FARMACI PER IL MORBO DI PARKINSON

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FARMACI PER IL MORBO DI PARKINSON

Messaggioda Royalsapphire » 13/11/2012, 23:02



FARMACI PER IL MORBO DI PARKINSON


Il morbo fu descritto per la prima volta nel 1817 da James Parkinson con la denominazione di paralisi agitante.
E’ una patologia neurodegenerativa con prevalenza di 2 casi su 100 per la popolazione oltre i 65 anni

E’ caratterizzato da 4 segni clinici fondamentali:

• TREMORE: si alternano contrazioni di muscoli e loro antagonisti al ritmo di 3–5 al secondo. E’ tipico il movimento del contar monete.
• BRADICINESIA: scarsità di movimenti spontanei, lento inizio di movimenti volontari.
• RIGIDITA’: dovuta ad aumentato tono muscolare. La rigidità dei muscoli della faccia determina la cosiddetta facies marmorea.
• DIFETTO POSTURALE incapacità a mantenere la posizione eretta.

Nel 30% circa dei pazienti si manifesta demenza


EZIOPATOGENESI
1. La patologia è dovuta a degenerazione di neuroni dopaminergici che dalla substantia nigra (pars compacta) vanno allo striato (caudato putamen).
2. Il corpo striato contiene normalmente l’80% della dopamina cerebrale. Nel soggetto affetto dal morbo do Parkinson il contenuto scende al 10% circa del valore normale.
3. Dallo striato partono due vie efferenti dirette alla corteccia: quella diretta striato-talamo-corticale e quella indiretta striato-talamo-corticale.
4. La dopamina nello striato svolge una funzione eccitatoria (tramite recettori D1) su neuroni GABAergici della via diretta talamo-corticale; evoca quindi facilitazione motoria.
5. La dopamina nello striato svolge una funzione inibitoria (recettori D2) sui neuroni GABAergici della via indiretta talamo-corticale; evoca quindi riduzione dell’attività motoria.


MECCANISMI RESPONSABILI DELLA PATOLOGIA
• Fattori genetici possono contribuire anche se non sembrano avere un ruolo importante
• Tossine come l’MPTP (N-metil,4-fenil,1,2,3,6, tetraidropiridina) e composti simili possono indurre il morbo.
L’instaurarsi della malattia è anche facilitato da
• Invecchiamento,
• Difetti metabolici,
• Danni radicalici



APPROCCIO TERAPEUTICO


Scopo della terapia è quello di ripristinare la trasmissione dopaminergica:
• generando dopamina nel SNC
• stimolando i recettori dopaminergici con agonisti
• inibendo il metabolismo della dopamina
• si ottiene riduzione del tremore anche
inibendo la trasmissione colinergica che risulta aumentata nello striato di soggetti affetti da morbo di Parkinson.


1)Levodopa (L-3-4 diidrossifenilalanina)
Si origina dalla tirosina e dà luogo a dopamina per decarbossilazione ad opera dell’enzima dopa-decarbossilasi.

FARMACODINAMIA
La levodopa è pressoché inattiva farmacologicamente. Deve la sua attività a conversione in dopamina.

Sistema nervoso centrale
• Passa nel SNC per trasporto attivo. Per avere buona penetrazione di levodopa nel SNC è necessario bloccare la decarbossilazione periferica.
• Pazienti trattati con levodopa presentano concentrazioni di dopamina nello striato 5–8 volte maggiori rispetto a pazienti non trattati.
• In soggetti normali non si osservano effetti di rilievo.
• In soggetti affetti da morbo di Parkinson la levodopa riduce bradicinesia e rigidità. Il tremore diminuisce, ma in maniera graduale.
• Si ha miglioramento delle manifestazioni motorie secondarie (postura, andatura, espressione facciale, scrittura manuale, deglutizione).
• A livello psichico si ha aumentato interesse per la propria persona, per l’ambiente e la famiglia.
• La levodopa non migliora i sintomi della demenza.

Sistema cardiovascolare
Gli effetti della levodopa sono dovuti alla dopamina.
A dosi terapeutiche provoca:
a) Ipotensione ortostatica per azione su recettori dopaminergici nei vasi; a questo effetto si sviluppa tolleranza nel corso di un trattamento cronico.
b) Effetti cardiaci (aumento forza contrazione e frequenza cardiaca) che sono bloccati da antagonisti beta-adrenergici.

Sistema endocrino
Si osservano:
a) Inibizione della secrezione di prolattina
b) Aumentata liberazione di GH solo in soggetti normali, non in soggetti affetti da Parkinson.

FARMACOCINETICA
• Viene assorbita dall’intestino per trasporto attivo.
• La presenza di cibo e di aminoacidi aromatici nella dieta ne diminuisce l’assorbimento
• Attraversa la BBB per trasporto attivo
• Associando la levodopa ad un inibitore periferico della dopa-decarbossilasi (carbidopa o benserazide).
-si riducono i dosaggi necessari,
-si aumentano gli effetti antiparkinson e
-si riducono gli effetti indesiderati

TOSSICITA’
Gli effetti indesiderati sono dose-dipendenti e reversibili e possono richiedere sospensione del trattamento.

- Nausea e vomito
- Aritmie cardiache (tachicardia sinusale, extrasistoli, flutter e fibrillazione atriale), da trattare con antagonisti beta-adrenergici.
- Ipotensione ortostatica.
- Disturbi comportamentali: confusione, depressione grave, insonnia, ansia, sintomi maniacali.
- Discinesie

INTERAZIONE CON FARMACI
a) Fenotiazine, butirrofenoni annullano gli effetti terapeutici della levodopa.
b) Gli inibitori aspecifici delle MAO possono dare crisi ipertensive.
c) Farmaci anticolinergici potenziano l’effetto della levodopa, purchè dosi elevate di anticolinergici non riducano l’assorbimento di levodopa.

USO TERAPEUTICO
- L’associazione Levodopa+carbidopa costituisce la terapia di riferimento per il morbo di Parkinson.
- All’inizio del trattamento (fase di induzione) si usano dosi gradualmente crescenti per ridurre effetti collaterali (questa fase dura settimane).
- Poi si istaura un regime di mantenimento. Si hanno buoni risultati per circa 2 anni. Dopo 5 anni lo stato funzionale del soggetto peggiora e compaiono effetti indesiderati .
1) Sviluppo di movimenti involontari anormali.
2) Fenomeno dell’ “on-off” cioè passaggio del soggetto dalla mobilità alla relativa immobilità.


2) Agonisti dopaminergici
Nella terapia del morbo di Parkinson gli agonisti dopaminergici possono avere vantaggi sulla levodopa:
• Non richiedono conversione metabolica che può essere fortemente ridotta nella fasi avanzate del morbo
• Non implicano metabolismo della dopamina e perciò non provocano genesi di radicali
• Hanno durata di azione maggiore della dopamina


Bromocriptina e pergolide
Sono derivati semisintetitici della segale cornuta.

FARMACODINAMICA
La bromocriptina è agonista del recettore D2 e parziale antagonista su D1.
La pergolide è agonista sia dei D1 che dei D2.

FARMACOCINETICA
Buono è l’assorbimento dal tratto gastrointestinale
Rilevante eliminazione metabolica ed escrezione nella bile.
TOSSICITA’
All’inizio del trattamento: nausea, vomito ed ipotensione ortostatica
Durante la terapia: stipsi, allucinazioni, discinesia.

USO TERAPEUTICO
- Si usano sia da sole che in associazione a levodopa in soggetti che presentano il fenomeno on – off.


3) Ropinirolo e pramipexolo
FARMACODINAMIA
Il ropinirolo è un agonista selettivo per i recettori D2.
Il pramipexolo mostra affinità elevata per recettori D3, ma presenta anche alta affinità per D2 e per D4.

IMPIEGO TERAPEUTICO
Il ropinirolo ed il pramipexolo sono usati da soli all’inizio della terapia; poi viene usato in associazione a levodopa e carbidopa nella fasi più avanzate della malattia.


4) Inibitori della COMT
Tolcapone
E’ stato ritirato dal commercio per tossicità epatica

Entacapone
E’ sempre utilizzato insieme a levodopa e carbidopa.
Presenta gli stessi effetti indesiderati della levodopa.


5) Inibitori della MAO (iMAO)
Selegilina e amantadina.

Selegilina
FARMACODINAMIA
E’ un inibitore altamente selettivo della MAO-B, localizzata soprattutto nel SNC.

TOSSICITA’
• Non dà crisi ipertensiva dopo assunzione di alimenti ricchi di tiramina.
• Però, potenziando gli effetti centrali della levodopa ne accentua anche quelli indesiderati come i movimenti involontari anomali.


USO TERAPEUTICO
Può essere utilizzata da sola all’inizio della patologia.
Può ritardare l’inizio della terapia con levodopa, perché rallenta il progredire del morbo probabilmente riducendo lo stress ossidativo per ridotto metabolismo della dopamina.

Amantadina

FARMACODINAMIA
1) Provoca liberazione di dopamina
2) Ritarda la ricaptazione della dopamina dai neuroni
3) Ha effetti antimuscarinici.

TOSSICITA’
Solo a dosi elevate (200 mg al giorno) si osservano:
Insonnia, sensazione di instabilità e barcollamento, sonnolenza, pronunzia indistinta delle parole.
Nausea, vomito, anoressia.

USO TERAPEUTICO
L’amantadina potenzia l’effetto della levodopa
E’ utile per fluttuazioni motorie
E’ meno potente della levodopa se usata da sola.


6) Farmaci antimuscarinici
I composti piu’ usati sono triesifenidile, benzatropina, orfenadrina, biperidene.

FARMACODINAMIA
- La carenza di dopamina nello striato intensifica gli effetti eccitatori del sistema colinergico.
- Gli anticolinergici attenuano questa componente.

- Riducono il tremore marcatamente.
- Hanno minor effetto su rigidità e bradicinesia.
- Riducono la scialorrea eccessiva.

TOSSICITA’
Cicloplegia, stipsi, ritenzione urinaria.
Nel SNC possono provocare confusione mentale, delirio, sonnolenza ed allucinazioni.

USO TERAPEUTICO
I farmaci anticolinergici sono usati in pazienti che:
• presentano sintomi modesti (soprattutto tremore).
• non tollerano levodopa.
• non traggono vantaggi dalla levadopa.
Approcci terapeutici non farmacologici:



Terapia chirurgica stereotassica
Nuclei come il globo pallido e il nucleo subtalamico possono essere bersaglio per la Deep Brain Stimulation (DBS).
Le persone candidate a questo tipo di intervento sono persone anziane in stadio già avanzato di malattia, che presentano effetti collaterali da uso di levodopa già abbastanza importanti.
Terapia con cellule staminali
Cellule staminali embrionali stimolate in vitro con il prodotto del gene Nurr1 si differenziano in cellule dopaminergiche
Introducendo queste cellule per via stereotassica nel cervello di ratti affetti da malattia di Parkinson ne rallentano la progressione fino all’arresto.
Questa tecnica al momento è soltanto sperimentale





FARMACI PER LA DEMENZA DI ALZHEIMER


La malattia fu descritta per la prima volta da Alois Alzheimer nel 1907.
Ha una prevalenza del 10% in soggetti oltre i 65 anni.

I segni neuropatologici a livello del SNC comprendono:

1. Placche extracellulari di materiale proteinaceo aggregato in fibrille. Sono dovuta a deposizione di –amiloide che deriva dalla proteolisi enzimatica della proteina precursore dell’amiloide (APP).

2. Aggregati proteici intracellulari in neuroni distrofici Sono dovuti a filamenti attorcigliati della proteina tau, che risulta fosforilata in maniera anomala. Queste fibrille stravolgono le normali funzioni del neurone.

3. Perdita neuronale. Le aree più colpite sono la corteccia frontale, temporale e parietale, l’ippocampo, il nucleo di Meynert e il locus coeruleus. I neuroni colinergici sono quelli più danneggiati.

4. Infiammazione reattiva della glia (microglia ed astrociti). Sono in corso studi per valutare i vantaggi del trattamento con farmaci antinfiammatori.

La malattia inizia con piccoli deficit mnemonici ma progredisce a generare:
• incapacità di ricordare nomi e persone
• incapacità di vivere da solo
• difficoltà del linguaggio
• possibili allucinazioni
• perdita totale di autonomia anche per alimentarsi

EZIOPATOGENESI
L’ipotesi dell’amiloide sostiene che responsabili delle placche extracellulari siano frammenti della APP di 40-42 aminoacidi; il -amiloide di 42 aminoacidi è considerato la forma più fibrillogenica
Il taglio della APP a generare -amilode è operato dalle - e -secretasi (che fanno parte di complessi poliproteici chiamati preseniline, PS1 e PS2)


L’ipotesi dell’amiloide non toglie che le placche extracellulari potrebbero rappresentare un semplice epifenomeno, piuttosto che l’evento eziologico.

La demenza si manifesta raramente (2% dei casi) in forma familiare geneticamente determinata.
In questi casi si hanno modificazioni di geni che codificano:
• la APP
• le PS1 e PS2 (le preseniline), proteine coinvolte nel
-Trasporto assonale
-Controllo della apoptosi
-Taglio della APP.



APPROCCIO TERAPEUTICO



I neuroni colinergici che dal nucleo di Meynert vanno alla corteccia frontale sono molto danneggiati.
Nella demenza di Alzheimer la acetilcolina è il neurotrasmettitore più danneggiato, anche se non rappresenta il solo neurotrasmettitore modificato.

Gli approcci terapeutici attualmente perseguiti sono:
• aumentare la disponibilità di acetilcolina con farmaci anticolinesterasici
• somministrare antagonisti del recettore NMDA




1)Anticolinesterasici

Tacrina
E’ stato il primo anticolinesterasico usato per la demenza di Alzheimer, perché attraversa bene la BBB
Non viene più utilizzato per la sua epatotossicità

Donepezil
E’ uno dei farmaci più utilizzati
E’ metabolizzato dal CYP 2D6 e dal CYP3A4.
Evoca effetti indesiderati di tipo colinomimetico quali:
• Nausea, vomito e diarrea,
• Bradicardia
• Aumentata secrezione acida
• Broncospasmo
• Inoltre può avere azione epilettogenica

Rivastigmina
Ha emivita più breve del donepezil, per cui richiede due somministrazioni al giorno
E’ metabolizzata soprattutto dalle esterasi plasmatiche
Evoca effetti indesiderati di tipo colinomimetico

Galantamina
E’ metabolizzata dal CYP 2D6 e dal CYP3A4.
Evoca effetti indesiderati di tipo colinomimetico



2) Antagonisti del recettore NMDA

Memantina

FARMACODINAMIA
Il suo profilo recettoriale è piuttosto complesso perché
• E’ antagonista non competitivo del recettore NMDA
• Ha buona affinità per recettori serotonergici
• Ha modesta affinità per molti altri recettori:
Recettori del GABA
Recettoridella dopamina
Recettori adrenergici
Recettori istaminergici
Recettori della glicina


FARMACOCINETICA
Viene per lo più eliminata immodificata nelle urine

TOSSICITA’
Agitazione, confusione ed emicrania
Stipsi

IMPIEGO TERAPEUTICO
E’ stata approvata nel 2003 per l’uso nella demenza di Alzheimer dalla FDA.
Viene in genere associata al donepezil.
Può migliorare la performance cognitiva anche in fome moderate-severe di demenza.


Altri approcci terapeutici
Sono in corso moltissimi studi clinici per valutare l’effetto di
• Antiinfiammatori
• Antiossidanti
• Statine
• Antagonisti dell’acido glutammico
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