ACCENTOQuesta volta parliamo degli accenti e riprendiamo così anche qualcosa che è stato affrontato nel post precedente.
A livello grafico l’accento può essere
grave (`), con pronuncia aperta (come quello del verbo essere “è”) oppure
acuto (′), con pronuncia chiusa (come quello di “perché”).
L’accento si scrive obbligatoriamente in italiano solamente quando cade sull’ultima sillaba mentre all’interno della parola generalmente non viene segnalato -non è obbligatorio, a meno che non serva a evitare un fraintendimento di significato e quindi per distinguere fra loro parole omografe e omofone (per esempio, àncora e ancóra o condòmini e condomìni). In tal caso, la scelta se usare o meno l’accento è lasciata a chi scrive: dovrà valutare caso per caso, a seconda del grado di ambiguità del contesto.
L’accento viene messo
sempre sulle parole
tronche (bisillabi o polisillabi accentati sull’ultima sillaba; es. città, virtù, longevità ecc.), e sui seguenti monosillabi: dà (verbo), dì (giorno) e relativi composti (lunedì, mezzodì ecc.), là e lì (avverbi di luogo), sì (avverbio affermativo), tè (bevanda), è (verbo), né, sé, ciò, già, giù, più, può, piè (piede).
L’accento va messo anche sulle parole polisillabiche formate da monosillabi che usati da soli non lo hanno: aldiquà, viceré, autogrù, nontiscordardimé ecc.
Una parola tronca od ossitona è una parola con accento tonico sull'ultima sillaba, come vir-tù, li-ber-tà, ecc.
Una parola piana o parossitona è una parola con accento tonico sulla penultima sillaba, come paròla, inìzio, continènte, tartarùga, arrivàti, ecc...
Una parola sdrucciola o proparossitona è una parola con accento tonico sulla terzultima sillaba, come tàvolo, èsile, ecc.
Una parola bisdrucciola è una parola con accento tonico sulla quartultima sillaba, come àbitano, diàmoglielo.
Quando le vocali a, i, o, u costituiscono l’ultima lettera di una parola accentata, su di esse l’accento è sempre grave: à,ì, ò, ù (beltà, più, così,verrò, ecc.).
Sulla vocale
o, quando compare all’interno di una parola, e sulla vocale e, interna o finale, l’accento è grave o acuto a seconda della pronuncia aperta o chiusa della vocale.
Quando la
e è alla fine di una parola, l’accento è
acuto sulla congiunzione causale ché, sui composti di che (perché, affinché, cosicché, giacché, poiché ecc.), sui composti di tre (ventitré, trentatré ecc.) e di re (viceré), le terze persone singolari dell’indicativo passato remoto di alcuni verbi, come battere, potere, ripetere(batté, poté, ripeté).
Per il resto, l’accento è in genere grave.
Hanno l’accento anche la prima e terza persona dell’indicativo futuro semplice (es: farò, farà, berrò, sarà, sarò, ecc)
Ecco qui di seguito alcune
parole che richiedono l’accento. Notare anche la differenza fra i due tipi di accento: grave (`) e acuto (′):
Né (negazione) diverso da ne (avverbio o pronome).
Sé (riflessivo) diverso da se (congiunzione o pronome). Sé quando seguito da stesso o medesimo può avere o non avere l’accento (se stesso o sé stesso). Si consiglia comunque di metterlo al plurale (sé stessi, sé stesse) per evitare di confondersi con il congiuntivo di stare.
(
Questa è una regola che ho trovato in giro per la rete, ma a scuola mi hanno sempre detto che va senza. Per completezza l'ho messa).
Tè (bevanda) diverso da te (pronome personale).
Sì (affermativo) diverso da si (pronome, nota musicale).
Dà (verbo dare) diverso da da (preposizione semplice) e da da’ (imperativo di dare, sta per “dai”).
Dì (giorno) diverso da di (preposizione semplice) e da di’ (imperativo di dire, sta per “dici”).
È (verbo essere) diverso da e (congiunzione). E' per la maiuscola del verbo essere è scorretto.
Ché (causale, sta per “poiché”) diverso da che (congiunzione o pronome).
Lì (avverbio di luogo) diverso da li (pronome).
Là (avverbio di luogo) diverso da la (articolo o pronome).
Do (prima persona singolare verbo dare) scritto senza l’accento, perché non può esserci fraintendimento con la nota musicale do.
Ciò
Già
Giù
Più
Può (verbo potere terza persona singolare)
Fa, sa, so, va (verbi fare, sapere, andare) vanno sempre senza accento, senza confondere gli imperativi fa’ e va’.
Po’ (nel senso di “un poco” va scritto con l’apostrofo) diverso da Po (fiume). La grafia pò è errata!
Qua
Qui (non va l’acento)
Sta (terza persona singolare verbo “stare”) diverso da sta’ (imperativo seconda persona singolare verbo stare, sta per “stai”).
Sto (prima persona singolare verbo “stare”) non va l’accento
Su
Fé quando sta per “fede”
Ahimè
Cioè
Perciò
Però
Caffè
Lacchè
Gilè
Ohimè
Scimpanzé
Mercé
Giosuè, Noè, Mosè e la maggior parte dei nomi propri tronchi.
Lunedì e tutti i giorni della settimana fino a venerdì vanno accentati.
L’accento è preferibile nei plurali dei nomi delle parole che terminano in -òrio, quando c’è la possibilità di confusione con il corrispondente plurale delle parole che terminano in -ore. Esempi: contraddittòri, uditòri ecc.
L’accento è preferibile nelle forme verbali dài e dànno, in dèi (divinità, ma se si mette l’iniziale maiscola va scritto Dei), in èra (periodo temporale), sètte (plurale di setta), subìto,vòlta (nel senso di arco).
L’accento è preferibile in caso di parole non comuni. Per esempio: ecchìmosi, dàrsena,leccornìa, libìdo.
L’accento è preferibile in caso di parole la cui pronuncia è spesso sbagliata nella lingua parlata: edìle, rubrica, utensìle.
Torna su