Tristezza... che fare della mia vita

Questo forum di aiuto vuole essere una vera casetta della coccola.
"Mi sento troppo triste" quante volte lo hai detto o sentito dentro? Hai mai guardato in faccia il tuo dolore? Qual è la sua voce? Fallo parlare, qui.
Disturbo depressivo, bipolare, maniacale, e altri disturbi dell'umore.
La depressione in particolare è una sofferenza drammatica, dalla quale occorre uscire attraverso la pazienza e la dedizione a noi stessi; ma anche attraverso la fiducia e la vicinanza di chi sa bene come ci si sente. Questo forum è aperto anche a chi è semplicemente triste e ha voglia di sfogarsi.

Tristezza... che fare della mia vita

Messaggioda feffe » 02/09/2013, 13:55



Ciao a tutti! Sono nuovo del forum.... scrivo qui perchè sono ormai 3 mesi che mi sento depresso e vuoto dentro, senza alcuna voglia di lottare o di andare avanti. Ma iniziamo dal principio:
A casa mia sono sempre stato abbastanza trascurato, dato che è da quando avevo 8 anni che mia sorella si è ammalata di anoressia. La sua malattia ha sconvolto tutte le dinamiche famigliari, trasferendo il suo stato di "privazione e negazione di felicità" nella famiglia, trasformandoci, (a detta di numerose psicologhe da cui abbiamo fatto terapia famigliare) in una famiglia anoressica. Per oltre 14 anni abbiamo vissuto in questa condizione, in cui tutte le nostre giornate giravano attorno a mia sorella e al suo problema. Come mi sentissi io non è mai importato niente a nessuno.
La mia vita è andata avanti concentrandomi solo nello studio e negli amici (che per fortuna ho, ma con cui comunque mi trovo non spessissimo), il che mi ha reso una persona sofferente di fobia sociale: ho una tremenda paura del giudizio degli altri, che gli altri non mi reputino all'altezza delle situazioni e delle cose.
Ho lottato durissimamente all'università, vivevo (e vivo!) ogni esame come se fosse il giudizio eterno di Dio. Ho paura di non essere all'altezza, così metto sempre tutto me stesso nello studio, tanto da stare male e farmi vivere l'università come un incubo.
Finalmente sto per finire l'università (fra 2 sett ho l'ultimo esame) però assieme a questo mi si accompagnano stati d'ansia e di tristezza. Mi sento vuoto, non ho una relazione (credo di essere gay e questo mina profondamente la mia autostima e le mie sicurezze, non riesco a fare coming out sempre per paura del giudizio delle altre persone), non sono indipendente, sto per sbattere contro un mondo lavorativo chiuso e ho questo esame che psicologicamente mi blocca, mi sembra che sia uno scoglio insormontabile prima della liberazione da questo incubo universitario. Ho pensato più di una volta di ritirarmi dall'università, di andarmene, di fuggire o addirittura al suicidio. Credo di non riuscire a vivere in questo mondo, in cui mi sentirò sempre sempre e sempre inadeguato e non all'altezza. Non avrò mai il coraggio di fare coming out e quindi di essere felice. Cosa fareste voi al mio posto? Vorrei proprio un vostro consiglio: credo che da spettatori esterni riusciate ad essere molto più oggettivi di me. Scusate per le parole in libertà, ma faccio sinceramente fatica a tirare fuori in modo logico e corretto i ricordi e le emozioni che mi escono dalla testa. Grazie a tutti quelli che risponderanno
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feffe
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Tristezza... che fare della mia vita

Messaggioda Davy Jones » 02/09/2013, 19:29



Perché, facendo coming out saresti felice? Inoltre visto che non hai capito nemmeno tu se sei omosessuale o meno, che coming out vuoi fare?
A me non sembra una cosa fondamentale sinceramente, se fossi omosessuale penso che al massimo non farei nulla per nasconderlo (a meno che tu per coming out non intenda questo e non il dichiararlo alle persone con cui hai a che fare), però ammetto che per me è una cosa irrilevante, ad esempio quando qualcuno mi ha confidato di essere gay la cosa mi ha lasciato indifferente. Eventualmente, secondo me, potresti pensare di essere selettivo, stabilendo e cercando di capire a quali persone rivelarlo, se ci tieni a fare questo passo.

Cosa fareste voi al mio posto? Vorrei proprio un vostro consiglio: credo che da spettatori esterni riusciate ad essere molto più oggettivi di me.

Credo niente. La mia sessualità sono affari miei, se voglio dirlo a qualcuno bene, se non voglio non vedo il problema.

Credo di non riuscire a vivere in questo mondo, in cui mi sentirò sempre sempre e sempre inadeguato e non all'altezza.

E' una sensazione secondo me abbastanza diffusa. Premesso che il mondo, o meglio l'umanità, non mi piace, e che spesso ho provato sensazioni simili (più che altro però la sensazione di essere nel luogo sbagliato nel tempo sbagliato) credo che molto sia legato alla paura e spesso si sceglie di assecondarla, ad esempio convincendosi di essere difettosi piuttosto che affrontare una realtà comunque difficile, non piacevole, faticosa e che ti costringe a mettersi in gioco ed ad esporti ad esperienze anche rischiose e dolorose, cosa che diventa ancor più spaventosa se si hanno molte insicurezze. Molte volte non è neanche questione di scelta, la paura ti paralizza e a volte si rimane intrappolati nella fossa in cui ci si era rannicchiati per via della stessa. Non è questione di inferiorità a mio parere.
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Tristezza... che fare della mia vita

Messaggioda vercingetorige » 03/09/2013, 10:24



feffe ha scritto: (credo di essere gay e questo mina profondamente la mia autostima e le mie sicurezze, non riesco a fare coming out sempre per paura del giudizio delle altre persone)


probabilmente l'incapacità di fare il tuo coming out e l'origine dei tuoi deficit comunicativi hanno una patogenesi collocabile all'interno dei tuoi trascorsi famigliari, a causa dei quali sei sempre stato costretto giocoforza a tacere i tuoi malesseri per non determinare una deviazione della traiettoria dei pensieri dei tuoi genitori, orbitanti sempre attorno all'anoressia di tua sorella. la sua anoressia ha personificato anche il boia che ti ha causato un'inedia non di cibo, ma di comunicabilità e ti sei disabituato a dichiarare quanto risiede nella tua sfera di pertinenza emotiva. questa prolungata assenza di confronto dialogico con il giudizio delle altre persone ti ha portato anche a paventarne l'ombra, ovvero anche esclusivamente la possibilità di ricevere un giudizio, ed hai bilanciato la tua assenza di cognizione empirica in ambito di relazioni\opinioni delle altre persone con una loro idealizzazione, sino a deificarli - hai definito un esame universitario, che probabilmente meglio rappresenta il giudizio della realtà esterna che ti pende addosso come una spada di damocle, il "giudizio eterno di dio"-. naturalmente, come l'organismo necessita di un suo sistema immunitario per cautelarsi dalle minacce patogene, anche la psiche abbisogna d'anticorpi per filtrare i giudizi dei nostri interlocutori in base a parametri di validità etc., e questi anticorpi li potrai affinare solo con la pratica, solo con l'esperienza empirica che ti impedisca di idealizzare e divinizzare ulteriormente l'opinione dei tuoi interlocutori. il giudizio degli altri non è il verbo divino, e neanche è irreversibile o necessariamente esatto: è anzi suscettibile di modifiche nel tempo e di errori costitutivi che possono inficiarne il valore - e qui spetta a te il compito di filtrarli, razionalizzarli. devi porti come fruitore attivo, e non passivo-.
la nota positiva è che, nonostante tu alluda ad avvisaglie depressive, tu sia riuscito ugualmente ad avere il vigore per frequentare l'università, e questo indica che lo stadio depressivo non è particolarmente grave da farti da pastoia nella realizzazione di te stesso.
quel che ti consiglio è di provvedere a questa prassi, cioè di esporti e relazionarti con le opinioni degli altri e deporre quella maschera protettiva che, probabilmente, hai indossato sinora in presenza della tua cerchia d'amicizie per rendere marginale la tua vulnerabilità alle loro parole. ti stai per laureare (congratulazioni, in cosa?), fa' che questo "giudizio esterno" sia l'inaugurazione di una sequela che ti faccia snidare dal mutismo dove sinora hai stagnato, educati all'espressione di te stesso - a cominciare dal tuo coming out, dopo aver fatto chiarezza sul tuo orientamento sessuale-.
certo, so bene che far seguitare l'azione all'ideazione sia un processo più difficoltoso di quanto le parole possano descrivere, e che la gestazione stessa dell'azione preveda un'incubazione piuttosto estesa nel tempo, ma se ti sei aperto al confronto virtuale è indizio che disponi, almeno via ipotetica, della volontà d'avversare le tue problematiche comunicative - che mi pare costituiscano uno dei tuoi punti nevralgici-

feffe ha scritto: Scusate per le parole in libertà, ma faccio sinceramente fatica a tirare fuori in modo logico e corretto i ricordi e le emozioni che mi escono dalla testa.

ovviamente anche le mie sono interpretazioni in libertà. segnalami qualche bug se non sei d'accordo\ne rintracci qualcuno. bye bye
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