Sono originario della provincia di Roma, qui mi sono abituato presto alla solitudine. Durante le scuole medie ho subito quotidianamente bullismo fisico e psicologico. Dopo due anni ho cambiato classe ma la situazione è rimasta analoga. Ero obbligato a fare compiti ad altri, a intervenire quando un compagno non li aveva fatti, per dire che so, magari che era passato da me e avevo dimenticato io di portargli il quaderno, a non prendere voti troppo alti nei compiti e altre umiliazioni di questa tipologia, senza contare quelle fisiche e fisiche/psicologiche allo stesso tempo. Una volta ricevetti una minaccia fisica perfino da un genitore di un compagno di classe al quale mi rifiutavo di fare i compiti, non appena avevo cambiato classe.
Andare in un liceo dopo quest'ambiente è stata una liberazione, anche se il trauma è rimasto nel tempo e ho sempre rifiutato di uscire nelle mie zone. Mentalmente mi ero costruito una mappa colorata della città, che in realtà mi orienta ancora oggi: verde = via libera, possibilità di circolare; giallo = meglio non soffermarsi troppo in questa zona; rosso = alta possibilità di incontri pericolosi, evitare o circolare rapidamente.
Una sola volta ho partecipato, durante le scuole medie, ad una gita di più giorni, ed è stata un completo calvario tra minacce e umiliazioni davanti a persone anche di classi diverse, dunque in sostanza mi sono chiuso in una stanza se non per andare a scuola, posto che precedentemente apprezzavo molto e che poi mi sono ritrovato a frequentare sempre con la paura. Penso che nessun bambino dovrebbe frequentare un posto di apprendimento e crescita personale con la paura che possa succedergli qualcosa. Ancora oggi mi chiedo come fosse possibile che nessun professore di allora percepisse qualcosa di ciò che vivevo io.
A 16 anni muore mio padre, all'improvviso. Ricordo ancora quella mattina. Ero da mia nonna e squillò il telefono. Una voce stridula dall'altra parte del telefono. Stacco la cornetta del telefono dall'orecchio perché interpreto tutto come uno scherzo di qualcuno che vive nelle vicinanze, e anche perché non capisco. E' proprio la paura di avere a che fare ancora con ex compagni di scuola che mi tiene al telefono quel giorno, per cercare di capire da chi devo guardarmi bene questa volta. Dopo poco capisco che la voce stridula non è fatta apposta ma è invece disperazione, e riconosco mio nonno che mi dice che mio padre è morto. Nessuno ha la dinamica chiara e nessuno ci crede, nemmeno mia madre. Chiamiamo l'ambulanza e poche ore dopo veniamo a sapere che mio nonno aveva effettivamente ragione.
Nel periodo successivo ho avuto una sola ragione di vita: andare via dalla mia regione, non mi bastava andar via dalla provincia. Ci sono riuscito per 7 anni: ho cominciato a studiare a Bologna, ho studiato un anno a Madrid, torno a Bologna per la laurea (che non festeggio assolutamente, poiché odio le feste, il clima di euforia e perché non avevo molte persone vicine, seppure non c'è paragone con la solitudine che vivo adesso), mi trasferisco a Forlì per la magistrale, dove resto un anno, studio altri 6 mesi in Cile e faccio un tirocinio a Valencia, dove pubblico anche un articolo in spagnolo all'interno della ong dove lavoro, e altri due sono in corso di pubblicazione. Sono stati anni nel complesso decisamente positivi, forse con pochi amici ma i traumi sono difficili da superare, comunque normali, avevo una ragazza che amavo molto, con cui ho vissuto tre anni, due splendidi e uno un calvario. Due serie di sedute psicologiche, a Forlì e a Santiago de Chile, mi rimettono in piedi nei momenti difficili. In Cile comincio a sentire la mano fredda di uno spettro sulla mia spalla: è l'incubo del ritorno a casa. Non mangio più e impiego tutto il tempo per trovare un lavoro tramite il sito dell'università e altri mezzi.
Due giorni dopo la laurea firmo un contratto di lavoro, a Roma. Penso di resistere perché non è facile trovare lavoro dopo due lauree di ambito abbastanza umanistico, sperando di trovare qualcosa di meglio. Supero anche un colloquio a Verona, per un posto molto buono, mi inseriscono in un gruppo chiamato pool, una specie di "rosa di candidati" dal quale attingere, ma ad oggi non ho ricevuto che qualche scambio di mail che mi conferma di essere stato selezionato.
Passo le giornate in cui non lavoro seduto su una poltrona, senza nessuno con cui poter parlare: non conosco nessuno e non mi fido di nessuno, odio la città, vorrei vederla in macerie (non me ne vogliate utenti residenti a Roma, spero anch'io un giorno di riappacificarmi con il posto). La provincia invece vorrei vederla rasa al suolo senza evacuare la popolazione, tipo bombardamento di Guernica (mi scuso con lo staff se il linguaggio usato rasenta l'odio, ma spero si possa capire alla luce di quanto scritto precedentemente).
Vorrei andar via, ma penso che non succederà mai. Non ho idea di come poter conoscere qualcuno, di come trovare il coraggio di uscire e soprattutto il coraggio di provare a vivere. Ho pensato che il lavoro mi portasse a stringere dei legami, seppure non è proprio il lavoro dei miei sogni e devono ancora stabilizzarmi, ma non è così. Ho sempre l'impressione che le persone mi parlino di cose che a me non interessano: mi piace scrivere, e a Bologna ero entrato in una redazione, alla quale ancora partecipo a distanza scrivendo articoli, scrivo poesie, sono eccitato dall'intelligenza, qualcosa che nella necessità moderna di categorizzare tutto, si chiama sapiosessualità. Anche se non mi piacciono le etichette e penso che pongano dei confini per un fine descrittivo, mi ci ritrovo. Odio invece i discorsi sulle natiche e il seno della tal dei tali, che sento quotidianamente al lavoro o, quando uscivo ancora, tra le persone che frequentavo al liceo. Non riesco a ritrovare questi interessi in nessuno qui, mentre al nord mi ritenevo molto soddisfatto.
Una gatta e documentari di storia mi tengono compagnia durante la sera, e ora a quanto pare anche questo forum, che per lo meno mi distrae permettendomi di non friggermi il fegato sulla mia condizione di estrema solitudine. Per questa distrazione, ringrazio sentitamente tutte le persone che hanno impiegato anche solo qualche minuto per parlare con me in chat. Sfigati di tutto il mondo ... uniamoci!