da Mezzovalente » 27/05/2016, 18:45
L'Uomo nero, da L'uomo nero (1926)
Sergej Yesenin
Amico mio, amico mio
sono molto molto malato.
Non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a fischiare
sulla vuota e deserta campagna,
o se l'alcol sconvolga i cervelli
come un boschetto il settembre.
La mia testa sventola le orecchie,
come un uccello le ali:
non ha più la forza
di dondolarsi, sul collo.
Un uomo nero,
nero, nero
un uomo nero
siede sul mio letto,
un uomo nero
non mi fa dormire tutta la notte.
Un uomo nero muove un dito
sul libro abominevole,
e con voce nasale,
come un monaco, sopra un defunto,
mi legge la vita d'un furfante
e ubriacone, incutendo
nell'anima angoscia e sgomento.
Un uomo nero,
nero, nero:
"Ascolta, ascolta, -
mi farfuglia, -
ci sono nel libro
molteplici piani e pensieri bellissimi.
Abitava quell'uomo nella contrada
dei più tremendi banditi e ciarlatani.
A dicembre
in quella contrada, la neve
è diabolicamente pura,e le bufere mettono in moto
più allegri filatoi.
Era quell'uomo un avventuriero,
ma della specie migliore,
più alta.
Era elegante,
e per di più poeta,
benché d'una forza non grande
ma spigliata,
ed una certa donna
di quarant'anni e passa,
chiamava puttanella,
e insieme sua diletta."
"La felicità - egli diceva
- è destrezza di mente e di mani.
Tutte le anime maldestre
han per sempre fama d'infelici.
Non fa nulla,
se molti tormenti
arrecano i gesti ambigui e bugiardi.
Fra tempeste e bufere,
nel gelo della vita quotidiana,
nelle perdite gravi, e nella tristezza,
mostrarsi sempre sorridenti e semplici
- è l'arte suprema del mondo".
"Uomo nero!
Tu non osi altrettanto!
che m'importa della vita
d'un poeta scandaloso,
leggi ad altri
ti prego
il tuo racconto."
L'uomo nero mi guarda fissamente
e gli occhi si tingono
d'un vomito azzurro,
quasi volesse dirmi,
che sono un ladro ed un furfante,
che impudente e spavaldo
qualcuno ha derubato.
Amico mio, amico mio
sono molto molto malato.
Non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a fischiare
sulla vuota e deserta campagna,
o se l'alcol sconvolga i cervelli
come un boschetto il settembre.
L'uomo ancora
togliendosi il cilindro,
getta il soprabito, con non curanza.
Viene, a sedersi sulla mia poltrona
"Ascolta, ascolta, -
e rantola fissandomi il viso,
e si piega sempre più vicino,-
Io non ho mai
visto, mai
nessun furfante
soffrire d'un insonnia
così stupida e vana.
Supponiamo, ch'io mi sia sbagliato!
Stanotte c'è la luna.
Di che altro ha bisogno questo piccolo mondo
ubriaco di sonnolenza?
Forse, con le sue grasse cosce
lei verrà di nascosto,
e tu le leggerai
la tua languida lirica sfiatata?
Ah. Io amo i poeti!
Razza divertente.
Ritrovo sempre in loro
una storia che al cuore è ben nota,
come una studentessa pustolosa
e un mostro dai lunghi capelli
che le parla del cosmo,
grondando languore sessuale.
Non so, non ricordo,
in un villaggio,
forse a Kaluga, ma forse anche a Rjazan,
in una semplice famiglia contadina,
viveva un ragazzo
di gialla chioma, con gli occhi azzurri,
e divenne adulto,
e per di più poeta,
benché d'una forza non grande,
ma spigliata,
ed una certa donna,
di quarant'anni e passa,
chiamava puttanella,
e insieme sua diletta."
"Uomo nero!
Tu sei un'ospite pessimo.
Questa fama
da tempo ti circonda."
Vado in collera, furibondo
il bastone mi vola, diritto!
sul suo muso, alla radice del naso.
La luna è morta,
alla finestra intiepidisce l'alba.
Ahi tu, notte!
Perché tanto scompiglio?
Io me ne sto in cilindro,
con me non c'è nessuno.
Sono solo
nello specchio infranto.