Vitamine B

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Vitamine B

Messaggioda Royalsapphire » 24/04/2013, 8:57



Sono le vitamine più «amate» dagli sportivi e la spiegazione è tutta nell’aggettivo con cui spesso sono definite: «energetiche». Pur non fornendo direttamente energia, le vitamine del gruppo B sono infatti coinvolte come cofattori in numerose reazioni metaboliche che permettono ai nutrienti assunti con l’alimentazione di essere trasformati in energia da spendere nelle varie funzioni vitali, compresa l’attività sportiva.

Le richieste energetiche di chi si dedica regolarmente a sport ed esercizio fisico sono solitamente più elevate rispetto a quelle di coloro che conducono ritmi più sedentari, e sono ormai numerosi gli studi che hanno evidenziato come deficit vitaminici possano condizionare in modo negativo le prestazioni atletiche. Per evitare situazioni di carenza, è bene dunque valutare il proprio dispendio energetico, tenendo conto del livello di attività fisica (agonistico o dilettantistico) e della propria massa corporea. Senza dubbio, un’alimentazione varia ed equilibrata consente di garantire all’organismo un apporto adeguato di vitamine del gruppo B, ma non sono infrequenti i casi di atleti che per motivi di ordine estetico, o legati alle competizioni da svolgere, seguono regimi piuttosto restrittivi e ipocalorici per mantenere basso il loro peso. In caso di carenze accertate, può essere opportuno assumere complessi a base di vitamine del gruppo B, le quali agiscono come un’unica squadra essendo interrelate nei vari processi chimici in cui sono coinvolte senza alcun problema di sovradosaggio: si tratta infatti di vitamine idrosolubili (così chiamate per il loro grado di solubilità in acqua) che non vengono immagazzinate dall’organismo ed espulse con i liquidi quando risultano in eccesso. Ma vediamo quali sono i fabbisogni giornalieri di alcune di queste vitamine secondo i Livelli di Assunzione Raccomandata dei Nutrienti (LARN), revisionati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) e analoghi agli RDA (Recommended Daily Allowances, dosi giornaliere raccomandate per un individuo medio) ma adattati alla popolazione italiana.

Vitamina B1

Il suo fabbisogno giornaliero è di 1,2 milligrammi (mg) per l’uomo e di 1,1 mg per la donna. Poiché le richieste dell’organismo dipendono dalla quantità di energia introdotta, il fabbisogno giornaliero corrisponde a 0,5 mg/1000 kcal.

Vitamina B2

Il fabbisogno giornaliero è di 1,3 mg per l’uomo e di 1,1 mg per la donna. Le raccomandazioni sull’assunzione di vitamina B2 si basano sulla quantità di energia introdotta: 0,6 mg/1000 kcal sono sufficienti per la maggior parte dei soggetti adulti.


Vitamina B6

Il fabbisogno giornaliero è di 1,5 mg per l’uomo e di 1,1 mg per la donna. Si ritiene che gli atleti assumano quantità adeguate di vitamina B6, a meno che non seguano diete a contenuto energetico estremamente ridotto o selezionino alimenti poveri in vitamina B6.

Vitamina B12

Il fabbisogno giornaliero è di 2 microgrammi (mcg) sia per l’uomo che per la donna. Data l’assenza di vitamina B12 nelle verdure, agli atleti vegetariani «estremi» se ne consiglia l’assunzione tramite integratori vitaminici.

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Vitamine B

È paradossale come nella stagione del “risveglio”, dove giornate più miti e più lunghe inducono a vivere le giornate in modo più attivo, il nostro organismo spesso ci “tradisca”, sopraffatto dalla stanchezza. È il prezzo che alcune persone pagano nel passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile: la cosiddetta “astenia” o “sindrome di primavera”. Si tratta, infatti, di una fase di cambiamento in cui all’organismo è richiesto di adattarsi a un nuovo ritmo biologico e metabolico. L’innalzamento delle temperature e il progressivo aumento delle ore di luce stimolano infatti una maggiore attività metabolica e l’organismo si trova sottoposto a nuovi stimoli e a più pressanti richieste energetiche rispetto al periodo invernale. Alla necessità di adattarsi al cambio di marcia, dunque, il corpo può reagire segnalando un certo disagio e un maggiore bisogno di sonno ma anche manifestando un calo di energie sia fisiche che mentali che può tradursi in piccoli malesseri e disturbi quali svogliatezza, irrequietezza, irritabilità, difficoltà di concentrazione. Qualche anno fa, del resto, uno studio della Ludwig-Maximilian-Universität di Monaco ha messo in evidenza le ripercussioni sull’orologio biologico interno (sincronizzato sull’alternanza luce-buio) dovute allo spostamento delle lancette avanti di un’ora: “In generale si pensa che ora legale e ora solare introducano una semplice variazione di un’ora, ma le conseguenze sono più drastiche se inserite nel contesto delle modifiche stagionali dell’orologio circadiano (regolato su di un ciclo di circa 24 ore dettato dall’alternanza luce-buio nell’ambiente)”, spiega Till Roenneberg sulle pagine di Current Biology.

Punto di partenza per contrastare la stanchezza primaverile è comunque uno stile di vita sano che assecondi le esigenze di sonno dell’organismo senza trascurare un’adeguata attività fisica che agisce come un vero ricostituente, aumentando l’apporto di ossigeno a tutte le cellule e stimolando la produzione di endorfine. Altra componente fondamentale è la dieta, finalizzata a colmare le carenze nutrizionali maturate durante l’inverno e ripristinare le energie da mettere a disposizione dell’organismo. Un aiuto in questo senso può essere fornito dalle vitamine del gruppo B, fondamentali sia per l’equilibrio del sistema nervoso sia per liberare energia dai grassi, dai carboidrati e dalle proteine introdotti con l’alimentazione. Pur possedendo ciascuna specifiche funzioni, le vitamine del gruppo B agiscono in sinergia tra loro in qualità di coenzimi, a sostegno cioè dell’azione degli enzimi in numerose reazioni metaboliche necessarie al benessere di tutto l’organismo, soprattutto nelle fasi di carenza energetica sia fisica che mentale.



Sport e vitamine B, insieme contro il mal di testa


E se il mal di testa fosse legato allo stile di vita sedentario? L’inedita correlazione è stata individuata da alcuni esperti del Cephalea Headache Centre di Goteborg, in Svezia, che hanno seguito per 11 anni oltre 68.000 residenti in Norvegia. Secondo i risultati pubblicati su «Cephalalgia», gli individui più pigri sarebbero soggetti a un rischio maggiore del 14% di subire attacchi di mal di testa rispetto alle persone che si mantengono più attive. «I risultati dello studio – spiega Emma Varkey, coordinatrice dello studio – non forniscono prove dirette sulla relazione tra stile di vita sedentario e mal di testa, ma indicano che l’attività fisica potrebbe essere un fattore protettivo contro lo sviluppo dei diversi tipi di cefalea. E dati i noti effetti benefici, le persone che soffrono di mal di testa non dovrebbero quindi evitare lo sport».

Le persone che soffrono di cefalea tendono infatti a non praticare attività fisica, nel timore che ciò possa aggravarne i sintomi, compromettendo in questo modo resistenza aerobica e flessibilità muscolare. Per questo motivo, in un successivo studio comparso su «Headache», lo stesso team di esperti ha voluto sperimentare un programma di allenamento aerobico (esercizi con la cyclette, tre volte alla settimana, per un anno) al fine di aumentare in questa categoria di pazienti il massimo consumo di ossigeno (VO2Max), senza aggravare le crisi di cefalea. I risultati sono stati molto promettenti: nel corso del periodo di osservazione non solo l’attività aerobica non ha peggiorato i sintomi, ma negli ultimi mesi l’intensità e la frequenza degli attacchi sono diminuite in modo significativo, così come il ricorso a farmaci antidolorifici.

Ma oltre allo sport, un ulteriore aiuto per le persone alle prese con il mal di testa potrebbe venire dalle vitamine del gruppo B. Un gruppo di ricercatori del Genomics Research Centre, presso la Griffith University di Brisbane (Australia), ha infatti osservato che supplementi di vitamina B6, vitamina B12 e acido folico inducono una netta riduzione della frequenza e dell’intensità delle crisi di cefalea, nonché un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Secondo gli esperti, le vitamine sarebbero in grado di diminuire i livelli di omocisteina, un aminoacido già associato a un maggior rischio di infarto e disturbi cardiovascolari, e presente in eccesso nelle persone soggette a emicrania a causa della mutazione o disfunzione di un gene denominato MTHFR (Methylenetetrahydrofolate reductase).


Quando l'anemia dipende dalle vitamine B


Una stanchezza eccessiva e ingiustificata, pallore diffuso, cali di pressione, maggiore facilità a contrarre infezioni: sono tutti sintomi classici di anemia, non una vera e propria patologia ma il segnale che qualcosa nell’organismo non va per il verso giusto. Più precisamente, i problemi nascono da una riduzione nel sangue del numero di globuli rossi, oppure da una quantità minore di emoglobina (la proteina responsabile del trasporto dell’ossigeno a tutti i tessuti e organi del corpo) al loro interno.

Quando si parla di anemia, solitamente il pensiero corre al ferro: una delle forme più comuni infatti è quella «sideropenica», causata appunto dalla scarsa disponibilità di tale minerale, fondamentale per consentire al midollo osseo la produzione della giusta quantità di emoglobina. Di conseguenza, deficit di ferro, dovuti a perdite di sangue (si pensi nelle donne ai disturbi della sfera ginecologica o ai cicli mestruali) o a un’alimentazione inadeguata, possono portare a stati anemici.

Ma quella sideropenica non è l’unica forma di anemia legata a una carenza: deficit di acido folico (vitamina B9) e di vitamina B12 possono infatti determinare la cosiddetta anemia «megaloblastica». In questo caso, oltre a bassi valori di emoglobina, la caratteristica predominante è la produzione di globuli rossi di dimensioni più grandi del normale. A innescare questa problematica ci può essere una dieta squilibrata, che non permette l’adeguata assunzione di queste sostanze (la vitamina B12 è reperibile in vari tipi di carne e nei latticini, l’acido folico è presente soprattutto nella frutta e nella verdura a foglia verde), l’abitudine a bere bevande alcoliche e il periodo della gravidanza, durante il quale il fabbisogno di acido folico aumenta in modo considerevole. Altri fattori alla base di questa anemia sono rappresentati da malattie autoimmuni o a carico dell’intestino che ostacolano l’assorbimento della vitamina B12: in questo caso l’anemia viene detta «perniciosa» e si distingue anche per altri sintomi quali il colore giallo della pelle e l’ingrigimento precoce dei capelli. Si segnala infine anche un’anemia da carenza di vitamina B6, che partecipa al processo di formazione dei globuli rossi, contraddistinta da una riduzione del numero di questi ultimi i quali appaiono inoltre più piccoli del normale: si tratta dell’anemia «microcitica».

Una semplice analisi del sangue e l’eventuale valutazione del dosaggio delle vitamine nel plasma possono aiutare il medico a fornire una diagnosi precisa. In caso di carenza, la prima regola è quella di modificare la dieta, ma in alcuni casi, dopo consulto con uno specialista, è opportuno integrare l’alimentazione ricorrendo a specifici prodotti multivitaminici.



Vegetariani a corto di vitamina B12

Si fa presto a dire vegetariano. Il complesso mondo dei cultori della dieta «verde» conosce infatti svariate sfumature e diverse posizioni al riguardo. A parte il comune «bando» di tutti i tipi di carne e pesce (anche qui con qualche distinguo), vanno per esempio distinti i fedeli della dieta latto-ovo-vegetariana (la dieta vegetariana «classica») dai seguaci del regime latto-vegetariano, che include latte e latticini. Discorso ancora diverso per la dieta vegana, che non permette il consumo di alcun prodotto di origine animale, latticini e uova compresi, al cui interno si distinguono ulteriori varianti, come quella «crudista» (dieta composta da soli alimenti vegetali non sottoposti a cottura) e quella «fruttariana» (che prevede l’esclusivo consumo di frutti da semi).

Se le attuali conoscenze scientifiche permettono di sostenere che una dieta vegetariana ben pianificata può apportare numerosi benefici all’organismo, è anche vero che nei regimi verdi più rigorosi esiste il rischio di un apporto inappropriato di vitamine e minerali, data la presenza limitata nei vegetali di alcuni micronutrienti.

Al proposito, uno studio pubblicato sull’«European Journal of Clinical Nutrition» ha confrontato le concentrazioni di vitamina B12 e di acido folico in una popolazione di 689 uomini, appartenente alla coorte di Oxford dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), suddivisa in gruppi in base al tipo di alimentazione abituale: onnivora, vegetariana o vegana. I risultati hanno evidenziato concentrazioni più elevate di vitamina B12 nei soggetti onnivori e valori progressivamente ridotti nei vegetariani e nei vegani. In particolare, deficit di vitamina B12 (cioè livelli inferiori a 118 picomoli per litro, pmol/L) sono stati riscontrati nel 7% dei vegetariani e nel 52% dei vegani, indipendentemente dall’età o dal periodo trascorso dall’inizio dell’adozione della dieta. Al contrario, per quanto riguarda l’acido folico, sono state registrate concentrazioni più basse negli onnivori e più elevate nei vegani (tuttavia solo due soggetti onnivori presentavano un vero e proprio deficit, pari a valori inferiori di 6,3 nanomoli per litro).

Gli esiti dello studio, concludono gli autori, suggeriscono che i vegetariani, e in maggior misura i vegani, presentano un rischio maggiore di andare incontro a carenze di vitamina B12 rispetto agli onnivori. Per questo motivo, dietro consulto medico, la dieta di vegetariani e vegani dovrebbe includere alimenti arricchiti con vitamina B12, oppure essere integrata con complessi vitaminici in grado di fornire dosi adeguate di questa fondamentale vitamina.


Le virtù della vitamina B3

Previene obesità e diabete, incrementa le performance muscolari, migliora la spesa energetica: sono le prerogative di un precursore della vitamina B3, denominato nicotinamide riboside (NR), i cui effetti su modello animale sono stati testati da ricercatori dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna e del Weill Cornell Medical College di New York. Definita dagli studiosi la “vitamina segreta”, la molecola è presente nel latte e nella birra in modeste quantità, difficili da rilevare, ma probabilmente anche in molti altri alimenti: sorprendenti i suoi effetti sul metabolismo.

Gli esperti li hanno testati su topi di laboratorio divisi in due gruppi: un primo gruppo, sottoposto a una dieta a elevato contenuto di grassi e ad alte dosi di NR, ha guadagnato meno peso (il 60%) rispetto al secondo gruppo alimentato allo stesso modo ma senza NR. Le cavie del gruppo trattato con NR hanno inoltre dimostrato miglioramenti a livello di spesa energetica, con maggiori capacità di resistenza fisica e incremento della forza muscolare rispetto alle cavie non trattate. Benefici sono stati riscontrati anche in merito alla prevenzione del diabete e al controllo dei livelli di colesterolo: tutto senza alcun effetto collaterale. “Questo studio è molto importante: dimostra su modello animale che l’uso di NR offre gli stessi salutari benefici di una dieta ipocalorica e di un esercizio fisico regolare senza che si segua nessuno dei due”, commenta Anthony Sauve, professore di farmacologia presso il Weill Cornell Medical College. Gli autori precisano tuttavia che le quantità di NR presenti nel latte e in altri cibi sono piuttosto modeste e che gli effetti di alte dosi della vitamina sugli esseri umani sono ancora sconosciuti.

A suscitare l’interesse dei ricercatori è soprattutto il fatto che l’aumento delle concentrazioni di NR sembra migliorare l’attività dei mitocondri, vere e proprie “centrali energetiche” dell’organismo. Peraltro, il declino dei mitocondri è associato a una maggiore esposizione a malattie correlate con l’età, lasciando ipotizzare un ruolo del nicotinamide riboside anche nel prolungamento dell’aspettativa di vita.



Disfunzione erettile, un aiuto dalla vitamina B3

Una buona notizia per gli uomini che soffrono di disfunzione erettile. Dosi quotidiane di vitamina B3 (niacina) hanno dimostrato di poter migliorare la funzionalità sessuale in soggetti con elevati livelli di lipidi nel sangue. Tutto merito della capacità di controllo da parte della vitamina dei livelli di colesterolo e lipidici, dicono i ricercatori della Chinese University of Hong Kong, autori della sperimentazione. Così come le statine, i farmaci più diffusi per la riduzione della colesterolemia totale, anche la vitamina B3 è infatti in grado di migliorare la circolazione sanguigna inducendo una maggiore dilatazione delle arterie. Tutto ciò va a beneficio anche della funzionalità sessuale: un maggiore afflusso di sangue ai distretti dell’organismo non fa infatti che migliorare i sintomi della disfunzione erettile.
La prova di questa tesi è stata ottenuta dopo aver somministrato a 80 uomini con moderata o grave disfunzione erettile, e dislipidemia, dosi giornaliere di vitamina B3 (partendo da 500 mg e incrementando fino a 1.500 mg), per un periodo di 12 settimane e sono stati confrontati con 80 uomini che hanno assunto placebo. Rispondendo al questionario internazionale sull’indice di funzionalità erettile (International Index of Erectile Function), gli uomini trattati con i supplementi di niacina hanno riferito significativi miglioramenti nel mantenere l’erezione, mentre i componenti del gruppo di controllo che aveva assunto solo placebo non hanno sperimentato alcun cambiamento nei sintomi.
«L’aspetto interessante – spiega Chi-Fai Ng, principale autore dello studio – è che la niacina è una sostanza nota da tempo, la cui sicurezza è stata già ampiamente documentata. In poche parole, si tratta solo di una vitamina, la quale può contribuire a migliorare in modo molto semplice i sintomi della disfunzione erettile». Un ulteriore vantaggio, continua l’esperto, è dato dal fatto che la vitamina B3, a differenza di altri farmaci per la disfunzione erettile che vanno assunti poche ore prima di un rapporto sessuale, può essere assunta una volta al giorno, in qualsiasi momento: la pillola di niacina utilizzata nel test è stata infatti studiata per un lento rilascio nel flusso sanguigno durante il corso della giornata.
Il team di ricercatori non ha testato uomini con normali livelli di lipidi nel sangue e non ha nemmeno confrontato la vitamina B3 con altri farmaci per la disfunzione erettile: per questo motivo gli autori auspicano nuovi studi per verificarne l’efficacia su un campione più ampio.



Sindrome premestruale, un aiuto dalle vitamine B

Una buona notizia per le donne che temono l’appuntamento mensile con mal di testa, dolori al basso ventre, ritenzione idrica, ansia, irritabilità e tutti i vari sintomi, di natura sia fisica che psicologica, tipici della cosiddetta sindrome premestruale. Secondo uno studio pubblicato sull’«American Journal of Clinical Nutrition», una dieta ricca di alimenti che contengono tiamina (vitamina B1) e riboflavina (vitamina B2) è in grado di ridurre in modo significativo la sintomatologia. Si tratta di una scoperta importante, considerato che attualmente i disturbi correlati alla sindrome premestruale vengono trattati con farmaci (ansiolitici, antidolorifici, a base di ormoni) non privi di effetti collaterali a medio o a lungo termine.

Un team di ricercatori dell’Università del Massachusetts, guidato da Patricia Chocano-Bedoya, ha seguito più di 3.000 donne inserite nello studio statunitense Nurses Health Study II: dal 1991 al 1999 tutte le partecipanti, non affette all’inizio dello studio dai sintomi della sindrome, hanno compilato per tre volte dei questionari sulle loro abitudini alimentari.

Dopo 10 anni di follow-up, circa 1.000 donne riportavano sintomi da lievi a severi (come ansia, depressione, irritabilità, dolori addominali, stanchezza, gonfiori), ma l’assunzione di vitamina B1 e B2 risultava inversamente associata all’insorgenza e alla severità di tali disturbi. In particolare, il consumo giornaliero di almeno 1,9 mg di tiamina e 2,5 mg di riboflavina (dosi dunque più elevate rispetto a quelle raccomandate, pari a 1,1 e 1,4 mg rispettivamente) permetteva di trarre evidenti benefici. Nessun riscontro significativo, invece, è stato ottenuto con altre vitamine del gruppo B, come niacina (B3), piridossina (B6), acido folico (B9) e cianocobalamina (B12).

Secondo gli autori, alcune vitamine del gruppo B giocherebbero un ruolo nella patofisiologia della sindrome premestruale, in quanto implicate nel processo di sintesi dei neurotrasmettitori, ma allo stesso tempo sottolineano che lo studio, data la complessità dei fattori in gioco, non intende fornire una prova diretta della capacità di prevenzione di queste vitamine.



Magnesio e vitamina B2: pressione sotto controllo

Magnesio e vitamina B2: due nuovi alleati per tenere sotto controllo i valori della pressione sanguigna. Le proprietà anti-ipertensive dei due micronutrienti sono state evidenziate da due distinti studi, pubblicati rispettivamente sull’European Journal of Clinical Nutrition e sull’American Journal of Clinical Nutrition.

Nel primo, una meta-analisi condotta da un team di ricercatori britannici dell’University of Hertfordshire che ha preso in considerazione 22 trial incentrati sull’uso di supplementi di magnesio, si è arrivati a concludere che il minerale può ridurre sia la pressione sistolica (la pressione del sangue sulla parete dei vasi durante la contrazione cardiaca) sia quella diastolica (la pressione del sangue durante il rilassamento del muscolo cardiaco) rispettivamente di 4 e 3 mmHg (millimetri di mercurio). I dati hanno riguardato 1.173 persone, sottoposte a supplementazioni di magnesio che andavano dai 120 ai 973 mg, in trial della durata minima di 3 settimane e massima di 24 settimane. I risultati di alcuni trial hanno rivelato che la riduzione della pressione sistolica, da 0,8 a 2 mmHg, “è risultata clinicamente significativa nella diminuzione dell’incidenza di cardiopatie coronariche, insufficienza cardiaca e infarto”. Si tratta di risultati molto promettenti, affermano gli autori, degni di ulteriori approfondimenti: “Integrazioni di magnesio hanno permesso di conseguire lievi ma clinicamente significative riduzioni della pressione sanguigna, un effetto che andrebbe meglio verificato tramite trial randomizzati e prospettici più ampi e dalla solida metodologia”.

Analoghi effetti benefici sui valori pressori sono stati rilevati da un team di studiosi dell’University of Ulster a seguito di supplementazione (1,6 mg per 16 settimane) di riboflavina (vitamina B2) su un gruppo di 181 pazienti geneticamente a rischio di ipertensione. I pazienti in questione presentavano una variazione genetica piuttosto comune (interessa il 10% della popolazione a livello mondiale) di un enzima (MTHFR) per il quale la riboflavina agisce in qualità di cofattore. L’MTHFR è coinvolto nella trasformazione dell’omocisteina in metionina, aminoacido essenziale che svolge numerose reazioni metaboliche, per cui un deficit di questo enzima può portare a un aumento dei livelli di omocisteina, fattore di rischio per ipertensione, trombosi e infarto. Ma l’ottimizzazione dello status di vitamina B2 nei pazienti geneticamente predisposti, concludono i ricercatori, è in grado di offrire una soluzione efficace per tenere sotto controllo i loro valori pressori e prevenire l’ipertensione.



Il lato sportivo della vitamina B12

Svolge numerose e fondamentali funzioni per l’organismo, ma la sua natura ha senza dubbio un’anima molto “sportiva”: parliamo della vitamina B12 e delle sue importanti prerogative per tutti coloro che praticano un’attività fisica.

Come è noto, la vitamina B12, in qualità di coenzima, partecipa al metabolismo di proteine, grassi e carboidrati: questo significa che contribuisce a tradurre in energia ciò che viene assunto tramite l’alimentazione. Non per nulla viene definita la “vitamina energizzante”, indispensabile dunque per fornire allo sportivo le adeguate riserve di energia di cui il suo organismo necessita nella performance fisica. Tali prerogative sono state di recente confermate anche dagli esperti dell’European Food Safety Authority, autorità europea chiamata a fornire consulenza scientifica in materia di sicurezza alimentare, che in un parere pubblicato sull’EFSA Journal ha ribadito l’esistenza di un “rapporto di causa ed effetto fra l’assunzione di vitamina B12 e la riduzione della stanchezza e dell’affaticamento”, precisando che gli effetti ematologici della carenza di vitamina B12 comprendono, tra gli altri, “una comparsa graduale dei sintomi comuni dell’anemia, come diminuzione dell’energia e della tolleranza all’esercizio fisico, affaticamento, mancanza di respiro e palpitazioni”.

Un’altra caratteristica “sportiva” della vitamina risiede nella sua partecipazione al processo di sintesi dell’emoglobina, proteina per mezzo della quale i globuli rossi veicolano ossigeno e principi nutritivi ai vari distretti dell’organismo, muscoli compresi, di cui quindi la B12 favorisce e sostiene la crescita. Altrettanto importante per gli atleti è il suo contributo ai meccanismi di riparazione dei tessuti muscolari, soggetti a microlesioni provocate dagli allenamenti, soprattutto se intensi e continuativi.

Discorso a parte per l’“anemia perniciosa”, una forma di anemia dovuta a una riduzione del numero di globuli rossi, innescata da carenza di vitamina B12. Dovuta alla mancanza del cosiddetto “fattore intrinseco”, una specifica proteina prodotta dalla mucosa gastrica necessaria per l’assorbimento della vitamina, questa patologia è di natura autoimmune ed è causa di una serie di disturbi tra cui stanchezza, debolezza, disturbi dell’equilibrio e del sistema nervoso.
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