da matty » 05/01/2015, 15:10
Non sono nato in questa città, una città che odio, che non ho sentito mai come mia, anche se vivo qui ormai sin da piccolo mi continuo a chiedere come sarebbe la mia vita se fossi rimasto a Milano, se mio padre non avesse scelto per me, come sempre, mio padre.. Proprio lui, forse devo tutto a lui il disagio che provo, per avermi caricato sin da piccolo di colpe, di responsabilità, per essere sempre stato assente. L'ho odiato in passato, quando, dopo averci portato a Roma è tornato a Milano, per lavoro dice, noi a Roma per il clima migliore, nella città dove lui è cresciuto e lui a Milano, la città dove c'era mia nonna, dove mi rifugiavo tutte le volte che potevo. Ho odiato mio padre quando faceva il padre per telefono, quando parlvo con lui la sera e compliavo il questionario, come stai? bene, com'è andata a scuola? normale, che tempo fa? bello/brutto. ok a domani. Quando veniva i fine settimana e per mantenere la sua autorità cercava di tovare qualsiasi cosa fuori posto per sgridarmi. Era l'unjico modo che aveva, era questo il suo modo di fare il padre. Fino a quando i miei non hanno cominciato a litigare, avevo 12 anni quando mia madre ha scoperto che lui aveva un'altra. Ed io ci sono stato messo in mezzo, nel peggiore dei modi, come se fosse colpa mia. Sentirsi dir che non sono un bravo figlio perchè non prendo posizione, vivere in una casa dove giorno dopo giorno sono stato bombardato di discorsi contro mio padre, dove respiri, inali, assimili. Vivere in un limbo dove la situazione non cambiava, dove lui continuava a venire tutti i fine settimana come se nulla fosse. Mi ricordo i Natali, la festa più falsa del mondo, passati in casa dove li sentivo litigare, ed io che volevo scappare, correre via per andare ovunque, lontano.. Ricordo che sono scappato di casa due volte in vita mia, la prima, dopo essere stato ospitato da un amico a cui non avevo raccontato nulla mi sono ritrovato a dormire due giorni su una panchina in un parco, e mi ha riportato a casa la polizia. La seconda sono arrivato fino a Barcellona, salendo su un aereo quasi per caso, e quella volta stava pure andando a finire male perchè oltre ai vestiti che avevo addosso non avevo nulla.
In tutto questo la scuola non mi ha aiutato per niente: le elementari sono passate più o meno in modo normale, a parte il fatto che siccome sono nato a febbraio mi sono ritrovato in prima elementare in una classe dove oltre ad essere il più piccolo non conoscevo nessuno. Quello forse è stato il primo trauma della mia vita, quando mio padre ha fatto carte false per farmi saltare una classe ed essere un anno avanti. Mi mangiavo i polsini ed i colletti delle camicie, fui mandato dalla maestra all'assistente per questo. Le medie all'inizio sono state traumatiche, mi sono ritrovato da solo, senza i vecchi compagni in una scuola di suore dove ricordo ancora madrepaola, prof di italiano storia geografia e non so cos'altro che il lunedì, quando avevamo 6 ore, delle quali 4 con lei mi terrorizzava a tal punto che vomitavo puntualmente tutte le ricreazioni alle 11, tutte, non ne ho saltata una! Ci penso ancora oggi. Fortunatamente mia madre l'ha capito e in seconda media mi ha spostato in una scuola pubblica dove le cose sono andate un pò meglio. Ma poi, il liceo. Scuola di preti sempre grazie alla scelta di mio padre dove l'aveva fatta lui, dove gli altri mi hanno impedito di crescere, di evolvermi, di sbocciare. Dove ne ho subite di tutti i colori, dove mi picchiavano a ricreazione così, solo per il gusto di farlo, forse solo per noia, o per un loro divertimento sadico ed inumano. Non avevo nulla di strano, non avevo i brufoli, non ero grasso, ero solo debole, il più debole, il più piccolo ed ero solo contro il branco, contro tutti. Non ero in grado di rispodergli, non sapevo cosa fare, cosa dirgli, nessuno me l'ha mai detto. Subivo e basta, in silenzio. A volte mi presentavo davanti a loro e dicevo picchiatemi, e loro mi picchiavano, forte, fortissimo. Quando lo facevano non reagivo, rimanevo fermo, impassibile e li guardavo, dritto negli occhi, e li odiavo, e mi odiavo, con tutte le mie forze, mi chiedevo perchè non reagivo, non avevo paura,avevo una tale rabbia dentro che sapevo che avrei potuto difendermi e forse pure averla vinta, ma non l'ho mai fatto. Non sentivo dolore fisico, ma dentro di me ogni legnata era una parte di me che se ne andava e che perdevo, per sempre. I professori in tutto questo fingevano di non vedere, anzi sembravano divertiti, nonostante i segni che tenevo ben nascosti per quanto potevo. L'importante era solo la mia resa, altissima in matematica, fisica e chimica (non ho mai studiato quelle materie, per me era tutto normale se non ovvio, per questo un periodo ero pure convinto di essere autistico) e appena sufficiente nelle altre materie, visto che non mi interessavano. Cinque anni di inferno, che non mi hanno dato nulla, ma si sa, ormai la scuola è così, ti trasmette solo valori sbagliati, inutili. La chiesa (con tutto il rispetto, opinione personale) serve solo a creare differenze ed a mettere gli uomini contro gli uomini, e la maggior parte di quelli che ci va, sentendosi in un qualche modo protetta e addirittura in un qualche modo superiore a chi non crede vive talmente nell'arroganza da poter giudicare gli altri e fare delle schifezze assurde. La televisione, la pubblicità, dove ti insegnano che vali solo per quello che hai e non per quello che sei. E intanto ci sono i ragazzi, abbandonati dai genitori, abbandonati da tutto e da tutti che si tagliano, si tagliano, si tagliano. Che fanno delle cose orribili al loro corpo, che lasciano dei segni indelebili nelle loro menti, perchè le ferite alla fine guariscono, i segni col tempo scompaiono, ma quello che hanno dentro, quello che io ho dentro rimane, lì, per sempre. E mi tormenta, ogni giorno, ogni istante, avvelenando la mia anima, uccidendomi ogni gioco che vivo, come un cancro che mi mangia piano piano il cuore, da dentro e non mi permette di vivere, di essere felice.
La mia valvola di sfogo è sempre stato lo sport, mai di gruppo, e cercando sempre qualcosa in più ho scoperto l'adrenalina, gli sport esetremi, e mi sono spinto oltre: kite surf, sci senza limiti di velocità, parapendio, bunjee jump: quando mi sto per lanciare con l'elastico dalla funivia prima chiudo gli occhi e penso alla morte, penso di voler morire, di lasciare tutto, di spegnere tutto, respiro lentamente, poi di colpo spalanco gli occhi, mi lancio con tutta la forza che ho, come un tuffo di testa, ma dritto, non inclinato come gli altri, alzo le braccia ed urlo più che posso, e godo, mi sento vivo come non lo sono stato mai. In quei momenti vedo la terra che si avvicina, sempre di più, e anche se sono pochi istanti per percorrere quei 140 metri per me è come se fossero ore, dentro di me mi sento come se stessi per morire e sento il cuore che mi batte fortissimo. Non ho paura per niente, anzi, ne sono attratto. Poi sento l'elastico sulle mie caviglie che comincia a tendersi, ed è come se fosse la mia vita che non vuole lasciarmi, che vuole trattenermi per forza, imedendomi di andare via. E dentro di me sento che lo odio, che vorrei che si sfilasse, che si spezzasse, che fosse troppo lungo. Spesso mento sul mio peso per avere un elastico più leggero. Quando mi calano a terra una volta finito tremo come una foglia, vomito, ma mi sento meglio anche se per pochi istanti, sento quello che vomito come tutto lo schifo che esce da me, tutto quello che mi fa male, tutto quello che mi brucia dentro. E' una sensazione simile a quando sento il sangue uscire dal mio corpo, ma non mi va di parlare di questo. Questa sensazione dura troppo poco e lo rifaccio, fino a tre volte in un giorno, di più non me l'hanno mai permesso perchè secondo loro diventa pericoloso. Poi quando hanno scoperto che il certificato medico è falso non me lo fanno più fare. Perchè io ho pure avuto un problema di salute in passato ed i cardiopatici non sono ben accetti. Per fortuna non esiste solo Les2Aples dove farlo!
Questo è il mio lato combattivo e forse è stato proprio questo, insieme alla mia rabbia che mi hanno tenuto in vita fino ad ora. Ma può una vita sostenersi ed alimentarsi di rabbia e di odio verso se stessi? Vivere senza amarsi, senza nulla a cui ambire, senza nessuno di importante accanto, senza amici veri.. Sentire le persone sempre più lontane, non nel senso fisico, ma distanti da me, come se ci fosse una barriera invisibile che non mi permette di comunicare e di interagire.. Vivere senza amore, senza amare, senza nessuno da ascoltare, senza nessuno che possa capirmi. Mi sento solo, stanco, inutile. Mi sento spento, davvero. Sto perdendo le forze, sto perdendo la guerra che è sempre stata la mia stessa vita. E quando lo farò nessuno piangerà per me, nessuno si accorgerà che non esisto più.