Era l'agosto 1999 e da Malpensa doveva partire un Antonov-225 cargo, il più grosso e potente aereo del mondo. Una notizia che tutti conoscevamo perché in zona se ne parlò parecchio, come per l'eclissi solare di quell'anno. Un passaggio dell'Antonov 124, il fratello minore, non era così raro, ma il 225 era un mito da fantascienza, come il megadirettore di Fantozzi. Io ero in un campeggio ad Angera, a poche decine di chilometri dall'aeroporto. Quel giorno vedemmo tutti il gigante ucraino passare sopra di noi. Da quanto ho saputo in seguito trasportava delle grosse turbine per centrali nucleari destinate al nord Europa, un carico da oltre 200 tonnellate, si diceva 230-240, quasi il limite previsto dai costruttori, cioè 250 tonnellate, che unite al peso dell'enorme aereo facevano un totale di circa 600. Praticamente l'Antonov passò sopra di noi seguendo la consueta rotta di altri aerei, ma dato il peso quasi al limite delle capacità meccaniche era nettamente più basso di quanto eravamo abituati a vedere. Nemmeno i grossi Jumbo 747 passavano a quell'altezza così ridotta. Quando ce lo trovammo sopra vedemmo l'aereo più rumoroso e inquinante del mondo (per fortuna non c'era ancora la Greta) a poche centinaia di metri sopra di noi, non saprei stimare quanto ma nettamente sotto media. Si sentivano chiaramente i sei grossi reattori che arrancavano per spingere in su il bestione. Infatti il frastuono che emetteva era penetrante, un disturbante clangore metallico unito a un rombo sordo che evidentemente interferiva con il sistema nervoso, perché anche i miei vicini erano infastiditi benché affascinati. Passava basso e lento, tanto che ci chiedevamo preoccupati se ce l'avrebbe fatta. Mia mamma disse: "Non è che cade?" Sembrava davvero aggrapparsi a ogni singola molecola di ossigeno per restare su. Forse perché ero giovane, ma a un certo punto mi venne la pelle d'oca, temevo davvero che potesse precipitare.
Invece piano piano prese faticosamente quota, ma nei lunghi secondi del passaggio ricordo che il gatto del mio vicino lo guardava preoccupato come fosse una minaccia, e gli uccelli smisero di cantare disturbati dalle inquietanti onde sonore del poveretto in cielo. La natura si fermò al suo passaggio. Dopodiché, una volta allontanatosi e terminato il boato dei suoi motori, la vita riprese come prima.
Ma ogni volta penso a quanta fatica fece quel meraviglioso rottame sovietico a resistere alla fatica, e ogni volta che vi sento lamentare per qualcosa vi dico di prendere esempio da quell'Antonov 225, residuato bellico sovietico ormai scassato ma coriaceo come un mulo, che nonostante le avversità a cui era sottoposto riuscì a fare quello per cui esisteva, obbligando la natura a portarne rispetto, nonostante si sentissero le vibrazioni della sua carlinga al limite della resistenza meccanica. Ma ce la fece, in un modo o nell'altro.
Imparate e finitela di piangere, che mi avete rotto, e non so ancora come stanno andando le cause di Moggi e Giraudo. Fatela finita, non ho più voglia di sentirvi, ho ben altro di cui occuparmi.