FARMACODINAMICA E FARMACOCINETICA

Spazio per medici, farmacisti, infermieri e tutti coloro che sentono di voler condividere - o di avere bisogno di - informazioni importanti inerenti ai farmaci (ipnotici, ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici), malattie e salute.
Affrontiamo anche tematiche riguardanti la droga, l'alcolismo, i disturbi di personalità quali borderline, narcisistico, evitante, derealizzazione, depersonalizzazione.
Condividiamo anche informazioni utili sulle nuove scoperte scientifiche in campo medico.

FARMACODINAMICA E FARMACOCINETICA

Messaggioda Royalsapphire » 13/11/2012, 23:06



FARMACODINAMICA



IL FARMACO
Sostanza chimica che ha la capacità di determinare una o più variazioni funzionali in un organismo vivente

Perché questa capacità potenziale si esplichi è necessario che:
a) si usi una dose adeguata,
b) il farmaco possa penetrare nell'organismo,
c) si abbia preesistente attività funzionale dell'organismo


MEDICAMENTO

Dosi di farmaco che, somministrate in determinate condizioni, riescono di giovamento, determinando azioni farmacologiche terapeuticamente utili.


VELENO o TOSSICO

Dosi di farmaco che, somministrate in determinate condizioni, risultano di danno, provocando uno stato morboso detto avvelenamento.


DROGA

- Prodotto complesso di origine animale o vegetale, usato come farmaco in quanto dotato di particolare attività biologica, legata alla presenza di alcuni principi attivi.

- Nella accezione più popolare il termine droga viene usato per far riferimento a sostanze che provocano tossicodipendenza.

- Il termine in campo scientifico non ha specificatamente questo significato (ad esempio esistono droghe cardiocinetiche e droghe purgative che non danno tossicodipendenza).


FARMACOLOGIA

E’ la disciplina che si occupa dello studio delle reazioni ai farmaci di organismi viventi



BRANCHE DELLA FARMACOLOGIA

Farmacodinamica

Farmacocinetica

Tossicologia

Farmacoterapia

Farmacognosia

FARMACODINAMICA

Studio delle modificazioni funzionali evocate da un farmaco e del relativo meccanismo di azione

Azione farmacologica
Una o più variazioni funzionali determinate in un organismo vivente da dosi ben definite di una sostanza chimica, venuta a contatto con l'organismo.

Tipi di azione
Un'azione può essere:

a) stimolante oppure inibente

b) locale (o topica) oppure generale (o sistemica)

c) monofasica o bifasica

d) diretta o indiretta

e) utile o indesiderata

f) costante o incostante

g) di intensità graduale o del tipo tutto o nulla

etc.

La dose
La dose è un fattore molto importante nel condizionare la natura, l’intensità, la durata e la reversibilità dell’azione farmacologica.

Le dosi possono essere distinte in:
a) dosi farmacologicamente inattive
b) dosi farmacologicamente attive.

Le dosi farmacologicamente attive possono essere a loro volta divise in:

a) dosi non tossiche (terapeuticamente possibili)
b) dosi tossiche,
c) dosi letali.



Andamento temporale
La risposta farmacologica:
-inizia dopo un tempo di latenza
-raggiunge un massimo
-decresce progressivamente

Anche l’andamento temporale della risposta riveste notevole importanza in farmacoterapia.
Meccanismo di azione
La maggior parte dei farmaci agisce su specifici recettori,
La prima formulazione del concetto di recettore risale a Langley (1880).
Il recettore rappresenta un componente proteica macromolecolare funzionale dell'organismo dotato di:
a) capacità di legare una molecola endogena o un farmaco b) di scatenare una risposta biologica.

Possono essere bersagli per i farmaci non solo specifiche strutture recettoriali, ma anche
1) Acidi nucleici
2) Enzimi
3) Carriers per neurotrasmettitori

La stragrande maggioranza dei farmaci agisce tramite recettori, però vi sono delle eccezioni. Ad esempio:
1) Agenti chelanti (EDTA)
2) Antiacidi gastrici
3) Diuretici osmotici (mannitolo)
4) Anestetici generali volatili

In questi casi:
1) Manca l'esigenza di una struttura chimica specifica,
2) Gli stereoisomeri non differiscono sensibilmente in potenza farmacologica,
3) Le loro potenze sono correlate, magari, alla loro solubilità nei lipidi di membrana.

CLASSIFICAZIONE RECETTORI PER LOCALIZZAZIONE CELLULARE

I recettori possono esser distinti in:
1) Recettori intracellulari e
2) Recettori di membrana

1) RECETTORI DI MEMBRANA
La stragrande maggioranza dei recettori è localizzata sulla membrana protoplasmatica della cellula e da questa trasducono il messaggio all’interno della cellula.
I recettori di membrana presentano
a) dominio di legame con il ligando
b) dominio dell'effettore che scatena la risposta,
c) regione di ancoraggio transmembrana.


2) RECETTORI INTRACELLULARI
Steroidi, ormoni tiroidei, le vitamine A e D hanno recettori intracellulari che controllano la sintesi di proteine specifiche da parte del nucleo.


RECETTORI DI MEMBRANA

I recettori di membrana sono classificati in 6 classi principali:

1) Recettori accoppiati a proteine G

2) Recettori canale

3) Recettori per fattori di crescita

4) Recettori per l’adesione cellulare

5) Recettori per le citochine

6) Recettori con attività guanilato-ciclasica

1. Recettori accoppiati a proteine G

E' la famiglia più numerosa di recettori.
Sono formati da un’unica catena proteica che attraversa sette volte la membrana plasmatica.
Il terminale carbossilico e' intracellulare, quello aminico extracellulare.

Il filamento proteico individua tre anse intracellulari. La terza è accoppiata ad una proteina G (capace di legare il GTP e dotata di attività GTPasica intrinseca) che opera la trasduzione del segnale.

Il ligando può legarsi a varie posizioni della porzione extracellulare o transmembrana del filamento polipeptidico

L'attivazione del recettore comporta il legame della proteina G al GTP citoplasmatico. Contemporaneamente la proteina G (eterotrimero) si dissocia nella subunità  ed in quella  (legate tra loro in maniera covalente).
Entrambe le subunità possono mediare gli effetti del ligando modulando l’attività di effettori enzimatici da cui originano secondi messaggeri.

Gs e Gi
Le proteine Gs e Gi mediano stimolazione o inibizione dell’adenilato-ciclasi che genera AMPc
L’AMPc è stato il primo composto proposto come secondo messaggero (1957).
L'AMPc ha come target principale la PKA (proteinchinasi AMPc-dipendente) che viene attivata dall’AMPc tramite liberazione delle sue unità catalitiche.
La PKA induce fosforilazione di proteine citoplasmatiche o trasloca nel nucleo dove controlla fattori di trascrizione genica come il CREB (cAMP responding element binding protein)


Gq
Le proteine Gq attivano la FLC (fosfolipasi C). La attivazione recettoriale libera la subunità q della proteina G che favorisce la traslocazione della FLC nella membrana dove scinde il fosfatidil-inositolo bifosfato (PIP2) di membrana originando:
a) inositolo trifosfato (IP3), e
b) diacilglicerolo (DAG).

L'IP3 provoca liberazione di Ca++ dal reticolo endoplasmatico e dal complesso dei calciosomi. La concentrazione di calcio nel citoplasma aumenta anche per maggiore ingresso dalla membrana.
Il DAG, in presenza di Ca++ attiva la PKC (proteinchinasi C), che fosforila numerose proteine enzimatiche.


Gs, Go
Modulano l’attività di canali ionici.
Gs e Go hanno attività opposta sulla conduttanza dei canali del Ca++.
La Go in molte cellule oltre ad inibire i canali per il Ca++, aumenta la conduttanza dei canali per il K+ (effetto iperpolarizzante).

Gi3
Attivano canali al K+ denominati GIRK.
Le subunità  della proteina hanno anche la capacità di influenzare isoforme di PLC e le MAP-chinasi (Mitogen activated protein kinase)


Ci sono anche proteine G monomeriche, associate ad esempio a recettori per fattori di crescita.
Queste proteine G (ad esempio Ras e Rap1) vanno ad attivare sistemi effettori intracellulari come le MAP chinasi ERK 1 e 2.

2. Recettori canale

Sono formati da subunità, formate da singole catene polipeptidiche che attraversano la membrana da 2 a 6 volte.
L’apertura del canale provoca ingresso o uscita di ioni inducendo modificazione del potenziale e di attività enzimatiche.

I Classe
Sono pentameri che assemblano 4 diverse subunità. Ciascuna è formata da un polipeptide cha attraversa 4 volte la membrana. Comprende i seguenti recettori:

GABA-A e Glicina
I recettori GABA-A e quelli per la glicina (GLY-R) sono associati a canali ionici che controllano l'ingresso di ioni Cl-

Recettori nicotinici
Sono dei pentameri con due subunità 111nell’adulto, 1nell’embrione.
Le due subunità  hanno siti di legame per l’acetilcolina.
I recettori nicotinici sono canali ionici che controllano l'ingresso di ioni Na+, Ca++ e K+.

Recettori 5-HT3

II Classe

Sono tetrameri. Ogni subunità è formata da un polipeptide che attraversa 4 volte la membrana.

Comprende i recettori per gli aminoacidi eccitatori:

Recettori NMDA
Recettori AMPA
Recettori per il Kainato


III Classe
Comprende recettori per cAMP e cGMP.
Si tratta di canali per il Ca++ o per il K+.
Sono tetrametri, in cui ogni unità ha 6 regioni transmenbrana


IV Classe
Recettori ionotropi per ATP (P2X).
Hanno sette subunità, ciascuna con 2 regioni transmenbrana.



3. Recettori per fattori di crescita

Sono recettori per l'insulina, l’eritropoietina e fattori di crescita (FGF, Fibroblast Growth Factor; EGF, Epidermal Growth Factor; HGF, Hepatocyte Growth Factor).
Si tratta di recettori implicati in neoplasie: in molti casi di carcinoma si ha attivazione costitutiva di recettori per EGF e HGF
Alcuni fattori di crescita (NGF, Nerve Growth Factor; BDNF, Brain Derived Neurotrophic Factor) hanno attività neuroprotettiva.

Sono costituiti da un’unica sequenza polipeptidica.
Il processo di attivazione passa per una dimerizzazione del recettore che può avvenire in varie maniere (il recettore per l’insulina è già dimero, l’eritropoietina lega due diverse strutture recettoriali aggregandole, vari fattori di crescita determinano dimerizzazione di singole entità recettoriali).

La maggior parte di questi recettori possiede attività tirosin-chinasica e pertanto catalizza il trasferimento di gruppi fosfato dall’ATP a tirosine su proteine bersaglio.

La dimerizzazione permette la fosforilazione del secondo recettore, generando siti di ancoraggio per trasduttori intracellulari. Questi possono essere proteine ad attività enzimatica o possono regolare l’attività di altre proteine.

4. Recettori per l’adesione cellulare

I recettori di adesione cellulare (CAM) sono proteine multifunzionali che controllano non solo adesione cellulare, ma anche proliferazione, differenziamento e motilità.

Si distinguono 3 famiglie di recettori CAM:
a. IgCAM (possiedono regioni simili a domini delle immunoglobuline)
b. integrine (formano sia legami cellula-cellula, che legami cellula-matrice extracellulare). Sono dimeri formati di 1 subunità  ed 1 . Ne sono esempi i recettori integrinici IIb e IIIa presenti sulla membrana piastrinica.
c. caderine (il dominio extracellulare ha 5 sequenze, quello intracellulare interagisce con l’actina del citoscheletro)


La trasduzione del segnale è assicurata da protein chinasi come la FAK (Focal adhesion kinase), la MAP chinasi ed altri meccanismi attivati da proteine G.


5. Recettori per citochine

I recettori per le varie citochine hanno caratteristiche comuni:
- catena polipeptidica che attraversa una sola volta la membrana
- legato alla citochina il recettore dimerizza
- lega quindi una subunità citoplasmatica che attiva protein-chinasi (JAK)
- la fosforilazione determina attivazione di fattori di trascrizione genica (STAT).


6. Recettori con attività guanilato-ciclasica

L'unico ligando endogeno sino ad ora noto è rappresentato dal peptide natriuretico atriale.

Questi recettori presentano una singola catena aminoacidica che attraversa la membrana.
La porzione citoplasmatica ha attività guanilato-ciclasica e produce cGMP.
Questo produce attivazione della PKG (una serino-treonino-chinasi)

RECETTORI INTRACELLULARI

1. I recettori per gli steroidi sono citoplasmatici.
Una volta che lo steroide si lega al recettore questo si attiva per distacco di proteine inibitorie (Heat shock proteins), dimerizza e trasloca nel nucleo dove interagisce con HRE (hormonal responsive element) che controllano la trascrizione genica.

2. I recettori per ormoni tiroidei, retinoidi, vitamina A e D sono nucleari.

3. Anche il recettore per l’NO può essere considerato intracellulare.
In questo caso il recettore va identificato nella guanilato-ciclasi intracellulare.
Questa poi attiva la PKG.


REGOLAZIONE DEI RECETTORI

I recettori possono essere oggetto di cambiamenti funzionali.

Il numero di recettori può subire:
a. desensitizzazione o
b. ipersensitizzazione

Questi fenomeni possono esser dovuti a:
a. variazione del numero dei recettori (up-regulation dopo trattamento protratto con antagonisti, o down-regulation dopo trattamento protratto con agonisti)
b. variazione della affinità recettoriale
c. variazione della efficienza dei meccanismi di trasduzione.
Ad esempio il recettore adrenergico viene desensitizzato per fosforilazione ad opera della PKA o della -ARK (adrenergic receptor kinase). Una volta fosforilato il recettore si lega alla -arrestina. Così legato perde la capacità di interagire con la proteina G e viene internalizzato.



PATOLOGIE RECETTORIALI


CARENZA NUMERICA

Esempi di patologie legate a carenza di recettori sono:

a) La ipercolesterolemia familiare (mancano recettori per le LDL sull’epatocita)

b) Il diabete insipido nefrogeno (mancano recettori per l’ormone antidiuretico a livello renale)



ANTICORPI ANTIRECETTORI

Alcune patologie sono dovuti a processi autoimmunitari; l’organismo produce anticorpi contro i suoi stessi recettori.
Ne sono esempi:

a) Diabete insulino-resistente

b) Miastenia gravis


INTERAZIONE FARMACO-RECETTORE

Varie teorie sono state proposte per spiegare come la combinazione farmaco-recettore attivi la risposta farmacologica.

1) TEORIA DELLA OCCUPAZIONE

Secondo questa teoria la risposta farmacologica sarebbe proporzionale al numero di recettori occupati quindi alla formazione del complesso farmaco-recettore (Clark 1933).

Però questa teoria non spiega perché la curva dose-risposta ottenuta in test funzionali non sempre coincida con la curva desunta da studi di binding.
In studi di binding si valuta l’interazione tra un ligando radioattivo ed una preparazione contenente il recettore. Questi studi forniscono informazioni su:
-affinità del farmaco per il recettore e
-densità dei recettori in una preparazione

a) Nel 1956 Stephenson ha introdotto il concetto di "recettori di riserva". Questo concetto è stato supportato dal lavoro di Furchgott, che ha dimostrato che anche inattivando una rilevante percentuale di recettori poteva essere ottenuta la risposta massima.
b) Se il sistema attivato dalla stimolazione del recettore implica una cascata di eventi con amplificazione del segnale, la risposta può essere poco correlata al numero di recettori occupati.



2) TEORIA DELL’ATTIVITA’ INTRINSECA

L’effetto di un farmaco è proporzionale alla formazione del complesso farmaco-recettore, moltiplicato per il fattore  (attività intrinseca).

Nel 1954 Ariens ha introdotto i concetti di affinità e di attività intrinseca

Affinità
Misura la capacità del farmaco di legarsi al recettore. Se un farmaco ha affinità per un recettore non significa che sia in grado di attivarlo.
La affinità del farmaco determina la “potenza” dello stesso, cioè il range di dosi a cui agisce

Attività intrinseca
Misura la capacità del farmaco di evocare la risposta funzionale. La attività intrinseca determina l'effetto massimo del farmaco

AGONISTA
E' un farmaco dotato di affinità e di attività intrinseca.
-L’agonista pieno è un farmaco in grado di evocare una risposta massimale ( =1)
-L’agonista parziale si lega al recettore, ma evoca una risposta inferiore all’agonista pieno.
-L’agonista inverso si lega al recettore ed evoca un effetto, ma questo è inverso rispetto a quello dell’agonista normale.


ANTAGONISTA
E' un farmaco dotato di affinità, ma non di attività intrinseca.



3) TEORIA DELLA FREQUENZA DI INTERAZIONE

E' stata proposta da Paton agli inizi degli anni 60. Ogni volta che il farmaco occupa per un breve tempo il recettore trasmetterebbe un "quanto di eccitazione".
Questo serve a spiegare il fatto che certi farmaci danno dapprima un picco di risposta che poi si stabilizza a valori più bassi.




4) TEORIA DEL COMPLESSO TERNARIO

E’ stata proposta da De Lean nel 1980.
Secondo questa teoria il recettore è presente sulla membrana come
-recettore libero (R)
-recettore legato al farmaco (FR)
-recettore legato alla proteina G (RG)
-recettore legato al farmaco ed alla proteina G (FRG)
Gli agonisti stabilizzano la forma FRG



5) TEORIA ALLOSTERICA O DEI 2 STATI
Questa teoria è stata proposta da Leff nel 1995.
Il farmaco sposterebbe l'equilibrio tra lo stato attivato (R*) e quello inattivato (R) del recettore.
L’agonista pieno si legherebbe a R*, l’agonista inverso avrebbe più affinità per R, l’antagonista si legherebbe ad entrambi.

RELAZIONE DOSE-RISPOSTA

Le risposte ad un farmaco possono essere:

1) RISPOSTE GRADUALI.

Sono quelle risposte che aumentano progressivamente con l'aumentare della dose di farmaco. Una trattazione quantitativa della risposta significa descriverne la intensità in funzione della dose di farmaco.

2) RISPOSTE NON MISURABILI IN CONTINUO

Si tratta di risposte che possono essere descritte con un voto (score) o uno stadio (stage). Risposte di questo tipo sono il dolore, la formazione di ulcere, certi effetti comportamentali.

3) RISPOSTE QUANTICHE

Sono risposte del tipo tutto o nulla (morte, convulsioni, vomito, aborto, ma anche risposta graduale di una data intensità).

Per queste risposte la trattazione quantitativa si preoccupa di descriverne la frequenza con cui si manifestano.

RISPOSTE GRADUALI

Per questo tipo di risposta misuriamo la intensità dell’effetto evocato e descriviamo le relazioni dose-risposta.



Più comune è la rappresentazione grafica su scala logaritmica che corrisponde ad un sigmoide.
Quest’ultima rappresentazione grafica offre il vantaggio di una “quasi linearità” nell’intervallo tra il 20% e l’80% della risposta massima.



La rappresentazione di Lineweaver-Burk usa valori reciproci sia in ordinata che in ascissa (1/effetto; 1/dose). Essa permette di avere una rappresentazione grafica lineare, ma ha lo svantaggio di richiedere il calcolo dei valori reciproci.


Probits

Una linearizzazione del sigmoide può essere ottenuta ricorrendo ai Probits.
Il Probit indica la probabilità di scostamento dalla osservazione fatta, misurata in unità di scostamento tipo.
Fa riferimento al fatto che per ogni dato sperimentale esiste una certa probabilità che sia riprodotto in un successivo esperimento, ma esiste anche una certa possibilità di scostamento dal dato osservato.
La carta tarata in probits ha le unità delle ordinate piccole in prossimità del 50% dell’effetto massimo e vanno gradualmente crescendo avvicinandosi alle estremità del sigmoide.
La carta dei probit va dall’1 al 99% dell’effetto massimo.


Misura della KD

Per [R] = [FR], cioè quando la quantità di recettori liberi è pari a quella dei recettori legata al farmaco, KD risulterà uguale a [F].

Nell’equazione di Michaelis-Menten questa condizione corrisponde ad un effetto pari al 50% dell’effetto massimo.
Per cui, misurando la concentrazione di farmaco che evoca un effetto pari al 50% dell’effetto massimo, avremo una misura della KD.

In letteratura farmacologica è comunemente usato il pD2 per esprimere la affinità di un agonista per il recettore.

pD2 = colog KD


RISPOSTE QUANTICHE

Nel caso di risposte del tipo “tutto o nulla”, si esprime la relazione tra dose e frequenza della risposta nella popolazione.

Curva di Gauss

Si ottiene costruendo un istogramma che riporta in ordinata la frequenza della risposta in un certo intervallo di dose.
(la frequenza che si riporta è quella addizionale, cioè gli eventi che si osservano in più rispetto a quelli misurati negli intervalli di dose inferiori).

La curva di Gauss è una curva integrale in cui la frequenza cumulativa della risposta viene ottenuta misurando l’AUC (area under the curve) corrispondente alla dose in esame.


Curva di Trevan

Se in ordinate si riportano le frequenze cumulative per ogni dose, allora si ottiene un sigmoide (curva di Trevan).




VARIABILI CARATTERISTICHE DELLE CURVE DOSE-EFFETTO

1. Potenza
E’ data dalla posizione della curva dose-effetto sull’asse delle ascisse.
In vitro è strettamente correlata all’affinità del farmaco per il recettore.
In vivo dipende da molti altri fattori: assorbimento, distribuzione, eliminazione.
La potenza è relativamente importante per l’uso clinico di un farmaco.

2. Efficacia massima.
E’ data dall’effetto massimo prodotto dal farmaco.
Dipende dalla attività intrinseca del farmaco, e dalle proprietà del sistema recettore-effettore.
In vivo è legata anche alla possibilità di raggiungere certi livelli di biodisponibilità.

3. Pendenza
E’ data dal coefficiente angolare della curva dose-effetto.
Dipende dal numero di recettori che è necessario occupare per avere la risposta.
La pendenza della curva riveste grande importanza in campo terapeutico, perché definisce la maneggevolezza del farmaco.

INDICE TERAPEUTICO

Viene definito da due grandezze quantiche:

1) la dose letale 50 (la dose che provoca la morte nel 50% degli animali da esperimento) e

2) la dose efficace 50 (cioè la dose che provoca l'effetto della intensità desiderata nel 50% dei soggetti trattati).

L'indice terapeutico o margine di sicurezza è dato dal rapporto DL50 / DE50.

Se l'indice terapeutico è elevato, notevole è il margine di sicurezza.
Se l'indice terapeutico è pari ad uno il farmaco non potrà essere usato per uso sistemico perché la DE50 coinciderebbe con la DL50.

L'indice terapeutico condiziona le modalità di impiego del farmaco:
a. uso topico o sistemico
b. uso rigorosamente in ambito ospedaliero o no

ANTAGONISMO DIRETTO

ANTAGONISTA:
Farmaco che interagisce con il recettore o con i componenti del meccanismo effettore senza attivarli. Pertanto inibisce la risposta dell’agonista.

ANTAGONISTA COMPETITIVO
Può essere rimosso aumentando la concentrazione di agonista. Si può avere antagonismo competitivo:
a) l’antagonista si lega reversibilmente allo stesso sito recettoriale dell’agonista, oppure
b) sono presenti “recettori di riserva” pur in presenza di antagonisti irreversibili, o comunque non competitivi in quanto si legano a sito diverso rispetto a quello dell’agonista.

L’affinità dell’antagonista è espressa dallo spostamento della [A50] dell’agonista (cioè della concentrazione dell’agonista che evoca il 50% della risposta) in presenza di una concentrazione di antagonista (indicato come B).
In letteratura viene riportato il pA2 come misura di affinità dell’antagonista:

pA2 = - log [B] + log ( [A 50B] - 1)
[A 50]
Il pA2 viene espresso come la concentrazione di B che fa raddoppiare la A50B rispetto ad A50 senza B.

ANTAGONISTA NON COMPETITIVO

Non è possibile rimuovere l’azione di blocco con dosi più elevate di agonista. Si osserva quando:
a) l’antagonista blocca irreversibilmente il recettore
b) l’antagonista blocca una tappa nella trasduzione del segnale
c) l’antagonista agisce su un sito diverso dal recettore, ma che influenza il legame recettore–agonista.




VARIABILITA’ DELLA RISPOSTA BIOLOGICA

Fattori di variabilità inerenti al paziente:

a. Fattori genetici
Fattori genetici possono modificare le caratteristiche farmacocinetiche, ma anche le proprietà farmacodinamiche di un farmaco.

La farmacogenetica è la disciplina che studia l’assetto genico di un individuo nel determinare la sua risposta al farmaco.
In particolare la farmacogenetica studia.
-variazioni geneticamente controllate degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci
-metodologie diagnostiche semplici per identificare soggetti “anomali” prima di somministrare il farmaco

Se per un locus genico esistono alleli varianti (che codificano isoforme molecolari diverse di una stessa proteina) in misura uguale o superiore all’1% si parla di “polimorfismo genetico”
La maggior parte dei polimorfismi sono dovuti a mutazioni geniche che coinvolgono un solo nucleotide.

Se viene ridotta l’espressione di un enzima che metabolizza dei farmaci (ad esempio il CYP2D6) il soggetto diventa metabolizzatore lento di molti farmaci, quali -bloccanti, antidepressivi triciclici, antiaritmici.
Alcuni soggetti mostrano una colinesterasi atipica, per cui non scindono bene la succinilcolina (agente di blocco neuromuscolare (rischio di apnea prolungata)

b. Età
Nel neonato una diversa risposta ai farmaci può esser dovuta a diverso sviluppo dei sistemi enzimatici metabolizzanti, a minor legame farmaco-proteico ed a bassa clearance renale.
Nel paziente anziano si osserva riduzione della clearance renale e di quella epatica. Le reazioni a farmaci attivi sul SNC tendono ad essere esaltate.

c. Sesso
L’attività del CYP3A4 è maggiore nella donna che nell’uomo; il CYP3A4 influenza moltissimi farmaci

d. Gravidanza
Può aumentare la velocità di eliminazione metabolica di molti farmaci, e diminuire la clearance renale di altri farmaci.
Per i farmaci in gravidanza grossi pericoli per il feto con anticoagulanti cumarinici, ACE inibitori, antitumorali, acido valproico, etc.



e. Peso corporeo
Le differenze di peso corporeo richiedono aggiustamenti della dose, in proporzione al peso.
In soggetti con rilevante pannello adiposo, possibilità di deposito di farmaci nel tessuto adiposo.
In soggetti obesi si consiglia di far riferimento alla superficie corporea, piuttosto che al peso.

f. Dieta
La assunzione contemporanea di alimenti può ridurre l’assorbimento di farmaci, ma tende ad aumentare l’assorbimento di farmaci lipofili.
L’assunzione di pompelmo inibisce l’enzima CYP3A4 influenzando il metabolismo di molti farmaci
Alimenti ricchi di tiramina possono generare crisi ipertensive durante l’assunzione di MAO-inibitori.
Alimenti ricchi di vitamina K riducono l’effetto di farmaci anticoagulanti.
Aminoacidi a catena lunga riducono l’assorbimento di levodopa.

g. Stati patologici
Condizioni patologiche possono modificare la metabolizzazione o l’escrezione dei farmaci (epatopatie e nefropatie)
La pancreatite cronica riduce le secrezioni alcaline intestinali, riducendo la disgregazione di forme farmaceutiche orali.

Certe azioni dei farmaci si manifestano solo in condizioni patologiche (effetto antipiretico dei FANS).

h. Bassa Compliance
Osservanza incompleta della prescrizione da parte del paziente (mancata assunzione, dosi errate, etc)

g. Condizioni di riposo o affaticamento
Cambiano il fabbisogno di insulina in diabetici

i. Fattori ambientali
La diversa temperatura ambientale condiziona l’attività enzimatica, condiziona la liberazione di ormoni (vedi vasopressina), influenza la neurotossicità dell’ecstasy.

l. Effetto placebo
Effetto legato a condizionamento psicologico ed influenze psicosomatiche.


VARIABILITA’ DELLA RISPOSTA BIOLOGICA

Fattori di variabilità inerenti al farmaco:

a. Forma farmaceutica

b. Via di somministrazione

c. Caratteristiche chimico-fisiche

d. Biodisponibilità

e. Schema terapeutico (dose, intervallo di assunzione, durata trattamento)




RISPOSTE QUANTITATIVAMENTE ANOMALE

Anche soggetti della stessa età, razza, peso, sesso, etc. possono mostrare notevole differenza nella sensibilità individuale ai farmaci.
Di conseguenza i dati devono essere espressi come medie, attorno alle quali sono “dispersi” i singoli dati.

Si parla comunemente di risposte medio-normali quando esse sono comprese nell’intervallo = + 20% rispetto alla media. Oltre tali limiti abbiamo:

Iperreattività
Consiste in esalta risposta farmacologica in termini di intensità e/o durata.

Iporeattività
Consiste di una ridotta risposta farmacologica in termini di intensità e/o durata

Tolleranza, Assuefazione, Abitudine, Mitridatismo, Resistenza acquisita
Questi termini vengono usati, essenzialmente come sinonimi, per indicare una iporeattività non congenita, ma conseguente a ripetute esposizioni al farmaco.



La tolleranza può esser dovuta a:

1. Ridotto assorbimento del farmaco. Ad esempio sali ferrosi nella terapia dell’anemia ipocromica
2. Modificato metabolismo del farmaco
-aumentata velocità di metabolizzazione
-produzione di glicoproteina P che trasporta il farmaco (es. antitumorali) fuori dalla cellula
3. Modificazioni recettoriali o dei meccanismi di trasduzione del segnale a livello cellulare
-fosforilazione di recettori canali che ne riduce la capacità di aprire il canale
-fosforilazione di recettori accoppiati a proteine G (con riduzione di affinità per agonista e ridotta capacità di trasdurre il segnale).

Tolleranza crociata
- La tolleranza ad un farmaco comporta tolleranza a composti chimicamente simili e con simile azione farmacologica. Esempi: Penicilline e cefalosporine, vari deprimenti del SNC.

Tachifilassi
Si sviluppa tolleranza rapidamente in seguito a somministrazione ripetuta e ravvicinata di farmaco.
Puo’ dipendere da:
1. desensibilizzazione del recettore
2. deplezione del mediatore per sostanze ad azione indiretta.



INTERAZIONI TRA FARMACI

Spesso si ricorre a somministrazione contemporanea di più farmaci.
1. Associazioni estemporanee: Diversi farmaci somministrati contemporaneamente.
2. Oppure specialità medicinali che presentano una miscela di farmaci

Scopi delle associazioni:

1. Unendo più farmaci attivi su una stessa patologia si può diminuire il dosaggio di ognuno attenuandone gli effetti secondari
2. Si associa un farmaco con azione primaria utile in terapia, con un altro farmaco che ne riduce gli effetti collaterali.
3. Patologie multiple possono richiedere la assunzione di più farmaci contemporaneamente.

Inconvenienti e pericoli:

1. E’ più facile l’insorgenza di malattie iatrogene, che aumenta in maniera geometrica con il numero di farmaci somministrati.
2. Possibilità di interazioni di vario tipo tra farmaci con modificazione del loro effetto.

Interazioni tra farmaci possono esser causa di modificata risposta ai farmaci, oltre che di comparsa di reazione avverse ai farmaci.

Esistono tre tipologie di interazioni tra farmaci:

1) Interazioni farmaceutiche
Sono dovute ad interazione chimica o chimico-fisica tra farmaci.

Un esempio di interazione farmaceutica è l'interazione tra protamina (proteina basica) ed eparina (mucopolisaccaride acido).

Interazioni farmaceutiche si hanno quando un farmaco altera il pH della soluzione e perciò la solubilità di un altro, facendolo precipitare. Queste interazioni sono molto comuni quando si miscelano composti in soluzioni per fleboclisi.

2) Interazioni farmacocinetiche
Si hanno quando un farmaco modifica i livelli plasmatici di un altro farmaco.
Interazioni farmacocinetiche possono esser dovute a:

a) interazioni a livello dell'assorbimento.
-le tetracicline non vengono assorbite se sono chelate da ioni Ca, Al, Mg, Fe. Attenzione a latte e formaggi e ad antiacidi.
-I chinoloni non vengono assorbiti se chelati da Al e Mg contenuti in antiacidi
-La colestiramina può sequestrare numerosi farmaci presenti nell'intestino (anticoagulanti, digossina)
-farmaci che rallentano lo svuotamento gastrico (antimuscarinici) rallentano, e possono in certi casi ridurre, l’assorbimento di farmaci assunti oralmente

b) interazioni nel legame farmaco-proteico
Consistono nel fatto che un farmaco può essere spostato dal legame farmaco-proteico ad opera di un altro farmaco.
Le interazioni di questo tipo hanno notevole rilevanza quando il legame farmaco proteico è molto elevato.
-farmaci oggetto di interazione sono anticoagulanti, ipoglicemizzanti orali, fenitoina, metotressato, sulfamidici, salicilati.

c) interazioni a livello del metabolismo
-Possono esser conseguenza di induzione o inibizione di enzimi metabolizzanti. Particolare importanza l’induzione o inibizione di enzimi CYP, soprattutto il 3A4 che metabolizza circa il 50% dei farmaci.
Farmaci induttori di enzimi microsomiali epatici sono: fenitoina, fenobarbitale, carbamazepina, rifampicina, desametasone,
-Possono esser conseguenza di inibizione enzimatica. Inibitori di enzimi metabolizzanti sono i farmaci antiMAO, il cloramfenicolo,la cimetidina, vari antibiotici.
-L'allopurinolo inibisce la xantinossidasi che metabolizza anche la mercaptopurina. Si potranno avere manifestazioni tossiche da mercaptopurina.

d) interazioni a livello dell'escrezione
-il probenecid riduce la secrezione renale di penicillina.
-i FANS riducono l’escrezione di metotressato

3) Interazioni farmacodinamiche
Sono legate ad interazione degli effetti di due o più farmaci.
Possiamo avere interazioni dirette, ben prevedibili.
Ad esempio:
-acetilcolina ed atropina,
-simpaticomimetici e loro antagonisti
-morfina e naloxone.
-sommazione dell'effetto di farmaci deprimenti (alcool, benzodiazepine, antidepressivi, antiepilettici).

-Possiamo avere interazioni, come conseguenza di effetti collaterali dei farmaci.
Esempi di tali interazioni:
-antidepressivi triciclici ed antimuscarinici
-diuretici che eliminano K+ e glicosidi cardioattivi

Considerazioni sulle interazioni:

a) potenzialmente sono in numero enorme

b) però non tutte le interazioni sono clinicamente rilevanti,

c) sono preoccupanti soprattutto per farmaci con indice terapeutico basso,

d) il farmacista deve preoccuparsi non solo di interazioni tra farmaci SOP, ma anche tra SOP e farmaci prescritti da medici.

e) attenzione anche alle interazioni tra farmaci ed integratori alimentari (contenenti iperico, ginko biloba o ginseng) o ad interazioni tra farmaci ed alimenti (succo di pompelmo)

e) per sapere se c'è interazione tra due farmaci si può ricorrere a testi come Martindale, Drug Interactions (Stockley), Manuali sulle interazioni (es. Medical Letter) etc, o a programmi informatici come il Micromedex.


RISPOSTE QUALITATIVAMENTE ANOMALE

IDIOSINCRASIA

- Si parla di idiosincrasia quando la risposta al farmaco è abnorme sia quantitativamente che qualitativamente.

La idiosincrasia presenta le seguenti caratteristiche:
a. E’ congenita e perciò compare fin dalla prima somministrazione del farmaco
b. La reazione al farmaco è dose-dipendente
c. Può dare manifestazioni disparate ed imprevedibili
d. Non è trasmissibile per via umorale.
e. Per i farmaci che la causano non sono necessarie proprietà antigeniche

- Come si manifestano le risposte idiosincrasiche:

1. Mancata comparsa di effetto farmacologico:
-Mancata risposta a insulina o a 2 agonisti adrenergici per alterazioni recettoriali
-Mancata risposta alla mercaptopurina ed azatiprina per assenza dell’enzima ipoxantina-guanina-fosforibosil-transferasi (HGPRT)
-Nell’anemia perniciosa giovanile la vitamina B12 non viene assorbita per deficit congenito del fattore intrinseco di Castle.



2. Comparsa di effetti tossici:
-Anemia aplastica da cloramfenicolo (inibizione del DNA nel midollo osseo in soggetti con scarsa sintesi dello stesso)
-Anemia emolitica da sulfamidici, paracetamolo, aspirina. La idiosincrasia è dovuta in questo caso a carenza nelle emazie di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), importante per mantenere i livelli di glutatione ridotto nelle emazie.

-Esaltato effetto della succinilcolina (problemi respiratori) per alterata (ridotta) affinità della colinesterasi al farmaco

-Il polimorfismo del CYP2D6 causa reazioni abnormi ad antiaritmici, antidepressivi, ipoglicemizzanti.

-Alterazione delle caratteristiche della proteina trasportatrice del ferro (la ferritina) comporta accumulo di ferro a livello tessutale.





FARMACOALLERGIA

E’ una reazione abnorme che si manifesta dopo una precedente esposizione al farmaco, che ha indotto sensibilizzazione del soggetto al farmaco.

La farmacoallergia ha le seguenti caratteristiche:
1. Richiede una pregressa assunzione di farmaco (è acquisita)
2. Evoca risposte dose-indipendenti
3. Si manifesta in maniera piuttosto uniforme (indipendentemente dal tipo di farmaco assunto)
4. I farmaci che la causano hanno proprietà antigeniche
3. Può essere trasmessa per via umorale

- I farmaci possono avere la caratteristica di fungere da apteni, cioè di avere determinanti antigenici atti al riconoscimento dell’anticorpo.
- Legati a proteine plasmatiche o tessutali acquisiscono immunogenicità.
- Dopo una pregressa somministrazione del farmaco che ha dato luogo alla risposta anticorpale (IgM, IgG, IgA, IgE), una successiva somministrazione può dare reazioni allergiche di vario tipo:

1. Tipo I, dovuto ad anticorpi IgE legati a cellule basofili e mastociti che reagiscono con l’antigene. Alla reazione antigene-anticorpo fa seguito la liberazione di istamina, leucotrieni, prostaglandine con edema, broncospasmo, vasodilatazione, shock anafilattico.
Frequente è la comparsa di questo tipo di farmacoallergia alle penicilline o alle cefalosporine (7-8% dei casi), anestetici locali, insulina, aspirina. Attenzione al II ciclo di trattamento con il farmaco.

Trattamento della manifestazione allergica:
-adrenalina (soluzione 1:1000 per via sottocutanea; 0.5-1 ml nell’adulto, 0.015 ml/kg nel bambino). La somministrazione può esser ripetuta ogni 10 min.
-Corticosteroidi
-2 agonisti adrenergici
-antistaminici
-dopamina endovena per grave ipotensione


2. Tipo II, l’anticorpo (IgG, IgM) si lega all’antigene fissato alla superficie cellulare. Si hanno reazioni citotossiche, come
-anemia emolitica da penicilline o da -metilDOPA.
-agranulocitosi da paracetamolo
-trombocitopenia da sulfamidici e clorotiazide
-nefropatia interstiziale acuta da tetracicline

Trattamento: corticosteroidi e trasfusioni secondo quanto richiesto.


3. Tipo III, deposito di immunocomplessi, aggregati antigene-anticorpo (IgG) su vasi ed organi con infiammazione e compromissione funzionale:
a. malattia da siero
b. polmonite da ipersensibilità
c. vasculiti, etc
Trattamento: corticosteroidi e interventi sintomatologici


4. Tipo IV, reazioni cellulo-mediate, dovute ai linfociti T ed ai macrofagi, anche in assenza di anticorpi.
Quando la cellula sensibilizzata viene a contatto con l’antigene si genera infiammazione con attivazione di linfociti T sensibilizzati che producono linfochine. Possiamo avere:
-dermatite da contatto
-stomatite allergica
-febbre da farmaci



5. Reazioni pseudoallergiche
Mimano i sintomi delle reazioni allergiche, ma non sono dovute a meccanismi immunologici
-Squilibrio del metabolismo dell’acido arachidonico verso la lipoossigenasi dopo FANS, con conseguente broncospasmo
-azione degranulante diretta su mastociti e basofili
MALATTIE IATROGENE

Il termine "iatrogeno" significa generato dalla cura.
In farmacologia ci occupiamo di malattie iatrogene, causate dai farmaci.


Ragioni per cui i farmaci danno malattie iatrogene:
1) Interazioni tra farmaci.
2) Uso di farmaci in condizioni in cui non sono indicati. Pericoli dell'autoterapia!!!
3) Spettro di azione del farmaco che include anche effetti indesiderati, tossici.
4) Iperattività individuale al farmaco.
5) Idiosincrasia e farmacoallergia.
6) Errori nella dispensazione dei farmaci


Condizioni che facilitano la comparsa di malattie iatrogene:

1) Somministrazione contemporanea di più farmaci.
Quando si assumono solo 1 o 2 farmaci la percentuale di malattie iatrogene è molto bassa (1%).
La percentuale aumenta in maniera esponenziale con il numero dei farmaci.
Se assumiamo 18-20 farmaci contemporaneamente si ha probabilità molto elevata di malattie iatrogene.
2) Uso di farmaci per tempi lunghi

3) Impiego di farmaci nuovi, non adeguatamente studiati.


Le malattie iatrogene non possono essere eliminate perche':
a) conoscenze insufficienti sui farmaci,
b) spettro di azione dei farmaci, in genere vasto
c) diversa reattività individuale
d) continua introduzione in commercio di farmaci nuovi (anche se non innovativi)

Però gli errori nella dispensazione dei farmaci possono e devono essere eliminati (ruolo del farmacista):
-prescrizione informatizzata
-controllo del farmacista sulla somministrazione di farmaci da parte dell’infermiere
-dispensazione in dose unitaria
-supporti tecnologici alla dispensazione (“carrelli intelligenti”)

Responsabili delle malattie iatrogene:
a) Medici
b) Malato stesso, per le sue autoterapie,
c) Industria farmaceutica
d) Farmacista.




FARMACOCINECA



La farmacocinetica studia il movimento di un farmaco all’interno di un organismo vivente.

Le 4 fasi fondamentali della farmacocinetica sono:
a. l’assorbimento
b. la distribuzione
c. il metabolismo
d. l’escrezione

Metabolismo ed escrezione concorrono entrambi alla eliminazione del farmaco


PASSAGGIO DEI FARMACI ATTRAVERSO MEMBRANE

Il passaggio di un farmaco attraverso la membrana può verificarsi con vari meccanismi.

1) Diffusione passiva
E’ il meccanismo più frequentemente utilizzato.
-Avviene secondo gradiente di concentrazione e grazie alla solubilità nei lipidi della membrana.
-Non richiede consumo di energia.

-E’ influenzata dal pH, dato che i farmaci sono per lo più elettroliti deboli con la forma indissociata in equilibrio con la forma indissociata.
-E’ influenzata dal gradiente elettrochimico per l’assorbimento di molecole ionizzate.

Molecole piccole e solubili in H2O passano attraverso pori (dimensioni circa 4 A°) soprattutto per motivi osmotici.

2) Trasporto attivo mediato da carriers
Ha le seguenti caratteristiche:
-consuma energia,
-avviene contro gradiente elettrochimico e di concentrazione,
-è saturabile e selettivo,
-è inibito da parte di congeneri.

E’ importante in membrane neuronali, di epatociti e di cellule tubulari renali (esempio: pompa del sodio).

3) Diffusione facilitata
-E’ mediata da carriers, ma va secondo gradiente elettrochimico e gradiente di concentrazione.
-Opera senza dispendio energetico.
-Accelera notevolmente la velocità di diffusione.
-Importante per sostanze polari (colina).

4) Pinocitosi e fagocitosi
Particelle fluide e solide inglobate dalle membrane cellulari.
Scarsa importanza quantitativa.

5) Flusso di massa attraverso pori intercellulari
Importante per diffusione attraverso endoteli capillari.






L’ASSORBIMENTO

E’ la fase di passaggio del farmaco dalla sede di somministrazione al torrente circolatorio.

L’assorbimento di un farmaco dipende da:

1. Caratteristiche intrinseche del farmaco
-peso molecolare
-costante di dissociazione (pKa)
-coefficiente di ripartizione acqua/lipidi

2. Forma farmaceutica utilizzata
-disgregabilità preparati solidi
-preparati ritardo


3. Caratteristiche anatomo-fisiologiche della superficie assorbente.
-superficie assorbente
-flusso ematico
-superfici lesionate assorbono di più




Vie di somministrazione dei farmaci

Possono esser divise in naturali:
-Orale
-Sublinguale
-Rettale
-Cutanea
-Inalatoria

e artificiali:
-Endovenosa
-Intramuscolare
-Sottocutanea
-Intradermica
-Endoarteriosa
-Endorachidea


Vie naturali

Via orale:
E’ la via più frequentemente utilizzata
Vantaggi
Comodità, sicurezza, economicità
Svantaggi
-Richiede collaborazione del paziente
-Irregolare assorbimento in presenza di cibo
–Eliminazione presistemica per metabolismo di primo passaggio (sia epatico che intestinale)
-Incompatibile con emesi
-Possibile distruzione del farmaco nello stomaco (proteine, peptidi, composti danneggiabili dall’acidità gastrica)

Via sublinguale:
Buon assorbimento per molecole liposolubili (nitroglicerina, estrogeni).
Il sangue venoso dalla cavità orale fluisce nella vena cava superiore, per cui il farmaco è protetto dal metabolismo epatico di I passaggio.

Via rettale:
L’assorbimento è in genere irregolare ed incompleto.
Non è ben definita la quantità del farmaco assorbito che arriva al fegato e quella che va direttamente alla vena cava.
Vantaggi
-Somministrazione in caso di vomito o di paziente non cosciente.
-Accettabile in bambini.
Svantaggi
L’assorbimento è piuttosto irregolare

Via inalatoria
Sono assorbiti gas o soluzioni di farmaci in aerosol.
Vantaggi:
-Assorbimento molto rapido,
-Viene evitato il metabolismo epatico di I passaggio.
Svantaggi:
-Scarsa maneggevolezza dei metodi di somministrazione
-Scarso controllo della dose,
-Irritazione dell’epitelio polmonare.

Altre vie naturali
Oltre all’assorbimento cutaneo, i farmaci possono esser assorbiti per applicazione a
-Congiuntiva
-Orofaringe,
-Nasofaringe,
-Vagina,
-Uretra e vescica



Vie artificiali

Via endovenosa
Scavalca i fattori che limitano l’assorbimento, determinando una immediata biodisponibilità del farmaco.
Vantaggi:
precisione, immediatezza, possibile somministrazione di sostanze irritanti.
Svantaggi:
sterilità, costo, personale esperto, problemi per frequenti ripetizioni.
Non si possono usare sospensioni o soluzioni oleose.

Via intramuscolare e sottocutanea
L’assorbimento avviene per lo più per diffusione secondo gradiente dal sito di iniezione al plasma.
Molecole grosse come le proteine arrivano alla circolazione attraverso i vasi linfatici.
La via intramuscolare assicura assorbimento più rapido rispetto alla sottocutanea.

Vantaggi:
assorbimento costante e che può essere prolungato nel tempo (sospensioni, pellet)
Svantaggi:
Evitare sostanze irritanti (dolore e necrosi). Svantaggi da iniezione.

Via endoarteriosa
Usata per somministrare agenti diagnostici o agenti antineoplastici al fine di direzionarli in senso “centrifugo”.

Via endorachidea
Si iniettano farmaci nello spazio subaracnoideo spinale.
E’ usata per anestesia spinale o trattamento infezioni acute del SNC.
E’ usata soprattutto per farmaci che non attraversano la barriera ematoencefalica.
Ha lo svantaggio di esaltare la possibile neurotossicità dei farmaci. Richiede personale con specifica esperienza.

LA DISTRIBUZIONE

Distribuzione iniziale su base circolatoria
I stadio = Distribuzione in organi altamente irrorati: cuore, fegato, rene, encefalo
II stadio = Maggior distribuzione del farmaco ai muscoli, visceri, cute e tessuto adiposo.

Distribuzione successiva su base biochimica
Legame con costituenti cellulari, accumulo in siti di deposito da cui il farmaco viene poi gradualmente ceduto.

Distribuzione nel SNC
Gli endoteli dei capillari nel SNC mancano di pori intercellulari. Anche le cellule gliali pericapillari riducono gli scambi fra sangue e SNC.
Pertanto la distribuzione nel SNC è funzione della liposolubilità del farmaco.
Il trasporto attivo opera in alcuni casi.
Infiammazione meningea o encefalica aumentano la permeabilità della barriera ematoencefalica.

Passaggio attraverso la placenta
I farmaci liposolubili passano molto bene. Possibile effetto di farmaci sul feto.


Siti di deposito
Richiedono all’inizio più elevate quantità di farmaco perché si osservi l’effetto terapeutico.
Possono prolungare gli effetti del farmaco, cedendolo gradualmente in forma libera

Tessuto adiposo
E’ un sito di deposito per sostanze liposolubili. Il deposito è piuttosto stabile per la bassa irrorazione sanguigna.

Proteine plasmatiche
Albumina e 1-glicoproteina acida possono adsorbire una percentuale del farmaco nel plasma

Il legame farmaco–proteico riduce:
-la concentrazione di farmaco nel sito di azione
-la filtrazione glomerulare
-la biotrasformazione del farmaco.

La frazione di farmaco legata dipende da:
-concentrazione del farmaco
-numero di siti di legame
-affinità per i siti di legame

Il legame dei farmaci con le proteine plasmatiche è piuttosto non–selettivo (sostanza acide si legano all’albumina, sostanze basiche alla 1-glicoproteina) per cui ampia possibilità di competizione tra farmaci per tale legame (possibilità di interazioni farmacocinetiche)

La capacità di legame delle proteine plasmatiche è più bassa nel feto e nel neonato rispetto all’adulto.

Siti di deposito cellulare
Il deposito cellulare può esser dovuto a formazione di legame con componenti cellulari. Ad esempio le ossa legano tetracicline e piombo
METABOLISMO

Le sostanze farmacologicamente attive utilizzano vie metaboliche per composti endogeni, grazie ad una certa analogia strutturale con questi.

Sono interessate alle biotrasformazioni soprattutto sostanze liposolubili, che quindi possono più facilmente accedere a siti endocellulari

Conseguenze della biotrasformazione:
• Inattivazione del farmaco.
• Formazione di metabolita attivo.
Ad esempio il paracetamolo è più attivo della fenacetina.
La L-Dopa inattiva (prodrug) genera dopamina attiva
• Formazione di metabolita attivo dotato di diversa attività.

In genere i prodotti biotrasformati sono più idrosolubili e perciò più facilmente eliminabili a livello renale.

Le biotrasformazioni sono influenzate da
-Età (neonati ed anziani hanno minor quantità di enzimi)
-Sesso (gli estrogeni influenzano i processi ossidativi, il progesterone inibisce la glicuronoconiugazione).
-Stato di nutrizione (le biotrasformazioni sono ridotte in caso di malnutrizione)
-Malattie epatiche (riducono le biotrasformazioni)





Sede delle biotrasformazioni

Gli enzimi biotrasformanti sono contenuti soprattutto nel fegato. Ne sono ricchi anche il rene, muscoli e polmoni.

A livello cellulare le biotrasformazioni avvengono in notevole misura nella frazione microsomiale del reticolo endoplasmatico. E’ la porzione liscia del reticolo, costituita da lipoproteine
Gli enzimi microsomiali sono responsabili della ossidazione di sostanze lipofile. Hanno bassa selettività nei confronti del substrato.

Oltre agli enzimi microsomiali possiamo avere biotrasformazioni da parte di:

-Enzimi citoplasmatici, ossidazioni di sostanze idrosolubili.

-Enzimi mitocondriali. Ad esempio le Monoaminoossidasi (MAO) responsabili della deaminazione ossidativa di amine biogene e di numerosi farmaci.

-Enzimi plasmatici (esterasi)


Classificazione delle biotrasformazioni

Reazione di fase I
Comportano alterazioni della molecola del farmaco, senza addizione di ulteriori specie molecolari. Comprendono:
-Ossidazioni
-Riduzioni
-Idrolisi
-Deaminazione ossidativa

CYP450
Le reazioni di ossidoriduzione sono catalizzate dal sistema microsomiale del citocromo P 450 (CYP450)
Sono state identificate 12 famiglie di isoenzimi CYP450 nell’uomo. I più importanti in senso quantitativo sono:
1. CYP3A4 (metabolizza circa il 50% dei farmaci!!!)
2. CYP2D6
3. CYP2C9
4. CYP2C19
5. CYP1A2
6. CYP2E1

Il corredo dei citocromi è sottoposto a controllo genetico, per cui possono esserci grosse differenze nella capacità metabolica tra soggetti diversi.

Per questo il sistema dei CYP è oggetto di attento studio da parte della farmacogenetica.
Se si conoscesse nel soggetto trattato la quantità di enzima che metabolizza il farmaco somministrato, si potrebbero evitare molte reazione avverse ai farmaci!!!!





Induzione o inibizione enzimatica
Farmaci ed alimenti possono comportarsi da induttori degli enzimi del sistema CYP (cioè ne aumentano la produzione).
Sono induttori enzimatici fenobarbitale e rifampicina.
La rifampicina aumenta i CYP3A4, 1A2, 2C9, 2C19

Alcuni composti invece sono inibitori enzimatici in quanto si legano ai CYP in modo irreversibile, ostacolandone la attività. Ad esempio:
Alcuni macrolidi inibiscono il CYP3A4
I fluorochinoloni inibiscono il CYP1A2
Il succo di pompelmo contiene derivati cumarinici e bioflavonoidi che inibiscono il CYP3A4.

L’induzione enzimatica comporta un più veloce metabolismo di tutti quei composti metabolizzati dal CYP indotto, con riduzione della loro attività farmacologica

L’inibizione enzimatica comporta un più lento metabolismo e perciò tende ad esaltare la risposta farmacologia ai composti metabolizzati dall’enzima inibito.

Sia l’induzione che la inibizione enzimatica possono essere causa di interazioni tra farmaci o tra farmaci ed alimenti, potenzialmente di rilevanza clinica



Reazioni di fase II
Consistono in reazioni di sintesi. Comprendono:
-Coniugazione con:
-acido glicuronico
-acido acetico
-aminoacidi (glicina, cisteina, glutammina, serina, lisina)
-glutatione
-zolfo

Il residuo da trasferire al farmaco deve essere attivato con legami energetici (con intervento in genere di ATP o UTP).
La reazione di trasferimento è catalizzata da trasferasi localizzate non solo a livello microsomiale.

Le glicuronoconiugazioni sono le reazioni di sintesi più comuni. L’acido glicuronico si origina per catabolismo del glicogeno.

A seguito della glicuronoconiugazione il farmaco perde in genere la sua attività, inoltre i prodotti che si originano sono idrosolubili e quindi eliminabili per escrezione.
I glicuronidi escreti nell’intestino possono essere scissi rigenerando il farmaco originario che può essere riassorbito (ricircolo entero-epatico)




ELIMINAZIONE ESCRETIVA

Comporta estrusione di farmaci dall’organismo

1) Escrezione renale
Il rene elimina soprattutto sostanze idrosolubili.
La eliminazione implica 3 diversi processi:
-filtrazione glomerulare,
-secrezione tubulare attiva,
-riassorbimento tubulare passivo.
L’acidificazione (con NH4Cl) o l’alcalinizzazione (con NaHCO3) delle urine influenzano il riassorbimento tubulare passivo, rispettivamente per le sostanza basiche ed acide)

2) Escrezione biliare e fecale
Per lo più trasporto attivo di glicuronidi o diffusione secondo gradiente di concentrazione.
Nelle feci vanno sostanze eliminate nei vari succhi che si riversano nel tratto gastrointestinale

3) Escrezione attraverso sudore, saliva, lacrime
Scarsa rilevanza quantitativa per saliva e lacrime.
Il meccanismo di eliminazione è la diffusione passiva.

4) Escrezione nel latte
Il latte è più acido del plasma per cui concentra sostanze basiche. E’ importante per gli effetti sul lattante.

5) Escrezione polmonare
Importante per sostanze gassose e volatili.


VELOCITA’ DI ELIMINAZIONE


Cinetica di I ordine

La velocità di eliminazione può essere correlata alla concentrazione di farmaco presente nel plasma (cinetica di I ordine):
V = k C1

In altre parole, nell’unità di tempo viene eliminata una frazione costante del farmaco, non una quantità costante.

Una cinetica di I ordine si osserva in genere quando l’eliminazione
1. non avviene tramite un sistema saturabile (carrier o enzima metabolizzante)
2. vi è un sistema saturabile, ma il farmaco è usato a dosi basse che non lo saturano (in genere dosi terapeutiche di farmaco)

Cinetica di ordine zero
Quando il sistema saturabile (enzima o carrier) viene saturato, la velocità di eliminazione è costante e non dipende dalla concentrazione plasmatica del farmaco (cinetica di ordine zero).
V = k C°
Nella cinetica di ordine zero si elimina una quantità costante (non una frazione costante di farmaco)

CLEARANCE

La clearance è una misura di eliminazione

Viene definita come = velocità di eliminazione
conc. plasmatica del farmaco

Velocità eliminin. = mg/min
Concentrazione plasm. = mg/ml
Dal rapporto tra queste grandezze si ha ml/min

In base a tale rapporto la clearance può esser definita anche come volume di plasma da cui il farmaco è completamente rimosso nell’unità di tempo.

La clearance ha il vantaggio di essere piuttosto costante nel tempo. Questo è dovuto al fatto che l’eliminazione dei farmaci (a dosi terapeutiche) segue in genere una cinetica del primo ordine.
Pertanto, al diminuire della concentrazione plasmatica del farmaco diminuisce la velocità di eliminazione, ed il rapporto sopra riportato (che definisce la clearance) tende ad essere costante.

La clearance da parte di un organo è pari al prodotto di Q (flusso sanguigno) per il valore
Ca (concentrazione arteriosa del farmaco) -
Cv (concentrazione venosa) fratto Ca.

CL organo = Q Ca – Cv
Ca

La CL di organo presenta grosse modificazioni in condizione patologiche (fegato e rene).

Se il farmaco è eliminato efficacemente da un organo, la clearance del farmaco sarà determinata soprattutto dal flusso sanguigno.
Se invece l’eliminazione di un farmaco da un organo è modesta, allora non sarà molto influenzata dal flusso sanguigno, bensì dalla clearance intrinseca.

Se il farmaco e’ eliminato da piu’ organi,
la clearance per mezzo di vari organi è additiva.
CL sistemica = CL renale + CL epatica + ….


Quando il farmaco viene somministrato ripetutamente ci interessa stabilire uno stato stazionario per i livelli plasmatici del farmaco.
Questo potrà essere ottenuto somministrando ripetuti quantitativi di farmaco secondo la formula seguente:

Vel. di somm.farm = CL x Css

CL= clearance
Css= concentrazione allo stato stazionario


VOLUME DI DISTRIBUZIONE

Viene definito anche Volume Apparente.
Non si riferisce ad un volume fisiologico, ma indica il volume di liquido che sarebbe necessario per contenere tutto il farmaco (presente nell’organismo) alla concentrazione del plasma.


V = quantità di farmaco nell’ organismo
concentrazione plasmatica

Fornisce una misura di quanto il farmaco è presente nel plasma.
Il volume di distribuzione può anche essere di 1000 litri!!
Si tratta di un valore astratto, perché un soggetto di 70 kg ha 3 litri di plasma.
Se il volume di distribuzione è di 1000 litri significa che il farmaco è localizzato elettivamente fuori dal torrente circolatorio

Il Volume di distribuzione dipende da:
-grado di ionizzazione del farmaco,
-legame alle proteine plasmatiche,
-ripartizione nei lipidi,
-legame ad altri tessuti,

Se il farmaco si distribuisce rapidamente nei tessuti, si potrà considerare l’organismo come un unico compartimento (cinetica monocompartimentale).
Se la distribuzione è lenta avremo cinetica bicompartimentale


TEMPO DI DIMEZZAMENTO

E’ detto anche tempo di emivita o emivita.
Indica l’intervallo di tempo in cui la concentrazione plasmatica di farmaco nell’organismo si riduce del 50%.

Il tempo di dimezzamento dipende dalla clearance e dal volume di distribuzione, secondo la seguente relazione:

T 1/2 = 0,693 V
CL

Il tempo di dimezzamento dà indicazioni circa:
-Durata di azione del farmaco.
-Intervallo posologico.
-Tempo richiesto a raggiungere lo stato stazionario.
-Tempo necessario per la eliminazione del farmaco


STATO STAZIONARIO
L’obiettivo di una terapia protratta nel tempo è in genere quello di raggiungere una concentrazione stazionaria di farmaco nel plasma.

Questo obiettivo viene cercato ricorrendo a somministrazioni ripetute di farmaco a periodi di tempo tali da aspettare la eliminazione completa della dose precedentemente somministrata.

Se la cinetica di eliminazione è del I ordine l’andamento della concentrazione plasmatica sarà un ramo di iperbole e porterà ad un plateau dopo 4-5 volte il T1/2.


Esempio di costruzione di grafico relativo all’andamemto della concentrazione plasmatica di un farmaco in caso di T1/2 pari a 24 ore, di cinetica del I ordine e di somministrazione ogni 24 ore (1 giorno)



Se il T1/2 è troppo lungo in relazione alle esigenze terapeutiche, si ricorre ad una dose iniziale di saturazione (o di attacco) pari a
Vd x C
(dove C è la concentrazione plasmatica desiderata)


1. Il tempo necessario a raggiungere il plateau dipende solo dal T1/2.
2. Il livello di concentrazione di farmaco allo stato stazionario dipende da
-T1/2 e
-dose somministrata.
3. L’ampiezza della oscillazione tra concentrazione plasmatica massima e quella minima è direttamente proporzionale all’intervallo di dosaggio ed inversamente proporzionale al T1/2.

Se la cinetica di eliminazione è di ordine zero e seguitiamo a somministrare farmaco prima che sia stato tutto eliminato, l’andamento della concentrazione plasmatica del farmaco sarà una retta.



REGIMI POSOLOGICI

1) Livello bersaglio
Concentrazione allo stato stazionario desiderata del farmaco.

2) Dose di mantenimento
Dose atta a mantenere lo stato stazionario. La sua entità può essere calcolata a partire dalla concentrazione bersaglio e dalla clearance.
DOSE mant. = Conc. Bersaglio x CL
e correggendo per la disponibilità del farmaco

3) Dose di attacco
Dose o serie di dosi usata all’ inizio della terapia per raggiungere rapidamente la concentrazione bersaglio.
Pericoli legati alla dose di attacco.

4) Intervallo interdose
Serve a controllare fluttuazioni della concentrazione di farmaco.

5) Individualizzazione del dosaggio
Serve a tener conto in un particolare paziente di variazione dai parametri farmacocinetici medi.

6) Monitoraggio terapeutico dei farmaci
Serve a verificare il conseguimento ed il mantenimento del livello bersaglio.
Il monitoraggio terapeutico è raccomandato per terapie lunghe, farmaci a basso indice terapeutico e laddove ci sia forte variabilità individuale nella risposta:
-antiepilettici
-glicosidi cardioattivi
-Antibiotici aminoglicosidici
-Ciclosporina
-Metotressato
-Litio etc





BIODISPONIBILITA’

Quota di farmaco che raggiunge in forma attiva il suo sito d’ azione, o un liquido biologico da cui il farmaco può accedere al sito d’ azione.
Nel concetto di biodisponibilità è implicita la valutazione dell’andamento nel tempo di tale quota di farmaco.

La biodisponibilità assoluta è espressa dall’area sottesa alla curva concentrazione–tempo.

L’AUC dopo dose singola = Dose____
Clearance

Possiamo esprimere la biodisponibilità (F) in senso relativo come disponibilità sistemica al farmaco ottenuta per una qualsiasi via di somministrazione (ad esempio la orale), rispetto alla via di somministrazione endovenosa


La biodisponibilità dipende da:

1) Assorbimento del farmaco
Questo è influenzato da una molteplicità di fattori quali:
via di somministrazione, processi di biotrasformazione a cui il farmaco va incontro prima dell’ assorbimento, fattori patologici che possono influenzare l’assorbimento.

2) Legame farmaco–proteico.
Il farmaco legato alle proteine plasmatiche non è biodisponibile.

3) Eliminazione del farmaco.
Tutti i fattori che modificano l’ eliminazione del farmaco, ne influenzano la biodisponibilità.

4) Caratteristiche del preparato farmaceutico.
Disgregabilità delle compresse, grandezza delle particelle di farmaco, forma cristallina.



BIOEQUIVALENZA O BIODISPONIBILITA’ RELATIVA

Ci si riferisce a diverse forme farmaceutiche contenti lo stesso principio attivo, o diverse formulazioni di una stessa forma farmaceutica.

Si parla di preparati bioequivalenti se danno luogo a differenze non significative in termini di
-AUC,
-Cmax (concentrazione massima nel plasma) e
-Tmax (tempo dopo il quale si raggiunge la Cmax)

Preparati bioequivalenti si assume che debbano essere terapeuticamente equivalenti.
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