Il mio psicologo dice che mi esprimo meglio le mie emozioni quando scrivo. Vediamo se è vero.
Innanzitutto non sapevo dove aprire la discussione, ero indeciso se aprirlo nella sezione suicidio, depressione o questo qui, visto che ci sono tutte e tre le cose. Facendo un bilancio della mia misera vita vedo questo:
-sono nato che nessuno mi voleva; come mi ha detto una volta mia madre, sono nato per errore.
-alle scuole elementari ero sempre da solo: un bambino che durante la ricreazione giocava da solo, escluso da tutti; dalla terza elementare hanno cominciato a prendermi in giro pesantemente;
-alle scuole medie ero sempre da solo, non avevo nessuno, ero isolato ed emarginato; al catechismo venivo sempre preso in giro pesantemente: a casa piangevo in continuazione per le vessazioni che subivo e prima di andare al letto piangevo ed in lacrime facevo le preghierine e pregavo Dio affinché smettessero di prendermi in giro.
A casa ero costretto a vedere i miei genitori che litigavano in continuazione, li vedevo piangere e li sentivo maledire il giorno in cui si sono sposati. Mia madre mi diceva di non sposarmi mai. Mio fratello mi ha sempre rinnegato come fratello, mi diceva in continuazione "Non sei mio fratello", "Ucciditi", "Vatti a farti mettere sotto da una macchina", "Non vali niente", "Non vali un c***o", eccetera. Mi prendeva a botte e non c'era nessuno che mi difendesse. Tutto questo è durato per circa dieci anni.
-nei primi due anni delle scuole superiori stavo benino, quasi tutte le ragazze della mia classe mi venivano dietro ma non ho mai concluso nulla per via della mia timidezza. Nell'estate tra il secondo ed il terzo anno, per vari motivi che per ora non voglio raccontare, mi sono ammalato di depressione: ho cominciato a chiudermi totalmente in me stesso ed ho allontanato tutti/e. Ero sempre scontroso e triste e poiché ero sempre triste gli altri non mi volevano più accanto. Il mio rendimento a scuola calò drasticamente: dagli otto e nove che prendevo sono passato ai due, tre e quattro. Nell'estate tra il secondo ed il terzo anno ho tentato per la prima volta di uccidermi però non ne ho avuto il coraggio, purtroppo.
Nell'estate tra il quarto ed il quinto anno di liceo la mia depressione si aggravò: ho tentato altre due volte di farla finita: con una siringa volevo iniettarmi dell'aria ma una volta infilata la siringa non ho avuto il coraggio di premere lo stantuffo.
Tra i diciassette e i diciotto anni sono andato in cura dal mio primo psicologo ma non ne ho ricavato nulla; all'età di diciotto anni ho cominciato a prendere il mio primo antidepressivo, il cipralex che però era troppo blando; stavo sempre peggio, piangevo in continuazione, volevo solo morire.
All'età di vent'anni vado in cura da due psichiatri (uno specializzando e il suo strutturato) e vado dal mio secondo psicologo, che frequento tuttora: ho preso un sacco di farmaci, la paroxetina, la fluvoxamina, la venlafaxina, l'amisulpride, l'olanzapina e lo xanax.
Ho cominciato a tagliarmi e a farmi dei prelievi da solo (credo che anch'essa sia una forma di autolesionismo).
Ho ventuno anni e questa è la mia vita.
Non ho amici, non ho una ragazza, non ho mai conosciuto l'amicizia e l'amore. Non so cosa significhi avere qualcuno. Non so cosa significhi avere affetto. Non ho mai fatto sesso. Non so cosa sia la tranquillità e la serenità. Non so cosa sia la vita. Non ho alcun punto di riferimento. Sono solo, completamente solo.
Perché devo continuare a vivere?