Lei ha una fottuta paura della solitudine, infatti ogni volta che deve andare da sola chiede sempre di andare con qualcuno, non che non sappia andare da sola... ma proprio non è capace di stare da sola! Quindi continua a procrastinare la mia uscita da casa, e mi voleva pure fuori da casa solo con l'amore! Solo perché siccome non sento si fa mille pare! Ma così facendo ha completamente distrutto la mia vita ideale da anni, e non è in grado di rendersene conto!!! Pretende pure che le dimostri come devo vivere secondo lei, ma io non le devo dimostrare un bel niente!!! La vita è mia, cristo!!!

Per forza, ha passato tutta la sua vita ad inseguire gli altri... all'esatto contrario di me, e questo non l'ha mai accettato!
La sindrome del nido vuoto
L’immagine evocata dal nome rende bene l’idea: la sindrome del nido vuoto è quel particolare stato psicologico in cui possono entrare i genitori quando i figli conquistano la loro indipendenza. Quando, appunto, spiccano il volo e “lasciano il nido”. E proprio nel momento in cui loro abbandonano la casa familiare – perché vanno a studiare lontano, perché si sposano, perché semplicemente decidono di vivere da soli – in chi resta può manifestarsi questa sindrome, a sua volta possibile punto di partenza per disturbi nevrotici di vario tipo. Sintetizzando, in una fase di passaggio così importante alcuni genitori sperimentano dei forti sentimenti di tristezza, o addirittura di vera depressione, dovuti alla solitudine e al senso di abbandono. La psicologia insegna che la situazione è assimilabile direttamente a quella di un lutto, perché padre e madre (ma come vedremo soprattutto quest’ultima) si sentono svuotati del ruolo che hanno ricoperto a lungo, e faticano a elaborare un cambiamento così radicale. Di queste dinamiche abbiamo parlato con la dottoressa Sara Breschi, psicoterapeuta e psicoanalista.
La sindrome del nido vuoto - EsseredonnaonlineQuando si può parlare esattamente di sindrome del nido vuoto? Quando, cioè, i normali sentimenti di malinconia che possono accompagnare l’uscita di casa dei figli grandi lasciano spazio a uno stato psicologico più a rischio, che potrebbe sconfinare in disordini nevrotici di vario tipo?
Quando i figli crescono e vanno a vivere fuori casa spesso accade che, in famiglia, quella che è una tappa naturale non venga vissuta serenamente ma come un vero e proprio lutto. Subentra cioè uno stato psicologico di malinconia, solitudine, tristezza, ansia, senso di vuoto. Sentimenti che rischiano, però, di sconfinare nella depressione attraversando una profonda perdita di identità: le madri, spesso più dei padri, passano dal sentirsi inutili al trascurarsi, al chiudersi in casa fino a sviluppare un vero e proprio disturbo dell’umore.
Esistono dati sull’incidenza del disturbo?
Dalle statistiche emerge che la depressione colpisce soprattutto le donne che hanno sacrificato se stesse, i propri bisogni, per occuparsi della casa e del nucleo familiare. C’è quindi un’elevata correlazione tra la depressione e questa sindrome, che impone a queste donne di riscoprire il piacere e la necessità di prendersi cura anche di se stesse.
Oltre al legame particolarmente stretto che le madri instaurano con i figli, quali sono secondo lei altre possibili cause predisponenti, per cui questa sindrome colpisce prevalentemente le donne?
Un aspetto che bisogna considerare è che il momento in cui il nido si svuota coincide spesso con momenti difficili e significativi della vita delle madri: la menopausa , con tutti i conseguenti sbalzi d’umore, e la cura eventuale dei genitori anziani, che richiede di far fronte ad alti livelli di stress. Tutto questo rappresenta un terreno fertile per l’insorgere della sindrome, che peraltro colpisce con più facilità le donne che non hanno coltivato altri interessi se non la cura e l’accudimento dei figli.
Si può mettere in relazione l’insorgenza di questo tipo di problematica con un profilo psicologico particolare? Vi sono, in altre parole, delle caratteristiche predisponenti?
Sono più predisposti a questa sindrome i genitori che intendono attuare un progetto di realizzazione personale attraverso i figli, che vedono i propri figli come una possibilità di riscatto nella vita, o hanno nei loro confronti delle aspettative per così dire salvifiche. Del genere: “Tu, figlio, farai ciò che per me non è stato possibile fare”. Con questi presupposti, nel momento in cui il figlio prende la sua strada, si allontana da casa e, quindi, dal controllo dei genitori e dalle loro aspettative, i genitori entrano in crisi. Perché si ritrovano soli con i propri rimpianti non realizzati. Per gli stessi motivi, a livello di coppia potranno avere più difficoltà a superare il distacco dai figli quelle che hanno trascurato la relazione coniugale, occupandosi esclusivamente del ruolo di genitore.
Pur nella diversità di ogni storia personale, è possibile dare qualche consiglio generale alle madri?
Per prevenire questa sindrome occorre, sin dal momento del parto, rendersi consapevoli di tutta una serie di separazioni che il figlio attuerà nel suo percorso di vita: dalla nascita all’entrata al nido e poi alla scuola, da quando inizierà ad uscire con gli amici a quando avrà una relazione sentimentale, fino all’uscita di casa. Il genitore che riesce a metabolizzare le prime piccole separazioni del figlio, riuscirà a tenere un “posto vuoto” nel nido mentre i figli vivono ancora in casa. E riuscirà, quindi, a trovare uno spazio per occuparsi di se stesso come persona e non solo in quanto madre o padre. È importante coltivare le amicizie e gli interessi sia individuali che di coppia. E ancora, fare piani con la famiglia a lunga scadenza.
Quando invece si è già manifestata questa sindrome, occorre senz’altro parlare dei propri sentimenti con uno psicoterapeuta. Bisogna infatti elaborare tutte le fasi del distacco, e ritrovare la capacità di investire le proprie energie su se stessi senza dimenticare le nuove “modalità” del proprio ruolo genitoriale. Nel frattempo, è importante frequentare gli amici, avvicinarsi al proprio partner, riscoprire interessi messi tempo prima nel cassetto.
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Finora le ho sempre dato il contentino (leggasi: la sua volontà), perché alla fine è solo questo che si merita! Ho sempre saputo esattamente cosa vuole da me come vita ideale, che non è mai stato quello che voglio io! Ma ora non ne posso più, voglio assolutamente vivere la mia vita! Senza niente e nessuno che mi dica come devo viverla!!!
Questa maledetta sindrome da nido vuoto è la causa di tutti questi bamboccioni!
Come diamine me ne libero?!