eeeh Giuliz, a chi lo dici!

Ciao Kathellyna
Giuliz ha scritto:Quello che tu dici è senz'altro giusto: è davvero impossibile approcciarsi alla vita (in questo caso -parlando nel concreto- alla società) in termini meramente "meditativi" (anche se poi in realtà nessuno ci impedisca di farlo). Semplicemente in virtù del fatto che, come hai sottolineato tu, non siamo di certo i Monaci/saggi della situazione pronti ad elargire sentenze a destra e a manca. Il discorso però è al tempo stesso contorto e complicato (mi scuso infatti se continuo a rispondere ahah, ma queste conversazioni mi mandano in loop): infatti ci si potrebbe parlare sopra per l'eternità. Perché è complicato? Perché credo -parlo per me si intenda- che il fatto che si voglia trovare dentro di sè un equilibrio e un centro non equivalga per forza di cose a dire di voler vivere sulla cima della montagna (scevro e lontano da qualsiasi contatto umano) nè tantomeno che questo escluda di conseguenza quell'elemento "valutativo" (sia auto-valutativo che verso l'esterno) proprio di ogni essere umano. Significa solo che, nel momento in cui abbiamo assunto come presupposto di partenza il concetto che la rovina sociale e storica è ormai prossima, possiamo essere in grado di 1)vivere come riteniamo più giusto fare 2)arrivare alla conclusione che -ahimè- dati i contesti socio/culturali poco stimolanti, l'unico modo per poter "campare" è quello di TROVARE la felicità e la serenità all'interno di noi stessi. N.B. questo assolutamente non vuol dire che ci si debba accontentare di tale epoca così svuotata e prima di qualsiasi scopo, che si debba rimanere impassibili davanti alla incombente catastrofe. Vuole dire solamente che se tutti noi abbiamo trovato il nostro ritmo semplicemente guardandoci attraverso il nostro "occhio interiore", allora sarà più semplice fare qualcosa/realizzare qualcosa. E questo, a sua volta, porta all'altra questione che hai sollevato poco dopo: è possibile vivere in un mondo ormai svuotato da qualsiasi momento di valore, una modernità completamente dominata dai tecnicismi in cui vige il paradigma della superficialità? Assolutamente NO. Questo purtroppo si ripercuote per forza di cose sulla nostra individualità; ma non vuol dire che un nuovo giorno non possa sorgere, che un nuovo inizio non possa darsi sulla nostra via. Rivoluzioniamo ciò in cui crediamo, riportiamo a galla qualche principio comunitario, qualcosa in cui credere e forse potrà cambiare davvero tutto. Spero di non essermi persa nei miei ragionamenti. Buon primo maggio!Lester ha scritto:Buonasera a tutti, spero di non essere entrato troppo tardi nella conversazione.
Credo che Daniel e Giuliz siano arrivati al nocciolo della questione, ovvero: è possibile trovare un equilibrio, una fonte inesauribile di energia e di stabilità, unicamente dentro di sé? Senza alcun riferimento esterno, senza il minimo "elemento valutativo" e solamente grazie ad un approccio "attivo" verso l'interno e "passivo" nei confronti di ciò che è fuori da noi? (attivo e passivo in questi casi non sono termini propriamente corretti, ma li ho usati solo per rendere l'idea)![]()
Credo che Daniel abbia detto cose giuste e comunque sempre valide, ma ho come l'impressione che un approccio esclusivamente "meditativo" sia da considerarsi anacronistico rispetto alla società e ai valori che (purtroppo) si sono instaurati in questo dato periodo storico.
Mi spiego meglio: il raggiungimento di un perfetto equilibrio interiore può considerarsi il massimo della realizzazione in una società che mette al centro della propria cultura la meditazione e la trascendenza; allo stesso modo si poteva raggiungere un buon grado di "soddisfazione" dal perfezionamento dell'arte filosofica in una società come quella greca piuttosto che dall'affinamento della spiritualità cattolica in un dato momento del Medioevo.
E si potrebbe andare avanti così accostando ad un'epoca una popolazione ed una precisa serie di valori comuni che dominavano tale popolazione.
E finalmente giungiamo a ciò che (credo) intendesse Nothingface all'inizio di questa conversazione: arrivati all'attuale periodo storico, alla luce di un appiattimento dei valori, di un'omologazione delle culture, di un'estremizzazione del materialismo e del consumismo, con un crescente approccio utilitaristico a qualsiasi forma di spiritualità ed ideale; un'epoca in cui i sentimenti sono filtrati dalla scienza; i reality e i social divengono surrogati di emozioni e cultura mentre i rapporti sociali sono sempre più riducibili a manifestazioni di scopofilia; COME SARA' MAI POSSIBILE REALIZZARSI AFFINANDO UNA DOTE CHE ARRICCHISCA UN "VALORE COMUNE" SE ORMAI NON ESISTONO PIU' "VALORI COMUNI"?
(spero di essere stato chiaro, ci ho messo un'ora a scriverla)
Adrien ha scritto:La meditazione aiuta a scoprire l'essenza che precede il pensiero: consapevolezza pura, coscienza, o come vogliamo definirla. Ma in occidente siamo stati fuorviati dal Cogito ergo sum cartesiano, dimenticando che l'essere viene prima del pensare, e può condurre più lontano.
Forse questo è vero, non è detto per forza di cose che nelle passate epoche storiche ci siano stati dei valori condivisi e universalmente validi per tutti. Il punto, o meglio, la situazione e la condizione in cui la gente viveva tuttavia era molto differente: ritengo che il problema fondamentale della nostra epoca non sia tanto uno svuotamento morale di qualsiasi istituzione/sovrastruttura (anche perché non è detto che si debba vivere per forza in un mondo in cui proprio alcuni valori siano comuni a tutti); quanto piuttosto l'idea di una precarietà dilagante (economica, politica, sociale) e di conseguenza un piano d'azione piuttosto limitato per l'essere umano esistente. Non so se si capisce, cerco di spiegarmi meglio. Quello che intendo dire è che purtroppo siamo protagonisti di una realtà apparentemente calma e pacifica, ma che sotto sotto cova grandi e indicibili problemi. Davvero l'Italia è uno di quei paesi in cui è possibile condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo? Davvero ci offre tutto quello di cui abbiamo bisogno? Si può raggiungere quel famoso equilibrio meditativo, quella consapevolezza personale cui tutti aspirano? Ci troviamo in una società fortemente lacerata e ingiusta, secondo me: ingiusta perché non vi è l'opportunità/possibilità per tutti di fare ciò che si vuole. Non c'è libertà pratica -sotto ogni punto di vista- e dunque non c'è raggio di azione per ampliare sè stessi. E allora, tornando alla affermazione iniziale: in cosa erano differenti le epoche a noi precedenti, supponendo che anche li non vi fossero "valori comuni"? Erano diverse perché, nonostante la -mettiamo il caso- "crisi" in cui versavano, c'era sempre e comunque la possibilità di fare concretamente qualcosa, di trovare il proprio spazio nel mondo: vi era la speranza di costruire e cambiare il destino.Premio Nobel ha scritto:Adrien ha scritto:La meditazione aiuta a scoprire l'essenza che precede il pensiero: consapevolezza pura, coscienza, o come vogliamo definirla. Ma in occidente siamo stati fuorviati dal Cogito ergo sum cartesiano, dimenticando che l'essere viene prima del pensare, e può condurre più lontano.
Non sono concorde, in fondo nel pensiero occidentale c'è stato successivamente Kant, il quale semplicemente pone alla base l'imperativo categorico ed il noumeno (cioè basandosi di fatto sull'opposto di Cartesio) - da quel poco che mi ricordo, dovrebbe però essere stato Hegel infine ad avere riacceso con la sua "scienza dell'esperienza della coscienza" l'importanza del pensiero e quindi delle sensazioni piuttosto che dell'essere in quanto tale.
Più in generale è stato suggerito che ci sia stato un crollo dei valori nel nostro mondo ... secondo me se ciò è avvenuto dev'essere comunque ridimensionato, anche perchè presumerebbe che in passato ci fossero stati valori condivisi dalla totalità - è vero che nel mondo a noi contemporaneo ci sono molti limiti e critiche, però non dobbiamo dimenticare anche i pregi. In fondo, noi non viviamo più in una guerra mondiale ... molti di noi non sanno nemmeno che cosa sia semplicemente perchè non l'hanno mai vissuta (in passato è per molte persone tuttora, però, non è così)
Più semplicemente, credo che la risposta alla seguente domanda: "esiste un tema od una opinione che è condivisa universalmente da tutte le persone?" Sia negativa.
Giuliz ha scritto:Erano diverse perché, nonostante la -mettiamo il caso- "crisi" in cui versavano, c'era sempre e comunque la possibilità di fare concretamente qualcosa, di trovare il proprio spazio nel mondo: vi era la speranza di costruire e cambiare il destino.
Ma questo è discutibile, anzi è una vera e propria generalizzazione dell'argomento. Non credo che tutti abbiano questa esigenza di sentirsi smart, veloci e subito compiaciuti. Forse potrebbe essere valido per le -appunto- nuove generazioni, ma mi esprimo con riserve a tal proposito. Comunque non metto in dubbio quello che dici, infatti trovare i mezzi con cui crearsi qualunque tipo di lavoro è oggettivamente più semplice; oggi ma il fatto che lo sia non significa per forza di cose che sia più soddisfacente. La mia era solo una disamina secondo cui molto spesso i contesti storici e culturali in cui siamo costretti a svilupparci offrono una fetta di mercato, aprono una porta solo ed esclusivamente ad alcuni "settori": nel senso che non c'è davvero così tanta possibilità di dare voce a sè stessi. Lo dico da studentessa universitaria che proviene da una di quei corsi di laurea che tu reputi "poco utili"..Daniel ha scritto:Giuliz ha scritto:Erano diverse perché, nonostante la -mettiamo il caso- "crisi" in cui versavano, c'era sempre e comunque la possibilità di fare concretamente qualcosa, di trovare il proprio spazio nel mondo: vi era la speranza di costruire e cambiare il destino.
Non sono d'accordo. Un tempo se non avevi i soldi o appartenevi ad una buona famiglia non eri nessuno. Il livello di istruzione era molto basso e l'attività principale era il primario, spesso come eredità dei propri genitori. Volevi diventare industriale? Sulla base di quali mezzi? (parlo degli anni '50 e prima). Con gli anni '80 e '90 le cose erano già diverse, ma mai come oggi tutti hanno diritto all'istruzione, hanno internet da cui possono trovare tutto quel che serve per imparare qualsiasi cosa, hanno corsi gratuiti ed una marea di possibili professioni in cui specializzarsi. Basta un click perché le cose cambino anche solo per qualcuno. E ti va magari di fare qualcosa di diverso in prima persona? Ecco che su google trovi associazioni di volontariato a non finire. Io credo che oggi se vuoi qualcosa per davvero alla fine la ottieni. Abbiamo più strumenti di quanto le vecchie generazioni abbiano mai avuto. Credo piuttosto che se di mancato controllo sulla propria vita vogliamo parlare, questo riguardi la maggiore libertà d'azione. C'è la crisi, è vero. Ma non manca mai l'esigenza. Da studente universitario iscritto alla facoltà di informatica, lo dico: c'è lavoro. Spesso non lo si trova perché ci si complica la vita, si acquisisce una mentalità antiquata, ci si iscrive ad esempio a facoltà che sostanzialmente non servono a niente. Chiaramente dicendo questo mi concentro perlopiù sulle nuove generazioni. Si tratta solo di pensare diversamente. Come ho letto in un libro di psicologia, forse oggi non esiste più il modello rigido a cui conformarsi ma la pulsione compulsiva di soddisfare l'esigenza di essere smart, veloci, di ottenere tutto e subito. E' qualcosa di molto subdolo che spesso si può tradurre in ansia, in depressione, nella misura con cui ci si fa travolgere.
Giuliz ha scritto:ritengo che il problema fondamentale della nostra epoca non sia tanto uno svuotamento morale di qualsiasi istituzione/sovrastruttura (anche perché non è detto che si debba vivere per forza in un mondo in cui proprio alcuni valori siano comuni a tutti); quanto piuttosto l'idea di una precarietà dilagante (economica, politica, sociale) e di conseguenza un piano d'azione piuttosto limitato per l'essere umano esistente. Non so se si capisce, cerco di spiegarmi meglio. Quello che intendo dire è che purtroppo siamo protagonisti di una realtà apparentemente calma e pacifica, ma che sotto sotto cova grandi e indicibili problemi.
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