Cito dal Sole24Ore:
https://www.ilsole24ore.com/art/naziona ... p-ACXZQAIB [...] Come hanno documentato Philip Rucker e Carol Leoning, Trump ha trasformato quel partito [repubblicano] in una macchina organizzativa personale, presentata, quindi, come la condizione per conseguire gli obiettivi della sua amministrazione (i cui successi economici sono evidentemente esagerati). Si tratta di un partito senza precedenti nella storia americana, assomigliando piuttosto ai partiti (militanti e ideologici) dell'Europa parlamentare del dopoguerra.
[...] Tale trasformazione nazionalista del partito repubblicano costituisce una minaccia per la democrazia americana. Come spiegò anni fa Nelson Polsby, gli Stati Uniti, contrariamente a ciò che molti pensano in Europa, hanno un sistema di governo a separazione dei poteri, non già presidenziale. Ciò significa che il presidente è il capo dell’esecutivo, non del governo in quanto tale (che è costituito invece da tre istituzioni separate). Il presidente e le due camere del Congresso sono (per la Costituzione) “coequal branches” del governo. Ciò richiede una costante azione di mediazione tra quelle istituzioni in quanto esse (per i differenti elettorati che rappresentano e per la diversa durata del loro mandato) sono portatrici di interessi e punti di vista difformi.
Dopo tutto, si tratta di un'unione di Stati, non già di uno Stato nazionale. Quell’azione di mediazione è stata storicamente realizzata dai partiti politici. Il loro pluralismo interno ha rappresentato la condizione per realizzare la loro mediazione esterna. La radicalizzazione militante del partito repubblicano sta mettendo in discussione il ruolo di mediazione interistituzionale dei partiti. L’impeachment di Donald Trump ne è un esempio. Nel sistema di separazione dei poteri non vi è il voto (politico) di fiducia/sfiducia nei confronti del capo dell'esecutivo (come nei sistemi parlamentari). L’unico strumento per fermare un capo dell’esecutivo (presidente) che abusa del suo potere è l’impeachment.
Siccome, nel caso di Trump, non vi sono dubbi che di abuso si è trattato (viste le evidenze riportate), salvare Trump per ragioni politiche (e non costituzionali) ha significato riconoscere al presidente uno status costituzionale superiore (more than coequal, ha scritto Fintan O’Toole) alle due camere del Congresso. Una superiorità che mette in discussione, appunto, l’equilibrio tra le istituzioni separate. Se poi il partito del presidente arriva a controllare tutte e tre le istituzioni di governo, la conseguenza è la trasformazione della separazione dei poteri in un presidenzialismo senza bilanciamenti. Un presidenzialismo (quest'ultimo) che è stato comune a molti Paesi del sud America, dove però ha condotto, in condizioni di crisi, alla loro degenerazione in plebiscitarismi autoritari.
Insomma, gli Stati Uniti, nell'ultima settimana, hanno fatto un passo ulteriore verso la crisi costituzionale. Dietro la crisi c’è l'ascesa di un nazionalismo che, con la leadership di Trump, ha acquisito caratteristiche sempre più estremistiche, se non rivoluzionarie. Si tratta di un nazionalismo portatore di una visione anti pluralista della società e della politica americane. Ma anche del sistema internazionale, dove per esso conta solamente l’interesse del Paese. Di qui il ricorso a pratiche illiberali pur di affermarsi. Se il liberalismo costituzionale si indebolisce negli Sati Uniti, è bene ricordarsi che ciò rafforza i nemici della società aperta ovunque. Anche da noi.