Succede al Forno di Brera: negozio di Corso Garibaldi, pieno centro di Milano
"I curriculum arrivano — spiega il titolare sulle colonne de Linkiesta —, ma i problemi iniziano al colloquio. Cerchiamo una cuoca che affianchi la nostra, per darle una mano, ma nessuna vuole farlo. Avevamo preso un barista, ma ha rifiutato un contratto perché altrimenti perdeva i 700 euro di disoccupazione".
Non è un caso isolato: "L’altro giorno — prosegue il titolare — è venuta una cuoca e ce l’ha detto chiaramente: io comincio da voi, ma aspetto la risposta alla domanda di disoccupazione. Se mi danno l’assegno, non vengo. E non è venuta. Un’altra ha rifiutato il lavoro perché mi ha detto che da piazzale Loreto a qua ci metteva troppo tempo ad arrivare". Il tragitto? Dieci minuti, forse qualcosa in più se si contano anche i cambi e gli eventuali ritardi.
E l'impiego non è un lavoro precario, anzi: "Offriamo un impiego stabile, perché ci mettiamo tanto a formare i nostri addetti e non vogliamo ricominciare da capo ogni volta", prosegue il titolare.
Prima di congedarsi Pattini ci presenta il panettiere (egiziano) e il suo aiutante (rumeno) e ci mostra ancora l’ultimo plico di curriculum che gli sono arrivati: ne contiamo venti, i nomi stranieri sono diciannove. Forse è vero che gli immigrati vengono a fare cose che noi non vogliamo più fare. Ad esempio, lavorare.“