In riferimento alla conversazione tenutasi ieri sera in chat, vorrei chiarire una volta per tutte cosa intendo per “massa”, dato che si tratta di una parola che uso sovente e che spesso lascia adito a fraintendimenti. Utilizzo la parola “massa” nella sua connotazione di insieme indifferenziato di individui appartenenti ad una certa società (nel nostro caso quella occidentale ipercapitalista post-industriale), non particolarmente individualizzati, ovvero accomunati da elementi socio-culturali standard e dunque classificabili come rientranti nella “norma” nel contesto di una tassonomia di valutazioni concernenti lo status sociale ed economico, il sistema di credenze, le attitudini palesate, il modus vivendi ed altri parametri.
Dunque, non è (solo) questione di cultura, di sapienza o di intelligenza. Pippo Baudo, che non è né particolarmente colto né particolarmente intelligente, non rientra nella succitata denotazione di “massa”, così come non vi rientrano alcuni anonimi artisti, intellettuali, pazzi, schizofrenici, criminali, disadattati, emarginati.
Perché io non faccio parte della massa? Per i motivi di cui sopra. Non ho nulla a che spartire con le vostre aspirazioni, con i vostri sogni, obiettivi, sentimentalismi, con i vostri sistemi morali, con le vostre amate istituzioni (famiglia, scuola, università, fidanzamento, matrimonio etc.). Anche se vi sembra che mi arrabbi e che vi tratti male, in realtà sono pacatissimo: non mi interessa apparire migliore degli altri e soprattutto non mi interessa avere la stima degli altri. Non credo che l’immagine che si ha di se stessi sia più vera dell’immagine che gli altri hanno di noi: non credo ai vostri freudismi pirandelliani volgarizzati al cubo. A Freud rispondo Lacan. Il principio di individuazione è una favoletta. E poi (qui il post su cosa odiamo un po’ lo rimpiango, anche se anche l’odio è un modo di dire) mi fa schifo la semplificazione: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” che diventa “questa collina mi è sempre piaciuta”. Ecco. Io non sono qui per aiutare qualcuno, ma perché tutti abbiamo bisogno di una massa impersonale che ci faccia eco, e in un forum di filologia romanza ciò non è possibile, mentre al bar si (ancora meglio se è il bar del Cottolengo). Voi la chiamate solitudine e la detestate; per me invece e un incontro, sempre improduttivo, con il riflesso di me stesso scomposto caleidoscopicamente nella massa. Il bar fisico non mi piace perché non sopporto il contatto e la prossimità fisica.