sussurri scordati d'emozioni

La Setta Dei Poeti Estinti.
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Messaggioda Eos » 05/01/2017, 21:00



Maldoror ha scritto:Non amo la poesia delicata ma ti faccio i complimenti sento che sono molto ispirate .Belle.l'ultima qui soprattutto mi piace


Grazie, sei gentile... Trovo che la neve sia un elemento naturale affascinante e magico anche se, per motivi pratici, non è amata da tutti! ^_^
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Messaggioda Maldoror » 05/01/2017, 21:26



La neve piace perché copre tutto .tutto lo schifo intorno.Grazie a te che scrivi belle poesie
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Messaggioda io sono Nessuno » 06/01/2017, 9:47



meandI ha scritto:Soffice,
evanescente,
bianca ovatta,
posati lieve sul mio viso
e sugli occhi stanchi
dischiusi al cielo.

Cadi,
per gioco e per un poco
ad immacolare questa terra infingarda
e illudimi,
con la tua gelida malìa,
di cancellare l'ipocrisia dal mondo.
Seppur per gioco,
seppur per poco.


MeandI

Immagine



Complimenti di tutto cuore cara MeandI per questi bei versi, la neve sembra proprio un velo pudico
che sembra voler celare, per pochissimo ahimè, le cose peggiori del mondo, brava davvero! :huglove:




Aggiungo una poesia di Franco Scataglini (Ancona 1930-1994)
tratta da "E per un frutto piace tutto un orto".

El senso del mio testo

Resto solo in uficio:
la fronte contro i vetri.
Sorte da l'edificio
i miei colleghi tetri.
C'e' sopra el tavoli'
una spasa de pratiche.
Su la sedia, 'l cuscì
col segno delle natiche.
In 'sto fondo mio morto
de piata situazione,
senza vede raporto,
cio' come 'na visione.
D'un quadro me sovieno:
un scuro de taverna,
'n omo a sede, 'l baleno
fermo de 'na ma' eterna
che chiama quela vita
fori dal suo binario.
'Na facia sbigotita
fa quel'omo ordinario:
fissa la ma' fatale
come sperso 'nte'l niente,
ma ai ochi gia' ie sale
la passione splendente.
L'imperativo muto
de quela ma' 'nte'l sguardo
quanto io avria voluto
trova', come pe' azardo.
L'assenza de quel gesto
da sempre me tortura.
El senso de 'l mio testo
e' 'na cancelatura.


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Messaggioda Eos » 06/01/2017, 10:26



Complimenti di tutto cuore cara MeandI per questi bei versi, la neve sembra proprio un velo pudico
che sembra voler celare, per pochissimo ahimè, le cose peggiori del mondo, brava davvero! :huglove:


Grazie a te caro Older per tutti i bei contributi che posti sempre su "i miei sussurri" che, soprattutto grazie a te, sono rimasti vivi e hanno ancora qualche bella emozione da sussurrare a chi la sa apprezzare!
Immagine :luce:
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Messaggioda Eos » 08/01/2017, 15:21



-------- :rose: NOI SAREMO----------------
–---------------Paul Verlaine-------------------

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell’ amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l’anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?


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Dipinto di Ron Hicks
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Messaggioda Eos » 17/01/2017, 14:06



Passi,
che affondano grevi
nel solco paludoso
di uno scipito adesso.

Occhi,
che non osano più
immaginare cieli nuovi
e albe gravide di domani.

Solo,
con il chiassoso strillare
di mille pensieri imbrigliati
nelle tenebre
di quel che fu ieri
e si perpetua nell'oggi.

Affluente,
che si muove inerte
in un pietroso alveo
senza conoscerne il perchè,
diretto chissà per quali dove.

E poi riaffiorare,
aggrappandosi ad un vago ricordo,
o a un odore,
o a una musica,
o a un'emozione
forse un poco sbiadita,
ma ancora palpitante,
per la quale è valsa la pena
respirare fino a quest'istante.

E respirare,
ancora come sempre,
come mai,
aria già masticata
e aria ancora da assaporare.

Assapora
con degna fierezza
il gusto della TUA vittoria,
Campione di vita.

:rose: ---MeandI--- :rose:

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Messaggioda io sono Nessuno » 17/01/2017, 14:48



Gran bella poesia cara MeandI, grande, di bene in meglio... :love:


Aggiungo qui un sonetto di Giovanni Boccaccio, lontano (come quasi sempre avviene)
dall'immagine stereotipata (in questo caso solo "decameroniana") che si ha di lui...

Da "Le rime"

O Regina degli Angeli, o Maria,
ch’adorni il ciel con i tuoi lieti sembianti,
e stella in mar dirizzi i naviganti
a port’ e segno di diritta via,
per la gloria ove sei, Vergine pia,
ti prego guardi a mia miseri pianti,
increscati di me, tommi davanti
l’insidia di colui che mi travia.
Io spero in Te ed ho sempre sperato:
vagliami il lungo amore e reverente,
in qual ti porto ed ho sempre portato.
Dirizza il mio cammin, fammi possente
di divenir ancor dal destro lato
del tuo Figliol, fra la beata gente.


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Messaggioda io sono Nessuno » 19/01/2017, 14:34



Da "Rerum Volgarium Fragmenta" (Canzoniere) - Vergine bella che di sol vestita

di Francesco Petrarca



Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che ’n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole:
ma non so ’ncominciar senza tu’ aita,
et di Colui ch’amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s’a mercede
miseria extrema de l’humane cose
già mai ti volse, al mio prego t’inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina.

Vergine saggia, et del bel numero una
de le beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con piú chiara lampa;
o saldo scudo de l’afflicte genti
contra colpi di Morte et di Fortuna,
sotto ’l qual si trïumpha, non pur scampa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa
qui fra i mortali sciocchi:
Vergine, que’ belli occhi
che vider tristi la spietata stampa
ne’ dolci membri del tuo caro figlio,
volgi al mio dubbio stato,
che sconsigliato a te vèn per consiglio.

Vergine pura, d’ogni parte intera,
del tuo parto gentil figliola et madre,
ch’allumi questa vita, et l’altra adorni,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre,
o fenestra del ciel lucente altera,
venne a salvarne in su li extremi giorni;
et fra tutt’i terreni altri soggiorni
sola tu fosti electa,
Vergine benedetta,
che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni.
Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno,
senza fine o beata,
già coronata nel superno regno.

Vergine santa d’ogni gratia piena,
che per vera et altissima humiltate
salisti al ciel onde miei preghi ascolti,
tu partoristi il fonte di pietate,
et di giustitia il sol, che rasserena
il secol pien d’errori oscuri et folti;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti,
madre, figliuola et sposa:
Vergina glorïosa,
donna del Re che nostri lacci à sciolti
et fatto ’l mondo libero et felice,
ne le cui sante piaghe
prego ch’appaghe il cor, vera beatrice.

Vergine sola al mondo senza exempio,
che ’l ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil né seconda,
santi penseri, atti pietosi et casti
al vero Dio sacrato et vivo tempio
fecero in tua verginità feconda.
Per te pò la mia vita esser ioconda,
s’a’ tuoi preghi, o Maria,
Vergine dolce et pia,
ove ’l fallo abondò, la gratia abonda.
Con le ginocchia de la mente inchine,
prego che sia mia scorta,
et la mia torta via drizzi a buon fine.

Vergine chiara et stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella,
d’ogni fedel nocchier fidata guida,
pon’ mente in che terribile procella
i’ mi ritrovo sol, senza governo,
et ò già da vicin l’ultime strida.
Ma pur in te l’anima mia si fida,
peccatrice, i’ no ’l nego,
Vergine; ma ti prego
che ’l tuo nemico del mio mal non rida:
ricorditi che fece il peccar nostro,
prender Dio per scamparne,
humana carne al tuo virginal chiostro.

Vergine, quante lagrime ò già sparte,
quante lusinghe et quanti preghi indarno,
pur per mia pena et per mio grave danno!
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno,
cercando or questa et or quel’altra parte,
non è stata mia vita altro ch’affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m’ànno
tutta ingombrata l’alma:
Vergine sacra et alma,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno.
I dí miei piú correnti che saetta
fra miserie et peccati
sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta.

Vergine, tale è terra, et posto à in doglia
lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne
et de mille miei mali un non sapea:
et per saperlo, pur quel che n’avenne
fôra avenuto, ch’ogni altra sua voglia
era a me morte, et a lei fama rea.
Or tu donna del ciel, tu nostra dea
(se dir lice, e convensi),
Vergine d’alti sensi,
tu vedi il tutto; e quel che non potea
far altri, è nulla a la tua gran vertute,
por fine al mio dolore;
ch’a te honore, et a me fia salute.

Vergine, in cui ò tutta mia speranza
che possi et vogli al gran bisogno aitarme,
non mi lasciare in su l’extremo passo.
Non guardar me, ma Chi degnò crearme;
no ’l mio valor, ma l’alta Sua sembianza,
ch’è in me, ti mova a curar d’uom sí basso.
Medusa et l’error mio m’àn fatto un sasso
d’umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
lagrime et pïe adempi ’l meo cor lasso,
ch’almen l’ultimo pianto sia devoto,
senza terrestro limo,
come fu ’l primo non d’insania vòto.

Vergine humana, et nemica d’orgoglio,
del comune principio amor t’induca:
miserere d’un cor contrito humile.
Che se poca mortal terra caduca
amar con sí mirabil fede soglio,
che devrò far di te, cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero et vile
per le tue man’ resurgo,
Vergine, i’ sacro et purgo
al tuo nome et penseri e ’ngegno et stile,
la lingua e ’l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado,
et prendi in grado i cangiati desiri.

Il dí s’appressa, et non pòte esser lunge,
sí corre il tempo et vola,
Vergine unica et sola,
e ’l cor or coscïentia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliuol, verace
homo et verace Dio,
ch’accolga ’l mïo spirto ultimo in pace.


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Messaggioda io sono Nessuno » 31/01/2017, 9:26



La chiesa di Polenta, da "Rime e ritmi" (1898)

di Giosuè Carducci


Agile e solo vien di colle in colle
quasi accennando l’ardüo cipresso.
Forse Francesca temprò qui li ardenti
occhi al sorriso?
Sta l’erta rupe, e non minaccia: in alto
guarda, e ripensa, il barcaiol, torcendo
l’ala de’ remi in fretta dal notturno
Adrïa: sopra
fuma il comignol del villan, che giallo
mesce frumento nel fervente rame
là dove torva l’aquila del vecchio
Guido covava.
Ombra d’un fiore è la beltà, su cui
bianca farfalla poesia volteggia:
eco di tromba che si perde a valle
è la potenza.
Fuga di tempi e barbari silenzi
vince e dal flutto de le cose emerge
sola, di luce a’ secoli affluenti
faro, l’idea.
Ecco la chiesa. E surse ella che ignoti
servi morian tra la romana plebe
quei che fûr poscia i Polentani e Dante
fecegli eterni.
Forse qui Dante inginocchiossi? L’alta
fronte che Dio mirò da presso chiusa
entro le palme, ei lacrimava il suo
bel San Giovanni;
e folgorante il sol rompea da’ vasti
boschi su’ l mar. Del profugo a la mente
ospiti batton lucidi fantasmi
dal paradiso:
mentre, dal giro de’ brevi archi l’ala
candida schiusa verso l’orïente,
giubila il salmo In exitu cantando
Israel de Aegypto.
Itala gente da le molte vite,
dove che albeggi la tua notte e un’ombra
vagoli spersa de’ vecchi anni, vedi
ivi il poeta.
Ma su’ dischiusi tumuli per quelle
chiese prostesi in grigio sago i padri,
sparsi di turpe cenere le chiome
nere fluenti
al bizantino crocefisso, atroce
ne gli occhi bianchi livida magrezza,
chieser mercé de l’alta stirpe e de la
gloria di Roma.
Da i capitelli orride forme intruse
a le memorie di scalpelli argivi,
sogni efferati e spasimi del bieco
settentrïone,
imbestïati degeneramenti
de l’orïente, al guizzo de la fioca
lampada, in turpe abbracciamento attorti,
zolfo ed inferno
goffi sputavan su la prosternata
gregge: di dietro al battistero un fulvo
picciol cornuto diavolo guardava
e subsannava
Fuori stridea per monti e piani il verno
de la barbarie. Rapido saetta
nero vascello, con i venti e un dio
ch’ulula a poppa,
fuoco saetta ed il furor d’Odino
su le arridenti di due mari a specchio
moli e cittadi a Enosigeo le braccia
bianche porgenti.
Ahi, ahi! Procella d’ispide polledre
àvare ed unne e cavalier tremendi
sfilano: dietro spigolando allegra
ride la morte.
Gesú, Gesú! Spalancano fa tetra
bocca i sepolcri: a’ venti a’ nembi al sole
piangono rese anch’esse de’ beati
màrtiri l’ossa.
E quel che avanza il Vínilo barbuto,
ridiscendendo da i castelli immuni,
sparte — reliquie, cenere, deserto
con l’alabarda.
Schiavi percossi e dispogliati, a voi
oggi la chiesa, patria, casa, tomba,
unica avanza: qui dimenticate,
qui non vedete.
E qui percossi e dispogliati anch’essi
i percussori e spogliatori un giorno
vengano. Come ne la spumeggiante
vendemmia il tino
ferve, e de’ colli italici la bianca
uva e la nera calpestata e franta
sé disfacendo il forte e redolente
vino matura;
qui, nel conspetto a Dio vendicatore
e perdonante, vincitori e vinti,
quei che al Signor pacificò, pregando,
Teodolinda
quei che Gregorio invidïava a’ servi
ceppi tonando nel tuo verbo, o Roma,
memore forza e amor novo spiranti
fanno il Comune.
Salve, affacciata al tuo balcon di poggi
tra Bertinoro alto ridente e il dolce
pian cui sovrasta fino al mar Cesena
donna di prodi
salve, chiesetta del mio canto! A questa
madre vegliarda, o tu rinnovellata
itala gente da le molte vite,
rendi la voce
de la preghiera: la campana squilli
ammonitrice: il campanil risorto
canti di clivo in clivo a la campagna
Ave Maria.
Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i piccioli mortali
scovrono il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo.
Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?
Un oblio lene de la faticosa
vita, un pensoso sospirar quïete,
una soave volontà di pianto
l’anime invade.
Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
roseo ’l tramonto ne l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti vertici ondeggianti
Ave Maria.


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Messaggioda io sono Nessuno » 05/02/2017, 9:54



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La preghiera di San Bernardo da Chiaravalle alla Vergine Maria


«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se' a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz' ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l'infima lacuna
de l'universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l'ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,

perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co' prieghi tuoi,
sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».

Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l'orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati;

indi a l'etterno lume s'addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s'invii
per creatura l'occhio tanto chiaro.

E io ch'al fine di tutt' i disii
appropinquava, sì com' io dovea,
l'ardor del desiderio in me finii.

Bernardo m'accennava, e sorridea,
perch' io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:

ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l'alta luce che da sé è vera.

Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.

Qual è colüi che sognando vede,
che dopo 'l sogno la passione impressa
rimane, e l'altro a la mente non riede,

cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visïone, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.

Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.

O somma luce che tanto ti levi
da' concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,

e fa la lingua mia tanto possente,
ch'una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;

ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,
più si conceperà di tua vittoria.

Io credo, per l'acume ch'io soffersi
del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,
se li occhi miei da lui fossero aversi.

E' mi ricorda ch'io fui più ardito
per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi
l'aspetto mio col valore infinito.

Oh abbondante grazia ond' io presunsi
ficcar lo viso per la luce etterna,
tanto che la veduta vi consunsi!

Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna:

sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch'i' dico è un semplice lume.

La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch'i' godo.

Un punto solo m'è maggior letargo
che venticinque secoli a la 'mpresa
che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.

Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa.

A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;

però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.

Omai sarà più corta mia favella,
pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
che bagni ancor la lingua a la mammella.

Non perché più ch'un semplice sembiante
fosse nel vivo lume ch'io mirava,
che tal è sempre qual s'era davante;

ma per la vista che s'avvalorava
in me guardando, una sola parvenza,
mutandom' io, a me si travagliava.

Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;

e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.

Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
è tanto, che non basta a dicer 'poco'.

O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!

Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,

tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,

L'amor che move il sole e l'altre stelle


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