PSICOPATOLOGIA DELL’ANSIA
L’Ansia è il processo psichico attraverso il quale il soggetto reagisce a stimoli esterni di pericolo attivando risposte fisiche e psicologiche atte alla difesa della propria persona.
Questa attivazione predispone a due modalità comportamentali per fronteggiare il pericolo: Attacco e fuga.
C'è chi dice che può essere distinta in ansia di stato (stato di allerta momentaneo relativo ad uno stimolo) e di tratto (Caratteristica permanente della personalità).
L’ansia è un fenomeno complesso, universale, di non facile collocazione. Essa costituisce uno dei grandi temi e delle grandi problematiche del sapere umano, su cui si sono cimentate la filosofia, la psicologia, la medicina, l’an¬tropologia, la fisiologia, etc. Tale ampiezza negli interessi suscitati è di per sé indice della vastità, del¬la varietà di forme e della mutevolezza del fenomeno che, per l’incertezza dei suoi confini, sfugge a definizioni esaurienti. Esso infatti cambia a seconda del contesto culturale in cui si colloca e del metro su cui si confronta. La parola “ansia” oggi può pertanto trovarsi associata a concetti anche molto diversi fra loro come: angoscia, paura, apprensione, preoccupazione, tensione, agitazione, irrequietezza, eccitamento, depressione.
Una definizione molto diffusa di ansia è: “Paura senza oggetto”, in altre parole una reazione emotiva senza uno stimolo concreto ed individuabile, che spieghi la reazione emotiva stessa del soggetto. Risulta chiaro da questa definizione come il modo forse migliore che è stato trovato per definire l’ansia sia quello di partire proprio da uno di quei concetti che spesso vengono con essa confusi.
Schematicamente ogni fenomeno psicofisico si può estrinsecare attraver¬so tre aree, l’area della mente, quella del corpo e quella della condotta. L’ansia si manifesta secondo tutte e tre queste aree, assumendo rilievo tanto nel versante soggettivo, che in quello corporeo che in quello comportamentale.
Dal punto di vista soggettivo intrapsichico, l’ansia appartiene alla sfera delle emozioni, ed è avvertita come sensazione di attesa di qualcosa di in¬definito, ma comunque spiacevole, una sorta di incombenza minacciosa, un senso di insicurezza, una irrequietezza psichica non identificabile né definibi¬le con precisione. I limiti di questa sensazione sono incerti e gli strumenti del pensiero e del linguaggio sono avvertiti come non idonei ad abbracciare l’inte¬rezza del fenomeno. L’intensità di questa sensazione può variare da un lieve senso di irrequietezza spiacevole ad una precisa sensazione di morte immi¬nente.
Elementi costitutivi dell'ansia sono: a) la minaccia, il sentimento, cioè, di essere in procinto di affrontare o di subire qualche cosa di rischioso, di po¬tenzialmente pericoloso per il proprio sé; b) l'assenza di contenuto, per cui l'entità minacciante è ignota, non definibile; l'ansia è così avvertita come forma, come stato d'animo ingiustificato. Questo elemento ha dato origine alla definizione dell’ansia come "paura senza oggetto" sopra descritta; c) il futuro, nel senso che nell'ansia è implicita l’anticipazione, la proiezione nel domani, vi è un co¬stante riferimento a un qualcosa che potrà accadere; d) la spiacevolezza, per cui l’an¬sia è avvertita come qualcosa di penoso, la convivenza con questo stato è dif¬ficile e sgradevole, vi si associa una sorta di tensione dolorosa; e) l'eccitazio¬ne, l’avvertimento del proprio stato di allerta, della generale accelerazione dei propri processi psicofisici.
Da un punto di vista somatico, l’ansia è caratterizzata da un corteo di sintomi neurovegetativi tra cui oppressione toracica, palpitazioni, tremore, sensazioni di nodo alla gola, affan¬no, tensione muscolare, manifestazioni gastroenteriche (sensazione di pesantezza allo stomaco, crampi addominali, diarrea), sensazioni di sbandamento o di vertigine, eventuali formicolii agli arti, secchezza delle fauci, dila¬tazione pupillare, sudorazione, vampate di caldo o di freddo, ecc.
Per quanto riguarda il versante comportamentale, l’ansia induce modifi¬cazioni anche sensibili nella condotta e nel modo di essere: la facies dellan¬sioso è caratterizzata, anche visivamente, dalla tensione, per cui i lineamenti sono tirati, gli occhi sbarrati, con rarità dell’ammiccamento e possibile dila¬tazione pupillare. La gesticolazione dell’ansioso è generalmente esaltata, ca¬ratterizzata da movimenti continui quali il torcersi le mani, l’incapacità a sta¬re fermo, il passeggiare incessantemente, l’irrequietezza continua delle gambe. La voce può essere alterata, sia per l’elevazione del tono (voce stridula) che del volume, mentre il flusso di parole è di solito aumentato (logorrea). Il comportamento generale è caratterizzato dall’inde-cisione, dai continui ripensamenti, dagli scrupoli immotivati che si ripetono. L’incertezza assume toni di massimo rilievo, i ripensamenti sono continui, il soggetto necessita di continue rassicurazioni sulla correttezza delle sue scelte e delle sue azioni. Egli diventa anche impaziente, più irritabile che di consueto, più scrupoloso che di norma, ma anche più distratto.
Terminologia:
Allerta: Stato che accompagna l’attesa di un evento;
Paura: Emozione provocata da un pericolo imminente;
Angoscia Sensazione di impotenza, di allarme rispetto ad un pericolo, logorante e pervasiva;
Panico: Culmine dell'angoscia, stato di totale paralisi delle funzioni psicofisiche.
Ansia: Stato emotivo caratterizzato da presentimento di pericolo imminente, inquietudine, attesa in assenza di reale pericolo che può produrre risposte inadeguate.
ASPETTI ETIOLOGICI
_Paradigma Psicoanalitico: Considera l’ansia come un segnale di pericolo o minaccia, che può derivare da un conflitto inconscio che le difese dell’io non sono in grado di controllare.
_Paradigma comportamentale: L’ansia è considerata una risposta a stimoli ambientali.
_Paradigma neurobiologico: Ipotesi che nella patogenesi dei disturbi d’ansia siano coinvolti 3 neurotrasmettitori cerebrali:
Noradrenalina: Riceve afferenze sensoriali riguardanti le situazioni di pericolo e attiva le aree cerebrali adibite all'evitamento di queste.
GABA: Importante neurotrasmettitore del SNC sembra importante nella patofisiologia dell’ansia.
Serotonina: i cui neuroni proiettano fibre alla corteccia cerebrale al sistema limbico e all’ipotalamo. Negli animali la somministrazione provoca irrequietezza.
Occorre sottoli¬neare innanzitutto che l’ansia è un fenomeno del tutto fisiologico, di cui tutti facciamo esperienza, seppur in misura e con frequenza molto variabi¬le. L’ansia è una dimensione inevitabile del vivere umano, con cui è necessa¬rio confrontarsi quotidianamente. I livelli d’ansia esperiti sono funzione del tipo di personalità di ognuno di noi e degli eventi a cui andiamo incontro. La personalità, a sua volta, è verosimilmente influenzata dalle esperienze pre¬cedenti, dal modo con cui vi si è fatto fronte e da alcune di¬sposizioni innate.
L’ansia non è una peculiarità dell'essere umano, ma si ritrova anche negli animali: l’analo¬gia tra ansia umana ed ansia animale si basa sull’identità del¬le manifestazioni somatiche e comportamentali, non essendo valutabile il vissuto intrapsichico. Questo è il motivo per cui la parola an¬sia è messa tra virgolette quando ci si riferisce a questa in senso più ampio inclu¬dendo tanto lo specifico stato umano che quelle condizioni dell’animale che lo richiamano. Ciò che è osservabile nell’animale è che, in occasione di cambia¬menti bruschi, di esposizione a situazioni che possano minacciarne la stabili¬tà e/o la sopravvivenza, avvengono determinate rapide variazioni biologiche e comportamentali del tutto analoghe a quelle che si verificano nell’ansia umana.
Nell’animale, e specialmente negli animali superiori, è agevole notare come tutte le modificazioni biologiche (per es. aumento della vigilanza, mag¬giore utilizzazione delle risorse energetiche dell’organismo, accelerazione del battito cardiaco, vasocostrizione specifica di alcuni distretti, etc.) sono utili per un comportamento di attacco o di fuga (vedi Sindrome Generale di Adattamento). In altre parole, di fronte ad una minaccia, l’animale mette in atto una serie di modificazioni fisiche che sono funzionali alla risoluzione della situazione di minaccia, vuoi attraverso l’eliminazione diretta della fonte di pericolo (l’attacco), vuoi attraverso l’allonta-namento dalla minaccia (la fuga). Secondo questa ottica sembra quindi corretta l’interpretazione dell’”ansia” come di un qualcosa che facilita la sopravvivenza dell’animale in ambienti ostili, e quindi come una primordiale reazione utile all’adattamen¬to. Dal momento che tali reazioni avvengono anche in animali primitivi da un punto di vista filogenetico, è logico ipotizzare che l’”ansia” rappresenti un se¬gnale molto arcaico di risposta alla minaccia, minaccia che non necessaria¬mente deve essere riconosciuta attraverso sistemi cognitivi di elevata com¬plessità. Esisterebbero cioè delle possibilità di riconoscimento immediato del pericolo che non necessitano di una organizzazione troppo strutturata del si¬stema nervoso centrale. Tale posizione non può prescindere dalla cosiddetta “teoria dei tre cervelli”.
Secondo tale teoria, l'organizzazione del cervello umano risulta dall’integrazione di tre tap-pe evolutivamente successive:
- le strutture troncoencefaliche, già ben svilup¬pate nei rettili (“cervello del serpente”), presiedono ai comportamenti istinti¬vi, quali l’accoppiamento, il soddisfacimento della fame e della sete, la terri¬torialità e, per quel che ci interessa più da vicino, l’aggressione e la fuga, che possono essere considerati il primo gradino dell’”ansia”.
- Lo sviluppo, nei primi mammiferi, del sistema limbico apporta, oltre ad un aumento notevole della capacità di memoria, la capacità di controllare in parte le rea¬zioni istintuali: queste divengono meno automatiche e risentono di una mag¬giore varietà di stimoli, venendo modellate anche dal ricordo di situazioni precedenti, dalle interrelazioni con il gruppo, etc. E’ verosimile che già a que¬sto stadio le manifestazioni istintuali siano accompagnate da una sorta di ”esperienza emotiva”. E’ importante tenere presente che il sistema limbico va visto come la ap¬posizione di una nuova struttura che si integra con la precedente, aggiungen¬do complessità all’insieme, ma senza sostituirla nelle sue funzioni specifiche. In altre parole, lo sviluppo delle nuove strutture permette da una parte l’effettuazione di operazioni più complesse, dall’altra la modulazione delle funzioni delle strutture preesistenti.
- Lo stesso procedimento vale per la terza tappa della filogenesi cerebrale, lo sviluppo della neocortex (solo nei primati). Questa consente un incremento delle capacità associative e di previsione (e quindi del ”pensiero”), ponendosi nel contempo come ultimo più elevato livello gerarchico di integrazione delle strutture sottostanti. Que¬sta crescente complessità organizzativa fa sì che le strutture evolutivamente inferiori, originariamente devolute a funzioni più semplici, interagiscano con le strutture superiori, subendone in parte il controllo attraverso afferenze dall’alto, e in parte modulandone il funzionamento mediante afferenze dal basso. In altre parole, le funzioni inferiori non vengono cancellate o sostituite, bensì integrate, conservando quindi buona parte della loro funzionalità.
L’ansia rappresente¬rebbe quindi una reazione primordiale di fronte al pericolo, mentre i suoi aspetti più peculiarmente psicologici, di avvertimento psichico, sarebbero successivi. Questo spiegherebbe la difficoltà, se non l’impossibilità, che ab¬biamo di padroneggiare e descrivere l’ansia secondo gli strumenti del pensie¬ro e del linguaggio. Questa interpretazione rivaluta anche la posizione tenuta all’inizio del secolo da James e Lange, secondo i quali gli aspetti psicologici coscienti delle emozioni sono successivi e secondari alle modificazioni corpo-ree indotte da queste. In altre parole, il versante fisico dell’emozione verrebbe prima, mentre l’elemento cosciente non sarebbe altro che la percezione “a po¬steriori” dei cambiamenti somatici dell’emozione. Per tornare più specifica¬mente all’ansia, si può osservare come sia impossibile descrive¬re questa emozione se non facendo ricorso alla descrizione delle sensazioni fi¬siche associate.
Il considerare la posizione evolutiva consente di chiarire la distin¬zione tra l’ansia animale e l’ansia umana, fenomeni che sono uguali e diver¬si nello stesso tempo. Essi sono simili in quanto traggono origine dallo stesso tipo di stimolo (la minaccia) e sono elaborati in prima istanza da analoghe strutture cerebrali (i sistemi limbici e troncoencefalici). Sono però dissimili perché la complessità delle strutture che vengono coinvolte nel fenomeno è tale, nell’uomo, da crearne un fenomeno del tutto nuovo. Nell’uomo i sistemi cerebrali inferiori si rapportano con la corteccia, per cui elementi di associa¬zione, di previsione, di introspezione, rendono tali fenomeni emotivi peculiari dell’essere umano. Così, “accanto alle esperienze at¬tuali, reali ed esterne di pericolo (come negli animali), risulta peculiare dell’esperienza umana un nuovo tipo di pericolo: non-presente (futuro), non-reale (fantasmatico), non-esterno (intrapsichico); di fronte a tale “nuova” si¬tuazione l’uomo si trova a disporre di un equipaggiamento espressivo che è invece vecchio (i pattern paleoencefalici delle risposte emotivo-vegetative).
Abbiamo visto che l’”ansia” è nell'animale un fenomeno fondamental¬mente adattativo, dotato di un alto valore di sopravvivenza. Ci si può ora chiedere se tale funzionalità venga conservata anche nell’uomo. Ali Ibn Hazm, filosofo scolastico arabo del X secolo D.C., sostiene che “nessuno si risolverebbe a fare una sola azione o a pronunciare una sola parola se non spe-rasse con questo di risolvere l’ansia dal suo spirito”. Il valore dell’ansia come spinta, come motivazione all’azione è stato quindi sempre tenuto presente.
Entro determinati confini quindi l'ansia è utile, adattativa anche nell’uomo.
Questo concetto assume valore cardine nella distinzione tra ansia normale e an¬sia patologica: si può convenire che l’ansia cessa di essere fisiologica allorché perde quel suo ancestrale valore di utilità per la sopravvivenza, quando cioè essa non è più adattativa, ma anzi diviene negativa per l’individuo.
Questa condizione di ansia patologica si può avere fondamentalmente in due casi:
a) quando essa è eccessiva, tanto da influenzare negativamente la pre¬stazione;
b) quando non è richiesta alcuna prestazione, per cui l’ansia si palesa co¬me spiacevolezza inutile, gratuita e come antieconomi¬co impegno di energie (non ci si dimentichi che l’ansia mobilita, “spreme” tutte le energie disponibili in previsione di un comportamento di attività).
Quest’ultima evenienza è strettamente legata alla capacità di previsione: si intuisce quindi come l’enorme aumento delle capacità di previsione che si verifica nell’uomo, legato verosimilmente allo sviluppo delle porzioni ante¬riori della corteccia cerebrale, modifichi radicalmente il significato dell’ansia. In questo senso, se la possibilità di previsione arreca un indubitabile vantag¬gio ai fini dell’adattamento alle situazioni, essa porta con sé anche l’anticipazione del pericolo. La minaccia futura viene così vissuta nell’oggi: non il pericolo reale, bensì l’elaborazione intrapsichica diviene allora la fonte delle modificazioni emotive. Queste seguono però la strada tracciata dai millenni dell’evoluzione, mobilitando strutture e funzioni non più idonee a gestire la nuova evenienza. L’uomo si trova ad affrontare situazioni ansiogene nuove con il vecchio bagaglio biologico della sua filogenesi. Si comprende così co¬me l’ansia sia nello stesso tempo un fenomeno vecchio e nuovo, per certi versi il residuo di meccanismi adattativi che hanno perso la loro funzionalità. In questo senso si giustifica la definizione dell’ansia come privilegio e allo stesso tempo maledizione del genere umano.
ASPETTI BIOLOGICI
Da un punto di vista biologico questi concetti trovano espressione in strutture neuroatomiche ben precise:
1. Via breve talamo-amigdala -> che determina la risposta rapida automatica.
2. Via lunga talamo-corteccia-amigdala -> che conferisce la capacità del riconoscimento dello stimolo e pertanto consente la risposta istintiva al ripresentarsi di un medesimo stimolo.
3. Porzione mediale della corteccia frontale -> che esercita un controllo attivo sull’amigdala di tipo inibitorio.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Gli stati d’ansia possono essere di intensità variabile, da un lieve senso di irrequietezza e di indefinito malessere generale, a forme acutissime di grave panico. Nelle forme più lievi il soggetto si sente a disagio, inquieto, irritabile ed avverte un senso di tensione che non riesce a giu¬stificare. Egli può provare particolari sensazioni di irrealtà e di cambiamen¬to, di breve durata, che in genere vengono impropriamente descritte come sbandamenti o vertigini. Spesso l’ansioso non riesce a dormire bene, o per la difficoltà a prendere sonno, o perché turbato da sonni agitati e con frequenti risvegli. A tale condizione spesso si associano alcuni dei sintomi neurovegetativi (sopra descritti) tipici degli stati ansiosi. L’attacco di panico rappresenta invece la forma più severa. Consiste in una crisi d’ansia ad esordio im¬provviso di intensità elevatissima, caratterizzata da agitazione interiore, paura di mo¬rire, di perdere il controllo o di impazzire, con un corredo sintomatologico di tipo neurovegetativo più rappresentato per intensità e numero di sintomi.
TERMINOLOGIA
Paura: nella paura l’oggetto minaccioso è esterno e reale, identificabile. Lo sta¬to d’animo che ne deriva è interamente attribuibile alla entità della minaccia esterna. Nell’ansia non vi è invece consapevolezza e riconoscimento della en¬tità minacciante. Si prova quindi paura dinanzi ad una situazione di pericolo reale (“paura di”), mentre l’ansia non può essere “ansia di”, ma semplicemen¬te “ansia”, senza oggetto. In realtà la maggior parte delle situazioni sono intermedie tra ansia e paura, nel senso che una situazione reale di minaccia scatena fantasie interne che trascendono la realtà del pericolo. Per esempio, uno studente prima di un esame prova uno stato d’animo sicuramente scate¬nato dalla situazione reale dell’esame, ma che eccede per intensità la realtà ef¬fettiva del rischio connesso alla prova. Lo studente stesso, per tranquillizzar¬si, cerca di chiarirsi l’entità reale del rischio (”al massimo mi boccia”), ma questo procedimento vale ben poco ad alleviare il suo stato di tensione, a ri¬prova che la evenienza dell’esame costituisce uno stimolo per riverberare fan¬tasie più profonde.
Angoscia: questo termine deriva etimologicamente dalla radice indiana antica “angh" (stringere) ed è generalmente usata in psicopatologia per indicare una maggiore compartecipazione del versante somatico ed in particolar modo i sintomi di oppressione e di costrizione toracica. Nel linguaggio comune, tut¬tavia, ci si riferisce ad angoscia con significati non sempre analoghi: per alcu¬ni l’angoscia è effettivamente “un senso di peso al petto e alla bocca dello sto¬maco”, per altri questo termine indica semplicemente una situazione di ansia più grave, per altri ancora il termine denota un’ansia provvista di una mag¬gior componente depressiva, un qualcosa di più cupo e spiacevole.
Nonostante che non tutti concordino con questa posizione, noi prefe¬riamo usare i termini ansia e angoscia come sinonimi, anche per evitare le dif¬ficoltà che il mantenimento di una qualche distinzione porterebbe nella tra¬duzione dei termini stranieri. Considereremo inoltre la triade paura-ansia-angoscia come un fenomeno di matrice unica, seppur secondo una polarità che vede ad un estremo la paura e all’altro l’ansia-angoscia.
Panico: è la forma più acuta, più intensa e più nettamente delimitabile tempo¬ralmente dell’ansia. Esso ha la caratteristica della crisi acuta, nel senso di una in¬sorgenza rapida ed improvvisa e di una netta differenziazione rispetto alla condizione abituale del soggetto.
Tensione: questo termine comporta la sensazione soggettiva sgradevole che si può provare prima di situazioni non evitabili, spiacevoli, ma non grave¬mente rischiose (per esempio prima di un impegno particolarmente gravoso, ma non vissuto come portatore di minacce particolari). Si distingue dall’ansia e dalla paura per la presenza di minore eccitazione e l’assenza dei vissuti intrapsichici e dei sintomi neurovegetativi sopra descritti.
Eccitazione: l’eccitazione esprime il momento di iperattività di molte funzioni fisio¬logiche e vegetative che accompagna molte emozioni. Non è pertanto uno stato specifico dell’ansia, potendosi ritrovare in forma analoga in altre condi¬zioni emotive (per es. l’ira). I neurofisiologi hanno coniato il termine di "arousal", che esprime in maniera più precisa il concetto. In sintesi per ecci¬tazione si intende quel complesso di esaltazione funzionale di molte attività dell’organismo che sono avvertite come irrequietezza, tensione, stato di allerta, tremore, etc. Quasi tutti gli aspetti somatici e comportamentali dell’ansia sono riferibili all’eccitazione: l’ansia comprende cioè l’eccitazione, mentre non è vero l’inverso: per esempio l’eccitazione non ha necessariamente la spiacevolezza che di norma accompagna l’ansia. Si ha eccitazione, per esem-pio prima di una situazione attesa e piacevole, basti pensare ad un bambino alla vigilia di Natale.
Ansia-tratto e ansia-stato: la distinzione tra ansia-tratto e ansia-stato è di primaria importanza al fine della comprensione dei fenomeni clinici di questa emozione. L’ansia in¬fatti può manifestarsi sia come un aspetto duraturo e stabile di personalità che come un sintomo acuto, limitato nel tempo, e relativamente indipenden¬te rispetto al modo di essere abituale del soggetto che ne è colpito.
Nel primo caso si parla di “ansia-tratto"”, indicando con questa terminologia una generi-ca e duratura tendenza all’ansia, un elemento costitutivo del carattere di una data persona per cui questa è soggetta a provare ansia con più facilità rispet¬to a un’altra. L'ansia-tratto è una peculiare disposizione personologica, un modo di essere e di reagire proprio di quegli individui la cui personalità è ge¬neralmente descritta con aggettivi tipo “apprensivo”, “iperemotivo”, “insicu¬ro”, ecc.
Ansia-stato si riferisce invece ad un evento puntuale, al cogliere una determinata condizione ansiosa “qui e ora”, indipendentemente dal com¬portamento abituale dell’individuo. Questo termine si avvicina maggiormen¬te al concetto di ansia come sintomo, piuttosto che di tratto di personalità; si tratta di uno stato momentaneo, non necessariamente legato alla condizione abituale del soggetto.
Ansia libera ed ansia situazionale: si parla di ansia situazionale quando questa è scatenata da oggetti o situazioni specifiche, come nel caso delle fobie: qui il soggetto è colto da sintomi ansiosi in occasione dell'esposizione a situazioni specifiche. L'ansia libera è invece quella che si manifesta indipendentemente da situazioni specifiche.
INQUADRAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA
Per quanto riguarda insorgenza e durata della sintomatologia ansiosa si distinguono:
- Ansia Acuta: è la crisi d’ansia (panico), ha insorgenza improvvisa, intensità elevata, breve durata
- Ansia Cronica: stato duraturo di attesa apprensiva, eccessiva, irrealistica, con preoccupazioni relative a svariate circostanze e anticipazione pessimistica di eventi negativi
I Disturbi d’Ansia sono attualmente suddivisi da un punto di vista nosografico in:
- Disturbo di Panico
- Fobia Sociale
- Disturbo d’Ansia Generalizzato
- Disturbo da Stress Post-Traumatico
- Fobie Semplici o Specifiche
- Disturbo Ossessivo-Compulsivo
Più specificatamente in:
1_Disturbi di panico (DAP)
2_Disturbi fobici (divisi in fobia specifica e fobia sociale)
3_Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)
4_Disturbo post-traumatico da stress
5_Disturbo acuto da stress
6_Disturbo d’ansia generalizzato (GAD)
7_Disturbo d’ansia dovuto a una condizione medica generale
8_Disturbo d’ansia indotta da sostanze
9_Disturbo d’ansia non altrimenti specificato
DISTURBO DI PANICO
Secondo il DSM IV è caratterizzato dalla presenza di attacchi di panico ricorrenti, intervallati da almeno un mese in cui l’individuo resta preoccupato per una ricomparsa e delle conseguenze sulla propria salute.
E' definito come un periodo di intensa paura o sofferenza accompagnato da sintomi somatici e cognitivi, ha un inizio improvviso e una durata di circa 10 minuti.
I pazienti accusano sensazione di pericolo imminente, catastrofe, paura di morire o
impazzire.
E' un sintomo ubiquitario, che può comparire in più disturbi d’ansia.
In base alla presenza o meno di un evento scatenante gli attacchi di panico si dividono in:
_Inaspettati o spontanei: Non ci sono (apparentemente) eventi scatenanti.
_Causati dalla situazione: Conseguenza o anticipazione di un evento scatenante.
_Sensibili alla situazione: In presenza di un evento scatenante ma non invariabilmente associati a questo.
Il disturbo di panico ha 2 varianti: può essere con o senza agorafobia (paura di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile sottrarsi o trovare aiuto come strade, posti affollati, spazi chiusi).
Insorge variabilmente tra i 20 e i 40 anni, con picchi a 20 e 35 anni, e può avere un decorso cronico.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
Fobia sociale e specifica, in cui l’ansia compare in situazioni sociali specifiche;
Disturbo ossessivo-compulsivo, in cui oltre all’ansia sono presenti rituali e compulsioni;
Disturbo post-traumatico da stress, in cui l’ansia è associata a un trauma;
Depressione maggiore il cui disturbo fisico è cronico;
Disturbo d’ansia generalizzata, in cui è assente l’ansia anticipatoria;
Disturbo d'ansia da condizione medica generale;
Disturbo d'ansia indotto da sostanze stimolanti il sistema nervoso centrale.
Teorie in proposito
La psicoanalisi considera l’ansia come un segnale di pericolo o di minaccia che insorge da un conflitto inconscio che sfugge alle difese dell’Io.
Freud e Bowlby lo collegavano a esperienze affettive precoci.
Per Bowlby deriva da un inadeguato rapporto di contenimento da parte della madre che crea una ferita narcisistica insanabile che renderebbe il soggetto eccessivamente dipendente, insicuro , ansioso e incapace di rielaborare le separazioni. Da questo sentimenti di colpa o rabbia inaccettabili, la cui repressione genera ansia della quale, essendo determinata da meccanismi inconsci, non si
riesce a rintracciare l’origine. La problematica principale pare essere legata alla caduta dell’ideale dell’Io nel momento in cui il soggetto a causa del disturbo non riesce a mantenere adeguati livelli relazionali, sociali e lavorativi.
DISTURBI FOBICI
Fobia sta per timore eccessivo e immotivato di situazioni, oggetti o attività che comportano sintomi ansiosi o condotte di evitamento dello stimolo fobico.
Secondo il DSM IV, troviamo due gruppi di disturbi: FOBIA SPECIFICA e FOBIA SOCIALE.
FOBIA SPECIFICA:
E' una fobia legata ad un particolare stimolo la cui semplice rievocazione può indurre ansia, che induce condotte di evitamento che possono diventare molto invalidanti. Può essere:
Di animali: Molto comune nell’infanzia, e nelle donne in genere legata ad un evento
traumatico.
Del sangue: Fenomeno abbastanza comune, può diventare un disturbo e ha un alto livello di familiarità. A differenza delle altre fobie può portare a tachicardia, ipotensione e perdita coscienza.
Di agenti atmosferici: Tali da indurre a comportamenti evitanti invalidanti.
Dell’altezza: Insorge nell’adolescenza provoca vertigini e sensazione di instabilità.
In genere il decorso è cronico, anche se fobie del sangue e fobie atmosferiche possono andare incontro a remissione. La remissione è completamente assente nella fobia di animali.
DIAGOSI DIFFERENZIALE
- Disturbo di panico con agorafobia;
- Fobia sociale;
- Bulimia/anoressia nervosa.
FOBIA SOCIALE
E' un disturbo contraddistinto dalla paura e dall’evitamento di situazioni in cui si è esposti al giudizio altrui per il timore di apparire imbarazzato, ridicolo goffo.
Può assumere un decorso cronico ed ha un età di insorgenza tra i 15 e i 20 anni età in cui si inizia ad avere rapporti soggettivi.
I sintomi sono divisi in:
_Sintomi Fisiologici: Simili a quelli di crisi ansiosa: tachicardia, sudorazione, dispnea
irrequietezza psicomotoria nausea, vertigini etc.
_Sintomi comportamentali: condotte di evitamento che portano all’isolamento;
_Sintomi soggettivi (cognitivi ed emozionali) vergogna impotenza paura rabbia, e pensieri disfunzionali sul proprio stato.
Diagnosi differenziale con disturbo di panico con agorafobie, ansia da separazione, di personalità schizoide.
EZIOPATOGENESI
_Ipotesi biologica: Familiarità
_Cause psicodinamiche: Secondo Freud l’origine è da rintracciare nella ricomparsa di conflitti irrisolti della fase edipica che innescherebbero una forte tensione repressa con i meccanismi di rimozione-proiezione per cui gli impulsi aggressivi vengono proiettati su un oggetto esterno che diventa persecutore.
_Comportamentismo: Fobie determinate da condizionamento per cui il soggetto esposto ad uno stimolo pericoloso in concomitanza ad uno neutro li associa in modo da riproporre condotte di evitamento anche in presenza del solo stimolo neutro. Se ad esempio il soggetto è rimasto traumatizzato dalla morte di un suo caro (specie se l’ha visto morire da bambino), e durante la sua morte c’era il televisore acceso con il film di Roger Rabbit, probabilmente fuggirà questo film ogni volta che gli capiterà di beccarlo in televisione.
DOC (DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO)
Caratterizzato dalla presenza di ossessioni (idee, pensieri, impulsi intrusivi che causano ansia e angoscia) o compulsioni (pensieri e comportamenti ripetitivi per ridurre l’ansia) che il soggetto vive come assurdi ma dai quali non riesce a sottrarsi. Possono essere a insorgenza improvvisa o graduale.
La caratteristica del DOC quindi è la presenza di ossessioni e compulsioni ricorrenti impegnative tali da impegnare l'individuo per molto tempo generando una marcata angoscia e diventando socialmente invalidanti.
Le ossessioni più comuni riguardano temi di contaminazione, dubbio, controllo, impulsi aggressivi che l'individuo cerca di neutralizzare con pensieri e azioni (lavarsi, controllare il gas, ecc).
Le compulsioni più comuni coinvolgono il lavare, pulire, contare, controllare, richiedere o domandare rassicurazione.
In alcuni casi i soggetti riconoscono l’irragionevolezza di questi comportamenti tentando di resistervi, in altri (bambini) è più difficile e i comportamenti possono essere integrati nella routine quotidiana (idiosincratici).
I DOC possono essere associati a Depressione, disturbi d’ansia, d’alimentazione e a disturbo di personalità ossessiva-compulsiva.
Equamente distribuito tra i sessi (25-40 anni). A decorso cronico può andare incontro a complicanze quali demoralizzazione e depressione secondaria e concomitare con disturbi quali cleptomania, tricotillomania, onicofagia.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Disturbo d’ansia dovuto a condizione medica.
Disturbo d’ansia indotto da sostanze: sintomi secondari all’abuso.
Episodio depressivo maggiore: compulsioni e ossessioni congruenti con lo stato affettivo.
Ipocondria: Pensieri solo sullo stato di salute.
Tic (si dice sia anche un indizio predittivo).
Disturbo di personalità ossessivo-compulsiva in cui non sono presenti ossessioni o
compulsioni.
Secondo Freud i sintomi ossessivi compulsivi sono risposte difensive a pulsioni sessuali o aggressive inaccettabili. Il soggetto a seguito di conflitti edipici regredirebbe dalla fase fallica a quella anale (controllo). Questo processo è facilitato dalla fissazione alla fase anale, fissazione che ha impedito il passaggio allo stadio successivo. I meccanismi di difesa messi in atto sarebbero: Formazione reattiva, isolamento e annullamento.
Oggi però la visione di Freud sull’eziopatogenesi del disturbo ossessivo compulsivo è stata superata! Ci sono correnti discordanti secondo cui non si pensa che le cause siano legate a pulsioni sessuali e alla fissazione per la fase anale.
DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS (PTSD)
E' un insieme di sintomi che il soggetto sviluppa in seguito ad un “evento straordinario” vissuto come estremamente traumatico a cui il soggetto reagisce con paura, impotenza cercando di non ricordare.
Non esisterebbe predisposizione genetica, ciò indicherebbe che la causa sia rintracciabile nel solo evento straordinario.
Il PTSD unisce sintomi ansiosi a sintomi dissociativi che possono essere complicati da
depressione e abuso di farmaci.
3 gruppi sintomatologici:
_Stress legati al ripresentarsi del vissuto traumatico: Ricordi angoscianti, incubi, fantasie ad occhi aperti, derealizzazione e depersonalizzazione.
_Stress legati alla difesa dal ritorno delle emozioni traumatiche: Il soggetto cerca di
allontanare il ricordo del trauma (casi di amnesie psicogene) e le situazioni collegate ad esso sviluppando una componente fobica e comportamenti di evitamento.
_Iperattivazione del Sistema Nervoso Autonomo: Sintomi legati allo stato di allarme ansiosa insonnia, irritabilità, reazioni difensive eccessive scarsamente controllate.
Tali sintomi devono avere la durata di almeno 1 mese in quanto tali possono essere presenti in tutti i soggetti in seguito ad un evento traumatico.
A questi sintomi possono accompagnarsi sintomi depressivi (sentimenti di colpa o umiliazione per essere sopravvissuti) e complicanze quali abuso di alcool e sostanze.
Il Disturbo è considerato acuto se dura meno di sei mesi o cronico se più di 6.
Esiste un certo grado di remissione ma la maggior parte continua ad avere alcuni sintomi del disturbo cronici.
Diagnosi differenziale con il disturbo dell’adattamento di cui l’episodio scatenante è meno grave.
DISTURBO ACUTO (cioè passeggero) DA STRESS
Disturbo d’ansia caratterizzato da almeno 2 giorni di sintomi d’ansia o dissociativi che insorgono e si risolvono entro 1 mese dall’esposizione ad un evento stressante.
In concomitanza con l’evento, il soggetto presenta distacco affettivo o assenza di risposte emozionali in genere, una riduzione della capacità critica e depersonalizzazione o amnesia dissociativa per almeno 6 mesi, sintomi tali da condizionare la vita del paziente.
DISTURBO D’ANSIA DOVUTO AD UNA CONDIZIONE MEDICA GENERALE.
Sintomi ansiosi secondari ad una malattia organica, in particolare malattie
endocrine, cardiovascolari, respiratorie metaboliche e neurologiche.
Diagnosi differenziale col disturbo d ansia per abuso di sostanze, col disturbo d’ansia primario e col disturbo d’adattamento con ansia e depressione.
DISTURBO D’ANSIA INDOTTO DA SOSTANZE
Sintomi ansiosi invalidanti dovuti all’abuso o all’astinenza da sostanze quali alcool anfetamine, cocaina, allucinogeni, caffeina farmaci, anestetici etc.
Nella diagnosi va individuata e specificata la sostanza responsabile.
DISTURBO D’ANSIA NON ALTRIMENTI SPECIFICATO
Quando l’ansia non è collegabile a nessuno degli altri disturbi d’ansia.
DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO
Caratterizzato dalla presenza di ansia eccessiva legata ad eventi e attività quotidiane per un periodo di almeno 6 mesi. Diagnosi possibile solo in assenza di disturbi che implicano stati d’ansia.
Questo è un disturbo abbastanza comune (ne soffre circa il 5% della popolazione con leggera prevalenza nei maschi).
In genere insorge intorno ai 30 anni e tende a cronicizzare.
Diagnosi differenziale con altri disturbi d’ansia e abuso sostanze e farmaci.
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato include il Disturbo Iperansioso dell’Infanzia, secondo il DSM
Caratteristiche diagnostiche
La caratteristica essenziale del Disturbo d’Ansia Generalizzato è la presenza di ansia e preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, che si manifestano per la maggior parte del tempo per almeno 6 mesi, nei riguardi di una quantità di eventi o attività (Criterio A). L’individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione (Criterio B). L’ansia e la preoccupazione sono accompagnate da almeno tre sintomi addizionali da un elenco che include irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, tensione muscolare e sonno disturbato (nei bambini è richiesto un solo sintomo addizionale) (Criterio C). L’oggetto dell’ansia e della preoccupazione non è limitato alle manifestazioni di un altro disturbo in Asse I, come avere un Attacco di Panico (come nel Disturbo di Panico, Senza Agorafobia e Con Agorafobia), rimanere imbarazzati in pubblico (come nella Fobia Sociale), essere contaminati (come nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo), essere lontani da casa o dai familiari più stretti (come nel Disturbo d’Ansia di Separazione), aumentare di peso (come nell’Anoressia Nervosa), lamentele fisiche multiple (come nel Disturbo di Somatizzazione) o avere una grave malattia (come nell’Ipocondria), e l’ansia e la preoccupazione non si manifestano esclusivamente durante il Disturbo Post-traumatico da Stress (Criterio D). Sebbene non sempre gli individui con Disturbo d’Ansia Generalizzato possano riconoscere le preoccupazioni come “eccessive”, essi riferiscono un disagio soggettivo dovuto alla preoccupazione costante, hanno difficoltà a controllare la preoccupazione o presentano una conseguente compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti (Criterio E). Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (cioè una droga di abuso, un farmaco, o l’esposizione ad una tossina) o di una condizione medica generale e non si manifesta esclusivamente durante un Disturbo dell’Umore, un Disturbo Psicotico o un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (Criterio F).
L’intensità, la durata o la frequenza dell’ansia e della preoccupazione sono eccessive rispetto alla reale probabilità o impatto dell’evento temuto. La persona trova difficile impedire che i pensieri preoccupanti interferiscano con l’attenzione ai compiti che sta svolgendo e difficoltà ad interrompere la preoccupazione. Gli adulti con Disturbo d’Ansia Generalizzato spesso si preoccupano per circostanze quotidiane, abitudinarie, come responsabilità lavorative, problemi economici, salute dei familiari, disgrazie per i propri figli o piccole cose (come faccende domestiche, riparazioni all’automobile, far tardi agli appuntamenti). I bambini con Disturbo d’Ansia Generalizzato tendono a preoccuparsi eccessivamente per le proprie capacità o per la qualità delle proprie prestazioni. Durante il corso del disturbo, il centro della preoccupazione può spostarsi da un oggetto ad un altro.
Manifestazioni e disturbi associati
Insieme alla tensione muscolare possono essere presenti tremori, contratture, scosse e dolenzia o dolorabilità muscolari. Molti individui con Disturbo d’Ansia Generalizzato presentano anche sintomi somatici (per es., freddo; mani appiccicose; bocca asciutta; sudorazione; nausea o diarrea; pollachiuria; difficoltà a deglutire o “nodo alla gola”) e risposte di allarme esagerate. Nel Disturbo da Ansia Generalizzato i sintomi di iperarousal vegetativo (ad es., aumentato ritmo cardiaco, dispnea e vertigini) sono meno preminenti che in altri Disturbi di Ansia, quali il Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con Agorafobia) ed il Disturbo Post-traumatico da Stress. Sono comuni anche sintomi depressivi.
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato è di frequente concomitante a Disturbi dell’Umore (per es., Disturbo Depressivo Maggiore, Episodio Singolo e Ricorrente o Disturbo Distimico), ad altri Disturbi d’Ansia (per es., Disturbo di Panico, Fobia Sociale, Fobia Specifica) e a Disturbi Correlati a Sostanze (per es., Dipendenza o Abuso di Alcool o di Dipendenza o Abuso di Sedativi, Ipnotici o Ansiolitici). Altre condizioni che possono essere collegate a stress (per es., sindrome del colon irritabile, mal di testa) accompagnano frequentemente il Disturbo d’Ansia Generalizzato.
Caratteristiche collegate a cultura, età e genere
Nell’espressione dell’ansia vi è una considerevole variabilità culturale (per es., in alcune culture l’ansia è espressa prevalentemente attraverso sintomi somatici, in altre attraverso sintomi cognitivi).
Quando si valuta se le preoccupazioni riguardanti certe situazioni siano eccessive è importante considerare il contesto culturale.
Nei bambini e adolescenti con Disturbo d’Ansia Generalizzato, le ansie e le preoccupazioni spesso riguardano la qualità delle prestazioni o la preparazione a scuola o negli eventi sportivi, anche quando la prestazione non deve essere valutata da altri.
Possono esservi preoccupazioni eccessive per la puntualità. Possono anche preoccuparsi per eventi catastrofici come terremoti o guerre nucleari. I bambini con il disturbo possono essere eccessivamente conformisti, perfezionisti, ed insicuri e tendono a rifare le cose a causa di una scontentezza eccessiva per le prestazioni non perfette. Sono tipicamente zelanti nel ricercare approvazione e richiedono eccessiva rassicurazione per le proprie prestazioni e preoccupazioni.
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato può essere sovradiagnosticato nei bambini. Nel considerare questa diagnosi nei bambini, si dovrebbe valutare accuratamente la presenza di altri Disturbi d’Ansia della fanciullezza per determinare se queste preoccupazioni possono essere meglio giustificate da uno di questi disturbi.
Il Disturbo d’Ansia di Separazione, la Fobia Sociale ed il Disturbo Ossessivo-Compulsivo sono spesso accompagnati da preoccupazioni che possono mimare quelle descritte nel Disturbo da Ansia Generalizzato. Ad esempio, un bambino con Fobia Sociale può preoccuparsi della performance scolastica per paura di essere umiliato. Anche le preoccupazioni per le malattie possono essere meglio spiegate da un Disturbo d’Ansia di Separazione o da un Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
In ambito clinico, il disturbo viene diagnosticato un po’ più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini (circa il 55-60% di coloro che presentano il disturbo sono donne). Negli studi epidemiologici la distribuzione tra i sessi vede la presenza di circa due terzi di femmine.
Prevalenza
In un campione di comunità la prevalenza in 1 anno per il Disturbo d’Ansia Generalizzato era approssimativamente del 3% e la prevalenza nel corso della vita era del 5%. Nelle cliniche per disturbi d’ansia circa un quarto dei soggetti ha un Disturbo d’Ansia Generalizzato come diagnosi di ingresso o in comorbidità.
Decorso
Molti individui con Disturbo d’Ansia Generalizzato riferiscono di essersi sentiti ansiosi e nervosi per tutta la loro vita. Sebbene più della metà di coloro che ricercano il trattamento riferisca un esordio nella fanciullezza o nella adolescenza, non è infrequente l’esordio dopo i 20 anni. Il decorso è cronico, ma fluttuante e spesso peggiora durante i periodi di stress.
Familiarità
L’ansia come tratto ha una concentrazione familiare.
Sebbene i primi studi avessero prodotto dati non costanti relativi alla familiarità relativi al Disturbo d’Ansia Generalizzato, studi sui gemelli suggeriscono un contributo genetico allo sviluppo di questo disturbo.
Inoltre, i fattori genetici che influenzano il rischio di Disturbo da Ansia Generalizzato possono essere strettamente correlati a quelli del Disturbo Depressivo Maggiore (Episodio Singolo e Ricorrente).
Diagnosi differenziale
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato deve essere distinto da un Disturbo d’Ansia Dovuto ad una Condizione Medica Generale. Se si ritiene che i sintomi rappresentino la conseguenza fisiologica diretta di una specifica condizione medica generale (per es., feocromocitoma, ipertiroidismo), la diagnosi è Disturbo d’Ansia Dovuto ad una Condizione Medica Generale. Questa determinazione si basa su anamnesi, dati di laboratorio o esame obbiettivo.
Un Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze si distingue dal Disturbo d’Ansia Generalizzato poiché si ritiene che una sostanza (cioè una droga di abuso, un farmaco o l’esposizione ad una tossina) sia correlata eziologicamente con il disturbo d’ansia.
Ad esempio, una grave ansia che si manifesta soltanto nel contesto di un forte consumo di caffè andrebbe diagnosticata come Disturbo d’Ansia Indotto da Caffeina, con Ansia Generalizzata.
Quando è presente un altro disturbo in Asse I, si dovrebbe fare una diagnosi addizionale di Disturbo d’Ansia Generalizzato solo quando il motivo dell’ansia e della preoccupazione non è in relazione con l’altro disturbo, cioè la preoccupazione eccessiva non è limitata:
-all’avere un Attacco di Panico (come nel Disturbo di Panico, Senza Agorafobia e Con Agorafobia),
-al rimanere imbarazzati in pubblico (come nella Fobia Sociale),
-all'essere contaminati (come nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo),
-al prendere peso (come nell’Anoressia Nervosa),
-all'avere una grave malattia (come nell’Ipocondria),
-all'avere molteplici fastidi fisici (come nel Disturbo da Somatizzazione)
-alla preoccupazione per la salute dei congiunti stretti o per il fatto di essere lontani da loro o da casa (come nel Disturbo d’Ansia di Separazione).
Ad esempio, l’ansia presente nella Fobia Sociale si focalizza su situazioni sociali imminenti che l’individuo deve affrontare o in cui deve essere valutato dagli altri, mentre gli individui con Disturbo d’Ansia Generalizzato presentano ansia che debbano essere valutati o meno.
Diverse caratteristiche distinguono la preoccupazione eccessiva del Disturbo d’Ansia Generalizzato dai pensieri ossessivi del Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
I pensieri ossessivi non sono semplicemente preoccupazioni eccessive riguardanti problemi della vita quotidiana reale, ma sono piuttosto intrusioni egodistoniche che spesso assumono l’aspetto di stimoli, impulsi, e immagini oltre che di pensieri. Infine, la maggior parte delle ossessioni è accompagnata da compulsioni che riducono l’ansia associata con le ossessioni.
L’ansia è invariabilmente presente nel Disturbo Post-traumatico da Stress. Non si fa diagnosi di Disturbo d’Ansia Generalizzato se l’ansia si manifesta esclusivamente durante il corso di un Disturbo Post-traumatico da Stress.
L’ansia può anche essere presente nei Disturbi dell’Adattamento, ma questa categoria residua dovrebbe essere utilizzata solo quando non risultano soddisfatti i criteri per gli altri Disturbi d’Ansia (incluso il Disturbo d’Ansia Generalizzato). Inoltre, nei Disturbi dell’Adattamento, l’ansia si manifesta in risposta ad eventi della vita stressanti, e non persiste per più di 6 mesi dopo il termine dell’evento stressante o delle sue conseguenze.
L’ansia generalizzata è una manifestazione associata comune dei Disturbi dell’Umore e dei Disturbi Psicotici, e non si dovrebbe diagnosticare separatamente se si manifesta esclusivamente durante il corso di queste condizioni.
Diverse caratteristiche distinguono il Disturbo d’Ansia Generalizzato dall’ansia non patologica.
Primo, le preoccupazioni associate con il Disturbo d’Ansia Generalizzato sono difficilmente controllabili e tipicamente interferiscono significativamente con il funzionamento, mentre le preoccupazioni della vita quotidiana sono percepite come più controllabili e possono essere rimandate a più tardi.
Secondo, le preoccupazioni associate con il Disturbo d’Ansia Generalizzato sono più pervasive, pronunciate, fastidiose e di maggiore durata e frequentemente si manifestano senza fattori precipitanti. Più sono numerose le circostanze di vita per cui la persona si preoccupa eccessivamente (questioni finanziarie, salute dei figli, prestazioni lavorative, riparazioni dell’automobile), più è appropriata la diagnosi.
Terzo, è molto meno probabile che le preoccupazioni quotidiane siano accompagnate da sintomi fisici (per es., eccessiva astenia, irrequietezza, sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle, irritabilità), sebbene questo non sia sempre vero per i bambini.
Relazione con i criteri diagnostici per la ricerca dell’ICD-10
I criteri diagnostici per la ricerca per il Disturbo d’Ansia Generalizzato specificano che devono essere presenti 4 sintomi da un elenco di 22 (che include 5 dei 6 sintomi del DSM-IV).
FARMACI PER I DISTURBI D’ANSIA
Efficaci per gli stati d’ansia i farmaci antidepressivi. Sono inibitori del reuptake della
serotonina (FLUVOXAMINA, PAROXETINA, SERTRALINA E CITALOPARM). Regolano l’attività della serotonina aumentandone la quantità nei meccanismi della neurotrasmissione, hanno buona tollerabilità ma qualche effetto collaterale (se ne fa un so consistente nel DOC).
Alcuni studi indicano gli IMAO (inibitori delle moamminossidasi) e antidepressivi triciclici che tuttavia hanno effetti collaterali abbastanza forti.
Le benzodiazepine indicate in quanto ansiolitiche, ipnoinducenti e miorilassanti, maneggevoli e con scarso rischio di assuefazione, anche se però sono pericolose perché fanno presto ad innescare dipendenza psico-fisica.
Il solo intervento farmacologico non sembra essere efficace nel tempo, meglio se
parallelo ad un percorso psicoterapeutico.
TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO
Psicoterapia analitica che cerca di avvicinare il paziente alla comprensione dei propri disturbi, riconoscendo il sintomo in modo tale da ridurre la vulnerabilità. Questa terapia è tesa all’analisi delle difese e all’individuazione del rimosso nell’inconscio in modo da lavorare su questo cercando di promuovere un certo sviluppo nell’individuo.
Terapia cognitivo-comportamentale:
Secondo l’approccio cognitivo ci sarebbe una stretta relazione tra pensieri ed emozioni (ma va?). Pertanto i processi cognitivi sarebbero alla base delle reazioni psicofisiologiche dell’ansia mentre le dinamiche affettive ne sono conseguenza.
Questo approccio quindi mira a correggere i pensieri ed i comportamenti disadattivi e disfunzionali legati al disturbo.
Fa uso di diverse tecniche cognitive quali l’addestramento all’auto-osservazione,
la ristrutturazione cognitiva, etc. Tutte tecniche che, se usate in modo combinato, produrrebbero buoni effetti (anche se tuttavia ci sono dei dubbi sui tempi di durata di questi).
sunto Manuale psichiatria e psicopatologia clinica III Ed.
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