"Lo farebbe anche un bambino"

Come giustificare l'arte

"Lo farebbe anche un bambino"

Messaggioda Premio Nobel » 18/03/2016, 23:12



"A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino" Pablo Picasso

Mi è capitato più di una volta di sentire che alcune opere artistiche godano di un successo immeritato ( ad esempio, mi ricordo proprio sui quadri di Picasso, oppure anche sui famosi tagli di Lucio Fontana)... Cose effettivamente in alcuni casi potrebbe proprio fare un bambino, che però vengono portare come esempi più sublimi di arte, in particolar modo contemporanea

D'accordo: sapere fare ad esempio un ritratto fedelissimo ( come una fotografia) non significa essere artisti, ma magari degli ottimi artigiani... Però devo essere sincero, non mi è mai risultata chiara l'arte contemporanea

Che cos'è allora che fa sì che se Caravaggio facesse un mio ritratto perfetto, oppure io riuscissi a fare un ritratto perfetto di me stesso, l'opera di Caravaggio è arte, la mia no?
E di converso, cos'è che fa si che se io faccio tagli nella tela, diversamente da Lucio Fontana, io non verrei probabilmente considerato, Lucio Fontana invece si?

Va bene che la mia sarebbe una copia sua... Ma allora un lavoro originale mio con stile analogo: tipo, un bel dipinto bucolico realizzato da me, oppure un mio disegno con lo stile mio delle elementari, probabilmente non sarebbe considerata arte?
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Messaggioda Mezzovalente » 03/04/2016, 10:14



Penso che influisca l'epoca e soprattutto la forma.
Penso che Picasso sia stato fortunato a fare quel che ha fatto dopo Cezanne, prendendo da lui la prospettiva rovesciata ed esagerando poi via via, insistendo molto anche sulla concettualità. Veniva sempre da un periodo che oltre a Cezanne aveva già avuto Van Gogh, Gaughin, Nolde, Munch, ma loro stessi sono figli dell'impressionisti che avevano già sdoganato certe idee sull'arte, ma prima ancora furono importanti il primo Manet ed i vari macchiaioli..ecc.
Così dalla fine dell'800' ad oggi hanno influito la scoperta di nuovi mondi, nuove culture, nuovi concetti (coinvolgere il pubblico, arte di denuncia sociale...); infatti è cambiata tutta l'arte, la letteratura, la poesia, la drammaturgia ecc.

Nel Caravaggio penso sia importante la forma, la luce, quei contrasti, che lo rendono unico, oltre che dare il senso di perfezione.
Mi ricordo che agli Uffizi, qualche anno fa, penso ci sia ancora, spesi più tempo in una sala dedicata a lui appunto, che nel resto delle stanze e corridoi.

In quest'epoca, che dura ormai da tanti anni, contano molto il personaggio, i concetti: i vari Warhol, Pollock(che a me non piace, ma è stato l'ultimo a rivoluzionare la tecnica pittorica...se tecnica si può chiamare), Picasso, Van Gogh, attirano più di altri grandi artisti come Piranesi, Durer, Manet; e attirano spesso per il personaggio, per le vicende.
Un mio professore d'italiano mi ha detto una volta, dal dopoguerra in poi, l'arte, come tutto del resto, si è "americanizzata".
Se non è del tutto vera, si avvicina.

P.s. Anche io penso che i ritratti perfetti o meno siano opere di artigianato, così come vedute che non portano nulla di personale nella tecnica o che siano abbastanza comuni. Penso lo stesso dell'iperrealismo. Ma credo che anche nel passato, quando studi od atelier si chiamavano botteghe avessero la stessa idea. Anche la rivoluzione di rendere nelle opere d'artigianato (sedie, lampade) tratti, caratteristiche d'opere d'arte è del 900'.
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Messaggioda Premio Nobel » 03/04/2016, 13:13



A me personalmente è sempre piaciuto Van Gogh, soprattutto perchè mi è stato spiegato abbastanza bene e sono riuscito a comprenderlo meglio di altri artisti ( e poi anche per la sua vita beffarda... Morto poverissimo e riscoperto postumo) --- però devo essere sincero, mi ricordo anche che una volta al liceo avevo come supplente di arte un profe che era anche artista ( cioè faceva delle opere d'arte) o anche un mio amico che aveva fatto l'artista o a cui piacevano molto le opere di arte contemporanea se la prendevano molto con me o con altri della mia classe perchè non capivamo l'arte

A mio modo di vedere, entrambi sbagliavano completamente la loro impostazione nell'approcciarsi all'arte.. Ci può stare che Picasso ( mi ricordo che questo mio amico era fissato con lui) sia stato un grande artista, ma non credo che sia un messaggio chiaro e immediato da capire ... Può anch'essere che non era questa l'intenzione dell'artista, ma se una persona crea un qualcosa che non è facilmente fruibile dal prossimo, un po' magari anche per colpa del fruitore, non può prendersela con il fruitore.... Poichè da quanto mi sembrava era come se venisse messo in mano ad un bambino di 6 anni un trattato di fisiologia in tedesco.... Il trattato è sicuramente giusto, ma non è tanto colpa del bambino che non può comprenderlo ... Ma al più di un linguaggio troppo difficile per il tuo pubblico --- di conseguenza: questa difficoltà a comprendere l'arte secondo me non è tanto dovuta al l'ignoranza del fruitore, ma dal fatto che un artista scelga un linguaggio non comprensibile ai più .... Certo, un artista può decidere quello che vuole quando realizza le sue opere, l'opera è mia e faccio quello che voglio... Però non credo ci si possa lamentare se poi non viene capita, o quantomeno non c'è là si può prendere con un utente che non riesce a capirla, perchè risulterebbe indubbiamente difficile da interpretare

Anche nell'arte più antica c'era questo problema: ad esempio se io scolpissi perfettamente me stesso in una statua di marmo ciò non farebbe di me il nuovo Michelangelo... Però credo che oggi, con il distacco dal realismo dell'arte, questa incomprensione sia stata maggiormente accentuata
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Messaggioda Rothko2 » 03/04/2016, 17:46



Oddio, su temi come questi si potrebbe parlare per anni e c'è una bibliografia enorme: per esempio mi viene in mente un libro di Francesco Bonami, "Lo potevo fare anch'io", che come sottotitolo avrebbe potuto avere "ma non l'ho fatto". Se penso a Fontana, la prima cosa che mi viene in mente è proprio: chi mai aveva fatto una cosa del genere? Nessuno; ha senso rifarla? No, è un gesto che funziona una volta sola (una volta non nel senso letterale, il gesto può essere anche inteso come un ciclo). La questione dell'arte concettuale impone che quanto meno si conosca il concetto, che in genere non è difficile da capire: vedi l'orinatoio di Duchamp. Poi ci sono casi non apertamente concettuali, come Warhol, che è considerato "pop" e che sostanzialmente ci pone davanti al problema di cui stiamo parlando: che cos'è arte e cosa non lo è? Molto semplicemente egli ci risponde che tutto può essere arte se osservato in un certo modo, considerato in un certo modo, messo in un certo luogo simbolico. Non possiamo paragonare il fustino di detersivo con Caravaggio esattamente come non possiamo paragonare Vasco Rossi a Johann Sebastian Bach; questo non vuol dire Vasco Rossi faccia necessariamente schifo come il detersivo, ma che il sistema di riferimento, l'idioletto estetico, è diverso. Warhol contesta proprio questa differenza e non gliene frega entrare nel discorso "questa è arte/questa non è arte", perché l'opera per lui non è arte in quanto tale, ma lo diventa attraverso un processo culturale.
Quanto alla questione sistema dell'arte contemporanea, ovvero ciò che oggi diventa arte e ciò che non lo diventa, il discorso è molto complesso e non me la sento di affrontarlo perché non conosco bene il mondo dell'arte. Posso solo dire che le componenti chiamate in causa sono molteplici e che sicuramente c'entra molto il marketing. Non è detto che l'artista ci sguazzi: per esempio Piero Manzoni deve aver avuto un certo rifiuto della logica mercatistica alla base dell'arte contemporanea quando ha deciso di cagare dentro delle scatolette e di dire: "bene, adesso compratevi pure queste, è un investimento". Che poi l'opera sia più o meno comprensibile, mi sembra invece un fatto relativo: è realistico pensare che un fatto culturale sia universale? Ma soprattutto, sarebbe auspicabile un molto totalmente ("totalitaristicamente") unificato, nel quale non ci sono più differenze culturali? Purtroppo ci siamo quasi e non mi sembra che ci sia da essere allegri per questo. Alle scuole medie la professoressa di musica diceva "la musica è un linguaggio universale". Poi ho capito che per fortuna non era del tutto vero, ho capito che per noi la musica indiana non è molto comprensibile, che di raga non capiamo nulla, e che nel Congo probabilmente fino a qualche decennio fa non si ascoltava né Beethoven né Madonna. Ora le cose stanno cambiando, certo. Secondo me un artista non dovrebbe pensare alla recezione della sua opera, in quanto l'opera è "sua" fino a quando non la rende pubblica; poi diventa di tutti e lui non è l'unico depositario del significato dell'opera. All'artista può benissimo sfuggire di mano il senso della sua opera, che è sempre polisemica e di natura culturale.
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Messaggioda anto87 » 04/04/2016, 13:47



Questo e’ un tema affascinante: l’arte…cos’e’?cosa non e’?chi e come mai?bah : )…provo a dire la mia, credo che l’arte sia espressione della nostra sfera irrazionale, e’ verita’, non si puo’ classificare secondo me, e’ una scintilla, e’ nutrimento, sia x chi ha il piacere di esprimersi e sia x chi ha il piacere di fruirne, e’ un incontro, energia, incontri d’anime che ci nutrono, la vita brama vita, stabilire dei canoni x cui qualcosa e’ o meno arte credo che sia impossibile, e’ un’esperienza, l’artista x potersi esprimere secondo me dovrebbe svincolarsi dalle dinamiche del mercato…a questo secondo me si riferisce picasso, l’arte svincolata da sovrastrutture e retropensieri, agita e non pensata…come farebbe un bambino…credo di essermi perso, mi sento fiacco e mi gira la testa…ah si stavo dicendo cos’e’?cosa non e’?chi e come mai?bah!…
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Citazione: ...e non e' mica la fine se mai dovessimo sbagliare...
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Messaggioda Premio Nobel » 04/04/2016, 17:47



Di per se il mercato non c'entra con l'arte ( basti pensare a Van Gogh... O le sue opere sono artistiche, o non lo sono... Non possono esserlo a "targhe alterne"--- però effettivamente possono non essere comprese dai canoni estetici che sono presenti in un periodo storico)... Non getterei però fango sul mercato dell'arte, non fosse altro che per due cose: 1) chi è interessato al mercato dell'arte è interessato anche al fatto che quanto sta acquistando sia riconosciuto come arte da altre persone, e non sia una patacca 2) per vivere e realizzare le sue opere, un artista può diventare un professionista, e quindi essere interessato lui stesso ad entrare in questo mercato, riuscendo così a mantenersi facendo il lavoro che gli piace di più ... Altrimenti o fa arte "per hobby", oppure viene mantenuto da altre persone ( come in parte Van Gogh stesso, che è stato aiutato e sostenuto dall'amato fratello Theo... O da un facoltoso mecenate, o anche dallo stato stesso)... Personalmente non credo sia sbagliato per un artista entrare nel mercato ...

Io stesso avrei voluto fare filosofia come università, ma alla fine rinunciai e scelsi economia ( scelta che secondo me fu azzeccatissima)... Tra le altre motivazioni che mi spinsero a ciò ci fu anche la seguente riflessione: per essere un filosofo, per fare arte, non è di per se necessario fare ciò come professione, un individuo può dedicarsi a ciò anche come "tempo libero", e ciò non significa che la sua arte, la sua filosofia sia meno artistica o filosofica di coloro i quali la fanno non come professione, ma solo che non vengo pagato per fare ciò

Qualche mese fa mi ricordo che chiesi ad una ragazza che faceva belle arti questo tipo lei mi rispose che in realtà c'entra con l'estetica, la disciplina che cerca di definire che cosa è il "bello" --- effettivamente sembra quindi che sia un po' sfuggente la definizione di arte... Anche se però ho riscontrato che non è l'unica disciplina che ha questo tipo di difficoltà: ad esempio, anche la definizione di "stato" non è così chiara ...

sicuramente sarebbe interessante capire di più questi temi, anche se però intuisco che servirebbe un maggiore approfondimento... Tuttavia, un punto mi rimane in dubbio: immaginandomi ancora al liceo con quel mio docente-artista, oppure quando ero andato in gita con la mia classe in terza liceo a Venezia al museo Peggy-Guggheneim, quando la mia profe di italiano ci diceva di percepire le emozioni ( ed effettivamente ammorbava anche un po' i marroni) che quei dipinti rappresentavano farei un'affermazione, che allora non rivolsi "io tutti questi messaggi e tutta questa poesia dietro a queste opere non riesco sinceramente a vederli o percepirli... O quantomeno, non in tutte"
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Messaggioda Mezzovalente » 05/04/2016, 11:16



Anche questa cosa dell'estetica è particolare, secondo me non ci si può legare l'arte solo a questa; perché estetica che deriva da aesthesis, quindi sensazione, sentire, non chiarisce cos'è un'opera d'arte e no.
Esagerando anche in un cucchiaio di Totti una persona può sentire qualcosa, ed anche lì c'è il gesto, qualcosa di fisico (come nella video arte, in una scultura od una poesia).
Però da questo punto secondo me si può partire per approfondire il discorso del contesto; perché è chiaro che le sensazioni, a differenza del contesto saranno diverse.
Esempio, in una curva piena di gente che esulta sarà sicuramente diverso dal sentimento provato a casa. Così come sarà diversa la sensazione di un tifoso nel rivederlo 20 anni dopo, o ancora di un tifoso laziale.
Mi pare che ugualmente l'arte contemporanea sfrutti il contesto ed il legame col pubblico. per questo è da distinguere dall'arte prima di Duchamp.
La tua professoressa che percepisce le emozioni perché si trova appunto in un museo, così una signora collezionista e conoscitrice di molti artisti ha detto che con opere (a mio parere discutibili, visto che sembravano "composizioni" di cianfrusaglie prese un po' qua e un po' là) entrava in contatto, sentiva ciò che l'artista comunicava, anche perché lo conosceva di persona, conosceva la sua storia; mentre con un'anticaglia di mille anni fa non entrava in contatto per nulla.
Ecco perché mi pare che l'arte contemporanea si basi molto su disquisizioni a volte intellettualoidi e che guadagni la licenza di opera molto dal contesto.
Un'opera, che era una scatola vuota di scarpe, esposta in un museo voleva comunicare il vuoto lasciato eccetera; per alcuni comprensibile, per altri no. Però quest'opera il suo messaggio lo può esprimere solo nel museo, perché per strada probabilmente verrebbe presa a calci da un passante.
Così come un elicottero di dimensioni naturale capovolto in una piazza, acquista forza solo perché girando l'angolo lo si vede e si rimane basiti.
Mentre la magnificenza dei quattro metri del David, dove la metti qualcosa ti arriva, aldilà del contesto, e del fatto che ci voglia comunque uno studio per comprenderlo.

Per me Van Gogh, che è nell'insieme dell'arte moderna, è da reputare artista perché, che come Proust avrebbe detto: va in profondità, come la vera arte, ci fa conoscere la realtà da cui viviamo lontani (Proust sosteneva addirittura che la gente nemmeno vivesse la propria vita, che morissero senza aver mai conosciuto la realtà delle cose, ma vabbè). Poi può non essere apprezzato o meno, così è stato per molto, e questo lo decidono il tempo ed il gusto (quindi va molto a botta di c..o), ma la sua arte, la sua ricerca, rimane.
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Messaggioda Rothko2 » 06/04/2016, 20:14



NobelPrize1992 ha scritto:Io stesso avrei voluto fare filosofia come università, ma alla fine rinunciai e scelsi economia ( scelta che secondo me fu azzeccatissima)... Tra le altre motivazioni che mi spinsero a ciò ci fu anche la seguente riflessione: per essere un filosofo, per fare arte, non è di per se necessario fare ciò come professione, un individuo può dedicarsi a ciò anche come "tempo libero", e ciò non significa che la sua arte, la sua filosofia sia meno artistica o filosofica di coloro i quali la fanno non come professione, ma solo che non vengo pagato per fare ciò


Anche se è un aspetto marginale della discussione vorrei dire una cosa perché ci tengo. Di frequente si sente parlare di filosofia come se fosse qualcosa di astrattamente legato a fantasticherie, opinioni, modi e stili di vita etc. Ciò non è assolutamente vero. A prescindere dalla definizione che si voglia dare della filosofia (ce ne sono parecchie, io opto per quella di Deleuze e Guattari, filosofia come costruzione di concetti), essa è comunque un'attività speculativa che comprende diverse discipline, a seconda del settore. Che uno si occupi di etica, estetica, decostruzionismo, ermeneutica, logica epistemologia o altro, il tratto comune sta nel fatto che tutte queste cose rientrano in un'attività accademica di ricerca, molto dispendiosa dal punto di vista intellettuale. Fare il filosofo sostanzialmente vuol dire fare la carriera accademica, ovvero pubblicare su rivista scientifiche. Ciò comporta uno studio preliminare di tutto ciò che è stato "detto" su un determinato argomento prima di noi, e poi una fase "creativa", tenendo sempre presente i predecessori e rispettando le "regole" della produzione scientifica.
Un artista può avere anche la quinta elementare, non deve dimostrare di sapere ciò che sta facendo, perché quello è una questione che riguarda la critica (che è sostanzialmente il marketing del mercato dell'arte). Le due cose sono quindi completamente diverse.
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Messaggioda Premio Nobel » 06/04/2016, 21:55



A me personalmente come definizione di filosofia piace questa, che ho notato appartenere a Roger Nimier: "La filosofia è come la Russia, piena di paludi e spesso invasa dai tedeschi" ... intuisco che la professione di "filosofo" richieda il grande impegno intellettuale che generalmente soltanto un docente universitario può svolgere ... Alcuni filosofi hanno poi fatto anche "economia", basti pensare forse al più famoso Adam Smith che era docente di filosofia morale ad Edinburgo, o più recentemente Amartya Sen, Nobel per l'economia 1997

Sicuramente la professione di filosofo è quindi tutt'altro che semplice e permea il mondo moderno... per quanto non serva un titolo per sapere nell'atto pratico fare una cosa ( una persona senza patente non significa che non sappia necessariamente guidare, ma che non è giuridicamente riconosciuta come tale), generalmente chi ha un titolo di studio ha migliori performance di chi non lo detiene ( altrimenti che senso avrebbe studiare) --- tuttavia quanto avevo scritto faceva riferimento a quanto mi dissi a fine liceo: perchè dovrei andare all'università? -> per trovare un lavoro migliore di quanto troverei se non la facessi --- quale sarebbe la mia materia preferita? filosofia -- è secondo me praticabile? No, perchè probabilmente non troverei quel "lavoro migliore" che invece mi interessa primariamente ... essendo che a me piaceva filosofia e non tanto arte, allora ho fatto questa considerazione sulla facoltà di filosofia, anche se probabilmente, conoscendomi, sarei arrivato ad una conclusione simile
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