Giù, giù, giù, in fondo al mare

MyHelp: Forum di mutuo aiuto, di prevenzione del suicidio e di gestione delle crisi.
A volte si pensa di non aver più nulla da perdere, nè più motivi di esistere.
E' facile pensarlo se non si ha qualcuno con cui confrontarsi. La vita è piena di insidie, ed è facile perdersi. Ma spesso basta una mano per rimettersi in piedi.
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Messaggioda StillWandering » 25/04/2013, 15:38



Anche io propendo per il tuo stato mentale, ma non penso che sia solo questo. Forse c'entra anche il fatto che sicuramente stai meglio ma non bene, quindi la tua mente ne risente, come se fosse in un limbo. Certo non è cosa semplice. Di solito è relativamente facile individuare il problema e dare un consiglio per risolverlo, stavolta bisogna avere più accortezza.
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Messaggioda chopsuey » 25/04/2013, 20:03



Davy Jones ha scritto:Ma quello che scrivi in quest'ultimo post fa pensare (anzi i dubbi sono pochi) che il tuo problema non sia morale o un semplice disturbo ma qualcosa che necessita di cure.


Davy Jones ha scritto:Se così non è, riflettendo su tuoi diversi post oltre che su quello della scogliera, sembra quasi tu abbia bisogno di stimoli.


Riflettendoci, penso che siano entrambe le cose (fra le altre).
C'è, alla base, qualcosa che funziona in modo alterato rispetto al normale. So qual è il "qualcosa" e so che una parte preponderante di questo qualcosa non è risolvibile, sebbene i farmaci possano attenuarne gli effetti (farmaci che prendo già).

Al contempo è vero che ricerco degli stimoli, specialmente stimoli che mi diano una scarica di adrenalina, perché ne ho bisogno per sentirmi viva. Le mie emozioni alternano fasi di grandi impennate e fasi in cui sono totalmente appiattite. Forse nel secondo caso ho bisogno di un surrogato esterno per colmare il vuoto e sconfiggere, almeno per un momento, la noia esistenziale.

Me ne sono accorta oggi. Spesso, come poche ore fa, ho il vizio di rubacchiare, non tanto perché m'importi della merce (anzi, è più facile che rubi qualcosa da regalare ad altri), ma proprio per sentire l'adrenalina, il battito cardiaco che accelera, la paura mista all'eccitazione. Dura solo il momento in cui mi ficco l'oggetto in borsa ed esco dal negozio. Poi svanisce e mi sento di nuovo vuota.

Shinji Earworm ha scritto:Non so cosa dica la tua psichiatra e se prendi farmaci,l'idea è che tu sia bipolare.Sa che usi alcool e droghe e che senti voci,oltre a quello che hai fatto sugli scogli?Non per farmi i cavoli tuoi,ma perché solo conoscendo bene i tuoi comportamenti può farsi un'idea chiara del problema e aiutarti nel miglior modo possibile :)


Sì, sono bipolare (insieme ad altre cose). La psichiatra sa tutto e mi dà schiettamente dell'idiota. Su molte cose insiste che ci posso lavorare, se solo collaborassi (ma lei la fa semplice), su altre che devo "imparare a gestire il problema" = rassegnarmi.
Prendo farmaci, che fanno discretamente effetto (diciamo pure che tutti i miglioramenti che ho avuto sono dovuti alle pillole e che sospendendole tornerei punto e a capo).

Lei mi sta aiutando, e molto. Non so dove sarei adesso se non l'avessi incontrata (anzi, se non mi ci avessero portata). È molto brava e sa il fatto suo, ma non ha la bacchetta magica e non può rimettermi a posto il cervello. Forse io non m'impegno a "imparare a gestire", perché vorrei soltanto che il problema non ci fosse.

StillWandering ha scritto:Anche io propendo per il tuo stato mentale, ma non penso che sia solo questo. Forse c'entra anche il fatto che sicuramente stai meglio ma non bene, quindi la tua mente ne risente, come se fosse in un limbo. Certo non è cosa semplice. Di solito è relativamente facile individuare il problema e dare un consiglio per risolverlo, stavolta bisogna avere più accortezza.


Non è solo questo, è un insieme di tante cose, purtroppo e per fortuna allo stesso tempo. Purtroppo perché ho una matassa indistricabile in testa e non so da dove iniziare a mettere ordine, per fortuna perché almeno posso lavorare su qualcosa, piuttosto che rassegnarmi passivamente.

Sto meglio, ma il mio "meglio" è dovuto solo ai farmaci che sedano la parte non governabile del problema (allucinazioni, emozioni che subiscono sbalzi incontrollabili, euforia e depressione che si alternano da un istante all'altro, etc), mentre il resto è ancora lì, intoccato. Il "resto" è qualcosa che io non so risolvere, perché nonostante ci si possa lavorare sfugge lo stesso al mio controllo.

A volte mi sento fuori posto nella mia testa.
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Messaggioda StillWandering » 25/04/2013, 20:10



E allora la domanda è: cosa comprende il "resto"? Quella parte governabile. Magari con qualche consiglio mirato ed efficace si può risolvere anche questo aspetto.
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Messaggioda chopsuey » 25/04/2013, 20:35



StillWandering ha scritto:E allora la domanda è: cosa comprende il "resto"? Quella parte governabile. Magari con qualche consiglio mirato ed efficace si può risolvere anche questo aspetto.


Mh mmh mh mmh. Il "resto" è la parte di cui mi riesce più difficile parlare, per un insieme di motivi: il primo è che ho paura di essere presa per pazza, il secondo è che parlarne implicherebbe scendere a fondo in questioni che non mi va di affrontare, il terzo è che non mi so spiegare e il quarto è che stento a trovarci un senso io stessa.

Anche con la mia psichiatra, quando si sconfina nel "resto", mi irrigidisco e cerco di aggirare il problema con frasi tipo "non mi va di parlarne", "ci penserò un'altra volta", "lei non capisce", "è complicato", "passiamo ad altro", "adesso non sono dell'umore giusto". Manca solo "ho mal di testa" :lol:

Scherzi a parte, ecco, non lo so. Sono bloccata. È un argomento su cui non sono molto loquace.

Prima ancora di lavorare sul resto, dovrei lavorare sulla capacità di esternare i problemi, quelli che scendono troppo sul personale. A stento ne parlo con me stessa.
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Messaggioda StillWandering » 25/04/2013, 20:44



Però ci sono alte probabilità che sia anche questo a portarti al tentare il suicidio di gesto, apparentemente senza pensarci. La tua mente sente il disagio e ne vuole uscire, è come se ti stesse telefonando per dirtelo. Quindi pian piano dovresti aprirti. Magari non tanto iniziando dal passato quanto piuttosto concentrandoti su quello che avviene nel presente, come riguardo a quando hai fatto alcol + fumo + farmaci. E pian piano si sviscera trovando le soluzioni che fanno al caso. Se no ti si radica anche quest'abitudine, e si sa che le abitudini sono dure a morire XD.
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Messaggioda chopsuey » 26/04/2013, 9:43



StillWandering ha scritto:Però ci sono alte probabilità che sia anche questo a portarti al tentare il suicidio di gesto, apparentemente senza pensarci. La tua mente sente il disagio e ne vuole uscire, è come se ti stesse telefonando per dirtelo.


La mia mente è spaccata in molti pezzi. La metafora del telefono ci sta tutta, perché è come se qualcuno mi stesse parlando da un'altra stanza della mia testa (anzi, togliamo il "come se"). Qualcuno che detta istruzioni che io non voglio eseguire, come il fatto che oggi mi procurerò l'occorrente, nonostante io non voglia mettere a repentaglio la mia vita e anzi ci tenga a tenermi stretta la pelle. Perché altrimenti fare qualcosa che va contro la mia volontà?

Se no ti si radica anche quest'abitudine, e si sa che le abitudini sono dure a morire XD.


Il problema è che proprio di un'abitudine si tratta. Una pessima abitudine che ho instaurato da piccola e che mi sono portata dietro nella crescita, mutandola in un disturbo in piena regola. Per quanto sia un problema che ho creato io (e quindi non una malattia), non è altrettanto semplice risolverlo da sola.
Da una parte nemmeno lo voglio, perché, come capita con molte abitudini, mi sono affezionata. Togliere questo significa smantellare ciò che sono...
Lo so, non posso pretendere di essere capita, dal momento che non ho spiegato nemmeno di cosa sto parlando. Finché non espongo il problema, questi sono discorsi inconcludenti.
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Messaggioda Davy Jones » 26/04/2013, 18:30



Non lo so. La mia mente va da sé. Continuo a dirle che non voglio farlo, che è una sciocchezza, che è pericoloso, stupido, folle, un gesto idiota, che non voglio giocare a dadi con la morte come se non m'importasse della vita, proprio ora che sto risalendo dall'incubo degli ultimi mesi. Lei dice che dobbiamo provare. Io le dico che avremo allucinazioni da paura e che potrebbero perdurare anche dopo, lei dice che vale la pena correre il rischio. Ma la pena per ottenere cosa?
Rischiare la vita perché?
Dare un dolore ai miei cari perché?
Causarmi un avvelenamento potenzialmente fatale e sicuramente doloroso a che fine?
Ho deciso, o meglio, la mia testa ha deciso, di ingerire un veleno facilmente reperibile (non dico quale perché non voglio dare suggerimenti). È tutto pianificato. Qualcosa di diverso da me ma dentro di me ha già sentenziato fermamente che lo faremo ed è irremovibile. Come ha spinto il mio corpo a buttarsi giù dalla scogliera, solo che stavolta ha pianificato l'ora e il giorno.

Qualcuno che detta istruzioni che io non voglio eseguire, come il fatto che oggi mi procurerò l'occorrente, nonostante io non voglia mettere a repentaglio la mia vita e anzi ci tenga a tenermi stretta la pelle. Perché altrimenti fare qualcosa che va contro la mia volontà?

E' difficile per me continuare ad esprimermi in questa discussione, non conosco abbastanza le malattie mentali e temo di dire cose incompatibili con quelle che ti affliggono. Però poi dici che è "solo" un disturbo sviluppatosi in conseguenza a un tuo comportamento, che non è una malattia. Ma dici di sentire le voci, dici che la tua mente (di cui parli come se fosse un'entità diversa da te) ti impone di far cose che non vuoi. Cos'è questo se non una malattia?
In ogni caso se riesci a scrivere qui a noi che tu non vorresti prendere quella merda che ti vuoi ingurgitare credo tu possa andare a dire a chi ti può aiutare (o più precisamente cercare di curare) quello che ti sta succedendo. Ti prego di farlo.
Renditi conto che quello che hai intenzione di fare non è una roulette russa dove o muori o vivi. E' un o muori o danneggi il tuo corpo. Non c'è il mare della scogliera, ma un pavimento. Non c'è una "vittoria"; perdi in ogni caso.
Se cerchi stimoli ci sono modi più "intelligenti" per farlo; anche rischiosi se è questo a farti sentire viva. Ritieni di valere così poco da poter salutare la vita in un angolo contorcendoti dal dolore? Non ti sentiresti più viva e stimolata affrontando qualcosa di più gratificante? Non so, ad esempio rischiare per qualcosa a cui tieni o in cui credi o a cui ambisci.

Da una parte nemmeno lo voglio, perché, come capita con molte abitudini, mi sono affezionata. Togliere questo significa smantellare ciò che sono...

Se ti fa fare certe cose (e mi riferisco ai salti dalla scogliera e al gustarsi del veleno) c'è il rischio che ciò che sei diventi solo un mucchietto di cenere. E' come affezionarsi al cancro perché magari la sua presenza influisce sul nostro modo d'essere.
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Messaggioda chopsuey » 26/04/2013, 20:13



Davy Jones ha scritto:E' difficile per me continuare ad esprimermi in questa discussione, non conosco abbastanza le malattie mentali e temo di dire cose incompatibili con quelle che ti affliggono. Però poi dici che è "solo" un disturbo sviluppatosi in conseguenza a un tuo comportamento, che non è una malattia. Ma dici di sentire le voci, dici che la tua mente (di cui parli come se fosse un'entità diversa da te) ti impone di far cose che non vuoi. Cos'è questo se non una malattia?


I miei problemi viaggiano su due binari diversi. Il primo è indipendente dalla mia volontà ed è quello dei disturbi che, in larga parte, ho ereditato per gentile lascito dei miei parenti. Posso sedarlo coi farmaci e imparare a gestirlo, ma il fattore predisponente sarà sempre lì, che io lo voglia o no. Quello che posso fare è impedire che si scateni e intervenire tempestivamente quando sento che si avvicina una nuova crisi (cosa che finora non ho fatto, convinta che la forza di volontà bastasse a tenerlo a freno).

Il secondo è la complessa sovrastruttura di disturbi che, come se non bastassero gli altri, ho sviluppato nel corso degli anni in risposta agli eventi esterni. Né più e né meno come tutti. C'è chi soffre d'ansia, chi di disturbo ossessivo-compulsivo, chi è paranoico ai limiti della schizofrenia e chi pensa di aver visto la Madonna bere aranciata san pellegrino sul divano con inddosso la vestaglia di sua moglie. E poi ci sono io.
Secondo la mia psichiatra il mio non è nemmeno un vero disturbo, ma una risposta difensiva talmente collaudata nel tempo che ha radici troppo profonde per essere "sradicata con una zappa". Solo che mi crea i casini peggiori e mi vergogno a parlarne, perché non so mai come spiegarlo e ho paura di non essere capita, o peggio ancora creduta. Inoltre non so che impatto potrebbe avere sugli altri, perciò spesso preferisco sparire (com'è stato con quel ragazzo).

In ogni caso se riesci a scrivere qui a noi che tu non vorresti prendere quella cacca che ti vuoi ingurgitare credo tu possa andare a dire a chi ti può aiutare (o più precisamente cercare di curare) quello che ti sta succedendo. Ti prego di farlo.
Renditi conto che quello che hai intenzione di fare non è una roulette russa dove o muori o vivi. E' un o muori o danneggi il tuo corpo. Non c'è il mare della scogliera, ma un pavimento. Non c'è una "vittoria"; perdi in ogni caso.


Ho danneggiato il mio corpo in molti modi diversi, tra cui tagliarmi, bruciarmi, bere dall'età di 8 anni e perdere peso fin oltre i 38 kg. A dire della mia psichiatra (che cito come se fosse la Bibbia, e in effetti è diventata il mio punto di riferimento primario) io mi amo molto e i miei meccanismi di difesa sono sempre serviti a proteggermi. Forse anche l'autolesionismo rientra nell'insieme di strategie messe in atto per proteggermi da una minaccia peggiore. O forse no.
Ci sono parti della mia testa con le quali non riesco a comunicare pienamente, per questo a volte non so dare risposte certe nemmeno su me stessa. Oppure posso darne molteplici.

Se cerchi stimoli ci sono modi più "intelligenti" per farlo; anche rischiosi se è questo a farti sentire viva. Ritieni di valere così poco da poter salutare la vita in un angolo contorcendoti dal dolore? Non ti sentiresti più viva e stimolata affrontando qualcosa di più gratificante? Non so, ad esempio rischiare per qualcosa a cui tieni o in cui credi o a cui ambisci.


Per esempio? (Non è una domanda provocatoria, è che davvero non me ne viene in mente nessuno)

Se ti fa fare certe cose (e mi riferisco ai salti dalla scogliera e al gustarsi del veleno) c'è il rischio che ciò che sei diventi solo un mucchietto di cenere. E' come affezionarsi al cancro perché magari la sua presenza influisce sul nostro modo d'essere.


Nel mio caso non influisce, ma è il mio modo d'essere. Come, chessò, un cieco dalla nascita che non ha mai visto un colore in vita sua. È possibile che si sia affezionato al buio...
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Messaggioda Davy Jones » 27/04/2013, 18:17



chopsuey ha scritto:
Se cerchi stimoli ci sono modi più "intelligenti" per farlo; anche rischiosi se è questo a farti sentire viva. Ritieni di valere così poco da poter salutare la vita in un angolo contorcendoti dal dolore? Non ti sentiresti più viva e stimolata affrontando qualcosa di più gratificante? Non so, ad esempio rischiare per qualcosa a cui tieni o in cui credi o a cui ambisci.


Per esempio? (Non è una domanda provocatoria, è che davvero non me ne viene in mente nessuno)


Premesso che comunque se proprio c'è questa necessità credo sarebbe meglio lo facessi per qualcosa in cui credi, ad ogni modo ti faccio i primi due esempi che mi vengono in mente:

Peter Young - questo ragazzo crede nei diritti degli animali e ha rischiato effettuando diverse liberazioni di visoni e volpi dagli allevamenti da pelliccia; poi l'hanno beccato ed è finito in galera.

Bobby Sands - entrò nell'IRA per lottare per l'indipendenza e la riunificazione della sua terra, l'ultima volta che venne incarcerato morì nelle prigioni inglesi durante uno sciopero della fame.

Lo so che è diverso dalla tua "semplice" necessità di doverti sentire viva rischiando, ma la riflessione che faccio è che forse potresti coniugare le due cose (senza dover per forza giungere agli estremi dei due esempi). Se tu trovassi qualcosa a cui tieni e per cui vuoi impegnarti, qualcosa alla quale dedicandoti ti sentissi davvero viva forse potrebbe "salvarti". E in ogni caso credo sia meglio rischiare così piuttosto che sederti e avvelenarti per vedere se per caso sopravvivi.
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Messaggioda Davy Jones » 27/04/2013, 18:23



chopsuey ha scritto:Secondo la mia psichiatra il mio non è nemmeno un vero disturbo, ma una risposta difensiva talmente collaudata nel tempo che ha radici troppo profonde per essere "sradicata con una zappa". Solo che mi crea i casini peggiori e mi vergogno a parlarne, perché non so mai come spiegarlo e ho paura di non essere capita, o peggio ancora creduta. Inoltre non so che impatto potrebbe avere sugli altri, perciò spesso preferisco sparire (com'è stato con quel ragazzo).

A dire della mia psichiatra (che cito come se fosse la Bibbia, e in effetti è diventata il mio punto di riferimento primario) io mi amo molto e i miei meccanismi di difesa sono sempre serviti a proteggermi. Forse anche l'autolesionismo rientra nell'insieme di strategie messe in atto per proteggermi da una minaccia peggiore. O forse no.

Una risposta difensiva che ti spinge addirittura a giocare con la morte. Sembra assurdo ma non fatico a crederci, anche io ho assaporato in forma minore e non così drastica le fantastiche strategie protettive masochiste della mia mente per altre cose. Tuttavia averne coscienza è sempre un vantaggio.
Da cosa stia cercando di difenderti la tua mente è ciò di cui preferisci non parlare?

chopsuey ha scritto:Solo che mi crea i casini peggiori e mi vergogno a parlarne, perché non so mai come spiegarlo e ho paura di non essere capita, o peggio ancora creduta.

Io penso non sia importante essere capiti o creduti...ma che l'importante sia invece essere tollerati e accettati. In generale se questa cosa di cui non vuoi parlare non ti fa fare del male a qualcuno puoi vergognarti molto meno di una persona standard.

chopsuey ha scritto:Nel mio caso non influisce, ma è il mio modo d'essere. Come, chessò, un cieco dalla nascita che non ha mai visto un colore in vita sua. È possibile che si sia affezionato al buio...

Prima però dovrebbe riuscire a vedere i colori, per aver scelta. Altrimenti c'è il rischio che lui si convinca di essere affezionato al buoio mentre forse gli fa semplicemente paura affrontare ciò che fino ad ora era a lui estraneo.
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