Alcune famiglie sono davvero opprimenti, al punto che ti senti sempre sul filo del rasoio. Altre invece sono davvero negligenti. La mia famiglia invece è sia l'uno che l'altro.
Criticano, perché non riescono a fare a meno di criticare.
Insultano e minacciano perché vogliono sentirsi superiori.
Ti tengono sempre sotto controllo e devi fare quello che loro ti dicono di fare. Guai a te se sbagli di una virgola, se non superi l'esame di stato con il voto più basso rispetto agli altri fratelli e sorelle, se per caso ti fidanzi all'età di sedici anni. Guai a te se non fai quello che il pater familias ti dice di fare! Te la fa pagare cara! Pur di piegarti alla sua volontà ti lascerebbe morire di fame e di freddo oltre che di disperazione.
Se vai a letto prima del matrimonio le tue sorelle di "sconoscono", sei avvisata.
Questa è la mia famiglia e non ho nulla di cui vantarmi. Mia madre aveva dei problemi psicologici e quando avevo 5 anni ha iniziato a perdere il nume della ragione. Tutti sapevano in casa quello che faceva, quanti insulti mi beccavo e quanti lividi avessi sulle braccia ma nessuno diceva niente per il quieto vivere. Io ero il capro espiatorio che salvava la famiglia. Io ho sopportato e non mi è dato nemmeno di lamentarmi perché tanto è storia vecchia.
Mio padre è sempre stato assente nella mia vita e a stento sapeva quanti figli avesse. In compenso, a posto di usare quel po' di tempo libero ottenuto grazie al pre pensionamento, preferiva frequentare le sale biliardo oppure donne di facili costumi. Tutti sapevamo a casa ma nessuno fiatava.
Quando andavo a scuola dovevo sopportare i bulli e quando tornavo a casa dovevo sopportare gli insulti di mia madre. Mi trattava come se fossi il peggiore sbaglio della sua vita e non a caso visto che non dovevo nascere. Per questa ragione ciò che succedeva fuori restava fuori, perché a nessuno importava ed ero sempre io a farmi problemi laddove non esistevano. Per mia fortuna in quei anni ho conosciuto una persona che mi ha dato la forza di andare avanti nonostante tutto.
Nonostante cercassi in tutti i modi di riuscire a vivere la mia vita senza essere condizionata dalla loro bieca volontà ogni tentativo è stato vano. Ricordo quando presentai il mio fidanzato a mia madre nella piazza del mercato e dopo in disparte le spiegai che stavamo insieme: lei andò su tutte le furie e mi affibiò i peggiori epiteti che si possano attribuire a una donna. Per farla calmare ho dovuto dirle che era una bugia e il risultato fu che il mio compagno (oggi ex) se ne andò umiliato e ferito.
Dopo quella occasione decisi che per il suo bene era il caso di troncare ogni rapporto. Non potevo più sopportare che soffrisse in quella maniera a causa della mia famiglia. Aveva già dovuto tollerare troppo e senza alcuna ragione razionale (non era un delinquente, non era uno sprovveduto e non mi trattava male... almeno lui). Un'altra occasione fu quando a 16 anni decisi di andare a lavorare in un pub, part time ovviamente. La mia famiglia fece di tutto per farmi lasciare il lavoro: mia madre continuava a ripetere che ero troppo debole per fare un mestiere simile e che ciò non si comfaceva a una ragazza seria; mio padre invece m'impedì di proseguire dicendo che alle 3 di notte non si voleva alzare quindi o staccavo alle 11 oppure nulla. È ovvio che se lavori in un posto devi stare alle regole del padrone di casa. Lasciai. Fu un'altra dura sconfitta per me e una vittoria per loro che continuarono a rinfacciarmelo assieme a un altro mucchio di cose.
Passarono gli anni e a mia madre venne diagnosticato un tumore ai polmoni particolarmente aggressivo e al quarto stadio. In quel momento potevo ribellarmi ma stranamente mi mancavano le forze. Ero svuotata, spaventata e avevo iniziato a soffrire di pesanti attacchi d'ansia.
A me ricadde il dovere di mandare avanti casa e il fatto di non aver mai fatto nulla prima (perché a mia madre non andava) non fu una giustificazione al non saper stirare e cucinare.
Io dovevo saper fare tutto senza aver mai imparato perché i miei genitori erano stanchi di insegnare sempre le stesse cose, di vedere i figli fare i compiti, di stargli accanto durante la loro crescita.
Solo quando mamma iniziò la terapia del dolore imparò finalmente a conoscermi e accettò i suoi sbagli pregandomi di perdonarla e dandomi qualche raccomandazione per il futuro. Poi morì e al funerale si ripresentò il mio ex che era rimasto a guardare fino ad allora e qualche volta aveva provato anche ad avvicinarsi a me, non trovandone l'opportunità. Mi chiese di andare via con lui ma io guardando la faccia dei miei parenti che mi fissavano con aria sdegnosa mi rifiutai.
Stupida.
Il primo mese trascorse tranquillo e senza incidenti. Poi papà (non dovrei chiamarlo così visto che non merita un simile titolo) decise di costringerci ad accettare la "sostituta" di mamma che a suo dire doveva farmi da "madre" senza capire che io non avevo bisogno della badante. Dal nostro primo rifiuto iniziò a renderci la vita un vero inferno! Io e mio fratello che eravamo i soli a essere rimasti a casa ne abbiamo passate di tutti i colori mentre lui ne cambiava una ogni 2 settimane (tutte affamate di soldi). Il peggio venne quando mio fratello partì con la fidanzata per Macerata e io rimasi con mio padre. Dopo due settimane si trasferì nella casina di giù (che secondo la legge non è una casa, ma un vano commerciale) con una signora straniera, la più sdegnosa e ostile tra tutte quelle che aveva cercato di portare in casa.
Secondo lui dovevo campare con 10 euro alla settimana! Dopo vari litigi e l'intromissione delle mie sorelle ci accordammo (anzi, si accordarono) su 50 euro, ma l'incubo non era finito. Saliva su con il preciso obbiettivo d'insultarmi o di irritarmi, rubava il cibo dal frigo e quando non c'ero salivano sopra e rovistavano tra le mie cose per trovare i pochi risparmi che riuscivo a mettere da parte. In tutto quel tempo mi fu impedito di trovare lavoro (dalle mie sorelle) per paura che decidesse di smettere di pagare anche le bollette. Poi mio fratello tornò e trovò una situazione che chiamarla "disgustosa" era troppo poco. In breve non saliva sopra mai, soltanto per insultare ma di lui aveva paura. Non voleva pagare le bollette e non ne voleva sapere di noi. Chiedeva sempre "quando ve ne andrete da qui?". Da 50 euro settimanali si passò a 70 euro ma questo non riempie il vuoto di un padre che se ne infischia della salute dei figli.
Alla fine di Dicembre decise di smettere di darci il minimo con cui mantenerci.
Il mese scorso per la prima volta dopo tre anni la famiglia si riunì nello stesso luogo e si discusse della faccenda, ma io vedevo che le mie sorelle a posto di parlare seriamente ridevano oppure pensavano ad altro. Già qualche mese prima una delle due aveva iniziato a rimproverarmi e minacciarmi pesantemente e in quel momento quella stessa sorella davanti ai miei occhi si stava lavando le mani.
Ciononostante mio fratello convinse mio padre a darci 200 euro al mese per poter sopravvivere ma lui insistette che avremmo dovuto pagare anche il metano che puntualmente giunse a casa il mese dopo (208 euro). Se non pagherà mio fratello ha detto che andrà da un avvocato.
Lavoro non si trova e comunque io sto aspettando che esca un posto, un qualunque posto.
Il problema principale è che se prima avevo la forza di reagire ora non più: sono stremata. La notte non riesco a dormire perché presa da tanti pensieri improvvisi e la mattina mi trascino fuori dal letto perché se non mi alzo nessuno cucina e se non si cucina rischiamo di morire di fame. Gli attacchi d'ansia sono abbastanza frequenti e non riesco a vedere nulla di positivo nella mia vita.
Oggi vorrei solamente essermene infischiata di tutti come loro se ne sono infischiati di me ed essermene andata via con la persona che amo. Ma non si può tornare indietro. Per questa ragione vorrei trovare un modo per riemergere da questa oscurità, sconfiggere gli attacchi di panico e iniziare una nuova vita, quella che potrei meritare, lontano da qui.