Ciao a tutti, sono un ragazzo di 26 anni.
Non so come ho raggiunto questo forum ma immagino che potete farvene un'idea...
Studio. Mi mancano due esami e poi mi laureo. Sono sempre andato bene, ho una media alta e sono in un'uni tosta.
Dovrei essere felice e fiero. Non lo sono.
Negli ultimi due anni vita, ho iniziato a sentirmi sempre più ansioso per via degli esami. Sempre più ho iniziato a sentire il peso della mia responsabilità, la competizione coi compagni che finivano. Tutto questo si è accompagnato con un calo delle mie prestazioni, che ho sercato di compensare con l'impegno. Sia chiaro, non sono mai stato di quegli sgobboni che stanno sui libri dalla mattina alla sera. La morte di mia nonna ha fatto a accelerante. Il mio decuplicare le forze serviva anche per superare il momento. Sono arrivato a dare 3 esami nel giro di un mese. La preocupazione si è fatta strada dentro di me col passare del tempo, la speranza si è fatta sempre più esile. Ho iniziato ad avere i primi attacchi di panico, qualche crisi di pianto. "Sono solo un po' stanco mi dicevo". Telefonavo a mia mamma per una parola di conforto. A maggio di quest'anno sono crollato. Per due settimane non sono riuscito ad alzarmi dal letto, non camminavo, non mangiavo. L'unica cosa che ero in grado di fare era piangere e, quando ero solo lasciarmi andare a crisi isteriche gridando contro il cuscino, singiozzando sono arrivato a puntarmi un coltello da cucina al petto, chissà per dimostrarmi cosa.
Sono andato dal medico, sono stato indirizzato da uno psichiatra. Dopo 4 sedute avvenute nel giro di diversi mesi è arrivata la diagnosi. Avevo patito le pene dell'inferno a causa della somatizzazione dell'ansia. Mi svegliavo (e mi sveglio ancora purtroppo) alle 5 di mattina col panico e l'angoscia. Mi riaddormentavo. Mi alzavo alle 8 e andavo a vomitare. Non credo in Dio, avevo iniziato a pregare. Lo psichiatra mi disse che secondo lui avevo solo una natura particolarmente sensibile, eccesso di razionalismo e di controllo, tratti di personalità ossessiva, sono un filosofo che si è accartocciato su se stesso. Nessuna patologia. Io credevo di essere depresso e andavo nella clinica cercando di estorcere (o mendicare) un antidepressivo. Niente. Per la medicina non avevo bisogno di nulla, neanche la psicoterapia. A dire il vero ero e sono effettivamente migliorato. La somatizzazione dell'ansia è scomparsa. Rimane solo l'angoscia quando mi sveglio e il panico mentre dormo. Detta così sembra una cazzata. Questo periodo di vita però ha scatenato in me una profonda tempesta anche ancora oggi infuria. Sono in piena crisi esistenziale. Sinceramente non ho bisogno ne di consolazioni, ne di incoraggiamenti... Non sapei come utilizzarli, non è cattiveria, ma è incapacità mia. Ho sempre odiato i finali alla Walt Disney, la vita raramente prevede queste chiusure. Manco a dirlo gli esami sono saltati, sono mesi che non concludo niente. Mi sono impegnato, ho cercato di ricominciare, di rimboccarmi le maniche, di dare una svolta. Sono un guerriero di cristallo. Al primo vento di temporale lascio cadere scudo e spada e mi metto in ginocchio piangendo e mi infrango in mille pezzi. Io non ero come sono ora. La mia autostima non esiste più. Sono come un cantante alcolizzato che per quanto una volta fosse una stella, ora a stento riesce a trascinarsi su di un palco di periferia.
Piango spesso, appena mi dicono una cosa anche per scherzo, battuta, rischio di crollare nel pianto.
Dentro di me sento spesso uan sensazione che definirei, naufragio. L'essere stato abbandonato, da tutti, dal destino, il non aver la forza ci continuare, l'essere ormai alla fine di un viaggio, non avere più una bussola, un rotta, una direzione. Guardo le altre persona, i conoscenti, i pochi amici. Hanno tutti un ruolo. Io sono la tessera che è saltata fuori dal mosaico e non trova più il suo posto. Il sentir bisogno di aiuto e il non trovare nessuno in grado di poterti lanciare una corda.
La questione fondamentale è che mi sento come un morto che cammina, tutto quello che faccio mi da l'impressione di essere inutile, vano. Dentro di me sento un grande senso di smarrimento e gli unici appigli, i miei affetti, diventano sempre più sfuggenti. Poco o nulla ormai mi tiene legato a questa dimensione. Vivendo in una torre d'avorio dalla quale guardavo le cose e le persone, dall'alto in basso, mi sono svegliato sotto le macerie di questa costruzione, ormai diventata pericolante a mia insaputa. Questo è il prezzo per la mia antica alterigia? Si, probabilmente. La realtà mi rinfaccia l'aver avuto la pretesa di vivere in un mondo ideale e mi punisce.
In definitiva ormai, sono stanco di combattere, non mi sento portato a vivere come gli altri. Io sono profondamento diverso dagli altri, dalle bestie. Strano che le uniche creature che ancora mi fanno provare qualche sentimento positivo siano proprio gli animali.
Penso spesso al suicidio, ma al momento sono rassegnato al non farlo anche se ne avrei una gran volgia, non trovo il coraggio. Troppo incerto l'esito. Se avessi gli strumenti sarebbe più facile, mancherebbe solo il coraggio che ahimè scarseggia.
Eppure tante volte mene sto a guardare gli altri e penso, c***o... ma in fondo la vita è così elementare, così facile tutto sommato, come si può star male per pensieri o percezioni, idee nostre, convinzioni? Quando ci si ritrova chiusi in un labirinto di specchi e si continua ad andare a sbattere, ci si sente morire poco a poco. Ci si accorge magari in certi momenti dove si è e del fatto che siamo noi, forse, ad esserci chiusi in questo mondo finto, allora tutto cambia colore,la vita riacquista un minimo di sapore, compare un sorriso... Ma è un fuoco di paglia, dopo poco si torna nella stessa palude di preoccupazione e sofferenza. Ci si chiede allora se si è sani di mente. Ma alla fine della fiera non vi è una risposta definitiva. Potremmo esserlo perchè tutto sommato la nostra razionalità funziona ancora e potremmo essere impazziti perchè le nostre percezioni sono tutto scombussolate e come una tempesta ci travolgono, ci sconvolgono a prescindere dalla lettura che diamo della realtà. Il fatto è che, tutto sommato è inutile porsi domande, dare spiegazioni. Rimaniamo solo noi con le nostre percezioni, i nostri pensieri che poco o tanto non riusciamo a comandare. La nostra sensibilità ci penalizza e allo stesso tempo ci conferisce più valore, ci rende più umani forse. Ma oltre un certo livello ci fa assomigliare più a degli animali, conigli impauriti che si rintanano in buchi sotto terra. Siamo noi allora le bestie o le altre persone? Chi è l'uomo e chi l'animale?
Si torna quindi al suicidio, unica apparente soluzione al fatto che si sta annegando solo per aver bevuto un bicchiere d'acqua nel modo sbagliato.