da Ego » 20/08/2016, 16:02
Quando leggendo un libro si interrompe la lettura per lasciare i restanti capitoli sospesi per sempre, perché non si riesce più a restare in un'illusione che ha una fine certa; quando durante un film si tralasciano i minuti finali, perché si sente che ormai non servono; quando in un gioco ci si diverte, ma, all'improvviso, si capisce di non avere il reale bisogno di andare avanti per sapere come finirà... Ci si stacca, a poco a poco, si perde l'interesse non tanto per la prevedibilità in senso stretto, ma per la caducità dell'atto ed è così anche per la vita.
Il taedium vitae è, al di là della mia metafora povera, un concetto profondo e quindi il morire di noia esistenziale non è una scelta del momento, va oltre quella che è stata e potrebbe essere la propria vita. Come ho detto prima c'è chi vuole morire perché è in conflitto con gli eventi del suo passato o presente: è una persona che nella morte esprime il desiderio per un percorso diverso; e c'è chi vuole morire perché è stanco di ogni vita, qualsiasi siano gli eventi che lo aspettano. Tra le due, per me, la seconda è motivazione che ha più coerenza nel cercare di essere portata al termine.
Detto questo, si, la vita potrebbe ancora sorprendermi, potrebbe ridarmi un'illusione che mi trattenga qualche momento in più, ma sono un pessimo ottimista. Quante ferite può una persona sopportare per arrivare al profumo di una rosa non è una semplice equazione: dolore e felicità non si cancellano a vicenda e questa è la vera difficoltà del continuare a vivere.