Davy Jones ha scritto:Ma quello che scrivi in quest'ultimo post fa pensare (anzi i dubbi sono pochi) che il tuo problema non sia morale o un semplice disturbo ma qualcosa che necessita di cure.
Davy Jones ha scritto:Se così non è, riflettendo su tuoi diversi post oltre che su quello della scogliera, sembra quasi tu abbia bisogno di stimoli.
Shinji Earworm ha scritto:Non so cosa dica la tua psichiatra e se prendi farmaci,l'idea è che tu sia bipolare.Sa che usi alcool e droghe e che senti voci,oltre a quello che hai fatto sugli scogli?Non per farmi i cavoli tuoi,ma perché solo conoscendo bene i tuoi comportamenti può farsi un'idea chiara del problema e aiutarti nel miglior modo possibile
StillWandering ha scritto:Anche io propendo per il tuo stato mentale, ma non penso che sia solo questo. Forse c'entra anche il fatto che sicuramente stai meglio ma non bene, quindi la tua mente ne risente, come se fosse in un limbo. Certo non è cosa semplice. Di solito è relativamente facile individuare il problema e dare un consiglio per risolverlo, stavolta bisogna avere più accortezza.
StillWandering ha scritto:E allora la domanda è: cosa comprende il "resto"? Quella parte governabile. Magari con qualche consiglio mirato ed efficace si può risolvere anche questo aspetto.
StillWandering ha scritto:Però ci sono alte probabilità che sia anche questo a portarti al tentare il suicidio di gesto, apparentemente senza pensarci. La tua mente sente il disagio e ne vuole uscire, è come se ti stesse telefonando per dirtelo.
Se no ti si radica anche quest'abitudine, e si sa che le abitudini sono dure a morire.
Non lo so. La mia mente va da sé. Continuo a dirle che non voglio farlo, che è una sciocchezza, che è pericoloso, stupido, folle, un gesto idiota, che non voglio giocare a dadi con la morte come se non m'importasse della vita, proprio ora che sto risalendo dall'incubo degli ultimi mesi. Lei dice che dobbiamo provare. Io le dico che avremo allucinazioni da paura e che potrebbero perdurare anche dopo, lei dice che vale la pena correre il rischio. Ma la pena per ottenere cosa?
Rischiare la vita perché?
Dare un dolore ai miei cari perché?
Causarmi un avvelenamento potenzialmente fatale e sicuramente doloroso a che fine?
Ho deciso, o meglio, la mia testa ha deciso, di ingerire un veleno facilmente reperibile (non dico quale perché non voglio dare suggerimenti). È tutto pianificato. Qualcosa di diverso da me ma dentro di me ha già sentenziato fermamente che lo faremo ed è irremovibile. Come ha spinto il mio corpo a buttarsi giù dalla scogliera, solo che stavolta ha pianificato l'ora e il giorno.
Qualcuno che detta istruzioni che io non voglio eseguire, come il fatto che oggi mi procurerò l'occorrente, nonostante io non voglia mettere a repentaglio la mia vita e anzi ci tenga a tenermi stretta la pelle. Perché altrimenti fare qualcosa che va contro la mia volontà?
Da una parte nemmeno lo voglio, perché, come capita con molte abitudini, mi sono affezionata. Togliere questo significa smantellare ciò che sono...
Davy Jones ha scritto:E' difficile per me continuare ad esprimermi in questa discussione, non conosco abbastanza le malattie mentali e temo di dire cose incompatibili con quelle che ti affliggono. Però poi dici che è "solo" un disturbo sviluppatosi in conseguenza a un tuo comportamento, che non è una malattia. Ma dici di sentire le voci, dici che la tua mente (di cui parli come se fosse un'entità diversa da te) ti impone di far cose che non vuoi. Cos'è questo se non una malattia?
In ogni caso se riesci a scrivere qui a noi che tu non vorresti prendere quella cacca che ti vuoi ingurgitare credo tu possa andare a dire a chi ti può aiutare (o più precisamente cercare di curare) quello che ti sta succedendo. Ti prego di farlo.
Renditi conto che quello che hai intenzione di fare non è una roulette russa dove o muori o vivi. E' un o muori o danneggi il tuo corpo. Non c'è il mare della scogliera, ma un pavimento. Non c'è una "vittoria"; perdi in ogni caso.
Se cerchi stimoli ci sono modi più "intelligenti" per farlo; anche rischiosi se è questo a farti sentire viva. Ritieni di valere così poco da poter salutare la vita in un angolo contorcendoti dal dolore? Non ti sentiresti più viva e stimolata affrontando qualcosa di più gratificante? Non so, ad esempio rischiare per qualcosa a cui tieni o in cui credi o a cui ambisci.
Se ti fa fare certe cose (e mi riferisco ai salti dalla scogliera e al gustarsi del veleno) c'è il rischio che ciò che sei diventi solo un mucchietto di cenere. E' come affezionarsi al cancro perché magari la sua presenza influisce sul nostro modo d'essere.
chopsuey ha scritto:Se cerchi stimoli ci sono modi più "intelligenti" per farlo; anche rischiosi se è questo a farti sentire viva. Ritieni di valere così poco da poter salutare la vita in un angolo contorcendoti dal dolore? Non ti sentiresti più viva e stimolata affrontando qualcosa di più gratificante? Non so, ad esempio rischiare per qualcosa a cui tieni o in cui credi o a cui ambisci.
Per esempio? (Non è una domanda provocatoria, è che davvero non me ne viene in mente nessuno)
chopsuey ha scritto:Secondo la mia psichiatra il mio non è nemmeno un vero disturbo, ma una risposta difensiva talmente collaudata nel tempo che ha radici troppo profonde per essere "sradicata con una zappa". Solo che mi crea i casini peggiori e mi vergogno a parlarne, perché non so mai come spiegarlo e ho paura di non essere capita, o peggio ancora creduta. Inoltre non so che impatto potrebbe avere sugli altri, perciò spesso preferisco sparire (com'è stato con quel ragazzo).
A dire della mia psichiatra (che cito come se fosse la Bibbia, e in effetti è diventata il mio punto di riferimento primario) io mi amo molto e i miei meccanismi di difesa sono sempre serviti a proteggermi. Forse anche l'autolesionismo rientra nell'insieme di strategie messe in atto per proteggermi da una minaccia peggiore. O forse no.
chopsuey ha scritto:Solo che mi crea i casini peggiori e mi vergogno a parlarne, perché non so mai come spiegarlo e ho paura di non essere capita, o peggio ancora creduta.
chopsuey ha scritto:Nel mio caso non influisce, ma è il mio modo d'essere. Come, chessò, un cieco dalla nascita che non ha mai visto un colore in vita sua. È possibile che si sia affezionato al buio...
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