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La Setta Dei Poeti Estinti.
Poesie, racconti, libri, letteratura, miti, leggende barzellette... Condividiamo le creazioni dei Grandi e... anche nostre!

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Messaggioda Mezzovalente » 06/04/2016, 21:08



Il titolo è quello che è, se qualcuno ha altre idee...
Qui, un posto (che pare manchi) dove condividere poesie, drammi, estratti da romanzi eccetera di autori, famosi e non, che vi piacciono. Magari qualcuno può lasciare anche la sua considerazione, commento. Abbastanza semplice e tranquillo, comunque un modo per conoscere nuovi autori.
Spero di non incorrere in violazioni od altro: "il forum era destinato solo a poesie degli utenti, 'mbecille!"…spero di no, quindi, inauguriamo.

Camillo Sbarbaro - La Bambina che va sotto gli alberi, Rimanenze, 1955.

La bambina che va sotto gli alberi
non ha che il peso della sua treccia,
un fil di canto in gola.
Canta sola
e salta per la strada; ché non sa
che mai bene più grande non avrà
di quel po' d'oro vivo per le spalle,
di quella gioia in gola.

A noi che non abbiamo
altra felicità che di parole,
e non l'acceso fiocco e non la molta
speranza che fa grosso a quella il cuore,
se non è troppo chiedere, sia tolta
prima la vita di quel solo bene.


...lascio anche le note dal libro, giusto per esser completo.

verso 10. È la condizione del poeta, di cui Sbarbaro si rende interprete.
verso 11. Fiocco che adorna la treccia del v. 2.
verso 14. Il bene di creare, con quella felicità di parole di cui il poeta ha
parlato: è più importante della vita stessa.
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Ultima modifica di Mezzovalente il 06/04/2016, 21:25, modificato 2 volte in totale.
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Messaggioda Rothko2 » 06/04/2016, 21:12



Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera.











Non mi piace Quasimodo, ma la prima poesia che mi è venuta in mente è questa. Poi ce ne sono sicuramente tante altre, sicuramente quancuna di Ingeborg Bachmann ma ora non mi viene in mente.
  • 2

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Messaggioda non.identificata » 07/04/2016, 8:35



(Di certo non è l'unica, ma tra le prime che mi vengono in mente.)


Senza di te tornavo

(Pierpaolo Pasolini)



Senza di te tornavo, come ebbro,

non più capace d'esser solo, a sera

quando le stanche nuvole dileguano

nel buio incerto.

Mille volte son stato così solo

dacché son vivo, e mille uguali sere

m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti

le campagne, le nuvole.

Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio

della fatale sera. Ed ora, ebbro,

torno senza di te, e al mio fianco

c'è solo l'ombra.

E mi sarai lontano mille volte,

e poi, per sempre. Io non so frenare

quest'angoscia che monta dentro al seno;

essere solo.
  • 1

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Messaggioda Rorschach » 07/04/2016, 9:32



Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un abisso che va da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia indomabile anima.

Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e di lacrime
Incombe solo l'Orrore delle ombre,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.

William Henley

che poi sono i concetti di questa canzone :
Guarda su youtube.com
  • 2

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Messaggioda Mezzovalente » 07/04/2016, 9:43



Vedendo che ti piacciono Pasolini e Pavese, forse potrebbe piacerti anche Gozzano, anche lui ha una stile prosastico quasi, anche se poi ricco di simboli e toni aulici.
Questa non è sicuramente la sua migliore, perché non mostra bene i suoi temi che io preferisco; malinconia, fascino per le piccole cose, ed ironia.
Forse la sua migliore più famosa è "La signora Felicita", però è parecchio lungo per esser scritto, è quasi un poema narrativo diviso in più parti.

La Differenza, da la via del rifugio.

Penso e ripenso: – che mai pensa l’oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.

Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d’essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l’armi corruscanti della cuoca.

– O papera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s’é pensato.

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l’essere cucinato non è triste,
triste è il pensare d’esser cucinato.
  • 1

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Messaggioda non.identificata » 07/04/2016, 9:51



Mezzovalente ha scritto:Vedendo che ti piacciono Pasolini e Pavese, forse potrebbe piacerti anche Gozzano[...]


Ed hai ragione, l'ho "conosciuto" un po' tardi, ma anche lui è tra i miei preferiti...


Quante volte tra i fiori, in terre gaie,
sul mare, tra il cordame dei velieri,
sognavo le tue nevi, i tigli neri,
le dritte vie corrusche di rotaie,
l’arguta grazia delle tue crestaie,
o città favorevole ai piaceri!

E quante volte già, nelle mie notti
d’esilio, resupino a cielo aperto,
sognavo sere torinesi, certo
ambiente caro a me, certi salotti
beoti assai, pettegoli, bigotti
come ai tempi del buon Re Carlo Alberto…
«…se ‘l Cônt ai ciapa ai rangia për le rime…»
«Ch’a staga ciutô…» – «‘L caso a l’è stupendô!…»
«E la Duse ci piace?» – «Oh! mi m’antendô
pà vaire… I negô pà, sarà sublime,
ma mi a teatrô i vad për divertime…»
«Ch’a staga ciutô!… A jntra ‘l Reverendô!…»

S’avanza un barnabita, lentamente…
stringe la mano alla Contessa amica
siede con gesto di chi benedica…
Ed il poeta, tacito ed assente,
si gode quell’accolita di gente
ch’à la tristezza d’una stampa antica…

Non soffre. Ama quel mondo senza raggio
di bellezza, ove cosa di trastullo
è l’Arte. Ama quei modi e quel linguaggio
e quell’ambiente sconsolato e brullo.
Non soffre. Pensa Giacomo fanciullo
e la «siepe» e il «natìo borgo selvaggio».



Come una stampa antica bavarese
vedo al tramonto il cielo subalpino…
Da Palazzo Madama al Valentino
ardono l’Alpi tra le nubi accese…
È questa l’ora antica torinese,
è questa l’ora vera di Torino…

L’ora ch’io dissi del Risorgimento,
l’ora in cui penso a Massimo d’Azeglio
adolescente, a I miei ricordi, e sento
d’essere nato troppo tardi… Meglio
vivere al tempo sacro del risveglio,
che al tempo nostro mite e sonnolento!



Un po’ vecchiotta, provinciale, fresca
tuttavia d’un tal garbo parigino,
in te ritrovo me stesso bambino,
ritrovo la mia grazia fanciullesca
e mi sei cara come la fantesca
che m’ha veduto nascere, o Torino!

Tu m’hai veduto nascere, indulgesti
ai sogni del fanciullo trasognato:
tutto me stesso, tutto il mio passato,
i miei ricordi più teneri e mesti
dormono in te, sepolti come vesti
sepolte in un armadio canforato.

L’infanzia remotissima… la scuola…
la pubertà… la giovinezza accesa…
i pochi amori pallidi… l’attesa
delusa… il tedio che non ha parola…
la Morte e la mia Musa con sé sola,
sdegnosa, taciturna ed incompresa.



Ch’io perseguendo mie chimere vane
pur t’abbandoni e cerchi altro soggiorno,
ch’io pellegrini verso il Mezzogiorno
a belle terre tiepide e lontane,
la metà di me stesso in te rimane
e mi ritrovo ad ogni mio ritorno.

A te ritorno quando si rabbuia
il cuor deluso da mondani fasti.
Tu mi consoli, tu che mi foggiasti
quest’anima borghese e chiara e buia
dove ride e singhiozza il tuo Gianduia
che teme gli orizzonti troppo vasti…

Evviva i bôgianen… Sì, dici bene,
o mio savio Gianduia ridarello!
Buona è la vita senza foga, bello
godere di cose piccole e serene…
A l’è questiôn d’ nen piessla… Dici bene
o mio savio Gianduia ridarello!..


(questa si intitola Torino)
  • 0

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Messaggioda emmeffe » 07/04/2016, 9:59



L'INFINITO

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
  • 3

La vita non ci viene data per imitare qualcun altro, ma per far evolvere l'albero che è nascosto all'interno del seme che caratterizza il nostro essere.
La vita non è un'imitazione, è una creazione del tutto originale


Nei segni che conservo sulla pelle sei cicatrice, se bruci forte ancora non è vero quel che si dice!
Da qui è passato amore e se n'è andato svelto, ma sei rimasta mia, sei intrappolata dentro!
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Messaggioda anto87 » 07/04/2016, 15:18



oggi ho letto questa bella poesia di Bukowski, si chiama "il cuore che ride"

La tua vita è la tua vita.
Non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell’arrendevolezza.
Stai in guardia.
Ci sono delle uscite.
Da qualche parte c’è luce.
Forse non sarà una gran luce, ma la vince sulle tenebre.
Stai in guardia.
Gli dei ti offriranno delle occasioni.
Riconoscile, afferrale.
Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta.
E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.
La tua vita è la tua vita.
Sappilo finché ce l’hai.
Tu sei meraviglioso, gli dei aspettano di compiacersi in te
  • 1

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Citazione: ...e non e' mica la fine se mai dovessimo sbagliare...
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Messaggioda ilungamwepu » 07/04/2016, 22:34



non esistono poesie preferite, non per me almeno, esistono momenti in cui leggiamo qualcosa ed impariamo ad amare quel qualcosa perchè appartiene a quel momento. E ogni momento è differente da noi stessi e da quello che sentiamo. Dunque domani avrò già cambiato idea.



Quante ombrose dimore hai già sfiorato,
anima mia, senza trovare asilo:
dal sogno rifluivi alla memoria,
da memoria tornavi a essere un sogno,
per via ti sorprendeva la bufera.

Senza felicità, senza speranza
di quiete - ma guarda come il volto
puramente contiene il suo destino -
a volte ti levavi rischiarata
dalla ragione, a volte ti eclissavi.

Vivi, incredibilmente ti fu dato;
esisti, come sia lo chiedo ancora
al passato, a quest'ora in cui più lieve
la montagna di sé scolpisce il sole
e la sera che il mare blu deplora.

("Quante ombrose dimore hai già sfiorato" Mario Luzi)



Stasi nel buio. Poi
l'insostanziale azzurro
versarsi di vette e distanze.

Leonessa di Dio,
come in una ci evolviamo,
perno di calcagni e ginocchia! -

La ruga
s'incide e si cancella, sorella
al bruno arco
del collo che non posso serrare,

bacche
occhiodimoro oscuri
lanciano ami -

boccate di un nero dolce sangue,
ombre.
Qualcos'altro

mi tira su nell'aria -
cosce, capelli;
dai miei calcagni si squama.

Bianca
godiva, mi spoglio -
morte mani, morte stringenze.

E adesso io
spumeggio al grano, scintillio di mari.
Il pianto del bambino.

Nel muro si liquefà
E io
sono la freccia,

la rugiada che vola
suicida, in una spinta
dentro il rosso

occhio, cratere del mattino.



Sylvia Plath
  • 2

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Messaggioda Mezzovalente » 08/04/2016, 10:08



ilungamwepu ha scritto:non esistono poesie preferite


Certo, e come ripeto il titolo è quello che è; se qualcuno ha altre idee, e si può cambiare, si cambia. L'idea era di fare uno spazio dove poter condividere poesie e non solo a piacimento; non proprie, ovvero di autori, anche dei più sconosciuti; alla fine potrebbe quasi venir fuori una bella antologia molto varia (forse -antologia del forum- come titolo stava meglio...).
Vedo che va molto la letteratura inglese, o comunque anglofona...metto qualche poesia dialettale :linguaccia:

Delio Tessa, poeta milanese.
La Pobbia de Cà Colonetta - L'è el dì di mort, alegher!, 1932.

L'è creppada la pobbia de cà
Colonetta: tè chì: la tormenta
in sto Luj se Dio voeur l'à incriccada
e crich crach, pataslonfeta-là

me l'à trada chì longa e tirenta,
dopo ben dusent ann che la gh'era!
L'è finida! eppur...bell'e inciodada

lì, la cascia ancamò, la voeur no'
morì, adess che gh'è chì Primavera...

andemm... nà... la fà sens... guardegh nò!


- Traduzione dell'autore - Il pioppo di casa Colonnetti
È morto il pioppo di casa Colonnetti: ecco: l'uragano di questo luglio se Dio vuole ce l'ha fatta e crich crach, pataslonfeta-là me lo ha scaraventato qui lungo e disteso, dopo ben duecento anni che c'era! È finita! eppure... anche stecchito lì, germoglia ancora, non vuol morire, adesso che viene la primavera... andiamo... no dai... fa pena.. non guardarlo!


Giuseppe Gioachino Belli, La Creazzione der Monno.

L'anno che Gesucristo impastò er monno,
chè pe impastallo già c'era la pasta,
verde lo vorze fà, grosso e ritonno,
all'uso d'un cocommero de tasta.
Fece un zole, una luna, e un mappamonno,
ma de le stelle poi di' una catasta;
su ucelli, bestie immezzo, e pesci in fonno:
piantò le piante, e doppo disse: "Abbasta".
Me scordavo de dì che creò l'omo,
e coll'omo la donna, Adamo e Eva;
e je proibbì de nun toccaje un pomo.
Ma appena che a magnà l'ebbe viduti,
strillò per dio con quanta voce aveva:
"Ommini da vienì, sète futtuti".

note: v.3, lo volle fare.
v.4, I cocomerai sono soliti fare nei cocomeri un tassello per vedere se son maturi.
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