Un interessante articolo su psicologia e meditazione:
http://www.gianfrancobertagni.it/materi ... olezza.pdfNe riporto qualche brano:
Immaginiamo, in una bella giornata primaverile, di stenderci su un
prato a guardare il cielo. La prima cosa che catturerà la nostra
attenzione, sarà il volo e il canto degli uccelli. Analogamente,
guardando il cielo della mente, la prima cosa che noteremo saranno
i suoi contenuti più evidenti: pensieri, percezioni, ricordi,
immagini, emozioni, che come uccelli attraversano il nostro spazio
mentale, catturando l'attenzione.
Ma, continuando a guardare il cielo, ben presto ci rendiamo conto
che i colori, le luci e le ombre dell'intero paesaggio possono
variare per via delle nuvole, le quali determinano il tono
generale della giornata: in alcuni momenti tutto è luminoso e
inondato di sole, in altri l'atmosfera si oscura e si fa cupa.
Parallelamente, nell'osservare la mente ci si accorge che il
flusso continuo dei suoi contenuti è, per dir così, 'colorato' da
un tono affettivo fondamentale, che - come le nuvole - incupisce o
rasserena il nostro umore.
Guardando ancora più attentamente, scopriamo che le nuvole sono
mosse da qualcosa di invisibile, ossia il vento, così come gli
umori della psiche sono mossi da pulsioni inconsce. Si tratta di
forze invisibili alla coscienza, ma individuabili in base ai
cambiamenti che operano sulla superficie della mente conscia,
proprio come si può dedurre la direzione del vento, di per sé
invisibile, in base agli spostamenti delle nuvole.
Infine, osservando con uno sguardo ancora più vasto e profondo,
possiamo accorgerci che tutto il fantasmagorico gioco degli
uccelli, delle nuvole e del vento avviene nel grande spazio del
cielo, che resta sempre uguale a sé stesso e si trova sopra, sotto
e anche dentro di noi, perché in definitiva viviamo su un pianeta
sospeso nello spazio e noi stessi siamo, in qualche modo, fatti di
spazio. Allo stesso modo, osservando i mutevoli contenuti della
mente conscia e inconscia, può capitare di scorgere, al di là di
essi, il vasto sfondo di consapevolezza vuota ed aperta che li
ospita e li illumina.
Alla luce della metafora del cielo, potremmo dunque asserire che
la consapevolezza psicoterapeutica e la consapevolezza meditativa
prestano attenzione alle stesse cose (uccelli, nuvole, vento e
cielo), perché la mente è il comune campo d'investigazione per
entrambe le discipline: però la psicologia del profondo è più
interessata ai contenuti mentali (= uccelli, nuvole, vento),
mentre invece la meditazione è più interessata allo sfondo
transpersonale della pura consapevolezza (= il cielo).
Ciò non toglie che, durante il processo meditativo, si possa
verificare lo scioglimento di qualche nodo psicopatologico, o che,
nel mezzo di una psicoterapia - nel momento in cui ci s'imbatte
nei temi cruciali del destino, della sofferenza, della morte, del
proprio unico piccolo io che si confronta con i grandi misteri
dell'esistenza e con gli universali interrogativi che travagliano
l'umanità intera - possano aprirsi sprazzi e barlumi attraverso
cui, d'un tratto, s'intravvede la vastità infinita del cielo
dietro le nubi (ossia un'apertura al transpersonale), anche se non
è questo lo scopo primario della psicoterapia, così come non lo è
della meditazione la guarigione da una psicopatologia.
Occhio però a praticare meditazione se si soffre di gravi psicopatologie:
Nella pratica meditativa della consapevolezza fin
dall'inizio è richiesta la capacità d'instaurare dentro di sé
un'interazione bipolare fra polo osservante e polo sperimentante
e ciò esige la presenza di un io già sufficientemente integrato
ad un livello minimo di sanità di base.
Un paziente borderline, per esempio, la cui patologia comprende
una seria diffusione dell'identità, per molto tempo sarà costretto in terapia
a delegare in gran parte all'analista il polo osservante,
finché una maggiore integrazione dell'io
non gli permetterà di assumerlo su di sé. In casi come
questo, intraprendere un cammino meditativo (che richiede, come si
è visto, un livello minimo di sanità mentale, capace di instaurare
fin dall'inizio dentro di sé un polo osservante che non sia
completamente coinvolto nei meccanismi psicopatologici) sarebbe
non solo inefficace, ma anche controproducente o addirittura
pericoloso: se manca un punto d'osservazione
esterno alla propria patologia, la meditazione non è più tale, ma
si trasforma essa stessa in un'espressione patologica.
Allora un meditante che soffra, per esempio, di una diffusione
d'identità accompagnata da difese schizoidi (che gli conferiscono
un fallace senso di impassibilità, freddezza ed estraniazione da
ogni legame affettivo, accompagnate talora da esperienze di
spersonalizzazione) s'illuderà di essere molto avanti sul cammino
verso il trascendimento dell'io e verso un male inteso distacco
dalle cose del mondo, usando in realtà la meditazione per
rafforzare la propria patologia.
È dunque di cruciale importanza comprendere che la meditazione
non è una psicoterapia. Accade di frequente che persone sofferenti
di ansia o angoscia si rivolgano alla meditazione per cercare un
sollievo al proprio disagio. Ma, se la loro vita è troppo
disordinata, se la loro psiche è troppo squilibrata, meditare non
li farà stare meglio e in molti casi aumenterà anzi la percezione
della propria ansia: la consapevolezza meditativa, infatti, agisce
come uno specchio - a volte impietoso - che riflette la nostra
situazione così com'è, senza condanne né assoluzioni. Se ci sono
aree della nostra vita e della nostra psiche dove è necessario
mettere ordine, lo specchio della meditazione smaschererà le
nostre illusioni e difese a riguardo.
Per queste ragioni, in genere chi abbia una situazione di vita
particolarmente problematica, disarmonica, conflittuale o
squilibrata viene vivamente sconsigliato di partecipare a lunghi
ritiri di meditazione intensiva. Troppo spesso i ritiri di
meditazione vengono usati come alibi per non affrontare i propri
problemi e compensarli attraverso l'assunzione di false identità.
Dunque, l'utilizzo improprio della meditazione come psicoterapia
da parte di persone con gravi turbe psichiche e carenze evolutive
dell'io non solo è per lo più inefficace, ma può anche risultare
controproducente o persino pericoloso per l'equilibrio psichico.