamente ed emotivamente coinvolto nella
situazione ma tale da “…non prendere in mano le redini del gioco…”(Breffni Barret cfr in Charles
O’Leary 1999).
Risulta, quindi, importante che lo psicologo definisca sin dall’inizio in modo chiaro e comprensibile
a tutti i membri presenti, le regole e i limiti presenti nell’interazione come anche sfatare ogni attesa
sul suo ruolo rilevando il suo impegno nelle interazioni: “M’impegno per instaurare un rapporto con
ciascuno perché sia chiaro che non sarò di parte, non sarò giudicante, cercherò di capire i diversi
punti di vista e darò a tutti l’opportunità di parlare” (Charles J. O’Leary 1999).
Lo psi ologo stimola la riflessione e il desiderio di onos ere piuttosto he dare ertezze.
Attraverso la ri ontestualizzazione, lo psicologo offre alla famiglia e ai singoli individui
l’opportunità di percepire e “vedere” gli eventi sotto una diversa luce. L’uso della
ricontestualizzazione si basa sul presupposto secondo cui il significato che una famiglia o gruppo o
individuo dà ad un evento o ad un modo d’essere contribuisce, di fatto, a creare l’evento stesso.
Offrire alla famiglia una diversa prospettiva che cambia il significato di un evento o di un
comportamento da distruttivo e nocivo a buono e diverso nelle sue intenzioni permette alla famiglia
di riesaminare le motivazioni e le convinzioni su se stessi o sugli altri. Contribuisce inoltre a creare
un clima di cooperazione e di cambiamento in cui i giudizi, le attribuzioni di colpe e di significati
fanno spazio all’empatia, all’ascolto e alla comprensione di ciascuno.
Lo psicologo familiare benché ponga un maggior numero di domande, queste sono dirette più che
alla ricerca d’informazioni, a facilitare la comprensione, la comunicazione tra i membri della
famiglia. Formulate in modo corretto e al momento, giusto le domande possono dare ai singoli
membri la possibilità di superare eventuali difficoltà che possono incontrare durante la seduta e di
sentirsi abbastanza sicuri da poter riflettere liberamente sulla situazione senza sentire la necessità di
difendersi.
n particolare le domande tipiche nel counseling familiare sono:
omande sull’andamento dell’intervento di counseling psicologico: sono domande poste
all’inizio e alla fine delle sedute che mirano a fare chiarezza sugli obiettivi, sulle motivazioni di ciascuno al fine di invitare alla partecipazione di tutti vale a dire a stabilire
l’incontro tra persone.
omande facilitanti: tese ad organizzare la discussione, focalizzano l’attenzione dei singoli
sulla stessa questione, chiariscono e ricontestualizzano una questione al fine di evitare il
giudizio di una persona su un’altra.
omande che hanno lo scopo di mediare: sono domande che invitano i membri della
famiglia ad un ascolto attento focalizzato su sentimenti, opinioni e desideri autentici di
ciascuno. n tal senso un conflitto è affrontato prestando attenzione piuttosto che alle accuse
o minacce in se stesse alle intenzioni che si nascondono dietro la disputa.
Lo psicologo che lavora con la famiglia deve tenere presente alcuni accorgimenti nel corso delle
diverse fasi del percorso di counseling psicologico.
Nella prima fase è innanzi tutto necessario dare il benvenuto a tutti i membri della famiglia con
accettazione e attenzione individuale.
Ciò vale per gli adulti ma anche per gli adolescenti e i bambini per i quali sarà necessario disporre
di una stanza adeguatamente attrezzata. n questa prima fase lo psicologo in particolare si adopererà
per comprendere le motivazioni di ciascuno al percorso di counseling facendo uso di domande tese
a stabilire un contatto con tutti i clienti.
La seduta generalmente inizia con la presentazione di un problema da parte di un membro della
famiglia che può essere in parte sostenuto dagli altri.
Nel counseling psicologico alla famiglia il problema presentato in genere riflette una spaccatura fra
l’esperienza reale dei singoli membri della famiglia e il concetto che essi hanno di quell’esperienza.
Secondo O’ Leary tale incongruenza non è causata direttamente dai cambiamenti nella struttura e
nelle dinamiche della famiglia o dai nuovi stadi evolutivi in cui essa viene a trovarsi.
Secondo l’autore, i cambiamenti sono inevitabili e l’incongruenza e quindi il problema nasce,
quando la famiglia è incapace di parlare del cambiamento e di prendere coscienza delle reazioni che
si hanno di fronte ad esso. Per O’Leary rendere consapevole la famiglia che l’incongruenza è un
problema piuttosto che una scelta dovuta all’incompetenza di qualcuno costituisce una premessa
indispensabile che permette il costituirsi di un clima accettante e ai clienti di divenire più
congruenti.
È da tenere presente inoltre che a differenza del lavoro individuale in cui la motivazione al percorso
di counseling psicologico si può dare per scontata, in quello familiare di solito una persona è meno
motivata dell’altra o avere ricevuto delle pressioni e quindi risultare più restia ad aprirsi. Lo
psicologo dovrà quindi adoperarsi affinché anche la persona meno motivata e disponibile possa
prendere parte al dialogo ed esprimere il suo punto di vista.
Ciò permette un maggior coinvolgimento di tutti i membri della famiglia alla seduta e al counselor
una conoscenza dei diversi punti di vista con cui i membri della famiglia considerano la situazione
problematica. Soprattutto nelle prime sedute lo psicologo faciliterà la comprensione della
soggettività delle affermazioni di chi parla al fine di creare un clima di sicurezza nel quale il sentirsi
minacciati lascia il posto all’ascolto e al dialogo.
Nella fase entrale in genere i clienti si sentono più a loro agio e più liberi di esprimere il proprio
punto di vista. Possono in tal senso emergere sentimenti forti inaspettati, crisi che rendono il
compito dello psicologo più complesso e difficile. Queste manifestazioni non necessariamente
devono essere viste come regressioni o come qualcosa che non va ma come un’opportunità di poter esprimere i propri sentimenti senza sentirsi giudicati o minacciati. Lo psicologo prestando la sua
attenzione a chi parla e poi a chi ascolta faciliterà la comprensione dei sentimenti forti ed inaspettati
tra i membri della famiglia dando un significato all’interno di un contesto più ampio.
Attraverso l’ascolto i clienti imparano ad essere meno impulsivi nel reagire a ciò che dicono gli altri
e ad avere maggior fiducia nel counselor anche durante esplorazioni rischiose. n genere nella fase
centrale i membri della famiglia divengono più attivi e propositivi nella scelta degli argomenti da
trattare, più capaci a comunicare con l’altro ed esprimere il loro punto di vista ed ascoltare. Ciò
rende il lavoro dello psicologo meno attivo e maggiormente centrato sugli aspetti profondi di
ognuno. n questa fase i clienti ridefiniscono continuamente il problema che li ha portati in
consultazione: un problema generale si trasforma in altri problemi almeno uno per ogni membro
della famiglia.
Se si sentono ascoltati e compresi i clienti possono permettere a questioni più personali e meno
accusatorie di entrare nella conversazione. Lo psicologo facilita questo processo attraverso
l’esplorazione dei sentimenti e dei pensieri che sottintendono un comportamento o un evento e
orienta il cliente verso un modo più personale di esprimersi. noltre, il counselor invita i clienti ad
osservare ed esplorare i cambiamenti nel loro modo di comunicare e nel modo di riflettere sulla loro
esperienza e su quella dei familiari, facilitando la consapevolezza della loro efficacia e del loro
potere rispetto ai problemi e alle difficoltà.
La fase finale. l counseling psicologico applicato alla famiglia tende ad essere più breve di quello
individuale. Spesso, il counseling familiare essendo focalizzato essenzialmente sul superamento di
un problema o sul raggiungimento di un accordo di fronte ad una difficoltà, si conclude, quando la
famiglia ritiene che l’ostacolo sia stato superato.
La famiglia dovrebbe aver accresciuto la sua congruenza, empatia e accettazione reciproca. Se nelle
fasi precedenti lo psicologo operava per facilitare il cambiamento nella fase conclusiva, si trova a
facilitare la comprensione e l’integrazione del cambiamento. Gli argomenti più importanti da
affrontare nelle ultime sedute riguardano quindi la consapevolezza dei cambiamenti e del concetto
di sé dei clienti, il riconoscimento di ciò che nella loro vita può cambiare e di ciò con cui devono
imparare a convivere, la valutazione condivisa di quali siano i problemi e quali le difficoltà da
affrontare e sopportare. Nell’ultima seduta del counseling familiare si celebra l’accettazione dei
limiti vale a dire ogni cliente deve affrontare la differenza tra ciò che ritiene dovrebbe essere vero e
ciò che lo è.
Autrice: Dott.ssa Serena Manganelli
SPC - Scuola di Counseling Psicologico
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