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Messaggioda Mezzovalente » 15/05/2016, 14:09



Una vecchia edizione di "Malinconia", da Il Porto Sepolto
Giuseppe Ungaretti


Quota 141, il 10 luglio 1916

Calante malinconia per il corpo avvinto al suo destino

Calante notturno abbandono
di corpi a pien'anima
presi
nel silenzio vasto
che gli occhi non guardano
ma un'apprensione
di quest'orologio
ch'è il cuore

Abbandono dolce
di corpi
pesanti d'amaro
labbra rapprese
in tornitura di baci
lontani
voluttà crudele di corpi
estinti d'insaziabili voglie

Mondo
Giro volubile di razzi
alla spasimante passione
attonimento di mill'occhi
in una gita
di pupille amorose

In una gita evanescente
come la vita che se ne va
col sonno
e domani riprincipia
e se incontra la morte
dorme soltanto
più a lungo
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Messaggioda ilungamwepu » 15/05/2016, 20:45



Spunta la luna.
Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’allaccia;
sbanda a povere mète.
Ed è il pensiero
della morte che, in fine, aiuta a vivere.

Umberto Saba
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Messaggioda Mezzovalente » 18/05/2016, 13:04



Estratto d'una lettera di Ungaretti dal fronte a G. Papini, del 29/07/1916

"Riverrà quel tempo, anche per me? L'avrei pagato, in tanto tempo attorcigliato alla morte; - e sai che allora non s'è distratti -. No, nessun brrrr; ché poi, se madama morte arriva, è uno stiracchiamento di membra ( - diciamo, per essere sinceri: colle povere membra violentate e straziate - Dio, chiudiamo gli occhi! -; la buona morte Classica anche quella è una nostalgia -; ma morire con coraggio, in un assalto, dev'essere un supremo abbandono alla vita, un'estasi totale - ) uno stiracchiamento di membra e un riposo definitivo e amen; ma il permanente accorgersi che tutto è così perfettamente inutile….
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Messaggioda non.identificata » 18/05/2016, 13:28



ER VENTO E LA NUVOLA
TRILUSSA


Una Nuvola nera disse ar Vento:
- Damme un appuntamento
perché stanotte ho da coprì la Luna.
- E indove voi che venga? - Verso l'una
dedietro ar campanile der convento.
Se tratta de questioni delicate:
- disse piano la Nuvola - ho scoperto
un buggerìo de coppie innammorate
che la notte se baceno a l'aperto.
È un'immoralità
che propio nun me va!
- Quanto sei scema, Nuvoletta mia!
- je fece er Vento - Voi coprì l'amore,
ch'è la cosa più bella che ce sia.
e lasci a lo sbarajo tanta gente
che s'odia e che se scanna inutirmente!
Guarda, infatti, laggiù. Li vedi quelli
che stanno a liticà su la piazzetta?
J'abbasta l'aria d'una canzonetta
pe' faje mette mano a li cortelli,
senza manco pensà che so' fratelli
e che cianno una madre che l'aspetta! -
La Nuvoletta, ner vedé la scena,
sbottò in un pianto, fece uno sgrulone
e fracicò un filosofo cojone
che stava a rimirà la luna piena.
- So' le stelle che sputeno sur monno!
- disse tra sé er filosofo - So' loro!
Hanno raggione, in fonno!
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Messaggioda Mezzovalente » 20/05/2016, 20:48



Giuseppe Ungaretti, da Il Porto Sepolto
In Memoria

In memoria
di
Moammed Sceab
discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
patria

Amò la Francia
e mutò nome in
Marcel
ma non era francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal N° 5 della Rue des Carmes
appassito vicolo in discesa

Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
continuamente
in una giornata
di una decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse

Saprò
fino al mio turno
di morire

(Locvizza 30 settembre 1916)
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Messaggioda Mezzovalente » 22/05/2016, 9:00



Estratto da La Luna e i Falò, Cesare Pavese.

"Pareva un destino. Certe volte mi chiedevo perché, di tanta gente viva, non restassimo adesso che io e Nuto, proprio noi. La voglia che avevo un tempo di sbucare per quello stradone, girare il cancello tra il pino e la volta dei tigli, ascoltare le voci, le risate, le galline e dire - Eccomi qui, sono tornato - davanti alle facce sbalordite di tutti, dei servitori. Questa voglia non me la sarei cavata più. Ero tornato, ero sbucato, avevo fatto fortuna, ma le facce, le voci e le mani che dovevano toccarmi e riconoscermi non c'erano più. Da un pezzo non c'erano più...[...]
A quei tempi non mi capacitavo che cosa fosse questo crescere, credevo fosse solamente delle cose difficili - come comprare una coppia di buoi, manovrare la trebbiatrice. Non sapevo che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, veder morire, ritrovare la Mora com'era adesso.."
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Messaggioda non.identificata » 26/05/2016, 7:00



Je connaix des bateaux
Jacques Brel


Je connais des bateaux qui restent dans le port

de peur que les courants les entrainent trop fort.

Je connais des bateaux qui rouillent dans le port

a ne jamais risquer une voile dehors.



Je connais des bateaux qui oublient de partir,

ils ont peur de la mer à force de vieillir,

et les vagues jamais ne les ont emportés.

Leur voyage est fini avant de commencer.



Je connais des bateaux tellement enchaînés

qu’ils ont désappris comment se libérer.

Je connais des bateaux qui restent à clapoter

pour être vraiment sûrs de ne pas chavirer.



Je connais des bateaux qui s’en vont à plusieurs

affronter le grand vent au-delà de la peur.

Je connais des bateaux qui s’égratignent un peu

sur les routes océanes où les mène leur jeu.



Je connais des bateaux qui n’ont jamais fini

de repartir encore, chaque jour de leur vie

et qui ne craignent pas parfois de s’élancer

côte à côte en avant, au risque de sombrer.



Je connais des bateaux qui reviennent au port

lacérés de partout, mais plus braves et plus forts.

Je connais des bateaux débordant de soleil

quand ils ont partagé des années de merveilles.



Je connais des bateaux qui reviennent toujours

quand ils ont navigué jusqu’à leur dernier jour,

tout prêts à déployer leurs ailes de géants

parce qu’ils ont le cœur à taille d’océan.
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Messaggioda Mezzovalente » 27/05/2016, 18:45



L'Uomo nero, da L'uomo nero (1926)
Sergej Yesenin


Amico mio, amico mio
sono molto molto malato.
Non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a fischiare
sulla vuota e deserta campagna,
o se l'alcol sconvolga i cervelli
come un boschetto il settembre.
La mia testa sventola le orecchie,
come un uccello le ali:
non ha più la forza
di dondolarsi, sul collo.

Un uomo nero,
nero, nero
un uomo nero
siede sul mio letto,
un uomo nero
non mi fa dormire tutta la notte.
Un uomo nero muove un dito
sul libro abominevole,
e con voce nasale,
come un monaco, sopra un defunto,
mi legge la vita d'un furfante
e ubriacone, incutendo
nell'anima angoscia e sgomento.
Un uomo nero,
nero, nero:

"Ascolta, ascolta, -
mi farfuglia, -
ci sono nel libro
molteplici piani e pensieri bellissimi.
Abitava quell'uomo nella contrada
dei più tremendi banditi e ciarlatani.
A dicembre
in quella contrada, la neve
è diabolicamente pura,e le bufere mettono in moto
più allegri filatoi.
Era quell'uomo un avventuriero,
ma della specie migliore,
più alta.
Era elegante,
e per di più poeta,
benché d'una forza non grande
ma spigliata,
ed una certa donna
di quarant'anni e passa,
chiamava puttanella,
e insieme sua diletta."
"La felicità - egli diceva
- è destrezza di mente e di mani.
Tutte le anime maldestre
han per sempre fama d'infelici.
Non fa nulla,
se molti tormenti
arrecano i gesti ambigui e bugiardi.
Fra tempeste e bufere,
nel gelo della vita quotidiana,
nelle perdite gravi, e nella tristezza,
mostrarsi sempre sorridenti e semplici
- è l'arte suprema del mondo".
"Uomo nero!
Tu non osi altrettanto!
che m'importa della vita
d'un poeta scandaloso,
leggi ad altri
ti prego
il tuo racconto."
L'uomo nero mi guarda fissamente
e gli occhi si tingono
d'un vomito azzurro,
quasi volesse dirmi,
che sono un ladro ed un furfante,
che impudente e spavaldo
qualcuno ha derubato.

Amico mio, amico mio
sono molto molto malato.
Non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a fischiare
sulla vuota e deserta campagna,
o se l'alcol sconvolga i cervelli
come un boschetto il settembre.
L'uomo ancora
togliendosi il cilindro,
getta il soprabito, con non curanza.
Viene, a sedersi sulla mia poltrona
"Ascolta, ascolta, -
e rantola fissandomi il viso,
e si piega sempre più vicino,-
Io non ho mai
visto, mai
nessun furfante
soffrire d'un insonnia
così stupida e vana.
Supponiamo, ch'io mi sia sbagliato!
Stanotte c'è la luna.
Di che altro ha bisogno questo piccolo mondo
ubriaco di sonnolenza?
Forse, con le sue grasse cosce
lei verrà di nascosto,
e tu le leggerai
la tua languida lirica sfiatata?
Ah. Io amo i poeti!
Razza divertente.
Ritrovo sempre in loro
una storia che al cuore è ben nota,
come una studentessa pustolosa
e un mostro dai lunghi capelli
che le parla del cosmo,
grondando languore sessuale.
Non so, non ricordo,
in un villaggio,
forse a Kaluga, ma forse anche a Rjazan,
in una semplice famiglia contadina,
viveva un ragazzo
di gialla chioma, con gli occhi azzurri,
e divenne adulto,
e per di più poeta,
benché d'una forza non grande,
ma spigliata,
ed una certa donna,
di quarant'anni e passa,
chiamava puttanella,
e insieme sua diletta."

"Uomo nero!
Tu sei un'ospite pessimo.
Questa fama
da tempo ti circonda."
Vado in collera, furibondo
il bastone mi vola, diritto!
sul suo muso, alla radice del naso.

La luna è morta,
alla finestra intiepidisce l'alba.
Ahi tu, notte!
Perché tanto scompiglio?
Io me ne sto in cilindro,
con me non c'è nessuno.
Sono solo
nello specchio infranto.
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Messaggioda non.identificata » 05/06/2016, 10:36



Salvezza
Guido Gozzano


Vivere cinque ore?
Vivere cinque età?...
Benedetto il sopore
che m'addormenterà...

Ho goduto il risveglio
dell'anima leggiera:
meglio dormire, meglio
prima della mia sera.

Poi che non ha ritorno
il riso mattutino.
La bellezza del giorno
è tutta nel mattino.
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Messaggioda ilungamwepu » 09/06/2016, 21:29



Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.

Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?

Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...

Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

Fernando Pessoa
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