È difficile trovare parole che possano davvero raggiundere un depresso, un morto che cammina.
Quasi impossibile.
O, almeno, per me era così.
«La sua storia è diversa! I suoi problemi si potevano risolvere! I miei no.»
Qualunque successo vedessi, o anche insuccesso, ero fermamente convinto che fosse vano, un mondo distinto dal mio.
Non nutrivo alcuna speranza e, quel che è peggio, nessun interesse nell'avere speranza.
Quindi a te che leggi queste parole, ti capisco se penserai che qualunque cosa io possa dire non si applica a te.
Tu sei una persona unica e la tua storia è solo la tua storia. Lo so.
Ma spero per te tu possa fare questo sforzo, nonostante il tuo malessere, e provare a immaginare, anche solo per poco, che qualche punto comune possa esserci, che la tua situazione sia, se non risolvibile, quantomeno migliorabile.
Adesso sto relativamente bene, ma non ho dimenticato cosa vuol dire non avere neanche la forza di alzarmi dal letto la mattina.
Cosa vuol dire vivere in un mondo di tenebre così fitte che la stessa luce del sole pare un'invasione, un fastidio.
Vivere e non vivere.
Semplicemente trascinarsi in un esistenza vuota, aspettando la morte fisica di un guscio vuoto che un tempo aveva contenuto un'anima.
Ho trascorso così anni, pianificando il suicidio; cercando il luogo, il modo. Avevo fatto testamento.
All'apice del mio dolore, ho sentito addosso l'inferno. Pareva che la mia stessa anima - quel che ne rimaneva - stesse andando a fuoco. Quelli in particolare, sono stati giorni terribili, interminabili. Ogni minuto è stato agonia lunga un'eternità.
Non auguro un simile dolore nemmeno a chi s'è approfittato della mia condizione e mi ha sfruttato malamente per anni.
Non è qualcosa che avrei potuto immaginare prima di averlo provato sulla mia pelle.
Ero pronto a farlo. Avevo preparato l'occorrente e pianificato ogni cosa per anni. L'ho quasi fatto.
Eppure sono qui a raccontarlo ora, e quella pare la vita di un altro.
Se mi sono iscritto a questo forum, quattro anni fa, era soprattutto perché speravo di trovare dei sopravvissuti che potessero aiutarmi, spiegarmi come erano riusciti a sfuggire al buco nero che si erano portati dentro.
Non ne ho trovati.
Spero, allora, di poter essere io di supporto ad eventuali altre persone in cerca di aiuto come lo ero io.
Ecco quindi il cosa mi ha fatto sopravvivere.
Ad un passo dal baratro, ho guardato in faccia il nulla che mi attendeva.
Liberazione? Sì... ma anche no.
La quiete che agognavo, non l'avrei percepita. Sarei solo svanito, senza alcuna possibilità di miglioramento.
Avrei voluto urlare così forte da distruggere il mondo.
Mi sono visto con le spalle al muro, sconfitto fino alla fine, senza via di scampo neanche nella morte.
E mi sono dovuto arrendere.
Arrendere alla vita.
Mi sono arreso a fare ciò che per anni mi ero rifiutato di fare: chiedere aiuto.
Non tanto per orgoglio, quanto soprattutto per rassegnazione. Ero assolutamente certo che niente all'esterno di me potesse salvarmi, che nessuno potesse far niente.
E in luce di questa "verità", non avevo mai chiesto aiuto a nessuno, perché non volevo che al dolore per il mio suicidio si aggiungesse il pensiero di non essere riusciti ad aiutarmi. Sarei morto da solo, senza che nessuno sapesse perché.
Accettare l'aiuto degli altri è fondamentale.
Terrorizza dover ammettere di stare male al punto di desiderare la morte.
E se non capissero? E se sminuissero il mio dolore?
Purtroppo il rischio c'è.
È importante trovare una persona affidabile, che si tratti di un amico, un conoscente o un professionista.
Come si dice per molte cose: il primo passo è ammettere di avere un problema, ammettere di aver bisogno di sostegno.
Non c'è vergogna in questo.
Appurato ciò, ho riflettuto molto sulla mia vita. Sui legami e le delusioni che ne sono derivati.
La conclusione più importante a cui sono arrivato è che dovevo ridimensionare le mie aspettative.
Nei confronti di cose e persone.
Ho sempre vissuto seguendo una morale elevata, dando il massimo, seguendo i miei ideali di giustizia.
Così facendo, le inevitabili "ingiustizie" della vita (che potevano essere anche cose come un amico che mi dice «Organizziamoci per vederci, qualche volta!», salvo poi non farsi più vivo) le ho sempre percepite come molto più grandi di quanto non fossero.
Faccio ancora questo errore, alle volte: tutt'ora sono triste perché una persona a cui tengo non ha tenuto in considerazione i miei desideri quanto avrei voluto.
Adesso, però, sono più consapevole di questa trappola mentale che mi tendo da solo e non me ne faccio risucchiare quanto prima.
Ogni persona percepisce il mondo in modo diverso e non sempre i torti che percepiamo sono atti di cattiveria.
Accettare di non essere amati nel modo (e purtroppo anche nella quantità) che vorremmo è, temo, qualcosa di indispensabile ad un sano vivere.
Adesso che sono "di nuovo vivo", mi ritrovo ad avere impegni e non riesco a trovare tempo da dedicare ad ogni persona che conosco. Non tutti possono essere al primo posto per me, ma questo non vuol dire che non tenga a certe persone; a ruoli inversi, ora capisco che, quando mi sentivo ignorato da tutti, indesiderato, la mia chiave di lettura era distorta. Probabilmente non ero al primo posto per nessuno, di questo ne sono quasi certo.
Ma questo non significa che non fossi, almeno in parte, amato.
E ti prego, sconosciuto, se stai ancora leggendo queste mie parole, prova a mey da parte l'orgoglio. È difficilissimo ammettere di non avere il controllo di sé, delle proprie percezioni. Ammettere che c'è un filtro nero davanti ai nostri occhi e al nostro cuore che ci fa vedere le cose in maniera errata.
Se soffri di depressione, prova a credermi quando ti dico che ciò che pensi sia vero è filtrato dal tuo malessere.
Molte delle persone qui sono involontariamente artefici del proprio dolore. Sicuramente la vita ha dato loro delle brutte botte, esperienze più o meno dolorose, ma è il loro stesso atteggiamento nei confronti della vita (dettato dallo stato depressivo) a fregare davvero.
Ci sono errori comportamentali che facciamo senza rendercene conto.
Atteggiamenti negativi che andrebbero eliminati (o ridimensionati) per poter stare meglio.
Altra cosa importantissima che ho realizzato è l'importanza di uscire di casa, di alzarmi dal letto.
Facile a dirsi, lo so. Richiede uno sforzo sovrumano, quando si vorrebbe solo morire.
Focalizzarsi su qualcosa, qualsiasi cosa, è fondamentale. E qui davvero non ho idea di come possano le mie parole raggiungerti, perché so per certo che non avrebbero raggiunto me.
Non c'era più niente che mi donasse vera soddisfazione, vera gioia di vivere. Tutto appariva vano, vuoto, squallido.
Uscire di casa? Per andare dove?
Per fare cosa?
A che pro?
Lo so.
Nel mio caso, paradossalmente è stato lo studio. Lo stesso studio che mi ha tolto la gioia di vivere e mi ha fatto sentire in trappola al punto da farmi mandare in frantumi la mia intera esistenza.
Sto stringendo i denti e sto lottando, giorno dopo giorno, tenendomi impegnato coi miei doveri, alzandomi presto e sudando.
Servirà a qualcosa?
Sarò sincero: ne dubito.
Non credo che i titolo di studio che (forse) otterrò, con estremo ritardo, mi darà un vero futuro. Possibilmente da qui a qualche anno sarò sotto un ponte.
Ma serve davvero a qualcosa focalizzarsi su come le cose potrebbero andare male?
Non tenere in considerazione le evenienze negative è da sprovveduti, questo è sicuro, ma per andare avanti bisogna seguire la strada lottando per ogni minima possibilità di successo.
Ciò che so è che, seppur il futuro sia ancora un grosso punto interrogativo avvolto dalle tenebre, il presente è diventato assai più sopportabile.
Non ti conosco e non posso sapere cosa può spronarti ad andare avanti. Nessuno lo sa meglio di te.
Posso solo consigliarti di cercare qualcosa. Che sia un lavoro o un hobby... qualcosa che ti dia quel po' di gratificazione che ti sproni ad uscire di casa.
Uscire dal guscio, in qualsiasi modo, è fondamentale. Le persone sono lì fuori.
Molte sono "cattive", nel senso che non saranno esperienze positive per noi, ma a volte una singola amicizia fortuita può fare la differenza. Da una persona se ne può conoscere un'altra e chissà che, da amicizie superficiali, non si possano scoprire anime a noi affini, che ci rendano l'esistenza più gradevole.
Ve lo auguro di cuore, perché so quanto sia orribile la depressione.
Purtroppo non ho molto tempo da dedicare a questo forum. È un enorme buco nero pieno di anime in pena.
È una negatività pesante, che mi ha tolto molte energie, ai tempi.
Sono dovuto scendere a patti con l'idea che non posso salvare tutti.
Probabilmente non posso salvare nessuno, ma provo comunque a tendere una mano.
Mi scuso per qualunque persona possa sentirsi trascurata e se non dovessi rispondere con tempestività ad eventuali messaggi qui sul forum.
Qualora qualcuno avesse bisogno, sappiate che i messaggi privati mi arrivano per forza, perché ricevo le notifiche direttamente sul cellulare tramite le e-mail, quindi usate pure quelli, in caso.
So che le mie parole non sono molto - sono vane speranze - ma spero che possano raggiungere qualcuno e infondergli speranza.
Non credevo di poter essere felice.
Mi son dovuto ricredere.
Un saluto, Y.