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https://youtu.be/4jW9-4m5Gco
Non sentirsi amati costituisce il reato più grave contro tutto ciò che la memoria del bambino ha codificato in milioni di evoluzione come diritto indelebile e fondamentale, soltanto per il fatto che egli esiste.
Ogni violazione di questo diritto viene segnalata attraverso un'emozione apposita, da noi battezzata come RABBIA.
Anche essere stati educati, senza regole, in maniera troppo permissiva, viene vissuto come mancanza d'amore.
Anche la perdita precoce di un genitore, viene vissuta come mancanza d'amore.
Il profondo senso di ingiustizia. Collegato alla rabbia c'è sempre il pensiero "NON È GIUSTO".
Non è giusto perché? Perché sentiamo violato un nostro diritto.
Anche la violazione dei propri spazi, che viene vissuta come senso di impotenza, provoca rabbia perché evoca un profondo senso di ingiustizia.
Sentirsi impotenti non si limita solo agli spazi violati ma anche al venire abbandonati (cosa che esula dal nostro volere), al subire maltrattamenti, abusi, torture e violenze.
Quando questo senso di impotenza è prolungato nel tempo costituisce l'unica leva per poter suscitare una sensazione di odio. Ciò che noi riteniamo e pronunciamo come odio è, il più delle volte, semplice rabbia arretrata.
Anche l'impotenza fisica (maschile) è riconducibile al proprio (non)rapporto con la rabbia.
La figura paterna si rivela in ogni caso responsabile per il rapporto con la propria rabbia. Un padre che abusa della propria autorità verso il bambino, non permettendogli di poter codificare il suo atteggiamento autoritario come segno d'amore nei suoi confronti bensì come separazione tra sé e il bambino, crea la piattaforma per squilibri emotivi. Un tale imprinting porterà il bambino a vivere nel pieno impedimento di accedere a tale forza maschile, in quanto evocherà terrore e risentimento mai superati, o a seguire le orme del proprio papà rivelandosi aggressivo e brutale alla stessa maniera.
In una famiglia troppo accondiscendente e con atteggiamento remissivo verso il mondo, il bambino cresce sentendo di doverli riscattare, compensando tutte le loro mancanze, tutto ciò che hanno tralasciato, sviluppando un atteggiamento sfidante e aggressivo verso il mondo.
Se il genitore è una vittima:
Qualora uno dei due genitori all'interno di un nucleo familiare non sia in grado di affrontare ed accettare le esperienze della propria vita come fatti contingenti, li rifiuta e non riesce a integrarli nel vissuto individuale. Così si crea il ruolo della vittima. La vittima è colui che non sa accettare l'accaduto come tale e non sa assumersi di conseguenza la propria responsabilità all'interno della vita, vivendola con amarezza, frustrazione e rancore (es la perdita di un figlio, la perdita di un patrimonio, l'abbandono da parte del partner, una malattia, un handicap, etc). Tutto ciò crea rancori e risentimenti che si auto-alimentano a un livello profondo dell'inconscio e si tramutato sempre di più in rabbia arretrata.
Non perdonano se stessi e non lasciando andare la situazione che ha suscitato tale trauma (integrando il proprio dolore) rimangono intrappolati in questa prigione emotiva senza alcuna via di fuga.
Anche l'ignoranza e i preconcetti possono creare rabbia:
"Tutti gli extracomunitari sono criminali", "Tutte le donne sono puttane", "Tutti gli uomini sono figli di buona donna", "I Tedeschi sono assassini", "Nessuno fa mai niente per niente". Chi non ha mai sentito questo tipo di affermazioni? Sono una forma di razzismo subdolo e riluttante che il più delle volte ha molta più influenza sul nostro equilibrio emotivo di quanto possiamo immaginare.
L'ignoranza mantiene elevato il tasso di insofferenza verso gli altri esseri umani facendoci sentire sempre in pericolo e quindi legittimati a difenderci con le unghie e con i denti.
I preconcetti alimentano, a fiamma bassa, la nostra rabbia verso il mondo e la vita, spaventandoci e terrorizzandoci e contribuendo ad aumentare il nostro senso di impotenza è quindi di spinta rabbiosa.